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La valigia dell'attore

La storia siamo noi, nessuno si senta offeso.

Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.


-Sogno spesso il nonno.

-Nonno Gino?

-Non il tuo, il mio!

-Se dici nonno penso al mio!

-Dovrei chiamarlo bisnonno? Suona male!

-Sì papà- Anna sbuffa -e che dice in sogno?

-Niente, mi guarda.

-Wow.

-Che deve fare? Darmi i numeri del lotto?

-Sarebbe carino.

-Sai, gli occhi li hai presi da lui. I miei sono meno chiari.

-Lo so, la nonna diceva che ho gli occhi di suo suocero.

-Ti ricordi così tante cose di quando eri piccola?

-Mica sono scema.

-Nemmeno io, ma non ricordo molto della mia infanzia.

-Perché sei vecchio- ride -come questa musica.


La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere...


-Ma sei grulla? Questi sono capolavori!

-Eccome. Eccoci, accosta.

Mi bacia sulla guancia e scende dall'auto. Si unisce alle compagne di squadra, non prima di avermi salutato con la mano. Presto prenderà la patente, come vorrei che questo rito di accompagnarla in palestra non finisse dopo la conquista della sua indipendenza automobilistica.

A volte immagino il tempo che passeremo insieme quando avrà un'auto sua; conto minuti non ancora trascorsi, lontani mesi. Vivo momenti non ancora vissuti e sento l'inesorabile scorrere degli anni. Che ansia. Odio il tempo, così lesto. Che fretta ha?


La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,

siamo noi, bella ciao, che partiamo...


***


-Sai babbo, sogno spesso il nonno.

-Nonno Primo?

-Non il tuo, il mio!

-Ah, il mi babbo. Se dici nonno, penso al mio. Che ti dice?

-Nulla.

-Eh, era la mamma la ciacciona. Caffè?

-Sono a posto.

-Lo faccio per me.

Inizia ad armeggiare in cucina.

-Il nonno parlava poco?

-Non era un compagnone.

-Nemmeno te lo sei mai stato.

-Per forza, ero fisso a lavorare per mantenere la tu mamma!

-In Germania.

-Infatti. I tedeschi mica fanno amicizia con gli italiani, i giorni liberi stavo in casa.

-Per me hai scelto l'isolamento per fare la vittima.

-Io? Io ero vittima di tu mà! Una vita a lavorare per mantenerla!

-Va bene, babbo...- meglio cambiare argomento prima che parta la solita filippica contro la mamma -volevo dire che pure te non sei un compagnone, come il nonno...

-Il mi nonno era socievole.

-MIO nonno! Tuo papà!

-Papà? Dì babbo come tutti i cristiani! T'hanno rovinato i polentoni... una famiglia di migratori siamo, pure tuo nonno che è stato in Svizzera.

-Il nonno in Svizzera?

-Da giovane. Alla nonna mandava buste coi soldi.

-Lettere d'amore?

-Faccio fatica a immaginare i tuoi nonni innamorati, litigavano e basta.

-Magari l'amore è finito quando sei nato tu.

-Fai poco lo spiritoso.

-Babbo, il caffè!

Si ode un forte sfrigolio, precedo il mio anziano padre e spengo il fornello salvando la moka.

-Un po' ce n'è.

-Bevilo te.

-T'ho detto che non lo voglio!


***


Le stelle sono tante, milioni di milioni,

la luce dei lampioni si riflette sulla strada lucida...


Il nonno in Svizzera. Pensavo non fosse mai uscito dal suo paesino...

Perché sarà tornato? Avrà fallito? No, forse non poteva starsene senza la moglie.

Sicuro? Litigavano sempre, e io da bravo nipotino tentavo di riappacificarli. Non si sopportavano. La sera a cena, il nonno assaggiava il brodo mentre la nonna tremava temendo un giudizio infausto. Mancava sempre di sale, e giù bisticci. Ma mai botte, non era un violento. Eppure il babbo dice che ne ha prese tante da piccolo. Ha anche ammesso di essersele meritate però...

Attacca a piovere? Vai di tergicristallo.

Ricordo invece pochi episodi dei miei genitori insieme. Si può chiamare matrimonio il loro? Non erano fatti per stare insieme.


Mia moglie ha molti uomini, ognuno è una scommessa,

perduta ogni mattina nello specchio del caffè...


Agata ed io invece? Eravamo fatti per stare insieme?

Perché parlo al passato? Capirà il suo errore, tornerà. Abbiamo una figlia. Certo, Anna è ormai diciottenne ma...


Ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce...


Francesco, non ti ci mettere pure tu!

Traccia successiva.


E qualcosa rimane, fra le pagine chiare e le pagine scure,

e cancello il tuo nome dalla mia facciata...


Rimmel? Che diamine Principe, sii mio complice nell'affogare questi pensieri.

Traccia succCHE C'È IN MEZZO ALLA STRADA?!?

CRASH!


***


Mio padre morto un anno fa,

nessuno più a coltivare la vite...


Sono seduto su un palcoscenico, davanti a me siede un uomo dal volto non visibile. Le sue grosse mani mi sono familiari.

Un occhio di bue ci illumina e il bagliore mi stordisce, mi volto verso la platea: c'è il pienone ma non conosco gli spettatori.

Adesso vedo la faccia dell'altro attore in scena ma avevo già intuito chi fosse: ha le mani uguali a quelle di mio padre, le conosco bene per tutte le sberle prese da adolescente. Tutte meritate.

-Da giovane sei stato in Svizzera.

Mi guarda, muto.

-Ti ho sempre creduto un sedentario al contrario di me e del babbo. Lui ha fatto più strada: la Germania è ben più distante dalla Toscana rispetto a Milano... ma lasciare la terra natia è dura. Prometti ad amici e parenti, e a te stesso, che tornerai almeno una volta al mese. Poi i mesi diventano due, tre... poi nascono i figli e chi lo trova più il tempo per tornare?

Il suo sguardo si fa duro.

-Quando è nata Anna il babbo è tornato in Italia per godersi la vita da nonno, la rinascita di un uomo che si è sacrificato per una famiglia lontana. Penso che questa esperienza lo faccia sentire più simile a te; anch'io mi sento più simile a lui invecchiando. Il tempo fa somigliare i figli ai padri.

Sospiro.

-Oppure insegna ai figli a notare ciò che hanno in comune con genitori e nonni. Ti somiglio più di quanto credessi. Le mani no, le mie sono da pianista, non grosse e rudi come le vostre. Il carattere, quello sì. Siamo riservati, stiamo bene con pochi eletti; vedi il babbo che in Germania stava segregato in casa. Deve essere un dono di famiglia la voglia d'isolamento.

Sorrido.

-Anna ha i tuoi occhi. Perdonami se adesso quegli occhi per me non sono più i tuoi ma quelli di mia figlia.

Una lacrima mi solca la guancia.

-Perdonami se il tuo volto mi appare meno nitido di una volta. Quello della nonna invece l'ho rimosso del tutto... eppure da bimbo ero sempre a casa vostra. Come può la memoria seppellire così le nostre certezze?

Altre lacrime, ho la vista annebbiata e la faccia del nonno non la vedo più.

-Bastano due generazioni per dimenticarci. Cosa sarò per i miei nipoti? O per i pronipoti? Un nome sull'albero genealogico, se ce ne sarà uno. E se la nostra linea di sangue s'interromperà? Sarà valso a qualcosa tanto affanno?

Piango più forte, ma alzo lo sguardo.

-Il mio matrimonio è finito. Come quello del babbo e della mamma. Cos'ho perso di vista? Cos'ho dato per scontato? E alla fine tutto ciò, conta qualcosa? Non è forse il matrimonio un palliativo, una distrazione per dimenticare quanto sia vana l'esistenza su questo mondo? Quanto litigavate tu e la nonna, eppure quanto hai pianto al suo funerale! Non potevi rassegnarti a vivere una vecchiaia da solo. Temo di somigliarti anche in questo. Cosa devo fare? Dimmelo!

Al termine del mio soliloquio non risponde.

Si alza e se ne va.

Non una parola di conforto o di biasimo, niente.

Ma prima di andarsene, pone una manona sulla mia spalla.

Non ha calore né peso, così come i suoi passi non fanno rumore mentre esce di scena. Sebbene si tratti di un sogno, questo suo ultimo gesto non lo scorderò mai.

Via le luci, via il pubblico... ma è come se non ci fosse stato sin dall'inizio.


***


Eccomi qua,

sono venuto a vedere lo strano effetto che fa...


-Grazie, Anna.

-Di che?

-Di farmi ascoltare De Gregori sulla tua auto.

Ride- solo perché me l'hai comprata tu. E anche perché sei uscito dal coma.

-In effetti, me lo merito.

-Se per te è un premio...


...siamo il padre e la figlia

finalmente qua,

siamo una grande famiglia...


-La mamma come sta?

-Bene. Verrà a trovarti.

-Davvero? Ed è venuta a trovarmi mentre...?

-Ogni giorno. Ma non farti strane idee.

-Che?

-Devi accettare che tra voi è finita. È normale che sia venuta a trovarti: sei il padre di sua figlia, avete passato tanti anni insieme. Adesso devi smettere di guardarti indietro.

-Ma...

-Vivere nel passato non ti aiuterà. Solo impegnarsi a costruire il futuro può rendere il presente degno di essere vissuto.

-Sei così matura per la tua età.

-L'ho letto in un libro a scuola.

-È notevole lo stesso.


E allora eccoci, siamo qua...


-Anna, perché non mi chiami babbo?

-Perché non mi hai insegnato a chiamarti così.

-Sempre colpa mia.

-Sempre. Comunque perché accontentarsi di essere solo un papà o un babbo?

-Eh?

-Non vado più a pallavolo.

-Eh?

-Papà, tra pochi mesi mi diplomo e Mattia è più grande di me, già lavora. La società è cambiata e adesso si fanno figli sempre più tardi perché non esistono posti di lavoro stabili, bla bla. Ma non importa. Sai che sono matura per la mia età e che non mi arrendo mai. Quindi tu stai per diventare nonno. Forse questo è un modo brusco per dirtelo ma io sono fatta così!

Diventerò nonno.

Nonno.


Eccoci qua,

siamo il padre e la figlia

capitati fin qua,

siamo una grande famiglia,

abbiam lasciato soltanto un momento

la nostra vita di là,

nel camerino già vecchio...

tra un lavandino ed un secchio...

tra un manifesto e lo specchio...

tra un manifesto e lo specchio...

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