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Capitolo XXXV


Ore 04.00 – Casa di Irina, Campo Claro

Quello che svegliò Irina non fu la vibrazione del telefono sul comodino, ma il rumore inconfondibile di un motore, quello di una Audi R8 che avrebbe riconosciuto tra mille, e che proveniva dalla strada fuori dalla finestra.

Accese la lampada e cercò di capire esattamente che ore fossero, prima di alzarsi; rabbrividì quando i suoi piedi nudi toccarono il pavimento freddo. Si alzò e d'istinto raggiunse la porta, il cellulare in mano; era stato Dimitri a telefonarle, e non le piaceva.

Che fosse successo qualcosa?

Le bastò appoggiare la mano sulla maniglia della porta, per percepire la presenza di qualcuno dall'altra parte. Cauta, aprì uno spiraglio sufficiente a farle sbirciare fuori, e riconobbe immediatamente il profilo di Dimitri anche nel buio.

Il russo spinse la porta e Irina si scostò in tempo per non essere presa in pieno. Avrebbe imprecato, se lui non l'avesse afferrata per un braccio e l'avesse tirata verso di sé, stranamente agitato.

In quell'esatto istante Irina si rese conto che aveva una spalla che grondava sangue, sotto il tessuto del maglione. In realtà era coperto di sangue.

<< Cosa hai...? >> cercò di domandare, ma Dimitri la interruppe.

<< Stai bene?! >> le ringhiò in faccia, quasi fosse una minaccia, << Perché non hai risposto al cellulare? >>.

Irina lo tirò dentro, spaventata perché non capiva cosa fosse successo e perché fosse in quelle condizioni.

<< Stavo dormendo, non... >> mormorò, << Cosa hai fatto?! >>.

Dimitri la guardò.

<< Selena ha mandato due tizi a casa mia >> rispose, << Pensavo fosse venuto qualcuno anche qui... >>. Si guardò intorno per accertarsi che in effetti l'appartamento fosse vuoto, mentre Irina non riusciva a togliere gli occhi dal suo corpo.

<< Che cazzo sta succedendo?! >>.

Emilian sbucò dal nulla, attirato dal rumore in piena notte; dietro di lui Ivan salì le scale frettolosamente, spaventato.

<< Sono stato oggetto di un agguato >> rispose Dimitri, portandosi la mano alla spalla ferita, << Credo siano i Velasquez. Date un'occhiata in giro... Controllate che non ci sia nessuno >>.

Si guardò la mano sporca di sangue, digrignando i denti. Era lucido, ma qualcosa non andava, e Irina d'istinto lo afferrò per un braccio.

<< Stai bene? >> gli chiese.

<< Hai bisogno di una medicazione? >> domandò Emilian, osservandolo.

<< Non lo so... >> rispose il russo, stringendosi la spalla.

Per la prima volta, Irina non lo sentì negare, e la cosa la terrorizzò. Di solito non diceva mai di avere bisogno di aiuto...

Senza pensare, Irina lo spinse verso la cucina, e lui si lasciò condurre. Aveva il maglione zuppo di sangue scuro, ma doveva esserselo infilato dopo essere stato ferito, perché non c'era nessuno squarcio nel tessuto. Dimitri ringhiò mentre lei lo costringeva a sedersi sulla sedia.

<< Che cos'è? Un proiettile? Un coltello? >> iniziò Emilian, ma Irina lo interruppe.

<< Togliti la maglia >> gli ordinò. << Muoviti >>.

Non aspettò che rispondesse; afferrò il lembo del suo maglione e glielo tirò su, mentre negli occhi ancora lucidi di Dimitri passava una scintilla di divertimento. C'era troppo sangue per poter essere solo una ferita superficiale...

Il cuore le balzò il gola, quando vide il motivo per il quale Dimitri non riusciva a tirare su il braccio. Il russo ringhiò, mentre il tessuto toccava contro la pelle.

La spalla era squarciata da una lama di metallo che usciva dalla carne, rotta, appuntita come la zanna di una belva. La pelle era slabrata, ma anche così vi vedeva il tatuaggio a forma di testa di lince inciso sull'epidermide chiara del Mastino, ora tagliato esattamente in due parti. Era profonda e colava gocce di sangue denso, che disegnava righe scure tra le cicatrici del petto del russo.

Irina imprecò, mentre Emilian si avvicinava.

<< Questa è brutta, Dimitri >> commentò Emilian, osservando la ferita.

Il russo si gettò un'occhiata alla spalla, prima di digrignare di nuovo i denti.

<< Lo so >> ringhiò in risposta, << Quel pezzo va tolto. Non ho avuto tempo, prima. Mi serve... >>.

Irina si sentì gelare.

<< Non puoi! >> lo interruppe, << Hai bisogno di andare all'ospedale. Rischia di fare infezione se... >>.

<< Non posso andare in ospedale, Fenice >> ribatté Dimitri, fulminandola, << Mi arresterebbero, lo sai. Trovami una pinza >>.

Il russo sarebbe stato capace di strapparsi quel pezzo di metallo dalla carne da solo, Irina lo sapeva; era quel tipo di persona che non si lasciava toccare da nessuno. Sfiorò la lama di metallo con le dita, ma capì di essere terrorizzata. Terrorizzata all'idea di aver potuto, anche solo per pochi secondi, rischiare di perdere Dimitri.

Il Mastino si alzò, mentre Emilian spariva di sotto, forse per andare a cercare la pinza che aveva chiesto, e Irina lo afferrò per il braccio, costringendolo a guardarla. Perché era sempre così bollente?

<< Non... Non puoi farlo da solo >> gli disse.

Dimitri abbassò lo sguardo grigio su di lei, mentre Irina sentiva nelle narici l'odore metallico del sangue che aveva sparso addosso.

<< Allora fallo tu >> ribatté seccamente.

Forse pensava non ne avesse il coraggio; forse voleva solo metterla alla prova, o spaventarla. Però lei non aveva affatto intenzione di lasciare che si macellasse da solo. Annuì in silenzio.

<< Lo faccio io. Vado a prendere qualche asciugamano >>.

Tornò pochi secondi dopo con due grossi teli bianchi, mentre il sangue continuava a colare sul torso nudo e pieno di cicatrici di Dimitri. Ne stese uno sul tavolo e senza che lei dicesse nulla il Mastino si sedette sul bordo, stringendosi la spalla.

<< Mettiti giù, per favore >>.

Dimitri le lanciò un'occhiata; Irina gli appoggiò la mano sulla spalla sana e lo spinse verso il basso, sperando che non facesse resistenza. Aveva il cuore che batteva all'impazzata, però era concentrata; sapeva cosa doveva fare. Il russo fece una smorfia, quando la sua schiena nuda toccò il telo ruvido.

Irina bagnò l'asciugamano e lo passò sul torace del Mastino, cercando di ripulire alla meglio la ferita frastagliata.

Era brutta, e per un attimo l'odore del sangue la stordì. Il pezzo di lama spuntava fuori dalla carne, e tranciava in due la testa di lince tatuata. Era penetrato nel muscolo per almeno sei centimetri, e si chiese come il russo avesse fatto a guidare fino a lì in piena notte. Cercando di telefonarle, per di più.

Emilian arrivò in quel momento, un paio di pinze da meccanico in mano e una bottiglia di vodka nell'altra. Irina gliela strappò dalle mani e usò l'alcolico per disinfettare la pinza, poi ordinò a Ivan di spargergliela sulle mani con lo stesso obiettivo.

<< Mi serve un altro asciugamano >> disse, mentre si accorse che Dimitri la osservava con attenzione. << E molto probabilmente ago e filo >>. La voce le tremò, sapendo cosa andava fatto esattamente.

Ivan sparì per andare a cercare quello che aveva chiesto, ed Emilian la guardò. Il russo prese la pinza, passò ancora un po' di vodka sopra e attese.

<< Fallo fare a lei >> disse all'improvviso Dimitri, gli occhi grigi che fissavano consapevoli suo cugino.

Non fu come a Mosca, quando dopo l'incontro al Black Diamond Irina gli aveva medicato le ferite nello spogliatoio, presa in giro da tutti; questa volta Emilian annuì e le porse la pinza, serio.

Si fidavano di lei.

<< Vuoi che ti tenga fermo? >> domandò Emilian, rivolgendosi a Dimitri.

Irina si sentì gelare di nuovo, quando capì le implicazioni di quello che stava per fare, ma ormai era in ballo e doveva andare fino in fondo.

<< Sì >> rispose solo il Mastino.

Irina si avvicinò, mentre Emilian afferrava Dimitri per le spalle e lei gli sfiorava la pelle. I muscoli di Dimitri erano tesi come acciaio, sotto le cicatrici. Strinse la pinza e gli rivolse un'occhiata.

<< Se ti faccio troppo male, fermami >> mormorò.

<< Non mi devi accarezzare >> ringhiò Dimitri, << Avanti, sbrigati >>.

Improvvisamente, Irina ebbe paura. Paura di fargli male, paura di sbagliare, paura che qualcosa non funzionasse. Deglutì, e avvicinò le dita alla spalla di Dimitri.

Lo vide fare una smorfia, quando allargò appena la ferita, per fare in modo che il pezzo di metallo fosse ben visibile. Gocce di sangue zampillarono fuori, colandole tra le mani che tremarono per un solo secondo.

<< Tiralo fuori >> ordinò Dimitri.

Perché era cosi duro, in certe situazioni?

Irina afferrò delicatamente la lama spezzata con la pinza, mentre con l'altra mano teneva la spalla calda di Dimitri. Gettò un'occhiata a Emilian, che era pronto a trattenerlo nel caso si fosse mosso, poi tornò a guardare il Mastino.

<< Avanti Fenice, io non sono stato così dolce con te, ricordatelo >> mormorò.

Non aspettò che le dicesse altro; Irina tirò e basta, con un colpo secco e deciso che lasciò persino lei senza fiato. Sentì la carne che si strappava, i muscoli del russo che si tendevano come molle e la vena sul suo collo che pulsò violentemente.

Dimitri non si mosse; rimase fermo come una statua di granito, e l'unica cosa che lo vide fare fu digrignare i denti e sputare fuori l'aria dai polmoni, mentre Irina lasciava cadere la lama per terra con un tonfo metallico. Il suo torace si alzò e si abbassò un paio di volte, mentre lei rabbrividiva.

Poi il sangue iniziò a zampillare incontrollato dallo squarcio, e Irina lo tamponò con l'asciugamano che le porse Ivan. Dimitri emise un grugnito.

Non si fermava.

Il sangue usciva e in pochi secondi Irina si ritrovò l'asciugamano zuppo tra le mani e il panico che la assaliva. Il liquido rosso invase il tavolo e colò sul pavimento, mentre lei premeva con forza la spalla del Mastino e lui teneva i denti stretti.

<< Non si ferma... >> mormorò. << Non si ferma! >>.

Dimitri le rivolse un'occhiata, pallido.

<< Sta calma, sono ancora vivo... >> mormorò. << Non mi faccio ammazzare da un coltello in una spalla... >>.

Con la coda dell'occhio, Irina vide Ivan preparare un lungo pezzo di filo nero trovato chissà dove, con un vecchio ago da cucito che mise sul fuoco della cucina per qualche secondo. Emilian le passò la bottiglia di vodka e lei la afferrò, senza capire.

<< Disinfettala >> disse l'uomo, << Il sangue si fermerà. Fa male ma funziona >>.

Sentì gli occhi di Dimitri sul suo volto; erano pazzi. Dimitri si sarebbe spaccato i denti per il dolore... Perché doveva fargli tutto quel male?

Trattenne il fiato e gettò il liquido sulla pelle squarciata.

Questa volta il Mastino si lasciò andare a un grugnito di dolore, ma di nuovo non si mosse, come se fosse incollato al tavolo. Gocce di sudore freddo gli colarono lungo le tempie, il torace striato di sangue e alcool.

<< Scusa... >> mormorò lei, mentre Dimitri scuoteva il capo, come a togliersi lo stordimento di dosso.

<< Finiscila >> ringhiò.

Cucire i lembi di pelle bagnati di sangue, frastagliati e bollenti della ferita fu un'operazione che gli richiese dieci minuti e fu difficile, perché la mano iniziò a tremarle quando si accorse che Dimitri la guardava con insistenza, come se ci stesse mettendo veramente troppo. Quando finì, il muso della lince era tranciato in due e non sarebbe mai tornato come prima. Il sangue iniziò a fermarsi, stillando da fori dell'ago, e lei gettò via quello che rimaneva del filo in fretta e furia, come scottata.

Dimitri aveva gli occhi chiusi, e gli afferrò il volto con le mani, la barba che pungeva sotto i palmi. Non avrebbe dovuto farlo, non in presenza di Emilian e di Ivan, però fu più forte di qualsiasi altro istinto. Era caldo, vivo, controllato come solo lui sapeva essere, ma sentirlo sotto le sue dita era l'unico modo per calmare anche se stessa.

<< Abbiamo finito >> mormorò.

Solo a quel punto Dimitri sembrò riprendere davvero a respirare.

Irina si chiese come fosse riuscito a sopportare a trattamento emettendo solo qualche grugnito e un paio di smorfie. Possibile che nella sua vita fosse stato costretto così tanto a imparare a convivere con il dolore?

Dimitri aprì gli occhi e lei staccò immediatamente le mani dal suo volto. La guardò per una manciata di secondi, gli occhi grigi che la scrutavano silenziosi, e lei arrossì appena.

Si sentì ridicola, nel dubitare che le cose potessero andare storte, ma era vivo e non poteva che provare sollievo.

Il russo rimase sdraiato per qualche minuto, leggermente pallido, e Irina capì che il dolore lo provava anche lui; era solo molto bravo a controllarlo. Gli sfiorò il braccio, mentre il suo torace si alzava e si abbassava lentamente, i muscoli ancora tesi e striati di rosso.

Alla fine, si tirò su da solo. Si mise a sedere, e guardò Emilian e Ivan, una goccia di sudore che gli scese lungo la nuca.

<< Andate a dare un'occhiata nei dintorni >> ordinò di nuovo a voce bassa, << Non sono sicuro di aver fatto perdere le mie tracce. Potrebbero essere riusciti a seguirmi comunque >>. Lanciò loro un'occhiata eloquente, come a dire di non contraddirlo.

Emilian annuì, prese le chiavi dell'auto e se ne andò con Ivan. A quel punto Dimitri tornò a guardare lei, e sul suo viso provato comparve una piccola smorfia. Irina si strinse le mani, improvvisamente imbarazzata.

<< Hai bisogno di una doccia >> le disse il Mastino.

Irina si guardò i vestiti, e si rese conto di averli coperti di sangue rappreso. Non sentiva più nemmeno l'odore, visto che ormai era dappertutto: addosso a lei, sul tavolo, sul pavimento, su Dimitri.

<< E tu di dormire >> ribatté, per non dargli a vedere che la situazione la metteva a disagio, << Prima però conviene metterti una fascia, o della garza >>.

<< Sei tu l'esperta >> ribatté lui, secco.

Con un po' di titubanza, Irina gli fasciò la spalla con del tessuto di fortuna; sentì che Dimitri irrigidirsi di colpo, come se quell'operazione gli desse più fastidio dell'estrazione della lama e dei punti. Anche a cinque centimetri di distanza, sentiva il calore della sua pelle, come se fosse fatto di fuoco solido.

<< Va bene così >> disse lui all'improvviso, scostandosi. Gli aveva appena appena fissato la garza con una puntina.

Irina lo guardò. Non voleva essere toccato ulteriormente e lei abbassò le mani. Molto probabilmente, la situazione e la ferita lo rendevano nervoso, e aveva bisogno di stare un po' da solo. Fuori stava albeggiando, e dalla finestra iniziava a filtrare un po' di luce, illuminando sinistramente il pavimento chiazzato di sangue.

<< Forse è meglio che tu dorma un po' >> gli suggerì, << Vai nell'altra camera, è libera >>.

Dimitri fece una smorfia, la vena sul collo che pulsava.

<< Sto bene, non mi serve un letto >> ringhiò, alzandosi, << Ho solo sete >>.

Irina gli procurò una bottiglia d'acqua e lo guardò raggiungere lentamente il divano. Era incredibile come fosse stoicamente resistente e orgoglioso; ma forse era abituato a quel genere di situazioni, visto le cicatrici che striavano i suoi muscoli d'acciaio... Per un attimo lo immaginò, da solo, curarsi l'orecchio mozzato e il taglio sulla nuca, e il suo stomaco si strinse.

Dimitri si sedette sul divano, in attesa. Era teso, nervoso, ma lo vide gettare un paio di volte un'occhiata dalla sua parte.

Forse voleva che se ne andasse.

Lo lasciò stare; molto probabilmente aveva bisogno di riordinare le idee. Ne approfittò per bere un bicchiere d'acqua fredda e per ripulire il pavimento e il tavolo della cucina; quando finì tornò a vedere come stava il Mastino.

Continuava a rimanere seduto sul divano, ma ora aveva appoggiato i gomiti alle ginocchia e fissava il pavimento, come se stesse pensando a qualcosa. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato, come se fosse combattuto e indeciso.

<< Per favore, Dimitri, mettiti a letto >> gli disse a voce bassa, << Non succederà nulla se dormi qualche ora... Per favore >>.

Lui la guardò, poi sbuffando si mise in piedi e la precedette verso la stanza degli ospiti. Lo lasciò mettersi a letto, e lei andò a farsi una doccia per togliersi di dosso l'odore del sangue e la sensazione di turbamento che la lasciava stordita.

Venti minuti dopo, tornò di nuovo da Dimitri, e lo trovò sdraiato con gli occhi chiusi, apparentemente tranquillo. Respirava piano, il torace ancora scoperto e i muscoli rilassati. Le cicatrici rilucevano appena nella penombra della stanza, e Irina ammise a se stessa che provava per quel russo qualcosa che non era semplice affetto. Nulla poteva spiegare il sollievo di averlo lì davanti vivo e vegeto.

Notò solo in quel momento che Dimitri era diverso, che i suoi muscoli erano più evidenti e più segnati, come se quegli anni li avesse passati ad allenarsi e combattere, come se da quando l'aveva lasciato non avesse smesso per un secondo di lottare su quel maledetto ring del Black Diamond. Anche così immobile sembrava pericoloso e letale, una macchina da guerra pronta a uccidere pur di difendere la propria famiglia.

Forse era vero, era un assassino, ma in quel momento Irina vide solo una persona arrabbiata con se stessa e con il mondo. Pur sempre onesta.

Si avvicinò lentamente, cercando di non far rumore. Sentiva il respiro profondo di Dimitri ed era quasi certa di poterne sentire anche il cuore. C'era, dentro quel torace striato di cicatrici; profondo, ma c'era, e forse lei lo aveva visto.

Scosse il capo, e per l'ennesima volta si ripeté quello che ormai aveva impresso a fuoco nell'anima.

"Le persone che ami muoiono, Fenice".

Era preoccupata, perché la ferita alla spalla era brutta e poteva fare infezione, senza una medicazione fatta bene. A quel punto, sarebbe dovuto andare per forza in ospedale.

Il russo sembrava davvero dormire; si era ripulito un po' dal sangue, ma c'era ancora qualche macchia qua e là, e i punti sembravano scoppiare, tirando la carne. Lo sguardo storto della lince la fissava minaccioso, come se non volesse vederla lì.

In effetti, forse doveva andarsene.

Alzò la mano e sfiorò la fronte di Dimitri: era calda, un po' più del normale. Molto probabilmente aveva qualche linea di febbre...

Dimitri aprì gli occhi di colpo, e prima che lei avesse il tempo di dire qualcosa, la afferrò per il braccio e la tirò verso di sé.

Irina si ritrovò faccia a faccia con il Mastino, a un centimetro dal suo viso, e lei trattenne il fiato, mentre il cuore le balzava dritto in gola. Gli occhi grigi del russo si piantarono nei suoi, inchiodandola sul posto più di qualsiasi tipo di catena.

<< Ti avevo detto che mi bastava un braccio solo... >> le sussurrò sulle labbra Dimitri, freddo come il ghiaccio del paese da cui proveniva.

Irina deglutì, mentre lo stomaco le si stringeva come la sera di Capodanno, e il russo le stringeva il braccio.

<< Hai la febbre >> ribatté lentamente, cercando di allontanarsi. Dimitri però la tratteneva con forza, come se volesse costringerla a rimanere dov'era.

<< Non morirò >> rispose a voce bassa.

Si fissarono per quella che sembrò un'eternità, e Dimitri la tirò ancora più vicina, tanto che lei perse quasi l'equilibrio. Contro la sua volontà si ritrovò ad appoggiargli le mani sul torace, le cicatrici bollenti sotto le dita. Si sarebbe strozzata da sola, perché l'unica cosa che pensò fu che... era piacevole.

<< Devi prendere qualcosa... >> sussurrò Irina, deglutendo di nuovo.

Dimitri fece una smorfia.

<< La vedi questa? >> disse, indicando l'orecchio, << Questa è stata molto peggio, Fenice. E quella volta non c'era una ragazza piagnucolosa con le mani da bambina a darmi i punti... >>.

Improvvisamente Irina si chiese se Dimitri fosse lucido, in quel momento, o se la febbre lo stesse facendo straparlare. Cercò di tirarsi indietro nuovamente, ma non ci riuscì. I muscoli del russo sotto le sue mani sembravano tesi, rigidi. Magari adesso l'avrebbe afferrata per la testa e l'avrebbe uccisa... Magari preferiva ammazzarla lui, invece che lasciare che lo facesse qualcun altro...

Però non le spezzò il collo. Avvicinò il viso al suo orecchio, senza toccarla, in un gesto che era totalmente inaspettato da uno come lui.

<< Sto bene, Fenice >> mormorò, << Sono abituato a cose peggiori che un po' di sangue e qualche punto. Sto così bene che sto pensando di farti rimanere in questo letto, stanotte... Avrò solo bisogno di aiuto per toglierti i vestiti >>.

Irina cambiò colore, e il suo stomaco si chiuse definitivamente, così forte da farle perdere il fiato. Dimitri la lasciò andare di colpo, e lei si scostò, mentre sul viso del russo si disegnava un sorrisetto ironico, come a dire che stava giocando e si stava anche divertendo.

Non era la prima volta che si comportava in quel modo, ma mai da quando si erano ritrovati... Era la febbre, o sapeva cosa stava dicendo?

Dimitri però non si mosse; non accennò a tirarla di nuovo verso di lui, a rendere quella minaccia vera, e Irina capì che la stava solo prendendo in giro.

<< Fallo >> lo provocò.

Si ritrovò a non sapere se desiderava che Dimitri la trascinasse nel letto per davvero oppure no. In fondo era già successo, no? Dopo nessuno dei due aveva giudicato l'altro, cosa cambiava stavolta?

"Invece cambiano un sacco di cose".

Gli occhi grigi di Dimitri brillarono per un secondo, prima che il sorriso gli sparisse dalle labbra.

<< No, non lo farò >> ringhiò, seccamente, << Perché tu non lo vuoi davvero... E nemmeno io >>.

Irina non disse nulla; rimase in silenzio, mentre lo stomaco le si contraeva.

No, non sarebbe stato giusto.

Non potevano prendersi in giro.

Irina sospirò.

<< Scusami >> disse solo, e uscì dalla stanza.

Per un attimo, un solo attimo, Irina sperò che Dimitri la afferrasse, che facesse qualcosa per toglierle dalla testa quella sensazione di non poter più amare nessuno, ma non accadde. Uscì a testa bassa, sulle sue gambe, e si chiuse la porta della camera alle spalle, per mettere più distanza possibile tra lei e il Mastino.

Questa volta Dimitri non avrebbe ceduto, lo capì. Era lì solo perché Yana glielo aveva chiesto, e per nessun'altro motivo. Tutto quello che era successo prima non aveva importanza, ed era giusto così.

Faceva male, ma doveva andare così.






Quando Irina si svegliò, era primo pomeriggio. Aveva lo stomaco che le brontolava, ma prima di andare in cucina si affacciò alla stanza di Dimitri per vedere come stava. Scacciò il pensiero di quello che era successo poche ore prima e riuscì a non farsi venire la pelle d'oca.

Il russo non c'era.

Sbuffò. Non era in grado di rimanere per più di mezz'ora nello stesso posto?

Per caso se ne era andato?

No, non se ne era andato, perché lo trovò seduto al tavolo della cucina con una bottiglia di vodka davanti. Non era la stessa della sera prima, quindi poteva essere addirittura uscito a comprarne un'altra. Era ancora un po' pallido, ma si doveva essere fatto la doccia e si era infilato un maglione che era di Emilian.

<< Come... Come ti senti? >> domandò cautamente Irina, sapendo che quella domanda poteva scatenare il suo nervosismo.

Dimitri stirò il collo.

<< Relativamente bene >> rispose solo.

<< Hai fame? >> gli chiese Irina.

Dimitri scosse la testa.

<< Sto uscendo >>.

Irina lo fissò.

<< E per andare dove, in queste condizioni? >> chiese.

Dimitri arricciò il labbro.

<< A prendere la Centenario >> rispose seccamente, lanciandole le chiavi del Pathfinder, << Vuoi guidare tu? >>.

Irina le prese al volo, confusa, prima si seguirlo per le scale.

<< Dove... Dove stiamo andando? >> chiese.

<< All'aeroporto di Caracas >> rispose Dimitri, << Ho mandato a Los Angeles l'Antonov per farmi portare l'auto >>.

Mezz'ora dopo, Irina fermava il Pathfinder di fronte all'enorme aereo cargo della famiglia Goryalef, con Dimitri teso al suo fianco, una pistola agganciata ai pantaloni e la spalla rigida. Non aveva detto una parola, durante il tragitto, e non aveva dato spiegazioni per le sue frecciatine della notte prima. Forse magari nemmeno si ricordava, di quello che aveva detto.

La stiva dell'Antonov si aprì lentamente, quando Irina fermò il Pathfinder proprio dietro la sua enorme coda grigia. A dirla tutta, il suo cuore fremeva, perché molto probabilmente nella sua vita non le sarebbe mai più capitato di avvicinarsi a una Lamborghini Centenario. A occhio e croce nel mondo non ne esistevano più di una quarantina.

<< Dove l'hai trovata? >> sussurrò a Dimitri, gli occhi incollati alla carlinga del velivolo.

<< Dove tu hai trovato la tua F12 >> rispose lui.

<< Zlatan Lebedev? >>.

<< E' un vecchio amico >>.

Finalmente, il portellone si appoggiò a terra, e nella carlinga Irina vide baluginare i fari della Centenario.

Nera, bassa e appuntita, era la massima espressione di quello che gli ingegneri Lamborghini potessero fare. Il muso era aperto da una enorme griglia per l'aspirazione dell'aria, così affilato da dare l'idea di poter tagliare la velocità; sembrava un grande, ironico sorriso, sormontato da due occhi bianchi a led, come quelli di un serpente.

Era ferma, eppure sembrava così pronta a correre che Irina ebbe l'istinto di spostarsi dalla sua traiettoria. E quello era solo l'anteriore.

<< Andiamo a prenderla >> disse Dimitri.

Irina scese dal Pathfinder, pronta a dargli una mano per far scendere l'auto dall'aereo, quando qualcosa la distrasse. Un movimento all'interno della carlinga la costrinse a fermarsi e a guardare con più attenzione. Portò d'istinto la mano alla pistola nascosta sotto la giacca, ma non ci fu bisogno di tirarla fuori.

Da dietro la Lamborghini comparve una figura; una figura piccola e minuta, con alle spalle una più grande.

Irina inchiodò, e anche Dimitri si fermò di colpo, come se non si fosse aspettato una cosa del genere.

Davanti alla Centenario c'erano Yana e suo padre Iosif.

<< Zio Dim! >> gridò la bambina, facendo un piccolo balzo e correndo giù per il portellone, << Irina! >>.

Prima che lei avesse il tempo di dire qualcosa, si ritrovò la bambina aggrappata alla vita, che saltellava allegramente.

<< Yana, ma che ci fai qui?! >> domandò Irina, sorpresa. << Non dovresti...? >>.

<< Lo zio non mi aveva detto che c'eri anche tu! >> protestò Yana, i riccioli biondi più lunghi e il faccino meno paffuto di quando l'aveva vista due anni prima, << Se lo sapevo dicevo a papà di portarmi subito >>.

La bambina sembrava entusiasta, e per un attimo Irina si lasciò coinvolgere da tutta quella felicità. La abbracciò stretta, mentre con la coda dell'occhio vedeva Dimitri gelare. Sapeva cosa stava pensando: Yana e Iosif avevano scelto il momento peggiore per venire fino a lì, non dopo che Dimitri aveva rischiato di farsi ammazzare.

<< Sei cresciuta tanto dall'ultima volta che ci siamo viste >> disse Irina, abbassandosi un po' alla sua altezza, << Come stai? >>.

<< Bene >> rispose Yana, stringendole la mano, << Lo zio ha detto che veniva ad aiutarti. Sono venuta anche io, vedi? Lo zio ti ha detto che vorrei che mi insegnassi a preparare una nuova torta? >>.

Irina sorrise.

<< Oh sì, me lo ha detto >> rispose, << Se rimarrai qui qualche giorno, ti farò vedere qualcosa, ok? >>.

Yana annuì, mentre Iosif sorrideva della sua allegria. Solo Dimitri rimase serio, quasi arrabbiato.

<< Non avreste dovuto venire fino a qui >> disse lentamente, << E non avresti dovuto portare Yana. Non è un posto sicuro, questo >>.

L'espressione di Iosif cambiò, diventando scura e arcigna.

<< Sono venuto per parlare con te a quattrocchi >> rispose, << Abbiamo scoperto una cosa di cui preferiamo parlarti di persona. Yana non sarebbe dovuta venire, ma non ho potuto negarle la possibilità di vedere Irina. Non sono riuscito a tenerle testa >>.

Irina sentì che Yana le strinse la mano, orgogliosa di se stessa. Era davvero così impaziente di vederla?

La bambina la costrinse ad abbassarsi, avvicinandosi al suo orecchio.

<< Pensi che lo zio mi sgriderà? >> domandò, con la vocina piccola piccola.

Irina la guardò.

<< Se ci prova lo metto in riga, ok? >> le rispose, facendole l'occhiolino.

<< Quanto vi fermerete? >> chiese Dimitri.

<< Lo stretto necessario >> rispose Iosif, << So che non è il momento giusto, e non voglio che succeda niente a Yana >>.

Dimitri annuì.

<< Salite in auto. Scarico la Centenario e ce ne andiamo >>.

Irina lo aiutò a sganciare le cinghie di sicurezza dall'auto, e poi lo guidò nelle operazioni di carico sopra il rimorchio. Fu una cosa rapida, e nonostante la spalla Dimitri non volle il suo aiuto né per salire sulla vettura né per scendere. Coprirono la Lamborghini con un telo nero, poi tornarono al Pathfinder, dove Yana sedeva sul sedile posteriore.

<< Guido io >> disse Dimitri, << Stai dietro con lei >>.

Irina annuì e si sedette di fianco a Yana, mentre Iosif stava davanti. La bambina guardava dal finestrino con aria incuriosita, ma i suoi occhi sembravano comprendere molto di più quello che gli stava intorno. Era cresciuta, non solo nel fisico, ma anche e soprattutto nella testa.

<< Questo posto non mi piace tanto >> disse alla fine, quando arrivarono dopo un viaggio silenzioso a casa, << A Los Angeles c'è un sacco di gente che ride, in giro, e poi ci sono quelli che vanno con i pattini... >>.

Irina la guardò.

<< Hai ragione, Los Angeles è molto più bella >> convenne. << Tua mamma e Sergey stanno bene? >>.

Yana annuì.

<< Però il mio fratellino ogni tanto piagnucola un po' troppo >> disse a voce bassa, come se fosse un segreto tra loro due.

Il Pathfinder si fermò nel garage, e Dimitri lasciò la Centenario sul carrello, coperta. Salirono di sopra, Yana che continuava a guardarsi intorno con curiosità, osservando ogni particolare.

Anche Emilian e Ivan furono sorpresi di trovare lì Iosif e Yana, ma la bambina non aveva occhi che per lei. Continuava a tenerla per mano, mentre Irina notava il nervosismo di Dimitri; era preoccupato, e forse anche un po' stanco.

<< Porto Yana in cucina per farle mangiare qualcosa >> disse Irina, facendogli intendere che li lasciava da soli per potersi parlare in privato.

Dimitri annuì.

Yana la seguì in cucina, trotterellando.

<< Hai fame, piccola? >>.

<< Un pochino >> rispose Yana, << Non mi piace viaggiare sugli aerei... La pancia mi fa tutta blup blup >>.

Mimò il gesto di qualcosa che si rimescolava, e Irina si ritrovò a sorridere come non faceva da tantissimo tempo. La aiutò a togliersi le scarpine e le diede le sue ciabatte, che anche se erano troppo grandi andavano bene come ripiego provvisorio. La cosa sembrò divertire molto Yana, perché si guardò i piedi e ridacchiò.

<< Credo di poterti preparare un panino con del formaggio >> le propose Irina, << Ti piace? >>.

<< Sì >> rispose Yana, << E' tanto che stai con lo zio? E perché hai un livido sul naso? >>.

Irina sorrise e le spiegò, omettendo qualche particolare troppo violento e semplificando un po' le cose, cosa era successo ultimamente. La bambina la ascoltò con attenzione, mordicchiando il suo panino e riempiendosi di briciole i pantaloni azzurri.

<< Io invece a Los Angeles sto andando a scuola >> spiegò Yana, << Però i bambini che ci sono mi guardano strano; dicono che sono troppo bianca. Solo Barbie è mia amica, e lei dice che sono tutti stupidi, gli altri bambini. Barbie mi piace perché ha i capelli del colore della carota, e poi mi presta i suoi giochi e io le ho regalato uno dei miei pupazzi... >>.

Yana chiaccherò per un po', raccontandole cosa aveva fatto a Los Angeles nell'ultimo periodo e di come le piacesse andare al mare a raccogliere le conchiglie. Irina si ritrovò ad ascoltarla rapita, dimenticandosi per un attimo che nell'altra stanza Dimitri stava scoprendo da Iosif cosa non andava; era bello vedere l'ingenuità negli occhi di quella bambina, e l'importanza che dava a ogni piccola cosa... Anche Sean Gonzalez era così? Anche Diego Velasquez era un bambino semplice come la piccola che aveva davanti?

<< E poi lo zio ha detto che avevi bisogno di aiuto >> concluse Yana, seria, << Allora io gli ho detto che volevo aiutarti... Però lui all'inizio non voleva venire. Poi sono riuscita a convincerlo >>.

Sembrava molto orgogliosa di aver costretto Dimitri a venirla a cercare.

<< Lo so, e ti devo ringraziare >> disse Irina, << Senza la tua determinazione, forse non sarei ancora qui >>.

<< Sì, ma la mamma dice che lo zio aveva solo bisogno di una scusa >> disse Yana, come se non le fosse tanto chiaro il significato di quella frase.

Una scusa... Dimitri non era uno che cercava scuse. Era lì perché sua nipote glielo aveva chiesto, e per nessun'altro motivo.

<< Non importa, Yana >> disse Irina, per cambiare argomento, << Hai visto? Alla fine sei riuscita ad arrivare fino a qui! >>.

La bambina ridacchiò.

<< Posso avere un succo di frutta, per favore? >> domandò, togliendosi le briciole dalla maglietta.

Irina aprì il frigo per darle quello che aveva chiesto, e per sicurezza gettò un'occhiata fuori dalla finestra. Dimitri aveva ragione ad essere preoccupato per l'incolumità di Yana, visto quello che era successo nelle ultime ore. Non sembrava esserci nessuno.

Dimitri, Iosif e i suoi cugini terminarono la loro riunione improvvisata un paio di ore dopo, e a giudicare dal tempo in cui impiegarono a dirsi quello che dovevano, la cosa doveva essere piuttosto grave. Lei e Yana guardarono un po' di televisione insieme, mangiucchiarono qualcosa e la bambina le fece un sacco di domande. Le chiese anche perché fosse lì e non a casa sua, a Los Angeles. Erano andati a cercarla, ma non l'avevano trovata.

Irina le disse semplicemente che c'era una ragazza cattiva a cui stava antipatica che la voleva sfidare in una gara di auto, e lei era lì per accettare la sfida. Yana sembrò soddisfatta dalla risposta, poi le chiese: << Un giorni mi porti a fare un giro con te in macchina? >>.

Irina sorrise.

<< E' pericoloso, non so se tuo zio ti lascerebbe venire con me >> rispose.

<< Lo zio Dimitri mi porta >> rispose Yana, << Una volta mi ha portato a scuola con la macchina arancione >>.

La Huracan? Dimitri l'aveva fatta salire sulla Lamborghini? E l'aveva portata a scuola?

<< Possiamo chiederglielo... >> suggerì Irina. Non era certa che Dimitri si fidasse a far andare in giro sua nipote in auto con lei.

In quel preciso istante, la porta della cucina si aprì e Dimitri entrò con aria ombrosa. Emilian, Ivan e Iosif lo seguirono, seri.

Sì, la questione era importante.

Dimitri le fece cenno di raggiungerlo nel salotto; le chiuse la porta alle spalle, quando Irina si piazzò vicino alla finestra, in piedi. Voleva già dirle quale era il problema?

<< Sospettavo già che i tentativi di farmi fuori fossero collegati ai Velasquez >> disse lentamente il Mastino, << Ora ho un collegamento in più: c'è una persona molto vicina a me che li ha aiutati a trovarmi a Mosca e che sta dando loro una mano con la Torec >>.

<< Chi? >> domandò Irina.

<< Boris Goryalef >> rispose Dimitri.

Irina imprecò.

Il vecchio Boris, il caro amico russo di William, non le era mai piaciuto e ora le piaceva ancora meno. Forse era sempre stato uno a cui piacevano le belle donne e le belle auto, ma non avrebbe mai creduto che fosse in grado di voler ammazzare suo nipote.

<< Perché ti stupisce tanto? >> fece Dimitri, quasi divertito.

Involontariamente si portò una mano alla spalla, e lei lo notò.

<< E' tuo zio >>.

<< Il potere distrugge qualsiasi legame, anche quelli di sangue, Fenice >> disse Dimitri, << Boris vuole il mio posto di Lince, e per quanto a me non me ne freghi un cazzo di avere Mosca ai miei piedi, lui non è la persona adatta a ricoprire quel ruolo. E' il membro più vecchio della mia famiglia, e se io morissi senza lasciare il posto a qualcuno, ci sono ampie possibilità che vada a lui >>.

Irina scosse il capo. Non sapeva esattamente cosa avesse fatto Dimitri a Mosca, ma era praticamente certa che il suo lavoro fosse stato migliore di quello di chiunque altro; aveva dei principi saldi, nonostante tutto, che Boris non avrebbe mai avuto.

<< Cosa c'entra la Torec con lui? >> domandò.

<< La Torec è sua >> rispose Dimitri seccamente, << E' intestata a lui. Per sviare i sospetti ha tentato di venderla a Edgar Matveev, facendogli firmare dei documenti falsi... >>

Il Mastino sembrava infuriato.

<< Ma che collegamento c'à tra Boris e Selena? >> chiese lei, << Non si dovrebbero nemmeno conoscere... >>.

<< Molto probabilmente Selena ha promesso qualche aiuto a mio zio >> rispose Dimitri, << Me ne sono andato da Mosca senza lasciare nessuno al mio posto, e lui ne ha approfittato. Gira voce che mi sia nascosto per qualche parte perché ho paura di essere ammazzato... >>.

L'idea che lo stessero infamando sembrava farlo andare su tutte le furie... In fondo, era pur sempre la Lince e nessuno poteva permettersi di farlo.

<< Torna a Mosca >> gli suggerì Irina, di getto, << Torna a Mosca e vai a mettere le cose a posto. Quello che sta succedendo qui non ti riguarda, in fondo. E' una cosa tra me e Selena... Posso cavarmela da sola >>.

Dimitri le rivolse un'occhiata.

<< Non me ne frega un cazzo di Mosca, in questo momento >> rispose freddamente, << Boris può prendersi ogni singolo rublo di quella maledetta città... Non mi importa avere il potere che lui tanto brama. Secondo te perché me ne sono andato così facilmente? >>.

Irina non capì.

<< Yana ha detto che è stata lei a chiederti di venirmi a cercare >> rispose, << Non te ne saresti andato, altrimenti, e quest'ora a Mosca sarebbe tutto a posto... >>.

Sul volto di Dimitri si dipinse una smorfia.

<< Sarei venuto a cercarti anche se lei non me lo avesse chiesto >> rispose, gelido, << Ho un debito nei tuoi confronti, Fenice. E questa storia riguarda anche me, più di quanto tu creda >>.

Per un secondo, Irina lo osservò. C'era qualcosa in quello che stava dicendo che non era chiaro.

<< Selena Velasquez vuole me morta. Vuole vendetta contro di me >> disse lentamente, << Tu sei in mezzo perché sei un membro della Black List di Challagher, un membro qualsiasi... >>.

Dimitri la interruppe.

<< Io non sono un membro qualsiasi, Fenice >> disse.

Rimasero in silenzio. Certo, era il Mastino, il numero due, il braccio destro dello Scorpione, quello che dovevano riuscire a battere tutti prima di arrivare a William... Quello che aveva fatto cadere la Black List...

<< Cosa vuoi dire? >>.

Dimitri la guardò negli occhi, e nelle sue iridi grigie passò qualcosa, qualcosa che non aveva mai visto. Orgoglio, forse?

<< Voglio dire che sono io il numero uno della Black List, Fenice >> rispose lentamente, << Sono sempre stato io il primo della lista, Irina. Io ho battuto Alexander Went. Io ho battuto William Challagher >>.

Irina ammutolì e lo fissò, congelata.

Leggeva nei suoi occhi che non stava mentendo, perché Dimitri non mentiva mai. Piuttosto non parlava, ma non raccontava bugie.

<< Non... Perché? >> domandò solo.

Dimitri si voltò verso la finestra per un secondo, prima di tornare a guardarla.

<< Quando sono arrivato a Los Angeles, otto anni fa, ho corso contro Challagher >> rispose, << E l'ho lasciato vincere. All'ultimo, senza che lui se ne rendesse conto, gli ho regalato la gara che mi aveva invitato a correre >>.

Irina rimase in silenzio, e lui fece un ghigno.

<< Puoi anche non credermi, Fenice, in fondo hai solo la mia parola >> continuò, << Ma contro Went posso provarti che ho perso perché la mia auto è stata manomessa... Chiedi a Zlatan Lebedev. Lui c'era >>.

In un attimo, tutte le convinzioni di Irina sui rapporti di forza nella Black List crollarono come un castello di carte di fronte a un soffio di vento. Tutto assumeva una luce nuova, e non mise in dubbio nemmeno per un attimo le parole del Mastino.

Ogni pezzo stava andando al suo posto.

<< E' per questo che sei stato tu a far finire la Black List... >> mormorò, << Eri tu l'unico a poter davvero decidere >>.

Dimitri non disse nulla. La guardò e basta, con quell'espressione imperscrutabile che lo aveva sempre aiutato a mascherare il suo vero io.

<< Perché? Perché sei rimasto in silenzio? Potevi avere tutto quello che aveva Challagher, potevi fermarlo prima... >>.

La voce le morì in gola, di fronte allo sguardo di Dimitri.

<< Non mi interessava e non mi interessa il potere, Fenice >> rispose, << Non mi interessa l'adorazione della gente. Non mi interessa essere considerato il migliore. Non mi interessa questo genere di vita, anche se è l'unica che conosco. Forse è per questo che Lora mi paragonò a un cane da guardia, tanti anni fa: mi viene meglio ubbidire agli ordini, che impartirli >>.

Dimitri Goryalef si confermava come la persona più complessa e profonda che Irina avesse mai incontrato. La sua testa funzionava in modo diverso, i suoi valori erano così radicati dentro di lui da renderlo quasi alieno, in quel mondo senza regole e senza legami. Per anni aveva preferito rimanere in silenzio, fregandosene della sua forza e del suo valore, per tirarlo fuori solo quando ce ne era stato bisogno: nel momento in cui bisognava decidere.

<< Non è vero >> disse lentamente Irina, << Tu non sei bravo a eseguire gli ordini, Dimitri. Tu hai sempre pensato con la tua testa, hai sempre agito secondo i tuoi ideali... Non sei e non sarai mai schiavo di nessuno proprio per questo >>.

Irina ebbe voglia di abbracciarlo, di stringerlo in qualche modo e fargli intendere che lei lo capiva. Capiva la sua anima, capiva il suo essere nero e dannato, ma vedeva anche la sua luce impercettibile. Un barlume nella notte oscura, eppure vivido e vivace come la fiamma di una candela. Non si mosse, perché lui non avrebbe voluto. L'aveva ferito già a sufficienza.

<< Capisci perché questa riguarda me più di chiunque altro? >> disse il russo, << Chiunque rimanga della Black List, è sotto la mia responsabilità. Se Selena Velasquez vuole distruggere davvero ciò che rimane della Black List deve distruggere me >>.

Irina lo guardò.

Dimitri Goryalef era più forte di William Challagher.

Dimitri Goryalef era più forte di Alexander Went.

Dimitri Goryalef era più forte di chiunque altro, e non lo avevano mai saputo.

Aveva creduto lo Scorpione imbattibile; aveva creduto Xander altrettanto imbattibile. Entrambi si erano vantanti delle loro capacità al volante, delle loro auto potenti e di tutto quello che erano riusciti a fare, senza sapere che Dimitri li guardava dall'ombra, in silenzio, con addosso la consapevolezza di poterli battere ancora e ancora, sempre e comunque.

Non era quella la massima espressione del vero potere, della vera forza? La consapevolezza di chi si era, senza cercare conferma in nessun'altro?

Dimitri era questo.

Era l'unione perfetta della forza e del rispetto, nonostante le mani macchiate di sangue.

<< Non posso spacciarmi più per la numero uno, allora >> disse Irina con un sorriso, anche se stava cercando di ingoiare le lacrime senza senso che le premevano negli occhi, << Non credo di poterti battere, Dimitri. A meno che tu non decida di farmi vincere >>.

Lui scosse il capo, serio.

<< Chiunque può battere chiunque, Fenice >> ribatté, << Non importa che auto guidi, quando sia veloce o potente. Non importa che tu sia un uomo o una donna. Non importa nemmeno quanto tu sia davvero forte. Importa il limite che ti poni. Se il tuo limite non esiste, puoi fare qualunque cosa. E tu, Fenice, prima o poi avresti battuto William Challagher, anche con la tua stupida auto italiana >>.

Irina rimase in silenzio.

L'aveva sempre disprezzata, eppure ora la persona che credeva di più in lei. Mai Xander aveva pronunciato parole simili; mai le aveva detto di poter essere in grado di fare qualsiasi cosa avesse voluto.

<< Grazie, Dimitri >> disse solo.

Lui annuì stancamente. Si portò di nuovo la mano alla spalla, e Irina capì che aveva bisogno di riposare almeno un po'. Chiunque al suo posto sarebbe rimasto a letto una settimana, ma lui era... Sì, era pur sempre il pilota clandestino più forte in circolazione.

<< Ti prego, mettiti a letto >> gli disse, << Almeno un po'... >>.

<< Anche tu non hai una bella cera >> ribatté Dimitri, tirando fuori il cellulare, << Sei tu quella che ha bisogno di dormire >>.

Irina alzò gli occhi al cielo.

<< Ok, ho bisogno di dormire >> rispose, << Hai ragione, ok? Prendiamoci una notte per riposare >>.

Dimitri fece una smorfia.

<< Chiamo Fadi. Le auto gliele portiamo domani >> disse lentamente, come se alla fine avesse cambiato idea. Forse voleva semplicemente farla stare zitta, ma andava bene così.

Irina annuì.

<< E Yana non è al sicuro qui >>.

Le loro voci si accavallarono; avevano pensato la stessa identica cosa.

Si guardarono; il russo annuì.

<< Convincerò Iosif ad andare via il prima possibile >> disse.

Le fece un cenno con il capo e uscì dal soggiorno, lasciandola da sola a digerire la nuova situazione che si era creata.

Dimitri Goryalef era il numero uno della Black List.

Come un'ebete, Irina si ritrovò a sorridere da sola.

Forse, nessuno più di lui meritava di esserlo.

Forse era davvero l'unico in grado di gestire quella posizione.

Forse era l'unico abbastanza saggio da non abusare del proprio potere.

E credeva in lei.

Dimitri Goryalef credeva in lei, sempre e comunque.







Los Angeles – Otto anni prima

Dimitri stringe il volante della Lamborghini Murcielago grigia, l'unica auto che ha portato con se da Mosca, e osserva la strada buia davanti a lui. Le lancette del contagiri sono perfettamente ferme nel cruscotto, perché non sta nemmeno sfiorando il pedale dell'acceleratore. In confronto, il motore della Porsche 911 GT3 di William Challagher sembra il ruggito di una bestia inferocita che avverte di essere pronta ad attaccare.

Non gli piacciono tutte quelle esibizioni, ma sa che a Los Angeles quelle sono le regole del gioco. Lui non ama far ruggire il motore, dare avvertimenti: è solo uno spreco di energia e di concentrazione. Gli piace guidare, non gli piace tutto il resto.

Seduto con aria tronfia nella sua auto, lo Scorpione gli rivolge un'occhiata divertita.

Dicono sia il più forte pilota clandestino in circolazione, e in fondo non può essere scarso, visto quello che è riuscito a fare; la Black List è famosa in tutto lo Stato, ed è per questo che Dimitri è venuto fino a Los Angeles. Voleva trovare gare interessanti, e ha direttamente trovato lo Scorpione.

La ragazza in pantaloncini corti che ha visto baciare Challagher sulle labbra poco prima si avvia in mezzo alla striscia di asfalto, un fazzoletto colorato in mano. Si piazza tra le due auto, li fissa per qualche secondo e poi abbassa il braccio.

La folla grida, quando la Porsche e la Lamborghini ruggiscono e schizzano in avanti, lasciando strisce nere sull'asfalto e fumo di pneumatici. Le dita di Dimitri sfiorano appena il volante, mentre la lancetta del tachimetro schizza in alto, la Murcielago che taglia l'aria come una freccia.

Challagher lo supera a destra, poi svolta a sinistra, lungo un viale alberato disseminato di pensiline di autobus, e Dimitri gli rimane incollato al posteriore. Sfiora appena il marciapiede, quando lo riprende in fretta, passandogli davanti.

E' abituato a guidare pulito, senza sbavature, ma si rende conto che quel tipo di guida innervosisce Challagher. E' forte, non ha paura, preme l'acceleratore facendo schizzare la Porsche in avanti, e Dimitri capisce di avere davanti un valido avversario.

E' tanto tempo che non guida contro qualcuno così; William vuole vincere, è pronto a giocare sporco pur di stare davanti, e lui si adatta. Non gli piace, ma sfiora lo specchietto della Porsche, facendo partire una scintilla.

La Murcielago grida, quando lui affonda il piede sull'acceleratore, tira il freno a mano e sfila Challagher in curva; lo Scorpione però fa la stessa cosa con lui, e si ritrovano di nuovo fianco a fianco, la strada che scorre sotto di loro a velocità assurda.

Lo sguardo di William brilla dall'altra auto, e Dimitri accenna un sorrisetto. Possono divertirsi, in quella gara.

Il pianale della Porsche sfrega contro l'asfalto, quando imboccano la sopraelevata che li porta al lungomare. Le due auto procedono fianco a fianco sull'unica corsia disponibile, gli specchietti che sfiorano il guard-rail di metallo.

Una nuvola di scintille si solleva nel buio, quando Challagher cerca di spingerlo a destra, ma Dimitri stringe il volante e lo supera, svoltando a sinistra.

Il marciapiede sfila alla sua sinistra velocissimo, i lampioni macchie luminose nel cielo nero, mentre Challagher tenta di nuovo di farlo finire fuori strada. Dimitri digrigna i denti.

La Murcielago si sposta a destra, cozzando contro la fiancata della Porsche, ammaccandola. William riesce a tenere in strada l'auto, ma lo specchietto sinistro vola via, sfracellandosi su un muro.

Però rimangono fianco a fianco.

Dimitri accelera, e Challagher fa altrettanto. Le sue auto schizzano sulla strada a duecentottanta all'ora, terrorizzando i pochi passanti che si trovano da quelle parti, e basta un errore per farli morire. Lo sanno entrambi.

Ed entrambi sono disposti a raggiungere quel limite oltre il quale potrebbero lasciarci la pelle.

Dimitri la vede di nuovo, la sopraelevata che li porterà al di nuovo al Gold Bunny.

Una sola corsia, stretta, sufficiente per una sola auto.

Uno spartitraffico a separala dall'altra corsia, quella che porta al lungomare, dalla quale una utilitaria scura esce dirigendosi verso i parcheggi di Santa Monica.

Uno di loro due la deve imboccare per primo, se vuole vincere.

Il muso della Porsche passa avanti, poi quello della Murcielago.

William lo spinge, Dimitri spinge lui.

Le due auto si eguagliano, e sono solo i piloti a fare la differenza.

Dimitri digrigna i denti.

Questa non è casa sua; qui non c'è nessuno della sua famiglia; questo non è il posto in cui vuole davvero stare, ma è il posto dove potrebbe dimenticare Lora, almeno per un po'. E' il posto in cui potrebbe fingere di non essere quello che è davvero; per farlo, deve solo accettare di stare sotto qualcuno.

William Challagher potrebbe essere quel qualcuno.

Può stimarlo per quello che ha costruito e per il pilota che è.

Spinge sull'acceleratore, e la Murcielago ruggisce.

Lo spartitraffico sfiora il muso della Lamborghini, quando lui svolta appena a sinistra e imbocca la sopraelevata contromano, lasciando a Challagher la via più sicura.

E' da questo che si riconosce chi è più forte.

Quando le auto si equivalgono, quando i piloti sono simili, vince chi a meno paura di morire.

Lui non ne ha. Nemmeno un briciolo.

Dimitri Goryalef per un attimo spera di incrociare un tir, un furgone, qualsiasi cosa che lo faccia schiantare e gli faccia finire quella stupida corsa senza senso che sembra essere in quel momento la sua esistenza.

Gli hanno fatto trovare sua sorella con un coltello piantato in gola, cosa cazzo può importargli di vincere una gara?

Cosa cazzo gliene frega se non è stato in grado di proteggerla?

Ma non incrocia nessuno. Sbuca dall'altra parte incolume. Qualcuno la chiamerebbe provvidenza, gli direbbe che qualcuno gli ha appoggiato una mano sulla testa per proteggerlo; lui la chiama solo banalmente fortuna. O caso.

La Porsche di Challagher è al suo fianco.

Una sola curva lo separa dall'arrivo; una curva e potrebbe prendersi la vittoria e tutto ciò che Challagher ha costruito. In fondo è la legge del più forte: tra due bestie feroci vince quella più determinata a uccidere.

Preme l'acceleratore fino a fine corsa, e sbaglia la curva.

Dimitri Goryalef sbaglia volontariamente; sbaglia lasciando andare William Challagher davanti, anche se sa che là ci dovrebbe essere lui.

La Black List è sua, a lui non interessa.

La Murcielago grida, perché lei non vuole perdere, ma a Dimitri non importa. Lui tiene il volante, lui decide.

Taglia il traguardo un centensimo di secondo dopo lo Scorpione, ma è giusto così. E' giusto che non prenda un posto che non vuole, che non rubi a nessuno ciò che non gli servirebbe a nulla.

Challagher scende dall'auto, lo guarda per un lungo istante, ma si vede dai suoi occhi che non sospetta minimamente di aver vinto solo perché lui ha sbagliato volontariamente. La sua convinzione è più forte del suo talento. I traguardi che ha già raggiunto lo rendono fin troppo sicuro, e forse un giorno sarà proprio quella sicurezza a farlo cadere.

<< E' stata la più della gara che abbia corso da molto tempo a questa parte, Dimitri Goryalef >> dice, << Vuoi diventare un membro della mia Black List? Il numero... due? >>.

Dimitri annuisce. E' quello che vuole: un posto dove stare e qualcosa da fare. Anche ubbidire agli ordini, basta che gli svuotino la testa.

<< Sarò un tuo pilota, Challagher >> dice, << E mi chiamerò Mastino >>.


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