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Capitolo XXXIV


Cinque anni prima - Barstow

Dimitri osserva in silenzio il giardino della villetta in cui ormai stazionano da ore, in attesa che William Challagher decida quale deve essere il destino di tutti loro.

Li ha appena buttati fuori dal soggiorno per piantare una pallottola in testa a Fenice, ma Dimitri sa che non lo farà. Non ne è capace, non quando quella ragazza gli ha fatto capire che non può essere comprata in alcun modo, non da lui.

Non lo farà, lo Scorpione non premerà quel grilletto. Non è sufficientemente coraggioso da privarsi dell'unico oggetto che non riesce ad aggiungere alla sua collezione, perché in lui c'è ancora un barlume di speranza. Crede che in qualche modo riuscirà a piegarla;iIn realtà ha piegato solo se stesso.

Ogni giorno di più.

Fino ad arrivare a quel casino.

Dimitri esce in giardino, in modo che né Hanck ne Michael possano sentirlo.

Tira fuori dalla tasca un cellulare, il cellulare di Irina, quello che William le ha sequestrato e che ha ordinato a lui di distruggere. Non lo ha fatto; non ha mai davvero ubbidito ai suoi ordini, ha sempre e solo fatto finta di accettarli come consigli, e questo Challagher lo sa.

Tra loro c'è sempre stato un tacito compromesso, quel tipo di compromesso che esiste tra due persone che conoscono esattamente il loro potenziale e quello di chi gli sta di fronte: William Challagher gli ha permesso di prendersi un posto nella Black List, di farsi una vita a Los Angeles e di dimenticare ciò che ha lasciato a Mosca; lui, Dimitri, gli ha messo a disposizione la sua indole sanguinaria, la sua fedeltà e le sue capacità. Sono diventati qualcosa di molto simile ad amici, perché l'unica cosa che non hanno fatto è stato giudicarsi. E perché Dimitri ha accettato gli ordini come fossero consigli, perché quella è pur sempre casa di William Challagher.

Ora l'equilibrio si è rotto.

Il filo sottile su cui hanno camminato per anni si è spezzato quando lo Scorpione ha superato il limite della decenza e il Mastino ha capito che una ragazza sta pagando un prezzo troppo alto per l'errore che ha commesso.

In quel momento, Dimitri ha ricordato chi è.

E' ora di chiudere il sipario, e solo lui può farlo.

Finiranno tutti in prigione, ma tanto ci finirebbero comunque.

Forse qualcuno morirà, ma a chi importa davvero la morte di un criminale?

Sicuramente la Black List finirà.

Però, almeno Fenice sopravviverebbe.

Violata, spezzata, ma viva.

Che senso ha continuare ad aspettare? Che senso ha permettere a Challagher di farle del male e rimanere a guardare? Che senso ha vivere così, quando l'unica cosa che vuoi non la puoi riavere indietro?

Challagher vuole Irina, ma non l'avrà mai, perché lei lo odia.

Lui rivuole Lora indietro, ma non la riavrà perché è morta.

Sua sorella cosa direbbe? Se l'avesse davanti, cosa gli ordinerebbe di fare?

Direbbe fai ciò che è giusto. Se tutti dovete affondare, almeno lascia che lei si salvi.

Dimitri stringe il telefono e cerca il numero di Alexander Went.








Ore 17.00 - Casa di Irina, Campo Claro

<< Dove lo hai trovato? >> domandò Irina, fissando il paraurti giallo con la griglia nera che Dimitri trasportava nel baule del Pathfinder del cugino, avvolto nella carta da pacchi marrone, nuovo di zecca.

<< Non importa dove io l'abbia trovato >> rispose Dimitri, << Quello che ti deve importare è che io ne abbia uno a disposizione >>.

Irina strinse le labbra, ma decise di non intavolare nessuna discussione con il russo. Nonostante fossero passati un paio di giorni da quando erano lì, continuava a essere scontroso e tagliente. Non che Irina lo avesse visto poi molto, in realtà; era stato molto sfuggente da quando le aveva consegnato l'invito ufficiale di Selena Velasquez al Nurburgring.

<< Dammi una mano >> le ordinò Dimitri, << Dobbiamo montarlo, e non posso farlo da solo >>.

Nel garage non c'era nessuno e potevano lavorare in tranquillità senza essere osservati; lo aiutò a scartare il ricambio e ad appoggiarlo davanti al muso nudo della F12. Era perfettamente uguale a quello che aveva perso, perciò doveva essere originale.

Dimitri tirò fuori una cassetta degli attrezzi dal baule del Pathfinder e le passò una chiave inglese con aria minacciosa.

<< Non sarà un lavoro facile >> disse, << Tienilo in posizione mentre io lo aggancio. Pensi di farcela? >>.

Irina annuì; il paraurti era in alluminio, così leggero che poteva sollevarlo senza alcuno sforzo anche lei. Lo misero in posizione e il russo si mise all'opera.

In effetti, fu un lavoro particolarmente difficile. Dimitri fece fatica a riagganciare il pezzo alla carrozzeria senza mettere la vettura su un ponte, visto che non lo avevano a disposizione, e fu costretto a sgusciare sotto dopo aver piazzato la Ferrari con le ruote anteriori sopra due cuneetti di fortuna. Imprecò un paio di volte e Irina si sentì sufficientemente inutile, mentre reggeva il paraurti fissando il muro di mattoni.

Alla fine il russo sbuffò e gettò la chiave inglese che aveva in mano nella cassetta degli attrezzi.

<< Credo che possa andare bene >> sentenziò, gettandole un'occhiata in tralice.

<< Grazie >> disse Irina.

Sul volto del Mastino comparve un sorrisetto di scherno.

<< Finiscila >> disse solo, << Io non ti ho mai detto grazie >>.

Molto probabilmente si riferiva alla gara a Los Medanos, della quale non avevano più parlato. Non avevano nemmeno parlato di Diego e di Selena, se era per quello. Forse non avevano nemmeno parlato, in realtà.

<< Non devi farlo >> ribatté Irina, poi decise di voler cambiare argomento, perché c'era qualcosa che la metteva a disagio, << Pensavo di far elaborare la F12, quando arriverà Fadi. Se i suoi meccanici possono renderla più potente, potrei commissionargli un lavoretto... Non ho soldi sufficienti per un'auto nuova, ma dovrebbero bastarmi per elaborarla >>.

<< Potrebbe essere una buona idea >> convenne Dimitri, pulendosi le mani con uno strofinaccio, << Questa F12 è giù una versione fuori standard, ma penso si possa ottenere di più da un motore come il suo... >>.

Il russo rimase in silenzio, quasi non fosse convinto di quello che stava dicendo, e Irina non continuò. Molto probabilmente non aveva voglia di parlare, ma lei sì.

<< Emilian mi ha raccontato nei dettagli quello che è successo a Mosca >> iniziò lentamente, << Mi ha detto anche del figlio di Buinov... >>.

Irina non voleva importunarlo con le domande, voleva solo capire se quel Dimitri estremamente scontroso e solitario fosse il frutto degli ultimi due anni passati in giro a nascondersi o se ci fosse dell'altro, sotto. Non poteva pretendere risposte, poteva solo sperare che gliele volesse dare, perché vederlo così la feriva e la amareggiava.

<< Sì, Fenice, ho ucciso un ragazzino di diciassette anni spezzandogli il collo >> rispose gelido Dimitri, come se lei lo avesse provocato, << E ho torturato un uomo per costringerlo a dirmi chi stava cercando di uccidermi... Gli ho tagliato la gola, alla fine. Sì, Fenice, non provo alcun rimorso, se è questo che ti stai chiedendo >>.

Il russo richiuse con uno scatto il baule del Pathfinder, e Irina sobbalzò, però comprese.

Comprese che stava cercando di spaventarla, esattamente come aveva fatto in passato.

Solo che lei questa volta sapeva cosa c'era dietro tutto quel ghiaccio.

Forse non c'era nessuna scusa in quello che la Lince aveva fatto, ma quello era un altro mondo, e Dimitri aveva solo protetto prima di tutto la sua famiglia, poi se stesso. Continuava a difendere con le unghie e con i denti le poche cose preziose che gli erano rimaste, e lo faceva nel modo che riteneva più efficace ma anche in quello più duro. Perdendo se stesso, sacrificando la sua anima in cambio della serenità di Yana, di sua sorella e di tutti gli altri. E lui era il primo a saperlo; era il primo a sapere di essere un criminale.

Irina non lo giudicava; non si sarebbe mai permesso di farlo, e forse questo Dimitri non lo sapeva. Quasi tutti quelli come loro erano vittime, vittime di un destino avverso o del caso, e proprio per questo più facilmente commettevano errori. Ma loro avevano mantenuto dei valori, erano rimasti fedeli a se stessi, non erano completamente andati alla deriva.

<<In fatto che non provi rimorso non cambia il motivo per cui tu l'hai fatto >> disse Irina lentamente, << Non cambia il fatto che tu sia venuto qui ad aiutarmi, indipendentemente da chi te lo abbia chiesto. Io non sarò mai come Selena, ma tu non sarai mai un vero assassino. Io lo so. E se non fosse così, oggi forse non sarei qui. Questo devo ricordartelo >>.

Perché guardando indietro, a Irina era chiaro. Non era viva grazie a Xander, era viva grazie a Dimitri Goryalef. Che all'ultimo, quando tutto sembrava perduto, aveva deciso che Fenice meritava di vivere e lo Scorpione di finire in prigione. Aveva deciso che Xander Went dovesse trovarla, e che la Black List finisse. Aveva deciso per tutti quanti, prendendosi la responsabilità della sua vita e il disprezzo dei suoi vecchi amici.

Dimitri la guardò, gli occhi grigio tempesta che la scrutavano in silenzio.

<< Se William Challagher non fosse esistito, tu non saresti mai diventata Fenice >> ribatté alla fine.

Irina strinse le labbra.

<< Ti sbagli, Dimitri >> rispose, << Molto probabilmente diventare Fenice è sempre stato il mio destino >>.

<< Non credo nel destino, Irina >> disse Dimitri a voce bassa, quasi rabbuiato, << E' un modo troppo comodo per giustificare le nostre scelte... o accettarle >>.

Sentirsi chiamare per nome da lui era strano; la definiva quasi sempre Fenice, come per ricordarle i loro ruoli. Però le corse un brivido lungo la schiena, quando le labbra del russo pronunciarono il suo nome in modo quasi... intimo.

<< Allora non dirai che è stato il destino a salvarmi la vita, cinque anni fa >> ribattè Irina, << < Non era il destino di Xander trovarmi, se la metti così >>.

Per un attimo, la faccia di Dimitri divenne di granito, poi le sue labbra si incrinarono in una smorfia.

<< Sono stato io a decidere che Went ti trovasse, Fenice >> rispose, << Questo lo sapeva anche lui. E sapeva anche che l'ho fatto solo perché credevo che lo Scorpione fosse arrivato davvero alla fine, che per William Challagher non ci fosse più speranza, visto ciò che era arrivato a fare >>. Tacque, come se parlare gli fosse difficile, << Io ero molto più lucido di Challagher e di Went, allora, abbastanza da capire che andava scritta la parola fine da qualche parte... Ero tanto lucido pensare di ucciderti, Fenice >>.

Irina lo guardò senza capire, e il Mastino alzò il mento in segno di scherno, quasi a volerla prendere in giro.

<< Uno di voi due doveva morire, Fenice >> continuò Dimitri, << E per come la vedevo io, tu avevi perso già abbastanza; per come la vedevo io, ucciderti sarebbe stata una liberazione, perché eri troppo segnata per poter andare avanti. Se ti avessi ucciso, Challagher non sarebbe mai impazzito... Il giorno dopo che William è venuto a casa tua e ti ha messo le mani addosso, io ero pronto a ucciderti, Fenice. Ti fidi ancora ad avere sotto lo stesso tetto una persona che era pronta a spezzarti il collo? >>.

Irina non aveva parole, solo sensazioni. Sensazioni contrastanti, paura, confusione, dubbio. Dimitri Goryalef era la persona più complicata che avesse incontrato nella sua vita, ma forse anche la più onesta, perché le stava dicendo la verità. Senza avere paura di spaventarla, senza avere paura di ferirla.

<< E perché non lo hai fatto, alla fine? >> domandò lei, << Perché hai deciso di lasciar affondare William? >>.

Dimitri fece un sorrisetto.

<< Perché lui non sarebbe sopravvissuto senza di te, Fenice >> rispose, << Ma tu saresti sopravvissuta senza di lui >>.

Irina ebbe solo il tempo di assimilare la frase, prima che il cellulare di Dimitri squillasse e lui rispondesse lanciandole una sola, strana occhiata.

Doveva fin troppe cose a Dimitri, e la cosa iniziava a darle fastidio.

<< Cosa c'è? >> disse il russo, rivolto al suo interlocutore. << Bene... Fenice ne sarà contenta >>. Le rivolse un'occhiata fintamente divertita, << Dove si trova? Ci troviamo lì davanti >>.

Chiuse la chiamata e la guardò.

<< Fadi Al-Madihiri è arrivato a Caracas >> disse, << Per dare poco nell'occhio ha affittato un intero hotel a cinque stelle. Ci incontra subito, e da quello che so non ci conviene farlo aspettare >>.

Irina annuì. Capì che non c'era nulla da aggiungere a quello che avevano detto fino ad allora.

Si erano odiati. Adesso non più.

<< Ok, mi cambio e andiamo >>.

Una decina di minuti dopo, Dimitri la aspettava di fronte alla F12 gialla, impaziente.

<< Andiamo con la Ferrari? >> domandò lei, perplessa.

<< Sei tu quella Fadi che deve aiutare per prima, non io >> rispose, << O se preferisci... Sei tu quella che comanda >>.

Irina non capì se diceva sul serio o se la prendesse in giro, ma decise di non ribattere. Gli fece cenno di salire in auto, e mezz'ora dopo si fermava davanti al più lussuoso hotel che avesse mai visto, il Paradise. Era bianco come la neve, con la facciata intarsiata ed enormi vetrate trasparenti, e persino da fuori si sentiva lo scrosciare della cascata artificiale della piscina nel parco disseminato di palme verdi. Però non si sentiva alcuna voce, nessun bambino che giocava e nemmeno un supermanager al telefono.

L'uscere sulla porta, un ragazzo giovane e avvenente vestito di blu, li guardò incuriosito mentre si avvicinavano, dopo aver lasciato l'auto nel parcheggio dei visitatori, deserto.

Emilian e Ivan erano già li davanti, e Irina non potè che sentirsi a disagio di fronte a tutta quell'opulenza, soprattutto perché la sua faccia era ancora un po' bluastra e il sopracciglio si stava rimarginando lentamente.

<< Non potete entrare, signori >> li fermò l'uscere, bloccandoli con il braccio, << L'hotel è... >>.

<< Sono Emilian Goryalef >> ringhiò il cugino di Dimitri, << Chiedi pure conferma se vuoi, ma noi siamo stati invitati >>.

L'uomo annuì, entrò nella hall per una frazione di secondo e poi riuscì, visibilmente dispiaciuto.

<< Prego, accomodatevi >>.

Varcarono la porta a vetri automatica, ritrovandosi in una sala circolare dai pavimenti di marmo scuro e con quadri moderni alle pareti. Una strana installazione a forma di toro campeggiava vicino all'accesso delle scale, tra enormi piante verdi.

Un hostess in tallieur blu li accolse immediatamente, avvicinandosi sui tacchi alti con incredibile leggerezza. Irina su l'unica a cui rivolse un'occhiata piuttosto perplessa.

<< Da questa parte >>.

Senza sapere bene perché, Irina si ritrovò alla testa del gruppo. La signorina li condusse fino all'ultimo piano senza che incontrassero anima viva, lasciandoli in quella che doveva essere stata una sala meeting, ma che ora assomigliava a un grande, enorme soggiorno. O forse sembrava più un'oasi del deserto.

Quattro divani di pelle nera erano disposti a quadrato intorno a un tavolino di cristallo, contornati da tappeti persiani e decine di piante verdi e rigogliose. Sul tavolino campeggiava una grande teiera fumante, vari bastoncini di incenso e un cestino di frutta.

Mancava una musica di sottofondo e Irina avrebbe creduto di trovarsi in un centro benessere o qualcosa di simile.

Lo sgomento per l'ambientazione fu però superato in una frazione di secondo, quando vide chi era stato così egocentrico da affittare un intero hotel pur di stare comodo.

Fadi Al-Madihiri era sdraiato su uno dei divani con l'aria annoiata, un libro tra le mani e un vassoio di datteri proprio appoggiato sul bracciolo. Indossava la tunica bianca che Irina aveva sempre associato agli emiri arabi, che però non nascondeva il fisico decisamente statuario di Fadi; sotto il velo stretto sulla testa da un cerchietto di tessuto rosso, l'arabo aveva un viso dai tratti marcati, la pelle ambrata e un accenno di barba nera, e due scuri come la notte. Non di mostrava più di trenta, trentacinque anni, ed era di una bellezza stupefacente. Forse Irina non aveva mai incontrato un uomo come lui.

Fadi gettò il libro di lato e si alzò con un movimento fluido ed elegante, rivelandosi alto quasi quanto Dimitri. Allargò le braccia in segno di invito e sorrise, mostrando denti bianchissimi e perfetti.

L'unica cosa però che Irina ebbe voglia di fare fu indietreggiare.

<< Sono felice di vederti, Emilian Goryalef >> disse Fadi con una voce calda, suadente, con un marcato accento arabo, << E sono felice di vedere anche te, Dimitri. Ma presentami i tuoi ospiti, per favore >>.

<< Il piacere è mio, Fadi >> rispose Emilian, << Questo è Ivan, nostro cugino. Lei è Irina Dwight, detta Fenice >>.

<< Attuale numero uno della Black List >> aggiunse Dimitri inaspettatamente.

Irina non fece in tempo a gettargli un'occhiata, che Fadi fece un passo verso di lei e le tese la mano, esibendosi in un baciamano perfetto che la lasciò confusa e perplessa. Non era abituata ad essere salutata in quel modo, e forse anche per via della sua faccia ancora un po' tumefatta si sentì fuori posto.

<< E' un immenso piacere fare la tua conoscenza, Irina >> disse l'arabo, << Il tuo nome suggerisce origini russe, ma i tuoi occhi ricordano quelli dei purosangue che galoppano nel deserto del mio paese... >>.

Per un attimo, Irina si chiese se avesse sentito male, per caso. Quello di cui era certa però era che l'adulazione era sempre qualcosa da cui guardarsi, soprattutto quella di chi aveva tanti soldi. E che per una frazione di secondo Fadi le sembrò ridicolo, nonostante ricordasse in tutto e per tutto un principe arabo.

<< Non ho mai sentito parlare di te, Irina >> continuò l'emiro, guardandola con interesse e curiosità, << Mi hanno raccontato della Black List, ma non di te >>.

Era strano, era la prima volta che Irina si sentiva dire di essere sconosciuta.

Però ricordò di come avrebbe dovuto comportarsi, per ottenere quello che voleva.

<< Sono una pilota clandestina, una ex poliziotta e ora anche una ricercata >> ribattè lei, << E forse è meglio che tu non abbia sentito parlare di me... Ma magari non crederesti nemmeno alla metà della cose che ti racconterebbero >>.

Fadi sembrò sorpreso dal suo tono duro, come se non fosse abituato a sentirlo da una donna. Divenne serio, gli occhi scuri che la scrutavano con attenzione. Si sentì quasi radiografata, e per un momento ebbe l'istinto di afferrare il braccio di Dimitri, giusto per sentire che c'era qualcuno vicino a lei.

<< Allora io in cosa posso aiutarti, Irina? >> domandò l'arabo, << Sono qui solo perché Emilian mi ha detto che sarebbe stato interessante avere a che fare con voi... Ma accomodatevi. Bevete del the, prima di spiegare >>.

Un cameriere si apprestò a servire immediatamente da bere a tutti, non appena si sedettero sul diavano di morbida pelle nera, il profumo dell'incenso che solleticava le narici di Irina. Notò i movimenti fluidi e posati di Fadi, la veste bianca che gli si muoveva intorno leggera, e notò anche l'espressione di ghiaccio di Dimitri. Era evidente da lontano che tutto quell'ambiente al russo non piaceva, ma stava facendo di tutto per sopportare in silenzio. Evitò accuratamente persino la tazza di the che gli venne appoggiata davanti e Irina pensò che avrebbe preferito un bicchiere di vodka.

Fadi le fece cenno di parlare, giocando distrattamente con un dattero raccolto dal vassoio della frutta.

<< Fra qualche settimana si terrà al Nurburgring il Raduno Internazionale Preparatori >> iniziò Irina, il vapore del the che le scaldava il viso, << E io devo esserci. Per partecipare ho bisogno di una casa preparatrice che mi ingaggi come pilota e mi faccia correre contro la Torec >>.

Forse era stata troppo diretta, ma girarci intorno non aveva senso. Fadi la guardò sorpreso, la pelle ambrata illuminata dalla luce che filtrava dalle vetrate.

<< Perché dovrei farlo? >> domandò tranquillo, come se fosse una cosa che gli veniva chiesta tutti i giorni.

Con la coda dell'occhio, Irina vide Emilian aprire la bocca per parlare, ma bloccarsi di fronte al movimento appena accennato di Dimitri. Nessuno dei due disse nulla, perciò fu lasciato a lei il compito di sbrogliare la situazione.

<< Perché tu hai una casa preparatrice, hai il denaro necessario e vuoi divertirti >> rispose Irina, << E se ho capito bene chi sei, posso scommettere che tu non sappia spremere le tue auto nemmeno al cinquanta per cento delle loro capacità... Io posso darti i migliori piloti clandestini in circolazione, e tanta, tantissima pubblicità >>.

Vide brillare sul volto di Dimitri un sorrisetto, e su quello di Fadi un'espressione ammirata e confusa. Non si era aspettato tanta grinta da una ragazza con la faccia tumefatta, questo era evidente.

<< Sei una donna molto determinata, Irina >> commentò, appoggiandosi allo schienale del divano, << Come fai a sapere con tanta sicurezza che io possa essere interessato? >>.

<< Non lo so, posso solo presumerlo >> rispose Irina, << Ma se non lo fossi, non ti saresti precipitato qui a sentire cosa avevo da dire >>.

Fadi sorrise e le versò un altro po' di the.

<< No, infatti >> convenne, << Quindi vorresti usare il mio marchio, la mia squadra di meccanici e le mie auto per partecipare al Raduno e cercare di vincere la gara come miglior pilota? >>.

<< Sì >> rispose Irina, << Ma l'auto ce l'ho già >>.

<< Quale? >> domandò Fadi.

<< Una Ferrari F12 >> rispose Irina, << E' parcheggiata la fuori >>.

L'arabo si alzò con un movimento fluido e si diresse verso la vetrata; gettò un'occhiata di sotto, la veste bianca che svolazzava nella brezza fresca che proveniva dalle finestre aperte. Soddisfatto, tornò a sedersi, mentre Irina aspettava, tesa. Sentiva la presenza di Dimitri al suo fianco, silenziosa eppure così... rassicurante?

<< Sono anni che desidero partecipare con la mia scuderia al Raduno >> disse alla fine Fadi, sorridendo in un modo un po' strano, << Ho molte auto, questo sì, ma poca gente disposta a guidare per me. Poca gente di talento... Ma come hai detto tu, siete ricercati dalla polizia. Come farete a partecipare senza dare nell'occhio? >>.

<< Viaggeremo con documenti falsi >> rispose Irina, << E credo che non ti dovrai preoccupare di come arriveremo in Germania. Possiamo pensare a tutto noi >>.

Gettò una fugace occhiata a Dimitri, che annuì.

<< Auto e persone viaggeranno con l'aereo cargo della mia famiglia >> disse il russo, << Abbiamo solo bisogno di una scuderia, nient'altro >>.

Fadi annuì.

<< Credo possa essere molto interessante. Se qualcuno di voi dovesse davvero vincere, la mia casa preparatrice diventerebbe molto famosa >> concluse alla fine, << Quanti piloti potete mettermi a disposizione? >>.

Irina guardò Dimitri, preoccupata.

<< Due >> rispose alla fine, << Io e Dimitri Goryalef >>.

<< Tre >> aggiunse Emilian, non invitato.

<< Quattro >> disse Ivan, alzando la mano.

Irina rimase in silenzio; se sapeva che nessuno di loro era obbligato a correre nella sua squadra. Nessuno di loro in realtà era obbligato a essere lì, eppure avevano lasciato la Russia per raggiungerla.

Fadi li osservò uno a uno, prima di tirare fuori un tablet da dietro il divano e digitare qualcosa.

<< Quattro >> disse a voce bassa, << Credo siano sufficienti... Direi che possiamo discutere i dettagli a cena, se siete d'accordo, ma l'affare mi sembra chiaro: Io vi do la mia disponibilità, voi mi date il vostro talento >>.

Le porse la mano e Irina esitò. Era tutto troppo semplice, ed era abituata a diffidare dalle cose che venivano troppo facilmente.... Però Dimitri le fece cenno di non indugiare, e strinse la mano di Fadi in modo energico, suggellando il loro patto criminale che l'avrebbe portata per la prima volta nella sua vita a correre una gara regolare.

<< Per favore, rinfrescatevi un momento >> disse l'arabo, << La cameriera vi accompagnerà alla sala da pranzo >>.

Una signorina con il capo coperto da un velo rosso rubino li prese in carico, accompagnandoli alla toilette. Irina vide Dimitri rifiutare per rimanere a parlare con i suoi cugini in russo fitto e stretto, mentre lei decise che aveva bisogno di qualche minuto di solitudine.

L'accordo sembrava quasi concluso, e non poteva sperare che le cose andassero meglio.

Si guardò per qualche secondo nello specchio del bagno, i lavandini di ceramica bianchissima che riflettevano la luce dei neon, chiedendosi chi diavolo fosse quel Fadi Al-Madihiri. E perché volesse aiutarli.

E chiedendosi perché lei dovesse avere la faccia così tanto segnata, ancora.

Uscì dal bagno e la ragazza con il velo la accompagnò alla sala da pranzo, arredata con tappeti persiani e colori scuri. Fadi doveva essersi portato i mobili da casa, visto che l'hotel sembrava essere stato stravolto, oltre ad apparire sinistramente vuoto. Rimase in piedi per qualche secondo nella sala deserta, prima di avvicinarsi alla finestra per guardare di sotto, verso la piscina non la cascata, vuota.

<< Leggo nei tuoi occhi il desiderio di vendetta >> disse improvvisamente una voce alle sue spalle, << Che cosa porta una fanciulla come te al Nurburgring? >>.

Irina si voltò di scatto, Fadi che si avvicinava muovendosi fin troppo fluidamente nella sua veste bianca, e sperò che non si avvicinasse. C'era qualcosa in lui che la lasciava diffidente... Forse l'incredibile bellezza?

<< Una persona a cui volevo bene è stata uccisa >> rispose Irina, << E tutto ciò che ho fatto come pilota clandestina e come poliziotta è stato messo in discussione. Una donna di nome Selena Velasquez mi ha sfidato a prendere parte a quella gara e a correre secondo le regole... Sta cercando di togliermi tutto, anche il passato, e io non ho intenzione di subire in silenzio >>.

Fadi si avvicinò ancora, e Irina si tese. Riusciva a sentire il suo profumo muschiato anche a un metro di distanza.

<< Non ho mai sentito parlare di te >> disse con un sorriso, << Raccontami chi sei, Irina. Mi piace ascoltare le storie delle persone >>.

Dove diavolo era Dimitri? Perché ci metteva così tanto a entrare in quella stanza? Per quanto sapesse di essere al sicuro, Irina si trovava a disagio.

<< Sono entrata nel mondo delle corse clandestine a diciotto anni, per ripagare i debiti che mio fratello aveva accumulato nei confronti di William Challagher >> spiegò atona, << Era il numero uno della Black List, a Los Angeles. Controllava tutte le corse clandestine dello Stato... Sono stata costretta a diventare una pilota clandestina, ma ho scoperto di essere portata. Sono diventata la numero tre della lista, l'unica donna ad arrivare così in alto >>.

Rimase in silenzio, indecisa se dire la verità o meno. Avrebbe dovuto ammettere di essere stata lei la fine della Black List...

Fadi le rivolse un'occhiata, sornione. La veste bianca fluttuò impercettibilmente, quando fece un passo verso di lei.

<< Raccontami la verità, Irina >> disse, << Potrei scoprire che stai mentendo semplicemente facendo fare ricerche su di te >>.

Sulla porta comparve finalmente Dimitri, lo sguardo ombroso e l'espressione infastidita, e lo stomaco di Irina si rilassò. Chissà perché, adesso si sentiva al sicuro.

<< William Challagher è stato arrestato, e io ho dato una mano all'agente dell'F.B.I. che era venuto per metterlo dietro le sbarre >> continuò, ritrovando un po' di voce, << Poi sono andata in Russia, assoldata dall'F.B.I. stessa per catturare la Lince, un boss malavitoso che controllava tutti i traffici della Russia... Lì William Challagher mi ha raggiunto dopo essere fuggito di prigione, e lì è morto. Sono diventata un'agente di polizia, e lo sono stata per due anni, finché Alexander Went non è stato ammazzato da Selena Velasquez. Sono venuta fino a Caracas per cercarla, e fare l'unica cosa che devo fare: distruggerla come lei vuole distruggere me >>.

A grandi linee, senza troppi particolari, quella era la sua storia. Le sembrò particolarmente incredibile, detta così, e l'arabo sembrò pensare lo stesso, vista la luce nei suoi occhi scuri.

<< Ho sentito della morte di William Challagher >> disse lentamente, << Tragica, ma davvero spettacolare. Leggendaria, azzarderei a dire >>.

Si voltò verso Dimitri, che aspettava sulla porta con Emilian e Ivan, e Irina ne approfittò per scostarsi.

<< Sedetevi, prego >> disse, << Dobbiamo pianificare i dettagli di questo affare >>.

Le diede la precedenza, e Irina lo superò lentamente, aspettando che Dimitri si sedette. Prese posto immediatamente vicina a lui, e Fadi a capo tavola alla sua destra, mentre i cugini del Mastino si disponevano davanti a loro.

Si accorse solo in quel momento che il tavolo si trovava proprio davanti a un grande monitor, ancora spento. Sfiorò inavvertitamente la gamba di Dimitri, quando lei si spostò appena verso di lui con l'intenzione di mettere un po' di distanza da Fadi.

Per fortuna, scoprì che Emilian era un buon oratore quando voleva, e che era abbastanza in confidenza con l'arabo. Passarono una buona mezz'ora a raccontarsi cosa era successo ultimamente, del fatto che Dimitri aveva avuto problemi con gente che cercava di ucciderlo e che alla fine aveva deciso di andarsene da Mosca per un po'. Il Mastino non integrò le informazioni che suo cugino aveva fornito, però con la coda dell'occhio la guardò un paio di volte. Irina si sentì quasi scoperta, quando si rese conto che Dimitri aveva capito che Fadi la metteva a disagio.

Venne servita la cena, innaffiata da ottimo vino che Irina non toccò nemmeno per sbaglio, e l'arabo rivolse la sua attenzione a lei. Le chiese che auto avesse posseduto, perché aveva deciso di tradire Challagher e cosa avesse fatto dopo che era stato arrestato. Irina rispose con la verità, tranne sul suo rapporto con lo Scorpione, e Fadi sembrò soddisfatto e affascinato. Le chiese di raccontarle cosa era successo in Russia e cosa avesse fatto dopo, e prima di parlare Irina aspettò un cenno di assenso da parte del Mastino, che le fece intendere di poter raccontare abbastanza liberamente.

L'arabo era un misto di buone maniere e bellezza che Irina trovava assurdamente improbabile; era formale ma non distaccato, ma effettivamente non sembrava capirne poi tanto di auto. Si limitava ai modelli, ai marchi, ma non ne conosceva la meccanica o le prestazioni effettive. Ovviamente, le utilitarie italiane non erano comprese nel suo range di conoscenze, e quando Irina gli parlò della Punto andò a cercarla su Internet dal suo tablet. Sentenziò che era... inusuale.

<< Mi avete detto di avere già delle auto a disposizione >> disse alla fine Fadi, e il suo tono di voce tradì un po' di eccitazione, << Irina ha la sua Ferrari F12. Voi cosa guiderete? >>. Si stava riferendo alla famiglia dei russi.

<< Una Lamborghini Centenario >> rispose freddamente Dimitri, << E uno dei miei cugini può usare la Huracan... Posso farmi arrivare un'altra auto da Los Angeles, in ogni caso >>.

Irina gli rivolse un'occhiata. Una Centenario? Dove l'aveva trovata?

Dimitri la ignorò.

<< Io invece vorrei elaborare la F12 >> disse Irina.

Fadi li ascoltò, ma sembrò vagamente annoiato. Sventolò la mano e posò la forchetta, per afferrare il telecomando che era rimasto lì vicino, appoggiato di fianco al bicchiere di vino.

<< Io colleziono auto >> disse, << E sono anche disponibile a farvene usare alcune, se vi possono tornare utili. Alcune sono state elaborate dalla mia squadra. Lasciate che ve le mostri >>.

Irina ebbe l'impressione che non vedesse l'ora di far vedere loro le sue vetture, come un bambino che metteva in mostra i suoi giocattoli.

Accese il monitor e sullo schermo comparve una sorta di garage virtuale. Fadi iniziò a scorrere le immagini, e Irina si rese conto che quell'arabo aveva una rimessa che avrebbe fatto impallidire quella di William Challagher... E ciò che la impressionò più di ogni altra cosa, fu che quelle auto erano tutte state regolarmente acquistate dalle case madri. Per ognuna di esse Fadi aveva staccato un assegno a cinque, sei zeri.

Era un collezionista. Un collezionista di giocattoli costosi ed esclusivi, e Irina lo capì dopo le prime due auto che mostrò loro, fotografate nel dettaglio. Una Lykan Hypersport e una Koenniseg Regera. E due Lamborghini, una Aventador e una Huracan. E una McLaren P1. E un paio che nemmeno Fenice riuscì a riconoscere a colpo d'occhio.

Fadi scorse il suo garage virtuale con compiacimento, descrivendo le modifiche apportate dal suo team di preparatori fin dove le sue poche conoscenze gli permettevano di capire. Forse quando entrava nella sua officina chiedeva solamente che le auto venissero modificate per essere le più veloci al mondo, e basta. Doveva avere dei meccanici molto pazienti.

<< Come si chiama la casa preparatrice? >> domandò Emilian, distraendolo per un secondo dal telecomando.

Fadi sorrise, ma non guardò il russo quando rispose; guardò lei.

<< Fenix >> rispose solo.

Irina rimase di sasso. O forse avrebbe voluto alzarsi e andarsene via.

Dimitri non credeva nel destino, ma lei sì.

<< L'araba fenice è un simbolo molto importante nella mia cultura, Irina >> continuò Fadi, << Forse il fato ti ha portata qui, se anche tu porti questo soprannome >>.

Irina non rispose. Fenix... Fenice avrebbe corso con una casa preparatrice che si chiamava come lei.

<< Forse mi ha davvero portata qui >> disse lentamente Irina, << E spero solo che lo abbia fatto per un solo motivo: farmi vincere >>.

Fadi annuì, poi premette il telecomando e Irina capì che era lì davvero perché il destino ce l'aveva portata.

Sullo schermo comparve una LaFerrari nero opaco, i fari appuntiti che la fissavano al di la dello schermo, come a dirle che era lei l'auto che avrebbe dovuto guidare contro Selena. Appuntita, affilata, potente e cattiva... E una piccola, piccolissima fenice dipinta sugli specchietti retrovisori, bianca e lucida.

Irina la fissò, e molto probabilmente l'auto fissò lei.

Sentì gli occhi di Dimitri addosso; poteva chiedere, poteva dire a Fadi che era disposta a fargli la migliore pubblicità possibile guidando quell'auto, portandola alla vittoria e facendolo diventare il più famoso preparatore al mondo... Poteva proporgli di fargliela guidare una sola volta, sarebbe bastata...

Ma rimase in silenzio.

Non voleva più debiti con nessuno. E Dimitri non avrebbe apprezzato quella richiesta, perché si stava già sforzando di chiedere l'aiuto di Fadi, cosa che non avrebbe mai fatto se non ci fosse stata di mezzo lei.

Rimase in silenzio assoluto, mentre l'arabo scorreva le auto, una per volta, fino all'ultima. Sembrava fiero del suo garage, ma nessuno avanzò alcuna richiesta. Le sembrò un bambino un po' deluso, quando appoggiò il telecomando sul tavolo.

<< Dobbiamo parlare con i tuoi meccanici >> disse alla fine Dimitri, << Sono gli unici che possono fornirci le informazioni esatte su come potranno modificare le macchine che abbiamo a disposizione, e quanto potranno farle diventare potenti >>.

<< Domani saranno già operativi >> rispose Fadi, << Se volete portare le auto... >>.

Dimitri si alzò, e Irina lo seguì.

<< Domani saremo qui >> assicurò.

<< Grazie per la cena >> disse lei.

<< E' stato un piacere conoscerti, Irina >> la salutò Fadi con un mezzo sorriso che gli conferì un'aria ancora più attraente, << Sei una donna molto carismatica >>.

Vennero accompagnati fuori da un'altra cameriera, ma una volta di fronte all'ascensore Irina si accorse che Dimitri era rimasto indietro. Non fece domande, perché capì che voleva parlare a quattrocchi con l'arabo; tornò in auto e si mise in attesa, mentre Emilian le faceva l'occhiolino.






Dimitri chiuse la porta della sala da pranzo alle sue spalle, e osservò la faccia perfetta di Fadi, ancora seduto a tavola con aria divertita. L'aveva sempre trovato sufficientemente irritante, ma sapeva di potersi fidare; c'erano anni di amicizia e collaborazione con suo cugino Emilian dietro. Le sue smancerie potevano essere tollerate, se giustificavano il fine.

<< Immaginavo volessi parlarmi in privato, Dimitri >> disse Fadi, sorridendo.

<< Sai che non mi piace chiedere aiuto >> rispose il russo, sedendosi di fronte all'arabo, << Ma questa è un'eccezione. I patti devono essere chiari: tu mi dai il tuo marchio, e io ti pago ogni modifica alla mia auto. Non voglio debiti, perché i debiti portano sempre guai >>.

<< Siamo d'accordo, Dimitri >> disse Fadi, << Pagherai ogni cosa tu voglia pagare. Conosco la vostra questione dell'onore... Ma non mento quando dico che questa cosa mi piace. Irina è la prima donna che incontro nella mia vita a essere guidata da una grinta fuori dal comune >>.

Dimitri arricciò il labbro. Aveva fatto bene a lasciare campo libero a Fenice, perché come ogni volta si era confermata per quella che era: una calamita. Era stata brava a mostrarsi determinata, sicura e soprattutto pronta a tutto... L'arabo era rimasto colpito da lei, come ogni essere umano che la incontrava sulla propria strada.

Solo la storia del destino non gli era piaciuta molto.

Però poteva sfruttarla a suo favore.

<< Ho solo bisogno di una cosa da te >> disse Dimitri all'improvviso, fissandolo negli occhi, << Quanto vuoi per la LaFerrari? >>.

Anche a metri di distanza, Dimitri avrebbe percepito la reazione di Irina di fronte a quell'auto, e quando aveva visto LaFerrari nera con il simbolo della fenice sopra, aveva capito che quella era l'auto di Irina. Era sua, ce l'aveva scritto sopra.

Doveva averla a qualsiasi costo, proprio perché era stata lei a sceglierla.

Fadi lo fissò, sorpreso.

<< Avete detto che userete le vostre auto... >> obiettò lentamente.

<< Non è per me. E' per Fenice >>.

Fadi continuò a osservarlo.

<< Non me l'ha chiesta >> ribatté l'arabo, << Se lo facesse, non gliela negherei... Quale uomo potrebbe mai negare qualcosa a quella ragazza? Non sono stato in grado di portarla oltre i centocinquanta chilometri orari, non mi vergogno ad ammetterlo, e molto probabilmente Irina potrebbe guidarla a occhi chiusi >>.

<< Non ti chiederà di usarla >> rispose Dimitri, seccamente, << Non vuole debiti con nessuno, esattamente come me. Ma in questo caso non mi interessa che prezzo pattuirai, io voglio quell'auto >>.

Certo che voleva quell'auto; la voleva perché era l'unica che voleva Irina. Forse era l'unica occasione che aveva per fargliene avere una.

<< Perché la mia? >> chiese Fadi, << Voi piloti clandestini vi procurate auto rubate... La mia è fin troppo legale, per i vostri standard. Con un po' di impegno ne potresti trovare una di contrabbando a un prezzo decisamente minore >>.

<< Una Ferrari non si ruba >> ribattè il russo tra i denti, << E la voglio proprio perché è legale >>.

<< Se non conoscessi il tuo onore, Dimitri, potrei pensare che tu voglia comprare quella ragazza, non la mia macchina >> disse Fadi, ma sorrideva.

Poteva pensare quello che voleva, a lui non importava. Irina meritava quell'auto, meritava di poterla guidare per strada senza essere fermata dalla polizia e senza essere ricercata.

<< Falla finita, Fadi >> ringhiò, << Dimmi quanto vuoi >>.

<< Possiamo valutare una permuta? >> domandò l'arabo.

<< Che cosa vuoi? >>.

<< A gare finite Irina potrà portarsi via la sua LaFerrari >> rispose Fadi, << E tu mi darai la tua Lamborghini Centenario >>.

Non c'era bisogno di pensare, e Dimitri non lo fece.

<< D'accordo >> disse, << La Centenario sarà tua. Ma non posso garantirti che non venga distrutta durante una gara >>.

Fadi si strinse nelle spalle.

<< Non succederà >> disse, << E se dovesse succedere, avrò come risarcimento la Ferrari F12, la tua Huracan e un altro paio di milioni di dollari dalla assicurazione che stipulerò domani mattina sulla Centenario. Dopo averla resa legale, ovviamente. Sei d'accordo? >>.

Dimitri annuì, e Fadi gli porse la mano.

<< Domani sera a quest'ora sul libretto della LaFerrari ci sarà scritto il nome di Irina Dwight >> disse l'arabo.

Dimitri lo salutò con un cenno del capo, e raggiunse Irina nella F12 parcheggiata a motore spento. La ragazza non fece domande, quando salì e si diressero verso casa, seguiti dal Pathfinder di Emilian.

Era tesa, lo vedeva da come stringeva il volante; l'incontro con Fadi sembrava aveva scossa in qualche modo, e lui poteva sospettare che fosse dovuta alla singolare avvenenza dell'arabo incapace al volante.

<< Cosa ne pensi? >> chiese a voce bassa il Mastino, mentre Irina guidava fissando la strada, la fronte aggrottata.

<< Di Fadi? >>.

<< Di chi altro? >>.

Irina tacque per un momento.

<< Non... Non mi piace >> rispose alla fine, titubante.

Dimitri fece una smorfia; Irina non era mai stata brava a valutare di chi fidarsi davvero.

<< Ti stai sbagliando >> ribatté, << Fadi è molto probabilmente una delle persone più oneste che io conosca... Ha solo un difetto: ha tre mogli >>.

Irina girò la testa verso di lui per guardarlo, sorpresa.

<< Tre mogli?! >>.

<< Si chiama poligamia, Fenice. E in Qatar è legale >>.

Irina non disse niente, come se non avesse voglia di parlare o trovasse quell'argomento fuori luogo. Arrivati all'appartamento, Dimitri prese la R8 e tornò nella zona sud del quartiere di Campo Claro. Fenice sembrava solo stanca, quando la osservò per un'istante salire le scale, e il suo piede indugiò per qualche secondo più del dovuto sull'acceleratore, prima di premerlo. Non era sola, Emilian e Ivan erano con lei e le avrebbero dato una mano se ne avesse avuto bisogno.

L'appartamento dove stazionava era un bilocale anonimo e scuro, scelto a caso tra tutte le sistemazioni economiche che aveva trovato nel quartiere. L'unico lusso era il garage nel quale nascondere la R8.

Tutto sommato, la serata era andata bene. Avevano tutti ottenuto quello che volevano, a un prezzo abbastanza equo. Fadi, per quanto poco gli piacesse, era uno di cui poteva fidarsi abbastanza ciecamente, ed era amico di Emilian, il che costituiva una garanzia ulteriore. Ora non rimaneva che aspettare le auto e mettere alla prova le capacità del team della Fenix.

Sembrava un gioco del destino, quel marchio, e ultimamente i giochi del destino erano un po' troppi.

Si fece una doccia e gettò un'occhiata fuori dalla finestra, con una strana sensazione allo stomaco.

A Irina Fadi non piaceva...

Era compiacimento, quello che sentiva addosso?

O sollievo?

O entrambi?

L'unica cosa che non voleva era che Irina diventasse la quarta moglie di Fadi; non lo meritava. Poteva trovare qualcun altro di più normale, di più onesto, di cui innamorarsi non un arabo che collezionava auto che non sapeva guidare... O forse era proprio questo a renderlo adatto a Fenice.

Quando si mise a letto, erano le tre di notte passate.

Solo che non si addormentò nemmeno quando chiuse gli occhi, perché si rese conto che aveva ancora addosso la sensazione che aveva provato quando Irina si era avvicinata a lui con la sedia e lo aveva sfiorato.

Non voleva nessun contatto fisico con lei, perché era pericoloso; solo che non poteva evitare che fosse lei a cercarlo, anche se involontariamente. Poteva sopportarlo, poteva resistere, poteva... Accettarlo. Non sarebbe mai finita come in Russia, non le sarebbe saltato addosso nemmeno sotto tortura.








Dimitri lo sentì prima di vederlo, forse perché il suo naso era in grado di riconoscere l'odore del metallo di una lama a metri di distanza. E sentì l'ombra che incombeva su di lui nel buio, il coltello in una mano e la pistola dall'altra.

Scattò prima che la figura avesse il tempo di rendersi conto che era sveglio.

Nel buio Dimitri afferrò la mano dove brillava la pistola, torcendola fino a farle lasciare l'arma, che cadde con un tonfo per terra.

Un altro paio di braccia tentarono di afferrarlo da dietro, e per una frazione di secondo la lama del coltello luccicò nell'oscurità, dritta verso la sua gola.

Dimitri ringhiò, infuriato. Rifilò una gomitata all'uomo alle sue spalle, e con l'altra mano tentò di afferrare il coltello puntato al suo collo.

Per un secondo, non capì cosa successe, ma sentì la spalla andare in fiamme e le ossa del collo del primo aggressore spezzarsi sotto le sue dita, insieme al gorgoglio della vita che veniva spenta.

Ringhiò di nuovo.

Con un clangore metallico, quello che rimaneva del coltello mulinato nell'aria fino a un secondo prima cadde sul pavimento, mentre si voltava e afferrava per la gola il secondo aggressore. Lo spinse sul pavimento, gli mise un piede sulla schiena e gli tirò la testa come se fosse stato una bambola di pezza.

Alla fine, con il fiato corto, Dimitri accese la luce.

Ignorò i due cadaveri a terra, due uomini grossi e dalla carnagione olivastra, e si guardò la spalla.

Un pezzo di lama luccicante sbucava dalla pelle, brillando nella penombra, mentre il sangue sgorgava bollente e denso. Fece una smorfia, mentre la ferita pulsava e bruciava, poi la sua testa andò direttamente in un unico posto.

"Irina".

Dimitri afferrò le chiavi della R8, corse di sotto e salì in auto.

Una Audi Q7 nera con gli adesivi Torec era ferma a lato del marciapiedi.

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