Capitolo XXL
Ore 22.00 – Casa di Irina
Irina non voleva parlare con Dimitri; già vederlo a casa sua era stato difficile.
Voleva solo prendere le sue cose e andarsene; andarsene lontano, andarsene dove nessuno sarebbe mai venuto a cercarla, soprattutto lui.
Buttò alla rinfusa le sue cose dentro un borsone, riempiendolo solo per metà, mentre sentiva il cielo tuonare e la pioggia scrosciante cadere sul terrazzo. Non aveva nulla da dire a Dimitri, nulla da spiegare, nulla da raccontare...
Però Dimitri era la sotto e lei lo vide dalla finestra, nascosta dalla tenda del soggiorno.
Aspettava.
Se solo non avesse diluviato, se solo non si fosse resa conto che Dimitri sarebbe rimasto lì sotto il temporale indipendentemente da tutto il resto, Irina non lo avrebbe fatto entrare. Aspettò quasi mezz'ora, prima di guardare di nuovo fuori dalla finestra e vedere il russo appoggiato alla R8, le braccia incrociate e i capelli incollati al viso, bagnato fradicio.
Era così maledettamente egoista da lasciarlo ridurre in quel modo?
Lo aveva già maltrattato a sufficienza, in tutti quei mesi.
Andò al citofono e aprì il cancello, sapendo che era un errore; accostò la porta di casa e aspettò che fosse lui a entrare.
Ci volle solo qualche minuto per vedere Dimitri spuntare dalle scale, completamente bagnato, che entrò in soggiorno grondando acqua da tutte le parti; per un momento Irina si sentì tremendamente in colpa, ma durò un attimo, il tempo che bastò al russo per aprire bocca.
<< Quindi volevi andartene così, facendo finta di niente? >>ringhiò arrabbiato, mentre i suoi occhi si posavano sul borsone a terra e le gocce d'acqua gli colavano lungo il collo.
<< Che cosa vuoi? >> ribatté lei, incrociando le braccia.
Sentì il suo cuore accelerare, per la tensione e il fastidio. Se ne era andata da casa Goryalef perché aveva bisogno di stare da sola, perché rendersi conto di non avere nulla faceva male e perché... perché lui era lì.
Dimitri si produsse in una smorfia, la solita che usava quando doveva esprimere disappunto.
<< Credi che non sappia della mia fedina penale, Fenice? >> ringhiò in risposta, << Credi che non sappia nulla? >>.
Ora era chiaro, perché l'aveva seguita.
<< Chi te lo ha detto? >> domandò Irina, sorpresa.
Doveva esserlo? Non aveva chiesto a nessuno di mantenere il silenzio, ma aveva sperato che McDonall non facesse circolare la notizia, sul giochetto che gli era stato tirato...
<< Senderson >> rispose Dimitri, mentre i tuoni continuavano a imperversare fuori e il vento faceva battere le imposte, << Mi ha detto che hai strappato in faccia a McDonall un contratto di lavoro, per la mia grazia. E' la verità? >>.
Quindi lo sapeva; sapeva tutto. E come Irina aveva previsto, non aveva gradito l'intromissione nella sua vita, anche se era positiva.
<< Non ti deve importare, cosa ho fatto >> disse lentamente lei, mettendoci tutta la freddezza di cui era capace, << Stai per tornare in Russia. Lo farai con la fedina penale pulita, e non avrai problemi con la polizia. Io non avevo intenzione di entrare nell'F.B.I., non ho perso nulla >>.
Il russo la fissò con i suoi occhi di ghiaccio, i capelli schiacciati sulla testa che gli davano un'aria ancora più minacciosa. Non capiva che non le era costato nulla, che quello che aveva fatto era solo un decimo di tutto ciò che il Mastino aveva fatto per lei. Non capiva che la solitudine le era servita per pensare e raggiungere la conclusione che senza Dimitri Goryalef lei non sarebbe mai esistita.
Perché Irina aveva messo tutto su un piatto della bilancia, e aveva capito.
Dimitri era sempre stato il primo a volerla morta, quando era entrata nella Black List, eppure non l'aveva mai uccisa; Dimitri aveva deciso di dare a Xander la possibilità di salvarle la vita, e aveva condannato lo Scorpione; Dimitri aveva accettato di seguirla in Russia e di lavorare con lei, aiutandola a vincere la Mosca-Cherepova; Dimitri era tornato a Los Angeles a suo rischio e pericolo, quando aveva avuto solo la voce che Fenice era nei guai.
Non ci andava molto a capire che c'era sempre stato, anche quando lei non se ne era resa conto.
Se non fossero stati quello che erano, forse ci sarebbe stata speranza. Ma lui aveva la sua vita criminale dall'altra parte del mondo, aveva i suoi doveri di Lince, mentre lei non faceva altro che far morire tutti quelli che amava.
Non avrebbe rischiato di mettere in pericolo anche lui.
Dimitri fece un passo verso di lei, la vena sul collo che pulsava e gli occhi scuri; chiunque si sarebbe spaventato di fronte a quell'espressione assassina, ma non Irina. Era arrabbiato, furioso, ma non l'avrebbe sfiorata.
<< Perché lo hai fatto? >> chiese il russo.
Irina indietreggiò, e lo fece sapendo che lui avrebbe capito di non doversi avvicinare più.
<< Perché mi andava di farlo >> rispose tagliente, dandogli la stessa risposta che proprio lui le aveva dato tante volte.
Gli occhi grigi di Dimitri vennero percorsi da un lampo di rabbia.
<< E se sei venuto qui per incazzarti con me, te ne puoi anche andare >> aggiunse Irina di fronte al suo silenzio. << Non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da te e dal tuo orgoglio >>.
Le gocce di pioggia scivolarono sulla cicatrice sul suo collo, quando il Mastino le rivolse un'occhiata irritata; sembrava un leone chiuso in gabbia, nervoso e infastidito, e non aveva senso, perché in fondo era stato lui a venire fino a lì. Era come se volesse stare in quella stanza e al contempo andarsene, e l'indecisione non era qualcosa che gli apparteneva.
<< Non ho intenzione di andarmene >>.
No, si era sbagliata. Era deciso a complicarle la vita più di quanto già non fosse. Sceglieva sempre i momenti meno opportuni.
Il suo stupido e maledettissimo orgoglio...
Irina si arrabbiò. Perché non se ne andava e basta?
<< Allora cosa vuoi fare? >> gli rispose, gelida, << Vuoi rimanere qui a discutere sul fatto che dovevo o non fare in modo che non ti ripulissero la fedina penale? Dimitri, quando sono stata in Russia sei stata l'unica persona che nonostante tutto ha sempre avuto fiducia in me... Sei quello che ha lasciato che facessi di testa mia, nonostante avessi sbagliato molte volte. Sei quello che è tornato da Mosca per venirmi ad aiutare... >>.
La voce di Irina si ruppe, e lei rimase in silenzio. L'aveva preso a schiaffi, gli aveva rigato la macchina, lo aveva insultato, lo aveva costretto a portarla al Nurburgring facendole guidare un'auto che lui aveva barattato con la Lamborghini Centenario, lo aveva messo a rischio decine di volte e non gli aveva mai nemmeno chiesto scusa o detto grazie. Forse lui non se ne rendeva conto, di quanto l'avesse aiutata davvero, non cercando di salvarla, ma lasciandola sbagliare, lasciandola crescere, dandole fiducia...
Nemmeno Xander era stato in grado di mettersi da parte in un modo del genere.
<< Sei l'unica persona che non mi ha mai mentito >> aggiunse Irina ritrovando la voce, mentre con lo sguardo evitava quello di Dimitri, << Non importa cosa sei, o cosa sei stato. Meriti tutto quello che posso darti come ringraziamento. Non mi interessa che scelte farai da adesso in poi. Non mi importa nemmeno se tornerai in Russia a fare la Lince. Ti conosco, so chi sei e ogni cosa che fai ha un senso. Ogni scelta che prenderai sarà quella giusta, per te e per chi ti sta intorno. Non chiedermi ora giustificazioni per le mie, di scelte, visto che non lo hai mai fatto >>. Gli indicò la porta con la mano, << Per favore, adesso va' via >>.
Non voleva dare spiegazioni, non voleva dire niente.
Dimitri la fissò con insistenza, e non si mosse nemmeno di un millimetro.
<< Me ne andrò solo dopo che avremo parlato >>.
<< Non voglio parlare con te, Dimitri. Ci siamo già detti tutto quello che c'era da dire >>.
Irina incrociò le braccia, irritata e spaventata al tempo stesso, perché in quel momento Dimitri assomigliava molto a quello della notte in Russia; in quell'occasione però si era limitato al silenzio, e non aveva chiesto parole. Si sentì scoperta come allora, si sentì inerme, piccola.
Vide Dimitri scuotere il capo, mentre le ultime goccioline di pioggia cadevano sul pavimento silenziose. Sembrò calmarsi appena, e a lei quella reazione diede sui nervi. Per un attimo, solo un attimo, pensò di usare la forza e sbatterlo fuori, anche se le sarebbe costato molta fatica, e un grande, enorme rischio per la sua stessa incolumità
Invece rimase ferma, e gli occhi del russo guizzarono verso la sua faccia.
<< Che cosa farai? >> chiese improvvisamente, neutro.
<< Non lo so >> mentì Irina.
Dimitri guardò di nuovo il suo borsone pieno poggiato a terra, e per un attimo sembrò ragionare su come gestire la situazione. O forse stava semplicemente trattenendosi dal non perdere le staffe.
<< Non lo sai? >> ripeté, divertito, << Went ti lascia andare via così facilmente? >>.
Improvvisamente Irina sentì la rabbia montare di nuovo. Cosa centrava Xander? Cosa gli importava di quello che voleva o non voleva fare? Che la lasciasse in pace, visto che si erano detti addio.
<< Perché, a te Darina ti lascerà andare via? >> ribatté, gelida.
Il russo la fissò, e Irina si sentì trapassata da quegli occhi in tempesta come il cielo fuori dall'appartamento. L'aveva toccato nell'orgoglio, e lo capì dalla linea contratta della sua mascella.
Forse facendolo imbestialire se ne sarebbe andato.
<< Sono e saranno solo affari miei, quello che farò della mia vita >> aggiunse fissandolo dritto negli occhi, << Abbiamo detto che dopo il Nurburgring ognuno di noi avrebbe preso la sua strada. Lo sto facendo, e dovresti farlo anche tu. Non hai il diritto di venire qui e farmi domande. Sono libera di fare quello che voglio. Vattene >>.
A quel punto, Dimitri Goryalef sembrò perdere la pazienza. Sembrò vacillare nella sua controllata freddezza, ma fu un attimo, un solo lampo di esasperazione nei suoi occhi grigi, poi tornò gelido come un'istante prima.
<< No >> rispose facendo un altro passo avanti, << No, non ho intenzione di andarmene. Ti ho vista lasciarti distruggere, violare, umiliare, tradire e deridere. Ti ho vista perdonare atti e persone che nessuno avrebbe mai perdonato. Ti ho vista pagare gli errori di altri e chiedere scusa per sbagli non tuoi. Ed è vero, non ho mai fatto niente per evitarlo. Non ho potuto. Non avevo capito. Adesso che posso fare qualcosa, non ho intenzione di andarmene >>.
Le piantò le iridi nelle sue, senza che mai la sua voce vacillasse, o tremasse.
<< Sono tornato dalla Russia per aiutarti. Ho mentito, dicendo che l'ho fatto solo per ripagare i miei debiti nei tuoi confronti. Ho mentito dicendo che lo facevo per una questione di fedeltà alla Black List... McDonall ha ragione, quando dice che sarei tornato ad aiutarti in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione... >>.
Irina alzò la mano, intimandogli di smettere di parlare, mentre lo stomaco le si chiudeva e il suo cuore accelerava. Indietreggiò ancora, come se spostarsi avrebbe cambiato le cose.
Era questo che aveva sempre avuto paura di sentire, lo capì in quel momento. Era peggio del disprezzo, era peggio dell'odio, perché a quelli poteva controbattere con la stessa moneta; contro questo non poteva fare nulla.
Ricordò quel giorno in cui gli aveva chiesto tra le righe di aspettare; aveva sempre sperato, creduto, che Dimitri non l'avesse fatto, perché era troppo intelligente per dare seguito a una richiesta fatta con tanta leggerezza da una ragazza stupida ed egoista come lei.
Era inutile dire che in realtà, a se stessa e più di una volta, aveva confessato di avere ancora quella speranza.
Una speranza che non si meritava, visto tutto quello che era successo. Una speranza che non aveva il diritto di avere, non quando aveva già deciso che non avrebbe messo altri in pericolo.
<< Ti prego, va' via... Torna a casa da Yana, torna a casa da Darina >> lo supplicò, mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime e il cielo fuori tuonare.
Dimitri fece un'altra smorfia, e Irina si sentì di nuovo minuscola.
<< Darina non centra nulla, Fenice >> ringhiò.
Irina avrebbe voluto tirargli un'altra sberla, un altro pugno, per svegliarlo e aprirgli gli occhi, però non ebbe il coraggio di avvicinarsi e rischiare un contatto che avrebbe solo peggiorato le cose.
Non aveva senso quello che stava succedendo, non aveva senso che lei desiderasse due cose completamente opposte, non aveva senso che lui l'avesse raggiunta lì per dirle quelle cose.
<< Ti ho portato via tutto, Dimitri >> sussurrò, mentre il corpo smetteva di rispondere e le lacrime iniziavano a rigarle le guance, << Devo andarmene, devo... >>.
Gli aveva davvero portato via tutto, a partire dalla Black List. Senza Fenice, Challagher sarebbe stato ancora lo Scorpione, e lui avrebbe avuto ancora il suo finto secondo posto nella Black List; senza Fenice, non sarebbe mai stato arrestato; senza Fenice, avrebbe ancora avuto i suoi affari a Mosca e il ruolo di Lince da conquistare; senza Fenice sarebbe stato ancora in Russia e non avrebbe mai perso il controllo della sua città.
Cos'altro voleva che gli togliesse?
La vita, come aveva fatto con William? O il proprio ruolo, come aveva fatto con Xander?
La verità era che Fenice sapeva solo prosciugare le vite degli altri, sapeva solo destabilizzarle, sapeva solo gettare scompiglio. Fenice era una mina vagante, un pericolo per chi le stava intorno.
Selena Velasquez aveva ragione, quando diceva che chi amava Fenice alla fine moriva.
Ed era stanca di perdere ogni cosa.
Dimitri fece un altro passo avanti, e lei ne fece uno indietro, come quando in Russia si avvicinavano e un attimo dopo si allontanavano. Non era cambiato niente, nemmeno il fatto che il russo sapeva imputarsi nei momenti meno opportuni.
<< Io lo so cosa hai fatto in questo giorni, Fenice >> ringhiò Dimitri, << So che non hai fatto altro che pensare che tutto questo sia iniziato con te... Finiscila di pensare di essere tu la causa di tutto: non lo sei. Io ti ho vista il primo giorno in cui sei venuta in mezzo a noi, il primo giorno in cui ti sei presentata a Challagher... Sono stato io a prenderti in giro per prima chiamandoti "bambina", ma non ti ho mai sottovalutata. Tu non sei la causa, sei solo la conseguenza. Avresti battuto William Challagher in ogni caso, avresti fatto sgretolare la Black List comunque... Finiscila di pensare di essere stata aiutata; sei tu che hai aiutato gli altri >>.
Era impressionante sentire con quanta freddezza parlasse Dimitri in quel momento, come se tutto gli fosse incredibilmente chiaro. A lei non era chiaro niente.
<< Sono tornato per questo, Fenice. Sono tornato perché volevo di nuovo la speranza di potermi salvare. Non ti dirò che dal primo momento in cui ti ho vista ho immaginato cosa potessi diventare per me, perché mentirei. Ma so cosa sei ora. So che quando mi hai chiesto di aspettare, ho capito di doverlo fare >>.
Irina avrebbe voluto diventare sorda, invece era solo capace di rimanere muta. Immobile, terrorizzata dalle parole che uscivano veloci e rabbiose dalla bocca di Dimitri, e le facevano chiedere perché ora, perché adesso... Ma anche perché quel russo fosse in grado di capire cosa le passava per la testa, sempre.
<< Dimitri, tutto questo non ha senso! >> gridò, esasperata, mentre le parole le si impigliavano in gola, << Ci siamo guardati per otto anni! Perché doveva succedere adesso, eh? Perché? Non potevamo risparmiarci tutto questo? >>.
Irina scoppiò a piangere, perché dentro di lei qualcosa non funzionava; stava impazzendo, non sapeva cosa voleva, o era terrorizzata da ciò che pensava di voler avere. C'era il delirio nella sua testa, e Dimitri lo aveva capito.
Il russo la guardò e rimase in silenzio, mentre la pioggia scrosciava fuori dal terrazzo e le lacrime le rigavano le guance. Rimase zitto quando lei indietreggiò ancora, andando a sbattere contro il muro del soggiorno, mentre malediceva il momento in cui l'aveva fatto entrare.
Era decisa, fino a un attimo prima; se ne voleva solo andare.
Rimase così tanto in silenzio che per un momento Irina pensò che se ne andasse davvero, che girasse i tacchi e sparisse dalla sua vita.
Piangeva, Fenice. Piangeva tutte le lacrime che non aveva versato in quei giorni, in quelle settimane; le lacrime per Max, per Vera, per Xander, per il destino rubato a tutti loro, per il destino rubato a lei. Per il tradimento, per le bugie, le prese in giro, per gli errori, per la paura, per la tensione, per il dolore. E anche per Dimitri, per Dimitri che silenziosamente le aveva dato tutto quello che le serviva e lei aveva il terrore di perdere e di avere vicino al tempo stesso.
Non aveva il diritto di chiedergli altro.
Dimitri fece un altro passo avanti, e lei non potè più indietreggiare. Ci fu qualcosa, nei suoi occhi, che la inchiodò al pavimento, che la costrinse a rimanere dov'era. Le rimase a mezzo metro di distanza, ancora bagnato, ancora arrabbiato, ma non con lei. Forse con il mondo, forse con se stesso.
<< Io non sono William Challagher, Fenice >> disse lentamente, a voce talmente bassa che Irina dovette quasi smettere di respirare per sentirlo, << E non sono nemmeno Alexander Went. Smettila di avere paura per me, smettila di essere terrorizzata di potermi fare del male... Non ho bisogno di essere difeso. Nulla di quello che dirai o farai potrà farmi più male di quello che ho già subito. Non chiedermi di nuovo di andarmene, non prima di averti detto quello che devo >>.
Dimitri la fissò, e Irina continuò a rimanere paralizzata. Non si mosse, non si avvicinò, ma i suoi occhi sembrarono passarle attraverso, esattamente come avevano fatto le sue parole. Sapeva tutto, sapeva cosa c'era nella sua testa incasinata e troppo confusa.
<< Non mi importa di Went, o di Darina. Non mi importa nemmeno di Challagher... Io ho bisogno di te, Fenice. Ho bisogno di te più dell'aria che respiro, ho bisogno di te più delle auto che ho guidato, più del mio posto nella Black List... Ho bisogno di te più di ogni altra cosa che ho perso. Ho bisogno di te anche se pensi che tutto questo non abbia senso... Ho bisogno di te perché mi hai riportato indietro >>.
Riportato indietro? Non aveva bisogno di essere riportato indietro... Non era perduto, non era...
Ma tanto le parole non uscirono dalla bocca di Irina, perchè tutto in lei era bloccato, bloccato dalla consapevolezza che non avrebbe mai più sentito parole simili, che non avrebbe mai più visto occhi come quelli di Dimitri in quel momento. Non c'era più rabbia, non c'era più odio, in quel grigio freddo e distante...
C'era solo la consapevolezza di essere completamente disarmato davanti a lei, e di non temere quella condizione. Di essere pienamente consapevole di quello che stava dicendo.
<< Io ti amo, Fenice. Ti amo come se fossi l'unica cosa che possiedo, come se da te dipendesse la mia vita e la mia esistenza. Ti amo e basta, senza un motivo e senza una ragione. Ho bisogno della tua capacità di riportarmi indietro, di frenare il mostro che si nasconde dentro di me, del tuo modo di costringermi a fare quello che vuoi... Ti amo, Fenice, perché sei l'unica donna in grado di farmi tornare umano >>.
Il respiro di Irina si bloccò nei polmoni.
Allora, in quell'esatto istante, vide la parte più debole di Dimitri Goryalef, ma forse, in qualche modo, anche la più forte. Quella che lo aveva fatto aspettare per due lunghissimi anni, mentre lei prendeva le decisioni sbagliate. Che sopportava l'umiliazione di essere stato rifiutato, usato e forse anche preso in giro, ma anche quella che lo aveva costretto a venirla a cercare.
<< La vita è tua, Fenice >> aggiunse Dimitri, continuando a rimanere a distanza, senza avvicinarsi ancora, << Io non ti sto chiedendo niente. Non sto pretendendo niente. Avevo solo bisogno che sapessi. Se adesso vuoi che io rimanga, allora rimarrò. Se vuoi che me ne vada, me ne andrò >>.
Un'ultima lacrima colò sul viso di Irina, mentre gli occhi di Dimitri non si spostavano dai suoi. Non la stava supplicando, come aveva fatto William; non la stava ricattando, come aveva fatto Xander.
Le stava solo dicendo la verità.
"Che cosa stai facendo, Irina?".
Ne stava per fare un altro, di errore. L'ennesimo.
Dimitri Goryalef come sempre le lasciava aperta ogni strada, le dava la possibilità di scegliere. Lui avrebbe accettato ogni risposta, ogni decisione, anche il rifiuto, anche uno schiaffo in faccia. Con la dignità che lo contraddistingueva avrebbe incassato qualsiasi colpo e l'avrebbe lasciata lì.
Irina poteva spostarsi, poteva andarsene. Poteva dirgli di uscire da casa sua e non farsi mai più vedere. Dimitri l'avrebbe fatto. Lui avrebbe sofferto, e lei avrebbe sofferto, ma magari sarebbero stati entrambi al sicuro.
Al sicuro da cosa?
In fondo per la legge ora erano entrambi due persone comuni.
Fenice aprì gli occhi; Irina aprì gli occhi.
"Prendi quello che vuoi, Fenice. Prendi quello che meriti, Irina. Al diavolo il senso, al diavolo la paura, al diavolo le cose giuste e le cose sbagliate. Per la prima volta nella tua vita, sii egoista. Sii egoista e fa la scelta giusta".
Irina deglutì e fece un unico passo avanti.
Dimitri le aveva lasciato la possibilità di decidere.
Decise.
Fece un altro passo avanti, si alzò sulla punta dei piedi, appoggiò le mani sulle guance di Dimitri Goryalef e lo baciò.
Fu come essere sfiorati da un angelo, e ogni cosa nella testa di Dimitri Goryalef andò a posto. Ogni demone smise di urlare, ogni bestia smise di ringhiare, ogni fantasma smise di ululare. Ogni muscolo del suo corpo si sciolse, ogni ferita smise di fare male, ogni cicatrice di bruciare.
Ogni altra cosa perse il suo senso, e l'unica cosa a continuare ad averlo fu la scelta di Fenice.
Perché Fenice, Irina, quella ragazza in tutta la sua interezza, sceglieva lui. Sceglieva lui, sceglieva la sua freddezza, il suo distacco, le sue mani macchiate, le sue ombre, ma anche e soprattutto la sua fedeltà.
Ci era voluto tempo, ci era voluta tutta la sua pazienza, il suo spirito di sacrificio, ma alla fine aveva ottenuto ciò che nei suoi sogni più segreti bramava di avere. Non si era mai illuso, non aveva mai dato niente per scontato, non aveva mai creduto di ricevere indietro qualcosa, ma non aveva mai nemmeno considerato ogni minuto passato a fianco di Fenice sprecato. Era solo tempo, tempo che ora aveva ancora più senso.
Erano le labbra più dolci del mondo, quelle di Irina, e lui ne sentiva il sapore, l'odore, la morbidezza; erano quelle di chi poteva riportarlo indietro in un attimo, di chi riusciva a squarciare le sue ombre e a zittire i suoi demoni. Ed era nuovo; non aveva nulla che fare con il loro contatto in Russia, perché quella notte erano entrambi consapevoli che non ci sarebbe stato un dopo, erano ancora troppo sorpresi per quello che era successo loro per pensare davvero.
Irina si staccò, sfiorandogli con la mano il fianco , e lo guardò negli occhi, un lieve, lievissimo rossore sulle guance ma nessuna indecisione nelle iridi scure. Non c'era la gatta della Black List, non c'era la cerbiatta di Went, c'era solo lei e basta.
<< Rimani, Dimitri >> gli sussurrò, soffiandogli il suo respiro caldo sulle labbra, << Rimani per sempre >>.
Non se ne era mai andato, in realtà.
<< Rimarrò finché lo vorrai, Fenice >> rispose lui.
Irina chiuse gli occhi, appoggiando la fronte contro la sua, le mani sul suo torace, in un gesto che aveva qualcosa di profondissimo, di intimo, respirando piano, mentre le lacrime si asciugavano dal suo viso come le gocce di pioggia sul corpo di Dimitri.
Adesso era in pace, Fenice, e lo era anche lui. Aveva sfogato la rabbia e la paura che si era tenuta dentro per settimane, e ora riusciva finalmente a respirare.
<< Ti amo anche io, Dimitri >> mormorò, << Credo di amarti da prima di tutto questo. Credo di amarti dalla Mosca-Cherepova... Solo che allora mi sembrava tutto sbagliato. Mi è sempre sembrato tutto sbagliato... >>.
Amare. Dimitri non aveva mai pensato che sentire parole del genere rivolte a lui potessero dargli quella sensazione, né che lui stesso potesse rivolgerle ad altri. Eppure erano uscite dalla sua bocca come da quella di Fenice.
La strinse, mentre Irina si rilassava, e sentì l'odore della sua pelle e la morbidezza dei suoi capelli sfiorargli il volto. Particolari a cui aveva sempre cercato di non fare caso, ma di cui adesso poteva godere.
<< Non eravamo pronti, Fenice >> disse lentamente.
Non poteva succedere prima; non poteva succedere otto anni addietro, Dimitri lo sapeva. Diversamente da lei, non si poneva domande, non si chiedeva perché. Allora non erano pronti, non avevano gli occhi per guardare, perché entrambi erano presi da drammi profondi che li isolavano dal resto del mondo. Avevano fatto un percorso lungo e difficile, e destino o no, alla fine si erano ritrovati.
<< E non importa cosa succederà dopo >> mormorò Irina, << Non importa che strada prenderemo... Non importa quanto durerà, quanto ci faremo del male o quanto soffriremo. Non importa. E smetterò di chiedermi perché è successo ora, perché è successo adesso... Smetterò di chiedermi se sia giusto o sbagliato... Mi hai già dato tutto quello di cui avevo bisogno senza che lo chiedessi, e mi basta >>.
Le mani di Dimitri scivolarono sui suoi fianchi, mentre la guardava Irina negli occhi e la ragazza lo tirava piano verso di lei, le mani morbide sulle sue guance, le labbra delicate che disegnavano i contorni della sua bocca.
Era questo a riportarlo indietro ogni volta, era questo domare i mostri nella sua anima: la dolcezza, la dolcezza e la forza in ogni gesto di Irina, che sapeva sempre quale era la strada migliore e riusciva a mostrargliela. Quella dolcezza e quella forza con le quali riusciva sempre a comprendere e perdonare. Anche uno come lui.
Dimitri Goryalef l'amava e basta, senza chiedersi se fosse giusto o sbagliato, se fosse stato il destino a farli ritrovare. L'amava perché lei l'aveva riportato indietro e l'avrebbe sempre riportato indietro.
Però Irina si sbagliava; si sbagliava a dire che le aveva già dato tutto.
Aveva ancora molto da darle.
Aveva tutta la vita da darle, perché aveva scelto lei e nessun'altra.
La mano leggera di Irina gli sfiorò la cicatrice sul collo, e Dimitri sentì qualcosa muoversi nel suo stomaco e percorrergli la spina dorsale. Ogni muscolo del suo corpo, incredibilmente, si rilassò; quello di Irina, invece, si tese come una molla.
Le rivolse un'occhiata, un'unica occhiata, a cui lei rispose con un piccolo, piccolissimo sorriso.
Era la stessa occhiata della Russia.
Fu la stessa risposta della Russia.
Irina si lasciò prendere in braccio senza protestare, le gambe che gli si avvolgevano intorno alla vita; gli strinse un braccio intorno al collo e appoggiò di nuovo la fronte sulla sua, mentre Dimitri indietreggiava fino al divano.
Sorrise, Fenice. Un sorriso mezzo timido e mezzo malizioso.
Due anni non avrebbero reso Dimitri Goryalef ingordo; due anni non lo avrebbero reso impaziente. Non avrebbe fatto tutto in fretta, al buio, per non rischiare che qualcosa di Fenice gli rimanesse impigliato addosso come in Russia. Si sarebbe preso ogni attimo, ogni respiro di Fenice, ogni lembo di pelle, e le avrebbe dato indietro tutto.
Aveva bisogno di Irina in tutta la sua interezza; aveva bisogno di sentire la sua pelle completamente incollata alla sua, senza ostacoli, senza filtri a dividerli. Era pronto a fondersi con lei come non aveva fatto con nessun'altra, anche a costo di annullarsi, anche a costo di dimenticare chi era.
<< Spogliati, Irina >>.
La voce gli uscì bassissima, quasi un brontolio, mentre Fenice lo osservava, seduta sopra di lui su quel divano di pelle e i tuoni fuori che spaccavano l'aria. Aveva ancora quell'espressione mista tra l'intimidito e il malizioso, come se sapesse cosa voleva ma non osasse chiederlo.
Alla fine però lei sorrise, sorrise facendolo sciogliere come neve al sole.
<< Puoi farlo tu, se vuoi >> rispose piano.
E Dimitri Goryalef la spogliò.
Le tolse i vestiti uno a uno, con lentezza, senza perdere la testa, senza pensare solo a se stesso, senza perdere il controllo, mentre Fenice gli lasciava il tempo che gli serviva per guardarla, per sfiorarla, per assaporare ogni minimo particolare.
E Dimitri si prese tutto.
Si prese le sue labbra, si prese la sua pelle, si prese la sua anima dandole la sua. Si prese ogni respiro, ogni tocco della sua mano, ogni sospiro di piacere, senza mai saziarsi, senza mai averne abbastanza, senza mai volersi fermare.
Fenice, Irina... Non importava che nome avesse, importava solo chi era. Importava ogni battito del suo cuore impazzito e ogni respiro mozzato.
Importava che Dimitri Goryalef la amava come non avrebbe mai amato nient'altro nella sua vita.
Importava che questa volta il domani esisteva.
Quando Irina aprì gli occhi, l'unica cosa che vide fu la tenda chiusa della camera e il sole che splendeva nel terrazzo la cui luce filtrava prepotentemente oltre il tessuto. Non fu rendersi conto che era pieno giorno, a sorprenderla; fu sentire il braccio di Dimitri avvolto intorno al suo stomaco. Stretto. Strettissimo.
Non se ne era andato.
Non se era stato come in Russia, quando il mattino si era alzata e aveva trovato un letto vuoto e sfatto... Il corpo bollente di Dimitri era incollato al suo, in un groviglio di lenzuola e di sudore. Cercò di girare la testa per guardarlo, ma lo sentì brontolare.
<< Avanti Fenice, è tardi >>.
La voce roca del Mastino le soffiò dietro l'orecchio, e il suo braccio si allentò per lasciarla andare. In tutta sincerità, non voleva che lo facesse; si rannicchiò nel letto, avvolta nel lenzuolo. Dimitri le sfiorò con le dita il fianco, prima di alzarsi.
Non se ne era andato; aveva travolto tutto, lei compresa, ed era rimasto.
Irina si mise a sedere, e i suoi occhi lo cercarono immediatamente nella stanza.
Dimitri era di spalle davanti alla vetrata che conduceva al terrazzo, e guardava fuori,; solo allora vide i graffi rossi, profondi, che gli solcavano la schiena già piena di cicatrici. Graffi come unghiate di una bestia feroce, graffi che risaltavano sulla pelle tesa.
Irina si sentì sprofondare, perché quei graffi glieli aveva procurati lei.
<< Dimitri... >> lo chiamò piano.
Lui voltò appena la testa, guardandola con la coda dell'occhio. Anche da lì vide affiorare sul suo viso un sorrisetto.
<< Sono solo graffi, Fenice >> disse tranquillamente, << Fino ad oggi mi hai preso a pugni e a schiaffi. Anche in quell'occasione è stato piacevole, ma questi sono meglio >>.
Irina si sarebbe voluta nascondere la faccia con in lenzuolo, ma non aveva senso farlo. Quella notte aveva fatto, detto e sussurrato cose che solo Dimitri sapeva, cose che avrebbe rifatto, ripetuto e sussurrato all'infinito.
<< Che... Che ore sono? >> domandò, cercando di riprendere possesso del corpo e della mente che sembravano essere andati in tilt.
Dimitri si infilò la camicia e la guardò.
<< Le tre del pomeriggio, Fenice >> rispose.
Irina lo fissò. Le tre?
Lo vide sorridere, di fronte alla sua faccia, e fu come vedere un cielo in tempesta squarciato dal sole.
Dimitri Goryalef era felice, ed era la prima volta che lo vedeva così.
Sperò di vederlo così per sempre.
<< Vestiti, Fenice >> le disse il russo, tornando serio, << Dobbiamo fare una cosa >>.
<< Cosa? >>.
Dimitri scosse il capo.
<< Lo vedrai >>.
Irina deglutì, leggermente confusa. Si sentiva stranamente... molle.
<< Credo... Credo di aver bisogno di una doccia >> disse lentamente lei. Ogni centimetro di pelle del suo corpo bruciava ancora e le lenzuola le rimanevano incollate addosso per via del sudore. Dimitri era caldo; in certi frangenti anche troppo. Quando l'aveva presa in braccio, la pioggia era già completamente evaporata dai suoi vestiti...
Il russo annuì, mentre si sistemava i polsini della camicia un po' stropicciata.
<< Se il tuo è un invito, Fenice, in un altro momento lo accetterei volentieri >> rispose con un impercettibile sorrisetto, << Ma non adesso. Fa' quello che devi, ti aspetto di sotto >>.
Con una strana sensazione addosso, Irina si infilò sotto la doccia.
Quel Dimitri che l'aveva travolta quella notte non aveva niente a che fare con quello della Russia; era stato quanto di più lento e dolce lei avesse mai visto. Ed era stato molto, molto altruista.
Lo raggiunse di sotto, davanti all'Audi R8 ancora tutta graffiata che le ricordò la schiena di Dimitri. Il russo le fece cenno di salire e lei obbedì, rimanendo in silenzio per tutto il tragitto; con la coda dell'occhio però lo guardò più volte, curiosa.
Era sereno; la sua fronte era liscia, la sua espressione decisa ma tranquilla. Il cambiamento era impercettibile, ma c'era.
Aveva davvero avuto bisogno solo di lei, per essere felice?
Si fermarono davanti a casa Goryalef, che sembrava stranamente in fermento. Emilian si affacciò alla finestra con un'espressione mista tra il divertito e il complice, prima di sparire dentro.Vide Yana sfrecciare sotto il porticato con qualcosa in mano, mentre Vilena le gridava di non correre.
Irina scese dall'auto e Dimitri la precedette, allargando il braccio per dirle di seguirlo in casa. Sembrava fin troppo serio, e lei percepì qualcosa di strano nell'atmosfera. Forse la festa per il figlio di Emilian non era ancora finita...
Con titubanza, lo seguì sul vialetto ed entrò nella villetta.
Il panico la colse, quando scoprì che l'intera famiglia Goryalef la aspettava in piedi, nel soggiorno, vestita quasi a festa, sorridente.
No, forse Emilian e Ivana non centravano.
Inchiodò; non capiva esattamente cosa stesse succedendo, ma era sicuramente qualcosa di strano. Il russo le mise una mano sulla schiena e la costrinse ad avanzare nel soggiorno
<< Cosa...? >> iniziò, ma l'espressione entusiasta di Yana la zittì immediatamente. Indossava un vestitino giallo e aveva un cerchietto tra i capelli, ma erano gli occhi luminosi e felici a renderla dolcissima.
<< Smettila di parlare, Fenice >> la rimbeccò Dimitri, << Fidati di me >>.
Irina si ritrovò in piedi di fronte a Iosif e Vilena, in mano due scatole di carta pregiata, una bianca e una nera; la donna la guardava con gli occhi brillanti, felici, quasi quanto quelli del fratello. Da una parte Emilian e Ivana, seri, tranquilli; dall'altra Ivan e Darina, altrettanto solenni e silenziosi. L'unica a saltellare sul posto era Yana, che teneva per mano suo fratello e sembrava voler dire qualcosa.
Non aveva idea del perchè, ma Irina capì.
Voleva giurare.
Dimitri era impazzito.
Cercò di tornare indietro, colta dal panico.
<< Non puoi farlo! >> disse con la voce stridula, mentre lui le si piazzava davanti, serio, << Non puoi... Tu non puoi giurare! Non puoi... Io... Io non sono russa! Avevi detto che non si usava più! Che... Che non lo faceva quasi più... >>.
Dimitri la prese per i fianchi e la costrinse a rimanere di fronte a lui, fissandola con gli occhi grigi e l'espressione imperscrutabile. Le parole le morirono in gola e fu costretta a guardarlo in faccia, mentre sentiva lo sguardo di tutti puntato su di lei. Era tornato l'uomo determinato che era sempre stato, quello che sapeva prendere le decisioni, quello che sapeva cosa doveva fare.
<< Posso fare quello che voglio, Fenice >> rispose, << Io sto prendendo un impegno, non tu. Io verrò punito se non funzionerà, non tu. Io giurerò, non tu >>.
Irina spostò lo sguardo sulla famiglia Goryalef, supplicando con gli occhi che qualcuno lo fermasse, che qualcuno facesse qualcosa, ma il suo grido silenzioso non venne ascoltato. Yana continuava a saltellare, e lei ad avere paura.
Sapeva come funzionava: lui giurava e non poteva cambiare idea. Se l'avesse tradita, sarebbe stato ucciso. Se l'avesse abbandonata, sarebbe stato ucciso. Se l'avesse umiliata, sarebbe stato ucciso. Lui non poteva tornare indietro, ma lei sì.
E fondamentalmente non era giusto.
<< Dimitri, non devi farlo... >> mormorò, << Non sappiamo cosa succederà... Non sappiamo se... >>.
Si zittì immediatamente, quando lui la guardò. Ci era già passata: poteva sembrare tutto bellissimo, tutto perfetto, tutto infinito, ma bastava poco perché qualcosa cambiasse. Bastava semplicemente che lei smettesse di essere lei.
Dimitri non la pensava così.
<< Io devo farlo >> ribatté, << Devo. Se ti lascio andare di nuovo io muoio, Irina >>.
Di fronte a quelle parole e al suo nome pronunciato con quell'inflessione nella voce, Irina capitolò. Non stava a lei decidere cosa era meglio per lui, in fondo; era stato lui ad attendere due anni, senza nemmeno la speranza di rivederla davvero... Abbassò le difese e capì che Dimitri non avrebbe cambiato idea, che voleva giurare e nemmeno la sua titubanza l'avrebbe fermato. Forse doveva essere così, doveva fare paura, per durare.
Calò un silenzio carico d'attesa, mentre il cuore di Irina le rimbombava nella cassa toracica e lei mani le iniziavano a sudare. Non era qualcosa che aveva sperato, meno che mai previsto, eppure stava succedendo. Altri avevano bisogno di giorni, di mesi, di anni, per capire quanto profondo e duraturo poteva essere il loro amore, Dimitri no. A Dimitri bastava un giorno, o forse solo un gesto. Bastava sapere che alla fine aveva scelto lui, che aveva messo da parte il suo passato e aveva accettato solo il presente.
Dimitri guardava solo lei, immobile come una statua. Fece sol un cenno rapidissimo del capo in direzione del cugino, forse per dargli il via.
Vilena passò a Emilian la scatola bianca, e lui la aprì.
All'interno c'era una catena d'argento, con un lucchetto dello stesso materiale e un'unica chiave. Il russo la tirò fuori e Dimitri alzò entrambe le mani e le incrociò all'altezza del petto, a pugni chiusi; tenendo gli occhi puntati su di lei, lasciò che Emilian avvolgesse la catena intorno a suoi polsi e la chiudesse con il lucchetto; il suo cuore perse un battito quando la serratura scattò. Il russo non diede alcun segno di preoccupazione.
Il silenzio continuò a pervadere la stanza, solo i respiri dei membri della famiglia Goryalef a romperlo. Quello di Irina non si sentiva; era in apnea.
La seconda scatola conteneva un coltello, un coltello dal manico nero e la lama appuntita e affilata, che aveva l'aria di essere antico e prezioso. Emilian lo prese e le fece cenno di aprire il palmo della mano; Irina eseguì, mentre la lama veniva puntata proprio verso Dimitri, scintillando nella luce che filtrava dalle finestre. Nell'altro palmo le appoggiò la chiave d'argento, rivolta verso di lei.
Yana smise di saltellare.
Un brivido le percorse la spina dorsale, quando Dimitri la guardò dritta negli occhi, le iridi grigie screziate da una luce nuova, diversa. Si sentì quasi trasparente, quasi eterea, mentre il russo teneva le mani incatenate vicino al corpo e prendeva un respiro.
Era disposto anche a fare questo, per lei?
<< Il mio nome è Dimitri Goryalef, sono la Lince e sono il Mastino, e qui davanti alla mia famiglia io giuro >>.
La sua voce non tremò, non vacillò; sembrò arrivare dal profondo del suo essere, da qualcosa che Irina aveva scoperto esistere dentro di lui in quell'istante. Da qualcosa di antico, potente, forte, come in qualche modo era lui.
Le si chiuse lo stomaco.
Aveva scelto lei.
<< Irina Dwight, Fenice, io ti giuro che ti sarò fedele >> continuò Dimitri, mentre la sua voce le faceva vibrare persino le ossa, << Ti giuro il mio rispetto, la mia dedizione, la mia attenzione; ti giuro che soddisferò ogni tuo bisogno; ti giuro che accorrerò a ogni tua chiamata; ti giuro che di proteggerò, quando ne avrai bisogno.
<< A te che hai donato a me la tua mente e il tuo corpo, io dono a te la mia mente e il mio corpo.
<< Io giuro, Irina, che fino alla fine dei miei giorni, io non ti tradirò. E se ciò accadrà, che io possa morire >>.
Dimitri rimase in silenzio, mentre il fiato di Irina rimaneva bloccato nei polmoni. La stava guardando con gli stessi occhi con cui le aveva detto che l'amava, con gli stessi occhi di quella notte in cui le aveva sfiorato l'anima.
Ogni sua paura era stata infondata; Dimitri Goryalef sapeva difendere se stesso e non se ne sarebbe andato.
Irina sorrise.
Le era appena stata donata una vita.
Sfiorò la mano destra di Dimitri, e gli fece stringere la chiave d'argento, mentre ruotava il pugnale verso di lei, verso il suo cuore. Vilena trattenne il fiato, Emilian si mosse impercettibilmente, Iosif e Ivan aprirono la bocca, sorpresi. Però nessun tentò di fermarla, e gli occhi grigi di Dimitri si piantarono immediatamente nei suoi, quasi ammirati.
<< Accetto il tuo giuramento, Dimitri Goryalef >> sussurrò Irina, mentre il suo cuore batteva forte, << E come tu hai giurato, anche io giuro.
Ti giuro il mio rispetto, la mia dedizione, la mia attenzione; ti giuro che soddisferò ogni tuo bisogno; ti giuro che accorrerò a ogni tua chiamata; ti giuro che di proteggerò, quando ne avrai bisogno.
<< A te che hai donato a me la tua mente e il tuo corpo, io dono a te la mia mente e il mio corpo.
<< Io giuro, Dimitri, che fino alla fine dei miei giorni, io non ti tradirò. E se ciò accadrà, che io possa morire >>.
Sul viso di Emilian, di Vilena e del resto della famiglia Goryalef si dipinse lo stupore, quasi il panico; Irina sapeva che non era previsto che una donna giurasse, ma lei lo aveva appena fatto. Lei non era una qualunque, lei era Fenice, e Fenice avrebbe sempre ripagato tutto con la stessa identica moneta, da adesso in poi.
Dimitri sorrise, e lei fece altrettanto.
Fu lui ad abbassarsi e a sfiorarle le labbra, in un bacio delicato e caldo come la sua pelle; dal suo sguardo capì che era e sarebbe stato l'unico che Dimitri le avrebbe dato in pubblico. Gli altri sarebbero stati solo loro, lontani da qualsiasi occhio indiscreto che non avrebbe mai compreso davvero a fondo quando fossero legati, quanto si conoscessero profondamente.
Si appartenevano, e questo riguardava e avrebbe riguardato solo loro due.
Irina si staccò, nelle narici ancora l'odore potente di Dimitri e il suo sapore di antico; non si dissero nulla, perché nulla c'era da dire.
Fu Emilian ad aprire il lucchetto della catena e a consegnarle la chiave d'argento, chiusa nella scatola bianca; in quella nera adagiò il pugnale.
<< Conserva questi oggetti come se fossero la cosa più preziosa che possiedi; la chiave sarà l'unica cosa che potrai usare per liberarlo dal giuramento >> disse, porgendogliele. << Se un giorno Dimitri dovesse rompere il giuramento, mi consegnerai il pugnale, e sarà mio compito ucciderlo >>.
Il volto sfregiato di Emilian si trasformò in una maschera di determinazione.
<< E ti prometto che lo farò, Fenice, anche se è mio cugino, anche se è capo della nostra famiglia, anche se per me è come un fratello. Accetterò il tradimento di chiunque, ma non il suo nei tuoi confronti >>.
Il destino era strano; in principio si erano disprezzati, ora avevano rispetto e fiducia l'uno nell'altro. Ora Emilian si offriva persino di difendere il suo onore...
<< Non ce ne sarà bisogno >> rispose Irina.
Non aveva solo trovato qualcuno in grado di amarla come nessuno: aveva anche trovato una nuova famiglia. Una famiglia inaspettata, completamente diversa dalla sua, una famiglia che l'aveva guardata con diffidenza all'inizio, ma che aveva riconosciuto il suo valore e l'aveva accettata come era, rispettandola, valorizzandola. Forse un pezzettino per volta avrebbe riavuto tutto, ma già questo le bastava. In fondo, era più di quanto avesse avuto in tutta la vita.
Strinse le due scatoline in mano, mentre Vilena sorrideva e la abbracciava forte, gli occhi lucidi. Sarebbe stato bello averla come sorella.
<< Aspetta, non abbiamo finito >> disse all'improvviso Dimitri, distraendola dall'abbraccio della russa.
Irina si voltò verso di lui; lo vide slacciarsi il primo bottone del colletto della camicia e si togliersi dal collo una catenina sottilissima, così sottile che non riuscì a distinguere di che materiale fosse. Però sicuramente era preziosa, perché la pietra trasparente che c'era appesa brillava, luminosa come una piccola stella.
Dimitri si avvicinò, serio, tranquillo.
<< Gli anelli non ti hanno mai portato fortuna, Fenice >> disse, legandole la catenina al collo, << E io non ti darò nessun anello >>.
Chissà perché, ma Irina capì che quell'oggetto era appartenuto a qualcuno di importante. Lo capì dalla delicatezza con cui il russo lo maneggiò, e con quanta solennità glielo mise intorno al collo. Solo per un attimo la mano di Dimitri gli sfiorò il viso, quel tanto che bastava a trasmetterle quello che mille parole non avrebbero mai trasmesso.
Non si aspettava da lui sviolinate d'amore o gesti eclatanti, non si aspettava scenate di gelosia o frasi dolci sussurrate in ogni giorno della loro vita, non si aspettava regali romantici o l'ostentazione del loro legame al resto del mondo. Non si aspettava un Dimitri diverso da quello che aveva già conosciuto, distaccato, controllato, a tratti freddo; non lo voleva nemmeno, un Dimitri diverso. Avrebbe avuto molto di più, di quello che la gente vedeva in lui; lo aveva già.
<< Benvenuta in famiglia >> disse Vilena, mentre Emilian, Iosif e Ivan sorridevano alle sue spalle. Solo Darina rimaneva timidamente in disparte, come se ancora non avesse sufficiente confidenza per dirle qualcosa.
<< Grazie >> rispose Irina, annuendo.
Rivolse un'ultima occhiata a Dimitri, prima di abbassare lo sguardo su Yana; non si era dimenticata di lei. Era stata silenziosa tutto il tempo, ma la sua piccola presenza era stata la più importante, in tutta quella strana cerimonia.
Yana la guardava dal basso con gli occhioni spalancati, le manine che facevano fatica a stare ferme, mentre stringeva il suo blocco da disegno da una parte e la mano del fratellino Serjey nell'altra. La sua bocca quasi tremava, per tutte le parole che voleva pronunciare.
Alla fine non riuscì più a resistere.
<< Posso chiamarti zia, adesso? >> chiese solo, speranzosa.
Irina si abbassò; le accarezzò il visetto un po' meno paffuto rispetto a quando si erano incontrate la prima volta, e sorrise lusingata. Dimitri le guardava, e nonostante fosse tornato serio e distaccato come sempre, nei suoi occhi c'era un barlume di divertimento. Yana sembrava attendere il proprio giudizio di vita o di morte, tanto era tesa.
<< Sì, Yana, puoi chiamarmi zia >> rispose Irina, dandole un buffetto sulla guancia.
<< Evviva! >>.
La bambina iniziò a saltare contenta, tanto che persino Serjey iniziò a ridere, nonostante non avesse capito cosa stava succedendo. In effetti, tutti scoppiarono a ridere, di fronte all'incontenibile felicità di Yana, e Irina non potè che sentirsi ancora più felice di quanto già non era.
Questo era il suo nuovo presente, e forse era anche il suo nuovo futuro.
Dimitri si avvicinò e Yana lo abbracciò fortissimo, quasi volesse stritolarlo per la gioia. Quando il russo riuscì a liberarsi della nipote, la guardò.
<< Cosa vuoi fare adesso, Fenice? >>.
In un altro momento quella domanda l'avrebbe mandata in panico, adesso non più. Nelle ultime ore era cambiato tutto, in un modo forse inaspettato, forse ovvio, ma ora Irina aveva chiaro cosa fare.
Sia lei sia Dimitri erano in condizioni diverse, adesso.
<< Lo decideremo insieme >> rispose solo, rivolta non solo al russo, ma a tutta la famiglia Goryalef.
<< La nostra famiglia è pronta a partire, Fenice >> disse Dimitri, << Per la Russia... O per qualsiasi altro posto del mondo >>.
Irina annuì.
Non era l'unica a voler ricominciare. Non era l'unica a volersi lasciare alle spalle qualcosa.
Dimitri la guardò.
Forse aveva ancora tante questioni da chiudere, tante persone da salutare, tante cose da fare, ma forse non aveva importanza. Aveva già tutto ciò che le serviva: sapeva che Jenny e la sua famiglia stavano bene, che suo padre era guarito di nuovo e che Tommy cresceva sano e intelligente, che Nina era partita ed era libera, che Max e Vera avevano avuto una degna sepoltura, che Sean sarebbe stato adottato da Erik Senderson, e che Diego aveva un padre a cui fare riferimento. Tutto il resto, il suo lavoro, il processo contro Selena Velasquez e Felix Moreau, il ricatto a McDonall, le notizie sui giornali, il suo destino come pilota, come poliziotta e come donna non erano più importanti. Passavano in secondo piano, come capì che sarebbero passati in secondo piano il ruolo di Mastino e di Lince per Dimitri Goryalef.
Avrebbero chiuso definitivamente una pagina della loro vita, perché era l'unica occasione che avevano per farlo. Forse con un po' di amarezza, forse con un po' di rimpianto, ma con la volontà e la consapevolezza di meritare un destino diverso per entrambi.
C'era una cosa che però non poteva lasciare in sospeso, perché non riguardava solo lei. Riguardava soprattutto William Challagher.
<< Ho il dovere di fare ancora solo una cosa >> disse a voce bassa.
Dimitri capì; le porse un paio di chiavi con un cavallino rampante. Erano quelle della LaFerrari nera. La sua. La loro.
<< E' nascosta nel garage di Zlatan Lebedev >> disse solo.
Irina annuì di nuovo, poi si avviò verso la porta di casa. Yana la seguì di corsa e la prese per mano, mentre Serjey piagnucolava per essere preso in braccio da Vilena.
<< Zia Irina? >>.
<< Dimmi >>.
<< Posso venire con te? >>.
Irina abbassò lo sguardo su di lei e sorrise.
<< Certo >>.
Dimitri le seguì silenzioso, mentre uscivano sul vialetto, diretti verso il Pathfinder che li avrebbe portati da Zlatan Lebedev.
Non c'era traccia della pioggia che solo la notte prima era caduta violenta e insistente. Il sole caldo baciava la pelle di Irina e quella della sua nuova famiglia. Yana saltellava, le trecce bionde che le sbatacchiavano sulle spalle e il vestitino giallo che svolazzava.
Los Angeles sembrava una città così accogliente, nella quale rimanere.
<< Sai una cosa, zia Irina? >>.
La bambina sembrava elettrica, mentre si muoveva.
<< No. Cosa? >>.
Yana le rivolse un'occhiata strana, quasi da furbetta, mentre Dimitri apriva la porta del Pathfinder per farla entrare.
<< Mi piacerebbe tanto avere una cuginetta, un giorno >>.
Irina si sentì presa in contropiede, sì sentì in imbarazzo, di fronte a quella innocente richiesta che però nascondeva dietro tante, tantissime implicazioni. Yana correva, correva da quando l'aveva conosciuta, eppure adesso era evidente che non aveva fatto altro che prevedere le cose, in qualche modo. I suoi piccoli, improbabili sogni si erano realizzati; era riuscita persino ad avere il consenso di chiamarla zia.
I suoi occhi cercarono quelli di Dimitri, imbarazzata, in cerca di aiuto o forse anche lei di una risposta.
Come sempre, il russo rimase impassibile, tranquillo, come se quella richiesta non fosse che scontata, che ovvia, e Irina capì. Capì che sarebbe stato tutto diverso, da quel giorno in poi. Che Dimitri non escludeva e non pretendeva nulla.
Ma sapevano entrambi che non era ancora tempo.
<< Forse un giorno, Yana >> rispose lui, quasi con una nota di dolcezza nella voce, << E dovremo volerlo. Entrambi >>.
<< Ok >> rispose Yana, ma ridacchiò salendo in auto.
Irina guardò Dimitri che le fece un cenno del capo.
Sì, non era tempo. Forse non lo sarebbe mai stato.
Ma qualcosa disse a Irina che Yana avrebbe ottenuto quello che voleva, anche questa volta.
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