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Capitolo XVIII


Sette mesi prima - Los Angeles

Xander osserva la faccia di Jess, seduto davanti a un caffè bollente sul lungomare di Los Angeles, alle sue spalle il barista che si muove fra i tavolini rapido e sicuro. Per essere metà mattina, c'è molta gente che ancora fa colazione, ma probabilmente perché è domenica mattina.

Il sorriso di Jess arriva quasi da un orecchio all'altro, gli occhi gli brillano e non sembra voler proprio smettere di essere felice. Ci mancherebbero solo tanti coniglietti rosa a fargli da sfondo per farlo apparire come un personaggio dei fumetti.

<< Quindi adesso è ufficiale >> commenta Xander, mentre capisce di non aver mai visto Jess così entusiasta, da quando si conoscono. Tutto il lavoro che hanno fatto insieme, dal comprare l'anello al pianificare la cena, ha dato i suoi frutti, e l'informatico ne è uscito vincitore. In realtà, Xander non ha mai dubitato che Jenny accettasse, ma il suo amico non è sembrato della stessa opinione, visto che è stato nervoso e ansioso per diversi giorni.

Ora, a giochi fatti, però è molto più tranquillo, e anche un po' sbruffone, a dire la verità. In effetti, per la prima volta ha fatto qualcosa che Xander non ha mai fatto, in vita sua.

<< E' ufficiale >> dice Jess, << Sua madre è quasi svenuta, quando glielo ha detto... Ma era ora, Xander. Era ora >>. A quel punto assume il tono e lo sguardo di uno che la sa molto lunga, anche se si vede lontano un miglio che sta scherzando.

Il ragazzo ammicca, e Xander annuisce. In quell'esatto istante, la scatolina con l'anello che ha comprato per Irina pesa come un macigno nella sua tasca. Pesa come quel dannato fascicolo che racchiude i dettagli e le informazioni sulla sua missione in Venezuela, e tutti quei ricordi scomodi che pensava di aver archiviato.

Ha accompagnato Jess, quando è andato a prendere il gioiello per Jenny; hanno girato per tutta Los Angeles, armati di pazienza e portafoglio, e anche di un pizzico di insicurezza. Lui, invece, ha fatto tutto da solo, quasi dovesse nascondersi da qualcuno o da qualcosa. Ha comprato quell'anello e lo ha fatto di getto, senza ragionare; anzi, pensando proprio che Jess, in effetti, sta facendo qualcosa che deve fare anche lui. Poi si è bloccato, di fronte all'evidenza che tra lui e Irina qualcosa non va, e che chiedendole di sposarlo potrebbe trovarsi davanti solo due strade: un sì... O un no.

E lui non è per niente sicuro di ciò che direbbe Irina, in questo momento.

<< Quando la fatidica data? >> domanda Xander, gettando un'occhiata verso l'oceano che rumoreggia qualche metro più in là.

<< Fra tre mesi >> risponde Jess, << La madre di Jenny ha già iniziato a telefonare per ristoranti... Continua a ripetere che tre mesi sono pochi, per organizzare tutto >>. Si blocca e poi aggiunge: << Stavo pensando... Magari una cerimonia doppia ci costa qualcosa in meno, no? >>.

L'informatico ammicca di nuovo, e Xander lascia trasparire un sorriso tirato. Non lo fa con cattiveria, sta solo cercando di aiutarlo come ha fatto con lui.

Inarca le sopracciglia, ridacchiando per stemperare quell'attimo di tensione che lo ha pervaso.

<< Non fare lo scemo >> ribatte, << Non divido nulla con te >>.

Jess ride, e Xander fa altrettanto. Non gli ha parlato in modo approfondito della crisi tra lui e Irina, anche se è certo che Jenny ha fiutato qualcosa. Probabilmente lo stanno percependo tutti, o forse è lui che è paranoico.

Finisce di bere l'ultimo goccio di caffè, saluta Jess e monta sulla Granturismo nera, diretto verso casa. Irina non c'è, è andata in giro con Jenny, probabilmente per farsi sommergere dall'entusiasmo di Jenny.

Chissà cosa pensa, Irina. Non ha fatto chissà quali commenti, quando ha saputo.

La Maserati corre veloce tra le strade di Los Angeles, mentre Xander si sente strano, pensando a quell'anello nascosto dentro la sua tasca.

Perché continua a indugiare?

Quando arriva a casa, lascia la Maserati in garage e l'anello nel cassettino portadocumenti. Irina non lo troverà, lì dentro, perché non prende mai la Granturismo se non è necessario. Ultimamente sembra voler evitare le auto troppo appariscenti, e preferisce andare in giro con la TT; comunque non la usa se non c'è lui, e lui ultimamente spesso non c'è.

In effetti, Irina non è in casa, quando arriva; Xander ne approfitta per tirare fuori il fascicolo sulla sua missione in Venezuela, ma riesce a malapena ad aprirlo, quando il campanello suona. Lo rimette dentro l'armadio, sotto una pila di vestiti, e va ad aprire.

Sulla soglia trova Jenny, i capelli raccolti con una pinza e un soprabito color crema che le da un'aria stranamente professionale.

<< Ciao... Credevo fossi con Irina >> la salutò, lasciando entrare l'amica.

<< No... Sono passata sperando di trovarla >> risponde Jenny, in mano un sacchetto della spesa, << Non c'è? >>.

Xander scuote il capo. Irina è uscita senza dirgli dove andava, e lui non le ha chiesto nulla, dando per scontato che dovesse vedersi con l'amica. Una punta di irritazione lo assale, quando prova a indovinare dove potrebbe essere in quel momento.

Da Challagher.

<< Non ho idea di dove sia >> rispose Xander molto semplicemente, anche se si sente un po' un'idiota.

Jenny rimane in piedi nell'ingresso, stranamente in imbarazzo, come se anche lei percepisce che la sua non è la risposta giusta.

<< Vuoi un caffè? >> le domanda Xander, invitandola a togliersi la giacca, << Irina potrebbe tornare tra poso >>.

Jenny scuote il capo.

<< No, ero di passaggio >> risponde, << Magari le telefono... Volevo che mi facesse da testimone, ma non credo nemmeno di doverglielo chiedere... >>.

Jenny sorride, e Xander fa altrettanto. Ovvio che non deve nemmeno chiederlo, forse Irina è già andata a cercarsi un abito adatto...

"No, non è così".

<< Bè, complimenti, allora >> esordisce Xander, sentendosi un po' stupido, << Te lo aspettavi? >>.

Jenny sorride.

<< Un po' sì, ma finché non lo senti non pensi che possa accadere davvero >> risponde, gettando un'occhiata all'orologio. << A questo punto vado a fare un altro paio di commissioni, visto che Irina non è in casa. Magari ci vediamo stasera... Mangiamo qualcosa insieme? >>.

<< Ok >> risponde Xander.

Jenny si avvia verso la porta, il soprabito che svolazza.

<< Quando parti di nuovo? >> gli chiede, uscendo sotto il portico rischiarato dal sole.

<< Dopo domani >> risponde Xander, << Sto via un altro paio di settimane, forse di più >>.

Jenny annuisce e lo saluta. Fa per avviarsi lungo il vialetto, poi si gira appena in tempo prima che Xander chiuda la porta.

<< Xander? >> lo chiama, nello sguardo qualcosa di strano, come preoccupazione mista a... tristezza? Non riesce a capirlo.

<< Sì? >>.

Jenny lo guarda, e per la prima volta da quando la conosce sembra poco sicura di quello che sta per dire. Di solito, non è una che si fa problemi, nel parlare.

<< Devi chiederglielo adesso. Se sei sicuro di quello che provi per lei, devi farlo ora >> dice.

Xander rimane impietrito dov'è, senza dire nulla. La ragazza gli rivolge un'ultima occhiata, prima di voltarsi e allontanarsi rapidamente, lasciandolo lì solo, a mettere ordine tra i suoi pensieri.

Non gli servono soggetti in quella frase, per capire.

"Se sei sicuro".






Ore 23.00 – Vertical Drag

Irina guardò la Mitsubishi Lancer rosso rubino ferma alle sue spalle, il fumo sollevato dagli pneumatici che vorticava nell'aria, il motore della Punto che grugniva e lo scarico che borbottava. Il suo cuore era già tornato ai battiti regolari, anche se sentiva ancora l'adrenalina in circolo, mista a rabbia e fastidio. A pochi metri da loro, una Audi TT bianca e una Chrysler 200 grigia erano ferme, mentre i loro proprietari spegnevano i motori, e una piccola folla si riuniva intorno a loro.

Barry Olsen, il ragazzo della Lancer, scese dall'auto, il volto contratto in un'espressione nervosa, probabilmente per il fatto che non era riuscita a batterla, nonostante le avesse promesso di farlo in un eccesso di orgoglio poco prima della gara. Non era quello però il problema: era stato scorretto, e a Irina quella cosa non piacque affatto. Aveva tentato più volte di tagliare e aveva speronato senza motivo il pilota della TT. Non era stato alle poche e semplici regole che lei aveva dato per disputare le gare, e non era un bell'inizio.

Irina scese dalla Punto, incassando senza batter ciglio l'applauso e complimenti dei ragazzi che assistevano alla gara davanti al Vertical Drag, mentre i piloti dell'Audi e della Chrysler raggiungevano Scott Trevor sul ciglio della strada. Olsen la seguì.

<< Non è questo il modo di correre >> lo apostrofò Irina, mentre raggiungevano a loro volta Scott.

<< Siamo piloti clandestini, non abbiamo regole >> ribatté Olsen, le mani nelle tasche del giubbotto e la testa pelata che riluceva sotto i lampioni.

Irina si fermò, irritata da quell'aria di sfida che Olsen teneva con lei; era il primo a comportarsi così da tanto tempo, ed era consapevole che non sarebbe stato un bene lasciar correre troppo. Da quando stava a capo della Black List doveva misurare ogni sua azione.

<< Finché non mi batterai non avrai diritto a mettere nessuna regola >> disse Irina, mentre Scott la osservava e restituiva i libretti delle auto presi in custodia ai piloti, compresa la sua. Afferrò quello della Lancer prima che lo prendesse Olsen e lo guardò, irritata.

Normalmente non riscuoteva mai i suoi premi in auto, per non lasciare i ragazzi senza macchine e per non rovinare la sua reputazione, mostrandosi troppo "affamata" di denaro, ma questa volta era decisa a fare un'eccezione. Olsen meritava una lezione e per quanto le costasse farlo doveva assolutamente impartirgliela.

<< Ehi! >> gridò Barry, quando si accorse che non aveva intenzione di restituirgli il libretto, << Quella è la mia auto! >>.

Di fronte a una platea di ragazzi ancora eccitati per via della gara, Irina lo fissò senza ombra di paura negli occhi.

<< Dovevi stare alle regole >> disse, << Non lo hai fatto, quindi tengo la macchina >>.

Per un attimo, sentì la folla impietrire. Non lo aveva mai fatto, fino ad allora, ma aveva due motivi per comportarsi così: punire Olsen e mettere alla prova la sua autorità. Se qualcuno riteneva che non avesse la facoltà di dettare le regole in quel frangente, sarebbe venuto fuori ora.

Sostenne lo sguardo di Barry, finché lui decise di fare un passo indietro e assumere un'espressione irritata. Però nessuno mosse obiezioni, nessuno fiatò quando alla fine Olsen le consegnò le chiavi della Lancer, in silenzio.

<< Me la riprenderò >> ringhiò Olsen, prima di voltarsi e lasciare il marciapiede.

Irina lasciò cadere la minaccia nell'aria della notte, mise le chiavi dell'auto in tasca e gettò una rapida occhiata intorno, per capire se qualcuno aveva qualcosa da dire. La gente intorno si limitava a osservarla, chi ammirato chi un po' sorpreso.

<< Sei tu quello che guida l'Audi TT bianca, giusto? >> domandò Irina, rivolgendo la propria attenzione a un ragazzo dai capelli scurissimi e i tratti affilati, che indossava una felpa bianca con lo sponsor Audi.

Lui annuì.

<< Come ti chiami? >> gli domandò.

<< Branden Hall >> rispose il ragazzo.

Irina rivolse un cenno a Scott, che prese subito un appunto sul suo quaderno, pronto come sempre.

<< Sei bravo >> continuò Irina, << Guidi pulito e lineare >>.

<< Grazie... >> mormorò Branden, visibilmente lusingato dai complimenti.

<< Per quanto mi riguarda, hai un posto nella Black List >> disse Irina, porgendogli la mano, << Quale sarà la tua posizione lo decideranno le gare nei prossimi giorni. Inizia a pensare a un soprannome >>.

Branden le strinse la mano, e Irina capì di avere davanti un pilota interessante: non sembrava una testa calda, guidava bene senza essere troppo aggressivo, e le dava l'idea di avere ampi margini di miglioramento. Se ci aveva visto giusto, quel ragazzo avrebbe potuto prendere il secondo posto nella Black List.

"Il secondo posto è del Mastino".

Quel pensiero affiorò involontariamente nella testa di Irina, completamente inaspettato. Scosse il capo per scacciarlo, e sorrise a Branden, che la osservava stupito e più lusingato di prima.

<< E se posso darti un consiglio: allenati fuori città, in qualche canyon a nord >> aggiunse. << Puoi migliorare molto, e l'auto che guidi è molto valida >>.

<< Grazie Fenice >> rispose Branden.

Lasciò Scott a organizzare le gare seguenti e tornò dentro il Vertical Drag, che negli ultimi giorni era incredibilmente pieno. Come promesso da Sam, il suo tavolo era sempre quello in fondo, costantemente presidiato da un buttafuori grosso come un armadio.

Si sedette e sorseggiò una birra congelata, ignorando completamente il casino che c'era intorno a lei. Stava ancora pensando all'omicidio di Thile e al fatto che fosse lei la prima indiziata, e che in più non aveva ancora nessuna informazione sul capo di Jorgen Velasquez, quando vide Spark avvicinarsi nella penombra del locale, facendosi spazio tra la gente che ballava.

<< C'è un tizio che chiede di te, Fenice >> disse.

<< Cosa vuole? >> domandò Irina, mettendo da parte la birra.

<< Non lo so, vuole parlare solo con te >> rispose Spark, << Non mi piace. Non si è voluto presentare >>.

Irina si insospettì, ma valutò di essere in un luogo affollato dove teoricamente la gente stava dalla sua parte, perciò era comunque in superiorità numerica, se fosse mai successo qualcosa. E comunque c'era il buttafuori e lei teneva una pistola in tasca. Poteva correre un minimo di rischio.

<< Fai controllare che non sia armato e lascialo avvicinare >> disse Irina.

Pochi minuti dopo, Spark tornò accompagnato da un tizio che capì perché non gli era piaciuto: aveva un'aria equivoca che lasciava poco spazio all'immaginazione. Dal colore della pelle, nonostante la penombra del locale, sembrava arrivare dall'America latina; aveva lunghi capelli rasta biondicci ed era vestito con una camicia stropicciata verde militare e dei pantaloni vagamente sgualciti. A completare il quadro della stranezza, fumava una sigaretta elettronica che sapeva di caramello.

"E questo da dove diavolo esce?".

<< Chi sei? >> domandò Irina, osservandolo con attenzione mentre si avvicinava. Non sembrava minimamente intimorito, nemmeno dall'occhiata del buttafuori.

<< Un amico di Greg Thile >> rispose il ragazzo, sedendosi senza essere stato invitato a farlo, << Non avevo dubbi che fosse morto, visto che erano ventiquattro ore che non mi rispondeva al telefono... E a me risponde rsempre, visto che gli faccio fare un sacco di soldi >>.

Senza tanti complimenti, il tizio afferrò il suo bicchiere di birra lasciato a metà e se lo scolò tutto d'un sorso. Irina lo guardò, sorpresa, esattamente come fece Spark e il buttafuori.

<< Posso sapere il tuo nome? >> chiese Irina, senza capire se quel ragazzo normale a posto o avesse qualche rotella fuori posto.

<< Hilàrio Melo è il mio nome >> rispose, appoggiando il bicchiere di birra vuoto al suo posto con un movimento svolazzante del braccio, << Sono di stanza a Las Vegas, quindi ho fatto un bel po' di strada per venire fino a qui >>.

Irina inarcò un sopracciglio.

<< E perché? >>.

<< Greg mi aveva dato un lavoro da fare >> rispose il ragazzo, << Mi aveva detto che era per Fenice, quindi ci sarebbero stati in palio un sacco di bei quattrini, se facevamo un bel lavoro. Mi ha dato il numero di tracking di un pacco >>.

Irina lo fissò per alcuni lunghissimi secondi, cercando di capire cosa si nascondesse dietro la faccia di quel tizio. Era troppo interessata alle informazioni, in quel momento, per preoccuparsi del resto.

<< E cosa hai trovato? >>.

Hilàrio si strinse nelle spalle.

<< Oh, ci sto lavorando >> rispose, << Ma il pacco arrivava da Caracas, ed è stato spedito da un certo Erman Guaneiro >>.

La frase colpì in pieno Irina, ma la sua diffidenza ebbe il sopravvento. Prima di tutto non conosceva quel ragazzo, non sapeva che Thile subappaltasse i lavori e soprattutto Hilàrio poteva essere stato mandato da Jorgen o Felix, visto che erano stati loro ad ammazzare Greg. Era molto facile spacciarsi per qualcun altro.

<< Come faccio a fidarmi di quello che dici? >> domandò lei, sospettosa.

Hilàrio si strinse nelle spalle per l'ennesima volta, e una catenina d'oro spessa mezzo centimetro sbucò dal colletto della camicia mezza aperta. In un attimo, Irina trovò la risposta alla sua domanda: alla collana era appesa una croce.

"Fede".

Irina si sporse per guardare il ciondolo, e Hilàrio la osservò perplesso.

Ecco cosa voleva dirle Thile, con quell'unica parola.

<< Chi è stato l'ultimo agente di polizia su cui ho chiesto a Thile di fare indagini, prima che lo Scorpione venisse catturato? >> domandò a bruciapelo, per togliersi l'ultimo dubbio che le ronzava nella testa.

Hilàrio sbattè le palpebre un paio di volte.

<< Un certo Went >> rispose.

Irina tornò ad appoggiare la schiena sulla poltrona. Poteva fidarsi di lui, ora ne era sicura. Spark la osservò per qualche istante, la bocca piegata in un'espressione dubbiosa dietro la barba scura. Non fece domande, come a dire che aveva capito che lei aveva fatto tutte le verifiche che doveva fare.

<< Lavoravi per Thile? >> domandò lei, facendo portare un'altra birra al ragazzo e un bicchiere pulito per lei.

<< Collaboravamo >> la corresse Hilàrio, << Lui si occupava di gente infiltrata e roba del genere, io sono più uno da bassifondi >>. Bevve un sorso della sua nuova birra, i rasta che si muovevano da una parte all'altra mentre scuoteva la testa. << Era troppo grasso per essere credibile >>.

<< Quindi ti ha girato il lavoro? >> chiese Irina, ignorando la sua ultima frase enigmatica.

Hilàrio annuì.

<< Sì, te l'ho detto, quel pacco arriva da Caracas, e lo ha spedito un tizio di nome Erman Guaneiro... Ma sicuramente è un nome falso. Il documento che ho trovato apparteneva a un uomo morto un paio di anni fa, almeno >>.

<< Sai altro? >> domandò Irina.

<< Adesso no, ma ci sto lavorando >> rispose Hilàrio, << Thile mi aveva detto che voleva un lavoro fatto bene, e ci vuole tempo. Voleva darti tutte le informazioni insieme, per avere un quadro completo, ma quando ha smesso di rispondermi al telefono ho capito che qualcosa non stava funzionando... Chi sono i bastardi che lo hanno ucciso? >>.

<< Non ho prove, ma sono certa che sia stato Jorgen Velasquez e il suo amico Felix Moreau >> rispose Irina, << Sono settimane che mi seguono. Stanno cercando di controllare le gare clandestine a Los Angeles, ma lavorano per qualcuno più in alto, qualcuno che non ci sta mettendo la faccia >>.

<< Los Angeles? >> disse Hilàrio, quasi ironicamente, << Los Angeles non è niente in confronto a quello che sta succedendo a Las Vegas. Io vengo da lì, e praticamente non ci sono gare che non siano organizzate da loro. Hanno comprato persino quattro casinò... La gente ha paura di loro, fanno girare un sacco di soldi ma spargono anche tanto sangue. E hanno un mercato nero di auto di lusso da far paura >>.

Improvvisamente, a Irina saltò all'occhio un particolare: Jorgen e la sua banda sembravano prendersela con il lusso in tutte le sue forme.

<< Ascoltami, Hilàrio >> disse lei improvvisamente, fissando il ragazzo con i capelli rasta in modo da fargli capire che era seria, << Qualunque sia il motivo che ti ha spinto a venire fino a qui, nonostante Thile sia stato ammazzato per il lavoro che svolgeva per me, e per venirmi a raccontare cosa hai trovato, io ti ringrazio. Tutto quello che mi hai detto mi sarà di immenso aiuto, ma non basta. Ho bisogno di sapere chi si nasconde dietro a questo Erman Guaneiro, o comunque qualunque cosa mi possa portare a lui. E mi serve in fretta. Probabilmente non ho molto più tempo prima che Velasquez decida di farmi finalmente fuori >>.

Hilàrio annuì.

<< Ok >> rispose, << Cercherò le informazioni che vuoi... >>.

<< Ti serve qualcosa? >> lo interruppe Irina.

Hilàrio si strinse nelle spalle.

<< Un passaggio veloce per Las Vegas? >> rispose, dubbioso.

Irina fece cenno a Scott di passarle il libretto della Lancer rossa. Aveva avuto in mente altri progetti, per quell'auto, come per esempio darla a Spark per ripagarlo dell'ottimo lavoro che stava facendo per lei, però forse quel ragazzo meritava qualcosa in più di una Lancer modificata.

Spinse il libretto dell'auto sul tavolo e le chiavi, osservando l'espressione di Hilàrio.

<< E' una Mitsubishi Lancer rosso rubino, parcheggiata qui fuori >> spiegò, << Consideralo un acconto, o un ringraziamento. Dipende come vuoi prenderla >>.

Hilàrio la guardò per lunghissimi istanti, prima di parlare.

<< Thile diceva che eri una tosta >> disse, << Per me sei solo un po' pazza. Ti troverò quelle informazioni, Fenice, anche a costo di rimetterci le penne. Thile era un mio amico >>.

Irina annuì, lasciandolo finire di bere la sua birra in pace. Spark la osservava di sottecchi, spostando lo sguardo da lei al cellulare.

<< Cosa c'è? >> gli sussurrò, vedendolo preoccupato.

<< Velasquez gareggia nei dintorni, stasera >> rispose.

Voleva iniziare a stuzzicarla, ma Irina era troppo intelligente per abboccare, per lo meno non ancora. Correre nel suo territorio era come invitarla a farsi avanti, a tirare fuori il coraggio e a sfidarli.

Però Irina in quel momento non doveva dimostrarsi solo intelligente, doveva anche essere determinata; era un po' come con Barry Olsen: fai correre una volta e rischi di perdere il rispetto per sempre.

Ricordava benissimo l'incontro ravvicinato con Jorgen e Felix lungo l'autostrada, e sapeva quanto poteva rischiare.

<< Dove sono? >> domandò.

<< All'incrocio tra la decima e la Path Evenue >> rispose Spark, << Ma se stanno gareggiando potrebbero essere ovunque, in questo momento >>.

Irina tornò a guardare Hilàrio, che leggeva con molto interesse il libretto della Lancer.

<< Credo che sia meglio che tu te ne vada >> disse, << Non farti vedere qui, se c'è Velasquez in giro >>.

Il ragazzo alzò lo sguardo; senza dire nulla si alzò e si allontanò rapidamente, mentre Irina si alzava a sua volta.

<< Che fai? >> chiese Spark, allarmato.

Irina si infilò la giacca e tirò fuori le chiavi della Punto.

<< Vado a rivendicare il mio territorio >> rispose, << Trovami Brendan e digli che lo aspetto nel parcheggio fra cinque minuti. Lo metto alla prova: se supera questa, è lui il numero due della Black List >>.




Ore 6.00 – Mosca, Casa di Dimitri

Quando Dimitri rientrò nel suo appartamento, l'intero palazzo era ancora avvolto nel silenzio. Vilena e i bambini dormivano ancora, Darina era chiusa nel trilocale che era appartenuto a Graviil e l'unica persona che trovò sveglia fu Radim, nell'appartamento utilizzato per le riunioni. Come ogni notte, faceva la guardia contro eventuali intrusioni; sembrava farlo piuttosto volentieri, Dimitri iniziava a sospettare che Darina avesse trovato qualcuno con cui sostituirlo.

Aveva addosso l'odore dell'umidità del capannone e del sangue di Matveev, che lo rendeva nervoso e irritabile, e nonostante l'ora non aveva nemmeno sonno. Si chiuse nel suo appartamento e gettò gli abiti del cesto della biancheria da lavare e si fece una doccia, mentre sentiva la cicatrice sulla nuca prudere e tirare.

Matveev aveva detto qualcosa, alla fine; dopo qualche ora la sua lingua si era sciolta un po', e aveva ammesso di aver rilevato la Torec diversi anni prima, ma che poi l'aveva rivenduta a un tizio sudamericano di nome Erman Guainero. Era stato in Venezuela poco tempo prima proprio per quel motivo: era venuto a sapere che in realtà la società risultava ancora intestata a lui, e molto probabilmente era stato fregato con qualche giochetto sui documenti. Ovviamente non era riuscito a mettere a posto nulla, e lui stesso stava cercando chi lo aveva fregato, visto che Guainero era morto.

Poi aveva parlato di un incontro, qualcosa di fissato per tre giorni dopo, ma ancora da confermare, con qualcuno di cui Matveev non conosceva il nome. Doveva essere vero, perché non era riuscito a strappargli nessun nome, nonostante lo avesse quasi portato al limite della sopportazione.

Molto probabilmente, si trattava di quell'"Alfiere, o come si era definito chi stava dando ordini a Matveev e che lui era ovvio che non conosceva ancora veramente. Era la prima volta che si incontravano, Edgar aveva ammesso anche questo.

Mettendo in ordine le poche informazioni che aveva, Dimitri poteva solo dire che c'era ancora qualcosa che non andava; per essere uno che voleva ucciderlo, Matveev non sembrava né troppo preparato né troppo determinato. E tutto era ancora troppo confuso.

In ogni caso, chiunque ci sarebbe stato a quell'incontro, Dimitri doveva andarci. Era l'unico modo per capire chi diavolo aveva davanti e soprattutto che cosa volesse.

Non poteva liberare Matveev, non dopo averlo torturato ed essersi esposto così tanto, perciò l'incontro doveva essere ben organizzato, e il prima possibile. Aveva già qualcosa in mente, e finì di elaborare il suo piano facendo colazione con quello che rimaneva nella dispensa.

Verso le sette e mezza sentì Vilena che usciva sul pianerottolo per accompagnare Yana a scuola, ma lui decise di non muoversi. Dopo una notte passata a torturare un uomo non era dell'umore giusto per fare compagnia a una bambina innocente che ignorava completamente cosa fosse suo zio.

Terminò la colazione, fece ancora un po' di allenamento e andò a letto per qualche ora. Alle cinque del pomeriggio era in garage a cambiare i dischi dei freni all'Audi R8, parcheggiata nello stesso punto in cui due anni prima c'era la Punto di Irina.

Odiava quando la sua testa gli ricordava cose collegate a lei. Erano distrazioni inutili, pensieri che lo facevano innervosire, e che lui teneva a bada abbastanza facilmente ma che gli procuravano un po' di stizza. Tirò a lucido la R8 e la Huracan, prima di tornare a Sokol.

Il capannone era immerso nell'aria gelida e carica di neve, e sembrava più spettrale di quanto ricordasse.

Trovò Edgar Matveev ancora seduto sulla sedia a cui lo aveva lasciato legato, gli abiti umidi e il volto pallido. I capelli sporchi gli si erano incollati alla fronte, e la ferita sulla tempia era incrostata di sangue rappreso, lo stesso che macchiava a chiazze i pantaloni e la camicia di Edgar. Teneva il capo basso, come se dormisse, ma dall'intensità del suo respiro capì che era sveglio.

Emilian si avvicinò con una bottiglia di acqua, gli occhi cerchiati di nero per la lunga notte passata in piedi a fare la guardia al capannone. La sua faccia sfregiata sembrava più incartapecorita del solito, ma appariva comunque in forma, nonostante tutto.

<< Ha detto altro? >> domandò Dimitri, prendendo la bottiglia dalle sue mani per svitargli il tappo.

<< No, a parte le minacce di morte >> rispose Emilian, la voce rasposa vagamente divertita.

Dimitri costrinse Matveev ad alzare la testa; il russo aprì gli occhi e lo guardò stralunato, prima di digrignare i denti e borbottare qualcosa che sembrava un'imprecazione. Dimitri gli portò la bottiglia dell'acqua vicino alla bocca.

<< Bevi >> ordinò seccamente.

Matveev mandò giù qualche sorso d'acqua, prima di imprecargli di nuovo addosso. Dimitri restituì la bottiglia a Emilian e diede un colpo alla schiena di Matveev, in modo che rimanesse dritto e lo guardasse in faccia mentre parlava.

<< Non ho ancora capito se sei tu a volermi morto, o se è il tuo presunto capo, a volermi ammazzare >> commentò Dimitri, girandogli intorno, i passi che rimbombavano nel vuoto del capannone.

<< Entrambi >> rispose Matveev.

Dimitri fece una smorfia divertita.

<< Andrò al tuo appuntamento >> disse solo, << Tanto siamo tutti e due curiosi di sapere chi c'è dietro questa storia, o sbaglio? >>.

<< Non potrai andarci senza di me >> ribatté Matveev con la voce ancora impastata.

<< Infatti ci andremo insieme >> rispose Dimitri, tirando fuori il cellulare che gli aveva sequestrato, << Tu e io, come buoni amici. Sono la Lince e ho il diritto di incontrare chi agisce sul mio territorio. Confermagli pure che ci sarò, e che magari possiamo fare qualche affare insieme... Anzi, digli pure di anticipare tutto a stasera. Sono una persona che non ama aspettare >>.

Guardò Matveev, e il russo non disse nulla. I suoi occhi però indugiarono sull'armadio dove teneva nascosta, insieme a tutti le altre, la lama che gli aveva conficcato nella carne.

<< Ti è tutto chiaro? >> continuò Dimitri, intuendo che non avesse alcuna intenzione di farsi torturare nuovamente, << Niente colpi di testa, mentre parli al telefono, o ti taglio la lingua... Ho un coltello fatto a posta per quello scopo >>.

Matveev rimase in silenzio, registrando le sue parole. Dopo una lama piantata del ginocchio, tre dita schiacciate e un paio di litri di acqua bevuti con la testa dentro una botte, sapeva che ogni minaccia era reale.

Dimitri gli mostrò il telefono.

<< Chi devo chiamare? >>.

Matveev gli dettò rapidamente un numero di telefono, che Dimitri compose molto lentamente. Attese che squillasse, poi lo tenne fermo davanti alla faccia dell'uomo, il vivavoce attivato.

Una voce camuffata rispose dopo cinque squilli, con un accento perfettamente russo. Dimitri fece cenno a Matveev di parlare.

<< Sono Edgar Matveev, città di Tula >> disse, << Voglio anticipare l'incontro a stasera... E devo portare una persona con me >>.

La voce rispose immediatamente, dall'altra parte della linea. Era impossibile capire se fosse di un uomo o di una donna, e non si sentivano rumori di sottofondo.

<< Chi? >>.

<< La Lince, vuole fare affari con voi >> rispose Matveev.

Ci furono diversi secondi di silenzio, prima che la voce rispondesse nuovamente.

<< Ok. A mezzanotte, Podol'sk, Area 24, Capannone 3. Siate puntuali >>.

La telefonata venne interrotta bruscamente, e Matveev alzò lo sguardo su Dimitri, irritato.

<< Ci faremo ammazzare... >> disse.

<< Probabilmente è quello che hanno pensato anche loro >> rispose Dimitri, prima di rimettersi il cellulare in tasca. Guardò Emilian, rimasto in fondo al capannone. << Ivan? >>.

Suo cugino annuì.

<< L'ha trovato>> rispose solo Emilian.

Matveev lo guardò senza capire, ma Dimitri rimase in silenzio.

<< Rendilo presentabile >> ordinò al cugino, << Fra tre ore prendo la BMW e lo porto a Podol'sk >>.

Emilian annuì, mentre Dimitri tornava verso casa sulla R8.

Era troppo allenato per farsi fregare così facilmente, e conosceva troppo bene i suoi nemici per cadere nella loro trappola, anche se non sapeva chi fossero veramente. Mentre Matveev fissava l'appuntamento con il suo contatto, Ivan aveva tracciato la telefonata e aveva cercato da dove arrivasse.

Chiunque ci fosse dietro quella voce camuffata era stato troppo arrendevole, e l'arrendevolezza era sempre sospetta. Bastava una semplice richiesta, per far cambiare idea a uno che aveva la pretesa di poter decidere? Era sempre stato troppo diffidente per accettare a cuor leggero appuntamenti da sconosciuti, soprattutto quando avevano intenzione di ucciderlo.

Ivan lo aspettava davanti al pc, nell'appartamento delle riunioni. Aveva un foglio di carta scritto davanti, e osservava una cartina di Mosca.

<< Bel posto dove incontrarsi, eh? >> commentò ironicamente il ragazzo.

Podol'sk era una cittadina industriale situata a sud di Mosca, e l'Area 24 una zona fin troppo trafficata, per un incontro d'affari come il loro. Era praticamente dalla parte opposta di dove si trovava lui in quel momento.

<< Da dove arrivava la telefonata? >> chiese, affacciandosi alla finestra per osservare fuori. Iniziava a nevicare, e fiocchi bianchi vorticavano nell'aria.

<< Tula >> rispose Ivan. << Ovviamente la sim risulta rubata, ma arriva esattamente da dove sospettavi >>.

Sul volto di Dimitri si dipinse un sorrisetto. Credevano di fregarlo così facilmente?

<< Andrai all'incontro? >> domandò Ivan, porgendogli la mappa di Mosca con evidenziato il punto dove si trovava l'Area 24.

<< Andrò >> rispose lui, appoggiando il cellulare di Matveev sul tavolino, << Ma ho bisogno di altre quattro persone. Tu e Radim verrete con me, questo è certo. E voglio anche Nikolai e Yulian. Se dovesse succedere qualcosa, state pronti >>.

<< Ed Emilian? >> chiese Ivan.

<< Emilian rimarrà qui >> rispose Dimitri. << Darà un'occhiata a Vilena e ai bambini >>.

Nella testa di Dimitri, il piano era pronto. Sapeva chi c'era dietro tutto quello, sapeva dove stava la trappola e sapeva cosa doveva fare. La sua scarsa pazienza si era esaurita, e anche a costo di mettersi nei casini doveva chiudere in fretta quella storia. Cosa sarebbe accaduto dopo non aveva alcuna importanza.




Tre ore dopo, la BMW i8 viaggiava silenziosissima tra le strade di Mosca, seguita dal Nissan Pathfinder grigio guidato da Radim. La notte giovane della città era ancora piena di luci e di movimento, mentre entrambe le auto si dirigevano verso sud.

Podol'ks invece già dormiva, quando la BMW si mosse lungo il viale centrale, diretta verso la zona industriale. Edgar Matveev, seduto al posto del passeggero, non disse nessuna parola durante il viaggio, anche perché la benda sulla bocca glielo avrebbe impedito. Gli abiti erano gli stessi, sbrindellati e macchiati, ma aveva la faccia pulita e i capelli asciutti.

I capannoni si stagliavano a perdita d'occhio, costruzioni grigie e fredde che nascondevano macchinari, scorte e molti oggetti che arrivavano da furti e traffici illeciti. Persino il padre di Dimitri una volta aveva avuto un magazzino da quelle parti.

Il Capannone 3 era il più piccolo e il più spoglio, in mezzo a tutti gli altri. Si ergeva spettrale, i vetri rotti e il cancello di ingresso visibilmente forzato e lasciato aperto. Dalle finestre in alto filtrava la luce fioca di qualche lampadina lasciata accesa.

La BMW e la Nissan varcarono l'ingresso, entrando fin dentro il capannone, il rumore dei motori che rimbombava sulle pareti di cemento armato scrostate e con grosse macchie di umidità.

Era completamente vuoto, e le due auto si fermarono rimanendo a fari accesi, una dietro l'altra.

Matveev si irrigidì, quando vide cosa c'era vicino al muro dalla parte opposta del capannone.

Una vecchia sedia di legno bianco, con sopra una bambola di pezza.

Una bambola di pezza senza la testa.

Solo a quel punto, la porta della BMW i8 si aprì e Emilian Goryalef scese dal posto di guida, guardandosi intorno con la faccia sfregiata mezza distorta dal divertimento.

<< Dimitri aveva ragione >> disse, mentre Matveev si guardava intorno allarmato, << Era una trappola >>.




Spazio Autrice

Buon pomeriggio a tutti! 

Una volta avevo l'abitudine di commentare ogni capitolo che pubblicavo (quando scrivevo su EFP), ma purtroppo per esigenze di tempo ora non lo faccio più, e un pò mi dispiace. 

Visto però che oggi mi avanza qualche minuto, voglio soffermarmi con voi sulla situazione della storia a questo punto.

Siamo di fronte a una Irina decisamente "tosta", anche se lo è forzatamente. Nonostante stia ottenendo ottimi risultati, è ovvio che tutto quello che fa lo fa perchè ha un'obiettivo, quello di trovare chi ha ucciso Xander e chi vuole distruggere la memoria dello Scorpione. Tanti si chiederanno perchè, dopo quello che c'è stato tra lei e William, Irina ora in qualche modo lo rispetti. So che è difficile da comprendere, ma chi conosce Irina come la conosco io sa che la sua più grande qualità, e forse anche difetto, è quello di saper perdonare. Questa cosa sarà molto importante in tutta la storia, anche se in questo momento non sembra.

Dimitri, invece, è evidentemente in un momento "nero": sembra che tutto gli stia stretto, che ogni cosa che fa la faccia contro la propria volontà. E nonostante tutto, ha ancora la situazione sotto controllo. 

In tanti mi chiedono quando Irina e Dimitri si incontreranno... Succederà, non manca moltissimo, ma quando accadrà aspettatevi di tutto. Non sarà come Mosca, sarà totalmente diverso. Meditate, preparatevi e teorizzate cosa possa succedere.

Come sempre, grazie.

Un saluto

_Lhea_


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