Capitolo XLVII
Ore 00.37 – Los Angeles, Terminal Island
Alexander Went.
Alexander Went era vivo.
Quello che era morto quasi un anno prima.
Quello che Irina aveva seppellito.
Quello che aveva pianto.
Quello che aveva voluto vendicare.
Quello per il quale tutto quell'enorme casino era iniziato.
Alexander Went.
Gli occhi di Irina rimasero incollati a quelle iridi azzurre che anche da lontano, anche nella notte, erano sempre così incredibilmente luminose e profonde, sempre così uguali a se stesse, sempre le sue.
Rimase a guardarlo, assordata dal grido improvviso dentro la sua anima, perché era vivo.
Era vivo e non doveva esserlo.
Qualcosa nel corpo di Irina però sembrò non funzionare, perché i suoi piedi rimasero incollati dov'erano. Forse andò in cortocircuito, forse lo shock fu così forte da farle perdere la capacità di formulare un pensiero coerente, forse il suo sistema nervoso implose e smise di funzionare definitivamente.
Ma non fu così.
Non fu così perché in realtà la sua testa pensava. Tutto il suo corpo funzionava.
La sua anima era diventata talmente forte da resistere a tutto, anche ai morti che tornavano.
E nemmeno per un attimo pensò di essere in un sogno.
Nemmeno per un attimo dubito della capacità dei suoi occhi di vedere la realtà.
Scoprì che la sua mente era lucida, e il suo cuore incredibilmente tranquillo.
Xander era vivo.
Xander non era mai morto.
Forse avrebbe dovuto gridare, avrebbe dovuto corrergli incontro, avrebbe dovuto scoppiare a piangere... Forse semplicemente avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, e non rimanere ferma immobile come ora, pietrificata.
Il suo corpo rimase fermo, ma la sua testa aveva già fatto tutto: aveva ragionato, aveva analizzato, aveva ripercorso ogni attimo, e aveva capito.
Fenice aveva capito tutto.
Xander non era mai morto ma lei aveva vissuto per mesi come se lo fosse.
Nel mezzo c'erano tante cose.
C'era lei che si era sentita morire a sua volta, c'erano le persone che aveva allontanato, c'erano le notti insonni e gli incubi che aveva affrontato da sola, c'era il dolore che l'aveva consumata, c'era il rimpianto, c'era la rabbia, c'era il senso di colpa. C'era Selena, c'era il Messico, c'era il Nurburgring, c'era la sua nuova Black List, c'era Diego, c'era Sean, c'era Spark, c'era Nene, c'era Senderson, c'era McDonall, c'era tutta la famiglia Goryalef. C'era Dimitri.
In mezzo c'era tutta una vita vissuta senza che Xander ne facesse parte.
In fondo, era sempre stato troppo in gamba per farsi uccidere da quattro proiettili; in fondo per settimane si era chiesta il perché di una morte così stupida; per mesi aveva pregato di svegliarsi e scoprire che in realtà aveva solo fatto un brutto sogno. Qualcosa in fondo al suo stomaco le aveva sempre detto che non poteva essere possibile.
Xander era vivo, e lei non poteva che esserne felice. Felice e grata al cielo per aver fatto in modo che lui fosse ancora lì, che avesse ancora tutte le sue possibilità, che avesse davanti ancora tutti i restanti giorni della sua vita.
Però questo significava anche un'altra cosa, qualcosa che avrebbe richiesto tutta la sua forza per essere affrontata.
Se Xander era vivo, significava che non era mai morto, e se non era mai morto voleva dire che qualcuno le aveva mentito.
E a mentire era stato Xander stesso.
Si poteva essere felici e tristi al tempo stesso?
Si poteva essere euforici e arrabbiati nello stesso momento?
Si poteva odiare e amare contemporaneamente?
Furono quelle reazioni inverse e contrarie che la tennero immobile su quella banchina di fronte all'oceano. Fu quello scontro di forze opposte a farla rimanere lì, a guardare Xander e a non pensare né dire nulla.
Però era consapevole; consapevole di ogni cosa che la circondava, consapevole di ogni persona che aveva davanti, consapevole di aver appena resistito al colpo più forte che aveva ricevuto in tutta la sua vita.
Riuscì persino a sentire il dito di uno dei poliziotti che sfiorava il grilletto, mentre le puntava la pistola addosso; sentì lo scrosciare l'oceano sulla banchina; sentì il suo stesso respiro.
E guardò Dimitri.
Lo guardò perché sarebbe stato l'unico a capire cosa le passava nella testa in quel momento.
Forse neanche lui si aspettava qualcosa del genere.
Vide McDonall scendere da un'auto scura; vide i poliziotti accerchiarla e circondare Dimitri; vide la Nissan GTR continuare a fumare dal cofano, e vide Selena ancora riversa a terra, priva di sensi. Vide le volanti inchiodare, le ambulanze fermarsi, le camionette dell'F.B.I. isolare la zona. Osservò tutto e rimase immobile.
<< Mani bene in vista! >> gridò l'uomo sull'elicottero sopra la sua testa, << E' finita! >>.
Si, era finita, Irina lo capiva anche da sola.
Gettò la pistola a terra e alzò lentamente le mani, tendendole verso il cielo, mentre Dimitri faceva lo stesso.
Chissà perché, ma le venne quasi da ridere.
No, non stava più impazzendo; era conscia di tutto.
Xander si avvicinò lentamente, e arrivò così vicino che Irina riuscì a vedere una nuova ruga sulla sua fronte, una che non aveva mai avuto. Non era molto diverso da come lo aveva lasciato un anno prima, a parte quel particolare.
Sembrava stare bene, e questo era importante.
Si sentì accerchiata dai poliziotti, suoi ex colleghi, ma non si mosse.
Attese.
Attese che Xander iniziasse a parlare, che dicesse qualcosa, che rompesse il silenzio dei loro sguardi e desse un senso a quello che era appena successo e a quello che stava ancora succedendo. Però non lo fece; capì che persino lui non aveva parole da spendere.
E questo significava solo che anche lui aveva capito che non c'erano parole, non c'erano scuse, non c'erano spiegazioni.
Doveva essere lei ad avere il coraggio, come in ogni cosa che aveva riguardato loro due.
<< Vuoi arrestarmi tu, Alexander? >>.
La sua voce sembrò risvegliare qualcosa in Xander, perché non era quello che aveva previsto gli avrebbe detto; non era quello che voleva sentirsi dire. Lo vide nei suoi occhi, che aveva capito di avere davanti Fenice e non Irina.
Una volta si sarebbe irritato; ora no. Ora sembrò solo schiacciato.
<< Irina, tutto questo... >> disse Xander lentamente, << Ha tutto un senso. C'è una spiegazione... >>.
Il sorrisetto si formò sulla bocca di Irina in modo involontario; fu un sorrisetto che l'avrebbe tanto fatta assomigliare a Dimitri, se solo si fosse potuta vedere.
<< Lo so che c'è una spiegazione, Xander >> rispose tranquillamente, << Ed è proprio questo che mi preoccupa >>.
Lui non ribatté nulla; si limitò a guardarla con quegli occhi azzurri pieni di qualcosa che sembrava dispiacere, rimpianto, senso di colpa.
E Irina continuò a non muoversi.
I quattro poliziotti la accerchiarono, e lei abbassò le braccia dietro la schiena; uno di loro gliele afferrò con forza e avvicinò le mani l'una all'altra. Un attimo dopo, il metallo freddo delle manette le si chiudeva intorno ai polsi, nell'esatto istante in cui i suoi occhi raggiunsero Dimitri.
Si lasciò ammanettare anche lui, dopo averla guardata, docile come un agnellino con gli occhi da diavolo.
Una strana sensazione la invase, quando realizzò che era appena stata arrestata.
Quindi era così che ci si sentiva, una volta catturati?
Svuotati?
Era questa la sensazione che aveva provato William, quando gli avevano messo le manette ai polsi e tutta la sua carriera si era conclusa?
Vuoto?
<< Irina Dwight ti dichiaro in arresto >> disse l'agente alle sue spalle, << Hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te... >>.
Irina non prestò attenzione alla formula recitata dal poliziotto; le conosceva a memoria e non le interessavano. Aspettava quel momento da mesi, e i suoi diritti erano l'ultimo dei suoi problemi in quel frangente.
L'unico diritto che di cui avrebbe voluto godere, quello di non essere delusa, era appena stato calpestato.
Si lasciò condurre verso la volante, gettando un'ultima occhiata verso Dimitri, per essere certa che stesse bene. Sanguinava da un sopracciglio e dal fianco, ma nel complesso aveva l'aria a posto. L'agente la spinse dentro la Mustang e Irina si sedette sul sedile, le manette dietro la schiena che le si conficcavano nella spina dorsale.
Solo a quel punto guardò lungo tutta la banchina: l'elicottero dell'F.B.I. continuava a volare basso sopra la Punto e la GTR, e decine e decine di volanti della polizia avevano circondato il posto. Sembrava si fosse appena consumata una sparatoria, o un attentato. In realtà avevano solo catturato una pilota clandestina ex sbirra che non aveva fatto altro che aiutarli.
I fari corrucciati della Bugatti la guardarono cattivi.
"Hai visto, William? Finisce così. Finisce con me arrestata e con te in una tomba. Finisce con me che cerco di vendicarti e con Xander che guida la tua auto".
La volante si avviò verso il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, e Irina sospirò, mentre l'agente di fianco a lei la guardava con la coda dell'occhio, come se pensasse che da un momento all'altro fosse stata capace di buttarsi giù dall'auto in corsa. Quanto si sbagliava; in quel momento, Irina voleva solo che la chiudessero in cella e la lasciassero da sola, nel silenzio, ad assaporare quella sensazione che, al di là di tutto e di tutti, non aveva mai provato.
Era orgogliosa di se stessa.
Perché ci era riuscita.
Aveva vinto al Nurburgring, aveva sconfitto Selena Velasquez e aveva ottenuto la sua vendetta, in nome di Xander, ma anche in nome di William.
Nonostante tutto, Fenice aveva definitivamente vinto.
Irina aveva vinto.
Lei aveva vinto.
Nell'esatto istante in cui gli occhi di Xander incontrarono quelli di Irina, capì di averla perduta.
Perduta non perché aveva mentito, non perché era stato costretto a nascondersi, non perché tornava solo ora, ma perché non si era fidato di lei e come sempre aveva sbagliato.
Quella che vide in quell'istante era una Irina diversa, profondamente diversa, e non centrava nulla il suo aspetto esteriore. Non centrava il nuovo taglio di capelli, il visto stanco o il corpo smagrito. Era qualcosa di più profondo, qualcosa che in realtà era sempre esistito ma che lui non era mai stato in grado di vedere.
Aveva sempre e solo voluto vedere Irina, ma Irina era anche Fenice.
Aveva sempre finto di essere cieco.
O forse era stato solo accecato da quell'amore che aveva provato per Irina dal primo istante in cui l'aveva vista, piccola, indifesa, terrorizzata e vittima di se stessa. Lui si era innamorato di quella ragazza, quella che aveva bisogno di aiuto, quella che si era imposto di dover liberare; quella la cui debolezza lo aveva fatto sentire forte, incredibilmente forte, il più forte. Non si era reso conto che in realtà Irina era e sarebbe stata più forte anche di lui.
L'aveva dimostrato una volte, dieci volte, cento volte.
E lo dimostrava ora, rimanendo in piedi anche quando tutti erano caduti, lui compreso.
Aveva creduto che ciò che si era rotto tra di loro poteva essere aggiustato; aveva creduto che cercando di cambiare se stesso sarebbe riuscito a convivere con quella nuova Irina; aveva creduto di poter sostenere l'enorme forza di quella ragazza, magari mettendo da parte un pezzettino di se stesso.
Mesi di immobilità lo avevano costretto a pensare.
In quell'esatto istante, però, Alexander Went smise di crederci.
Non poteva cambiare Irina, e non poteva cambiare nemmeno se stesso. Aveva compreso anche quello.
Aveva tradito la fiducia di Irina, definitivamente, e non poteva pretendere che tutto tornasse come prima. Non con Fenice, perché Fenice non sarebbe più scesa a compromessi con nessuno, nemmeno con lui.
Forse sarebbe stato perdonato, forse avrebbe amato quella ragazza per il resto dei suoi giorni, ma le strade si erano divise.
Per sempre.
Non gli rimaneva che dire la verità, tutta la verità, e sperare che almeno non lo odiasse.
"Senza di me, sei tornata ad essere quella che eri. Senza di me, sei rinata. Non hai mai davvero avuto bisogno del mio aiuto, Irina. Sono sempre stato io ad aver avuto bisogno del tuo...".
In quell'istante, mentre guardava gli occhi di Irina da lontano, Xander accettò che tutto cambiasse.
Accettò che tutto finisse.
Era giusto così, in fondo.
Le manette erano troppo strette e gli stavano quasi segando i polsi; erano fastidiose quasi quanto il ritorno di Went, anche se doveva ancora decidere se quello andava annoverato nei fastidi o poteva essere considerato un affronto personale.
Dimitri ringhiò quando i quattro agenti lo spinsero nella cella del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, nemmeno avesse tentato di fuggire. Si era lasciato ammanettare senza fiatare, anche se avrebbe potuto ammazzarne un paio prima di farsi ammanettare; così, giusto per rendere ancora un po' più movimentata la nottata.
La porta si chiuse alle sue spalle e lui ebbe modo di notare che nella cella di fianco c'era Fenice.
"Incontri solo persone che riescono a rovinarti la vita, Irina".
Era seduta con la schiena appoggiata al muro, per terra, in silenzio; non sembrava ferita, a parte qualche graffio qua e là, ma aveva l'aria stanca. Non era nemmeno sorpresa, e questo era strano.
I morti non resuscitavano, e questo Dimitri lo sapeva benissimo.
Went non era mai morto; era semplicemente rimasto nascosto da qualche parte per mesi, in silenzio, nascosto. Non era poi così grave, fingersi andato all'altro mondo; lo facevano in tanti, pur di liberarsi di un sacco di problemi. Lo avrebbe fatto anche lui, se avesse potuto.
Era grave però che non avesse detto niente alla persona che aveva sempre ritenuto la più importante della sua esistenza: Irina.
Quella stessa Irina che ora alzava lo sguardo su di lui e lo osservava con una serenità inaspettata negli occhi, con una calma che persino il Mastino stentò a comprendere.
Fenice non aveva ancora finito le sue forze.
<< Stai bene, Dimitri? >>.
Il russo le rivolse un'occhiata, prima di annuire. Aveva solo un sopracciglio rotto e uno sbrego sul fianco; aveva passato molto di peggio, come la coltellata che si era beccato quella notte a Caracas o l'orecchio quasi mozzato. Ovviamente Irina pensava prima agli altri, che a se stessa.
<< Tu? >> le domandò. Sentì gli sbirri uscire dalla saletta.
Irina fece una strana smorfia, come se trovasse ridicola tutta quella situazione.
<< Vera è morta, Max è morto, e Xander è vivo >> rispose lentamente, << Dovrei provare qualcosa, invece... Invece non sento niente >>.
Dimitri dubitava che Irina in quel momento non sentisse nulla. Molto probabilmente dentro di lei c'era solo un enorme casino, così potente da non essere ancora in grado di elaborarlo. Era questione di tempo, poi qualcosa avrebbe sicuramente provato.
Conoscendola, tutti i sentimenti sbagliati.
Però in fondo era proprio per quella sua caratteristica che era ancora viva.
Dimitri si sedette sul pavimento, anche lui schiena al muro, e osservò Fenice e la sua espressione.
Nemmeno per un attimo aveva dubitato che lei non ce la facesse; nemmeno per un attimo aveva pensato che non sarebbe riuscita a prendere Selena, e nemmeno per un attimo aveva creduto che la uccidesse per davvero. Selena meritava la morte, ma Irina non meritava di macchiare la propria mano con il sangue di una pazza psicopatica che aveva abbandonato suo figlio, ed era la prima a saperlo. Madre o non madre, non l'avrebbe uccisa comunque.
Irina non voleva parlare, in quel momento; lo capì da come teneva le labbra serrate, da come si rannicchiava su se stessa in quella cella in cui lei non sarebbe mai dovuta stare.
Era lì per colpa di Went.
Non stava a lui giudicare, non stava a lui decidere; in fondo, non sapeva nulla di quello che poteva essere successo.
Sapeva solo che Went rimetteva in discussione tutto.
E che Irina, anche stavolta come ogni volta in cui cercava di scegliere il meglio per se stessa, avrebbe preso la decisione sbagliata.
Irina rivolse gli occhi su Dimitri, la cui figura imponente seduta a terra dall'altra parte della stanza le dava un senso di pace e sicurezza. Appariva sempre così incredibilmente solido, così controllato, che ogni cosa con lui nei dintorni sembrava andare a posto. Perlomeno, sembrava assumere almeno una forma ordinata.
Voleva chiedergli di Jorgen, o di Boris, o di Emilian e Ivan, ma non aveva voglia di sentire le rispose. Non aveva di sentirsi dire che qualcuno era scappato o che era morto.
Attese un'ora, forse due, seduta nella cella a guardarsi i piedi, mentre non pensava a niente. Il suo cervello era fermo, come in attesa di risposte prima di iniziare a realizzare tutto il resto.
E di risposte ne avrebbe sicuramente avuto bisogno.
Poi la porta della saletta si aprì, ed Erik Senderson entrò con due poliziotti, l'espressione seria e una bottiglietta di acqua in mano. Indugiò sulla soglia per qualche secondo, prima di avvicinarsi alla sua cella, i suoi passi che rimbombavano sul pavimento di cotto scadente.
Irina sapeva già quale sarebbe stato l'iter: registrata, interrogata e poi fotografata, per poi essere interrogata di nuovo. La sua segnaletica sarebbe finita negli archivi della polizia e sarebbe stata messa in attesa dentro una cella del carcere di Los Angeles, prima dell'udienza con il giudice. Un paio di rinvii, qualche altro interrogatorio, una mezza dozzina di incontri con il suo avvocato, e poi sarebbe stata condannata. Era quasi rassicurante sapere come sarebbero andate le cose.
Prima di abbandonarsi però a quella serie di eventi pianificati, Irina aveva bisogno di una sola cosa.
Si alzò in piedi e raggiunse le sbarre, guardando Senderson dritto negli occhi. Non era affatto cambiato, nemmeno in una ruga.
<< Voglio parlare con Alexander Went >> disse.
Senderson le porse l'acqua, ma lei la ignorò.
<< Dobbiamo prima... >> iniziò.
<< Voglio parlare con Alexander Went >> lo interruppe Irina, ringhiando, << Adesso >>.
Non avrebbe parlato con nessun'altro.
Senderson sospirò, fece un cenno a uno dei poliziotti che uscì e si mise al cellulare. Poi tornò a guardarla, stanco.
<< Non voglio parlare con lei >> lo zittì Irina, prima che iniziasse a dire qualcosa.
Senderson strinse la bocca, ma rimase in silenzio.
Il poliziotto rientrò nella sala, annuendo al loro indirizzo. Senderson aprì la porta della cella e insieme all'agente la scortarono fuori, in una Stazione di polizia stranamente silenziosa; prima di uscire Irina gettò un'occhiata di commiato a Dimitri, che non le staccò gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
Nella sala degli interrogatori, bianca e asettica, con un solo tavolino di metallo e due sedie, era stato aggiunto un unico particolare: una pianta grassa nell'angolo destro, che cresceva silenziosa sotto la luce artificiale osservando il succedersi degli interrogatori in una quella stanza con singolare pacatezza.
La fecero accomodare su una sedia, le mani ancora ammanettate dietro la schiena. La lampadina al soffitto ronzava sinistramente, e l'aria fredda della notte filtrava appena dalla finestra leggermente aperta.
Era sempre stata abituata a essere lei, quella che faceva le domande, eppure anche in quella nuova posizione si sentì a suo agio.
<< Slegatela, per favore >>.
La voce di Xander le fece drizzare i peli sulla nuca, quando la sentì, perché c'era una nota di base diversa da quella che ricordava, una lieve inflessione che udiva per la prima volta. Sentì le manette sfilarsi dai suoi polsi, e vide con la coda dell'occhio l'ombra del poliziotto lasciare la saletta.
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Xander.
Lui non si mosse; rimase in piedi a guardarla con la bocca dritta, come quando doveva dire qualcosa che non gli piaceva.
Però non parlò.
Semplicemente si sfilò la maglia e lasciò che la luce della lampadina illuminasse la pelle del suo torace, quella che lei aveva sfiorato tante volte, quella dove c'era stata sempre e solo un'unica cicatrice.
Ora ce ne erano cinque. Una vecchia, quella del coltello che si era beccato quando era giovane e sprovveduto, e quattro nuove. Quattro fori di proiettile che gli segnavano il busto, e che avevano intaccato appena i suoi muscoli allenati.
<< Sono stato davvero a un passo dalla morte >> disse alla fine Xander, e di nuovo lei sentì quella nota diversa, sconosciuta.
Irina distolse lo sguardo dalle cicatrici e lo puntò nei suoi occhi azzurri.
Capì che cos'era quella inflessione nella sua voce.
Era amarezza.
<< Rivestiti, per favore >> gli disse a voce bassa, << Non ho mai detto che non crederò a ciò che dirai >>.
Xander si infilò la maglia e si sedette di fronte a lei, in silenzio. Tutta la sicurezza che l'aveva sempre contraddistinto sembrava svanita; sembrava di fronte a una situazione che non sapeva come gestire. Era accaduto spesso, in sua presenza; negli ultimi tempi per lui era diventata sempre più un'incognita.
Rimasero in silenzio uno di fronte all'altro per un tempo indefinito, ad ascoltare il ronzio della lampadina o forse il battito dei loro stessi cuori.
Alla fine Irina fece un respiro profondo e appoggiò le mani sul tavolino. Toccava a lei parlare, perché intese che Xander le avrebbe lasciato chiedere quello che voleva.
<< Io ti ho visto morto >> disse, << Io ti ho visto dentro una bara e ti ho seppellito, Xander, e non mi toglierò dai dalla mente l'immagine della tua tomba di marmo e di tutti i fiori che io ho portato.
<< Sono felice che tu sia vivo, Xander; mi sono alzata in piena notte decine di volte, sperando di trovarti in cucina, nel letto, da qualsiasi parte della casa. Ringrazierò il cielo ora, domani e per il resto della mia esistenza, per il fatto che tu sia vivo. Ma io ti ho pianto per mesi, io ho quasi perso me stessa, e voglio sapere perché. Voglio sapere perché ho dovuto passare tutto questo >>.
Il perché era l'unica cosa che le importava, in quel momento, perché dava senso a tutto il resto. Avrebbe dato senso anche a quello che aveva fatto.
La mascella di Xander si contrasse appena, prima di rivolgerle un'occhiata e appoggiare la mani sul tavolino.
Non l'aveva mai visto così teso, così incerto, così cauto.
<< Sono stato colpito da quei quattro proiettili, Irina, e qualcuno ha davvero pensato che morissi >> rispose lentamente, << Quando mi sono svegliato, mi trovavo in una clinica militare di New York ed erano passate sei settimane da quando il mio funerale era stato celebrato. Sei settimane nelle quali sono stato in coma e il resto del mondo ha continuato ad andare avanti senza di me. Ce ne ho messe altre due a farmi dire cosa era successo, perché sinceramente mi ricordavo davvero poco. Non ho avuto risposte da nessuno, finché McDonall non si è presentato alla porta della mia stanza e mi ha detto che per il mondo ero morto e che l'F.B.I. aveva deciso così >>.
Passò una nota di rabbia, nella sua voce, una rabbia profonda che non era ancora esplosa. Qualcosa le disse che l'F.B.I. non aveva il diritto di decidere chi poteva vivere o morire.
<< Come hai fatto a sopravvivere? >> chiese Irina, osservandolo.
<< I proiettili hanno perforato i polmoni e lo stomaco, ma non hanno leso organi vitali >> rispose Xander, distaccato, come se stesse parlando di un'altra persona, << Ho perso molto sangue. Ci ho messo due mesi a rialzarmi dal letto >>.
La guardò come a dire "Sì, sarei dovuto morire, ma sono troppo attaccato alla vita per farmi ammazzare da quattro colpi di pistola". Era vero; non era abituato a farsi fermare, nemmeno dalla morte, e Irina lo sapeva benissimo.
Per un attimo però le sembrò quasi che Xander avrebbe preferito non essere sopravvissuto.
<< Perché non ti sei fatto sentire? >> domandò, mentre la lampadina continuava a ronzare sopra la sua testa.
Di nuovo, la mascella di Xander si contrasse per la frustrazione.
<< Perché non ho potuto >> rispose a denti stretti, << Finché sono rimasto a letto, McDonall mi ha tenuto fuori da ogni informazione. Non ho potuto avere nemmeno un cellulare, o un computer. Mi ha solo riferito che stavi bene e che avevi preso una pausa dal lavoro... Le uniche persone con cui potevo entrare in contatto erano i miei genitori >>.
Quante volte li aveva visti, Irina? Non molte, eppure nemmeno per un attimo aveva letto nei loro occhi qualcosa di strano, qualcosa che potesse farle pensare che magari nascondevano qualcosa.
Ecco però perché erano tornati a New York in fretta e furia.
<< Perché non hai usato solo per entrare in contatto con me? >>.
Sul volto di Xander si allargò un sorriso amaro.
<< Perché McDonall ha invocato il segreto di Stato, sull'operazione alla quale stavo lavorando, e chiunque avesse divulgato informazioni che la riguardavano sarebbe stato processato per alto tradimento >> rispose, << Mi ha legato le mani e mi ha imposto di non intromettermi nella missione, perché aveva già un piano alternativo. Io ero compromesso, e tornando a Caracas avrei potuto mettere in pericolo altri... >>.
Xander si interruppe, e Irina capì. Capì che non dipendeva tutto da Xander, ma avrebbe dovuto pretendere risposte anche da Howard McDonall. E capì che "altri" significava una sola persona.
<< Diego >> disse lei.
Le labbra di Xander si strinsero, e volutamente Irina non aggiunse altro. Quello era un punto che andava analizzato dopo, con calma, con lucidità... Forse però c'era davvero poco da analizzare.
<< McDonall mi ha tolto ogni mezzo a disposizione >> continuò Xander, << Mi ha sospeso dal servizio, e mi ha intimato il silenzio. Avevo appena terminato la riabilitazione, quando ho saputo che eri tornata in strada... Ho chiesto informazioni, ma non me ne sono state date. Ho chiesto a mio padre di indagare, e mi ha riferito che eri tornata a fare la pilota. Quando ho potuto lasciare l'ospedale militare la prima cosa che ho fatto è stato andare dritto da McDonall per parlare faccia a faccia con lui: volevo raggiungerti a Caracas, almeno per dirti che ero ancora vivo... Per aiutarti in qualunque modo mi fosse stato possibile... >>.
Non stava mentendo, perché i suoi occhi azzurri la guardavano dritti nei suoi, e nella sua voce Irina sentiva tutto la rabbia che lo aveva accompagnato in quei mesi.
<< E perché non lo hai fatto? >>.
<< McDonall non aveva alcuna intenzione di farti sapere che ero vivo >> rispose Xander, << E il fatto che io fossi compromesso non c'entrava nulla >>.
Irina rimase in silenzio. Quella era solo una parte della verità, lo capì dall'impercettibile movimento verso il basso delle iridi azzurre di Xander.
<< Ti conosco, Xander. Se tu volevi farmi sapere di essere vivo, niente di tutto ciò che poteva fare McDonall sarebbe stato in grado di fermarti >> rispose Irina lentamente, << Avresti trovato un modo. Avresti infranto le regole. Avresti preso la Ferrari e saresti venuto a cercarmi >>.
Xander sembrò colpito nell'orgoglio, che era sempre stato il suo punto più sensibile. Irina lo sapeva; lo sapeva, e per la prima volta nella sua esistenza voleva essere dura, voleva essere egoista e prendersi le risposte che adesso meritava di avere.
<< Questa volta è stato diverso, Irina >> ribattè Xander, come se gli costasse tantissimo parlare, << C'era una persona coinvolta in tutto questo che non potevo permettermi di mettere in pericolo >>.
Si riferiva di nuovo a Diego, e Irina fu contenta di scoprire che Xander aveva sviluppato un po' di senso del dovere nei confronti di quel bambino, lui che i bambini li aveva sempre detestati.
<< Lo hai fatto per Diego >> disse, e non era una domanda.
Xander annuì.
Improvvisamente nella mente di Irina si formarono decine di immagini, immagini di Xander che scopriva di essere padre, che incontrava suo figlio, che si ritrovava a prendersi la responsabilità di errori passati. Doveva essere stata durissima per lui, soprattutto perché aveva affrontato tutto da solo. Diversamente da lei, però, lui aveva avuto scelta.
<< Quando ho incontrato Selena durante l'operazione, non sapevo di Diego. Me lo ha fatto conoscere mesi dopo >> spiegò, << McDonall non mi ha mai detto che su quella donna esiste una perizia psichiatrica che certifica che soffre di disturbi psichici e di personalità. E' pazza, completamente pazza... Era pronta a uccidere Diego, pur di farmela pagare. Volevo portarlo via, stavo prendendo tempo per trovare un modo per strapparlo da lei e metterlo al sicuro da qualche parte... Non ho fatto in tempo; mi sono ritrovato con quattro proiettili nel corpo e l'unica cosa che ho potuto fare è stato sperare che non lo uccidesse >>.
Per quanto fosse arrabbiata, Irina non potè non provare un moto di tristezza nei confronti di Xander; si era ritrovato a dover scegliere chi proteggere, e non lo biasimava per aver deciso di dare la priorità a Diego. Era suo figlio, anche se avuto troppo presto e dalla donna sbagliata.
<< Che hai fatto, per tutto questo tempo? >> domandò alla fine lei.
<< Ho chiesto di essere riammesso come agente operativo >> rispose Xander, << Più volte. E più volte McDonall non ha accettato. In passato mi sono fidato di lui, ma ho capito di aver sbagliato. Non è la persona che credevo, come forse hai capito anche tu. Mi sono licenziato; ho lasciato l'F.B.I. e ho seguito Frank White nei Servizi Segreti Inglesi >>.
Irina inarcò un sopracciglio. White? Lo stesso White che Xander aveva sempre sopportato poco?
<< White era uno dei pochi a sapere come McDonall stava gestendo la mia dipartita >> spiegò Xander, << E non gli è piaciuto. Se ne è andato nel momento in cui gli è stato imposto di non parlare. Quando ho saputo che era all'MI5 l'ho raggiunto, ma il Presidente degli Stati Uniti non ha accettato le mie dimissioni... Sono rimasto in un limbo. White era disponibile a darmi i mezzi per raggiungerti, ma formalmente non poteva farlo perché risultavo ancora come agente dell'F.B.I. con status di compromesso... >>.
La frustrazione e la rabbia vibrava nella voce di Xander; era infuriato. L'avevano sempre decantato come il miglior agente dell'F.B.I., e poi era stato trattato come l'ultimo degli impiegati assenteisti.
<< Ho seguito le tue mosse in ogni modo possibile >> continuò, << Ho sentito tutto quello che hai fatto, e sapevo che a Caracas non eri da sola, che qualcuno ti stava dando una mano >>. Le rivolse un'occhiata, e Irina capì che si riferiva a Dimitri. << McDonall ti ha seguito in continuazione, ha sempre saputo cosa stavi facendo. Appena hai vinto la gara al Nurburgring credo però che sono sfuggite di mano a McDonall, o che qualcosa non sia andato esattamente come voleva. Mi ha messo a disposizione un'auto, ordinandomi di catturare Selena, se non ci fossi riuscita tu... Ma come vedi, non è servito a nulla il mio intervento >>.
Quindi era andata così; per la prima volta nella sua vita, Xander si era attenuto agli ordini.
Ed era successo tutto quello che era successo.
Forse Irina avrebbe dovuto infuriarsi, avrebbe dovuto tirargli uno schiaffo in faccia perché in fondo le aveva mentito, le aveva lasciato credere di essere morto per mesi, le aveva lasciato condurre quella crociata in suo nome nascondendosi nell'ombra.
Avrebbe voluto dirgli che aveva creduto di morire di dolore, che nessuno le avrebbe restituito i giorni passati chiusi in casa a piangere, le notti insonni, lo stomaco roso dal senso di colpa... Niente le avrebbe ridato quella vita perduta. Avrebbe voluto dirgli che se lui non fosse morto, lei non sarebbe partita per Caracas, che Max sarebbe stato ancora vivo forse, che Sean avrebbe avuto ancora sua madre.
Però rimase in silenzio.
Qualsiasi cosa avesse detto, non avrebbe cambiato le cose. Qualsiasi parola pronunciata non avrebbe fatto tornare indietro le persone, o non le avrebbe curato le ferite dell'anima.
Non poteva premere il tasto "indietro".
Poteva solo cercare di sapere più cose possibili, e trovare un senso.
<< Dimmi di Selena, per favore >> disse solo.
Xander sospirò. Ricordare gli dava fastidio.
<< Ero un ragazzo stupido che si era invaghito della persona sbagliata >> rispose, << Selena ha sempre e solo cercato di incastrarmi. Cercava di incastrare tutti quelli che incontrava. Io non lo avevo capito, ma mio padre sì. Mi ha spedito a calci nell'F.B.I., prima che finissi in guai grossi. Non sapevo fosse incinta... Se qualcuno mi avesse detto qualcosa, avrei agito diversamente >>.
Irina scosse il capo.
Forse Selena aveva cercato di incastrarlo, ma era lui era quello che aveva bisogno di salvare le persone, ad avere un debole per le ragazze nei guai.
<< Non sta a me giudicare i tuoi errori, Xander >> ribatté a voce bassa, << Ne ho commessi di simili anche io >>.
Come innamorarsi di William Challagher e finirne prigioniera.
<< Vorrei chiederti perché McDonall non ha voluto farmi sapere che eri vivo >> aggiunse, << Ma questo lo chiederò direttamente a lui. Mi deve tante spiegazioni, dopo stanotte... Perché una Veyron? >>.
La vena sul collo di Xander pulsò appena.
<< E' quella di Challagher >> rispose, << Quando hanno recuperato il corpo, hanno tirato fuori anche l'auto... Credo che McDonall abbia voluto provocarmi, assegnandomela >>.
Irina fece una smorfia. L'auto dello Scorpione. Immortale come lui.
<< Un tempo non avresti mai guidato un'auto che non fosse una Ferrari >> commentò.
Gli occhi di Xander brillarono di una luce strana, quasi arrabbiata.
<< Sono cambiate molte cose, in questi mesi >> rispose solo, << Persino tu hai cambiato auto >>.
Irina picchiettò un dito sul tavolino, facendo un'altra smorfia.
<< Nel giro di sei mesi ho avuto due Ferrari, per di più le più potenti del mercato >> rispose, << Nemmeno tu avresti potuto fare di meglio >>.
Xander la guardò con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
<< Forse ti sbagli, Irina >> disse, << Dubito che qualcuno potesse fare più di quanto hai fatto... In fondo, sei tu quella che non è mai morta >>.
Mesi prima, di fronte a un'ammissione del genere, Irina avrebbe sorriso, perché significava che Xander iniziava a riconoscere il suo valore; ora no. Non perché fosse tardi, ma perché nel frattempo aveva capito che non si erano mai davvero compresi.
<< Non avresti mai scommesso su di me, vero, Xander? >>.
Lui sospirò, e di nuovo sembrò colpito nell'orgoglio.
<< No. E ti chiedo scusa >> rispose, << Per tutto. Per il silenzio, per le bugie, per i segreti, per... il fatto che non ho mai voluto che entrassi nell'F.B.I., o che facessi la poliziotta. Per Diego e per Selena. Non posso tornare indietro, posso solo chiederti scusa >>.
Quanto era difficile sentire quella parola uscire dalla bocca di Xander, e ora la diceva per ben due volte.
Quei mesi l'avevano cambiata, ma avevano cambiato anche lui.
Solo che Irina non era arrabbiata, non voleva che le venisse chiesto il perdono.
<< Accetterò sempre le tue scuse, Xander >> disse, << Ma non è questo che voglio. Voglio la verità. La verità su tutto, anche su quello che pensi.
<< Non mi hai raccontato di Diego perché non ti sei fidato di me, ora lo so. Non hai potuto raggiungermi perché ti è stato imposto di non farlo. Ma che cosa ti ha fermato, quando la tua parte più istintiva ti ha gridato di venirmi ad aiutare, indipendentemente da tutto il resto? >>.
Xander alzò gli occhi su di lei, e la fissò. Per un attimo, in tutto quel blu, vide un'ombra nera e profonda.
<< Tu non avevi davvero bisogno di me. Avevi bisogno di qualcuno che ti ha raggiunta con ogni mezzo possibile e che è stata capace di darti quello che ti serviva >> rispose alla fine, << Ho commesso il più grande errore della mia vita, a scegliere come tuo compagno per la Russia di lavoro Dimitri Goryalef. Per me rimarrà sempre e comunque il braccio destro di Challagher, ma sarà sempre anche quello che ha deciso di farmi arrivare a te, sei anni fa. Per me sarà sempre quello che in realtà mi avrebbe battuto, quello che ti ha riportata a casa sana e salva da Mosca. Lui è quello che ha saputo tirare fuori il meglio di te, ed era di lui che avevi bisogno >>.
Era la più grande, più profonda ammissione di sconfitta che Irina avrebbe mai potuto sentir uscire dalla bocca di Alexander Went, e questo la spiazzò. La spiazzò perché Xander aveva appena detto tutto quello che c'era da dire su Dimitri, e su tutti loro.
<< Ho pensato, Irina >> continuò, << Ho avuto mesi per pensare. Senza di me, hai ritrovato te stessa >>.
Irina abbassò gli occhi. Era vero, era assurdamente vero.
<< E' così, Xander >> disse solo.
Sospirò e rimasero di nuovo in silenzio.
Avrebbero potuto dirsi e chiedersi molte altre cose, ma non serviva.
<< Per favore, fammi parlare con McDonall >> aggiunse Irina.
Xander sembrò sorpreso dalla sua compostezza di fronte a un'ammissione del genere, e lo fu anche lei stessa. Improvvisamente era solo rassegnata; rassegnata di fronte ad eventi che non poteva cambiare.
<< Ti farò parlare con McDonall >> disse solo Xander.
Si alzò e Irina rimase seduta dov'era, immobile, guardando il tavolino di metallo.
Era stanca, ma non si sarebbe fermata finché il cerchio non si fosse chiuso. Non sarebbe uscita da quella stanza finché non avesse avuto le risposte a tutte le sue domande.
Era l'unico modo per sopravvivere.
Molto probabilmente attese ore, perché a un certo punto dalla piccola finestra che dava sul cortile iniziò a entrare una luce tenue, fredda. L'alba stava sorgendo su Los Angeles e su una Irina esausta ma determinata. Nemmeno il sonno la scalfì, quando si rese conto che erano le sei del mattino e il resto del mondo iniziava a svegliarsi.
McDonall si fece vedere alle sei e dieci, ed entrò nella saletta degli interrogatori con un caffè fumante tra le mani. Il suo completo blu non sembrava essere stato scalfito dalla notte insonne, ne la sua pettinatura impeccabile e i suoi baffetti grigi.
Il Vicepresidente le appoggiò il caffè davanti, ma Irina non lo toccò. Guardò il McDonall sedersi di fronte a lei, tranquillo, come se fosse una visita di cortesia dell'ultimo minuto.
<< Buongiorno Irina >>.
<< Buongiorno Vicepresidente >>.
La tensione della voce di Irina fu sufficiente a fargli intendere che non aveva voglia di perdere tempo.
<< Hai condotto tutta questa storia con enorme maestria >> iniziò McDonall, facendole cenno di bere il caffè finchè era caldo, << Sei praticamente sfuggita al controllo sia della polizia sia dell'F.B.I.... >>.
<< Non mi servono i suoi finti complimenti >> lo interruppe bruscamente Irina, << Maestria o no, questa notte è morta della gente. Sono morti dei miei amici... Non me ne frega un cazzo delle lusinghe, in questo momento >>.
<< Sono morti anche dei nostri agenti >> ribatté McDonall, mantenendo la tranquillità anche di fronte al suo tono.
<< Lo so, e non era quello che volevo >> disse Irina, irritata, << Ma sono stata costretta a fare quello che ho fatto. Lei mi deve delle spiegazioni, anche in virtù del fatto che le ho consegnato Selena Velasquez su un piatto d'argento. Inizi con il dirmi perché ha progettato la morte di Xander, per esempio >>.
McDonall sembrò quasi divertito dal suo tono rabbioso e sicuro.
<< Non ho progettato la morte dell'agente Went >> rispose, << E' capitata. La missione stava languendo da un po', perché Alexander stava cercando un modo di portare fuori suo figlio senza che nessuno lo sapesse, nemmeno io. Stava facendo ostruzionismo, e me ne sono accorto. Sapevo che conosceva Selena Velasquez, ma non avevo idea che il bambino fosse figlio suo. In più, avevo un'offerta di lavoro per te nell'F.B.I. sulla scrivania pronta da mesi, che non ti ho mai potuto dare perché l'agente Went non aveva intenzione di farti entrare nel nostro Dipartimento. Sappiamo entrambi quanto fosse delicato questo punto, per lui >>.
Irina fece una smorfia.
<< Quando ho saputo che l'agente Went era stato ferito in modo molto grave, ho deciso che lui era troppo compromesso per continuare. Gli ho fatto iniettare un siero di morte apparente, giusto il tempo per far credere a tutti che fosse veramente deceduto, e l'ho fatto trasferire a New York. Non avevo sostituti validi all'incarico, ma non potevo rimetterlo a lavoro. Ci sarebbero voluti mesi, prima che si riprendesse, lo sapevo. Ho dovuto sfruttare l'occasione per mettere lui al sicuro e per trovare qualcuno che fosse in grado di prendere il suo posto. L'unica persona sufficientemente preparata e motivata eri tu >>.
Irina fece una smorfia disgustata, di fronte alla leggerezza con cui McDonall parlava. Era davvero la stessa persona che aveva conosciuto anni prima e che l'aveva mandata in Russia? Nelle sue parole Xander sembrava solo un burattino giocattolo e lei una pedina degli scacchi, a disposizione di un giocatore spietato il cui unico obiettivo era la vittoria.
<< Voleva che cercassi Selena Velasquez e la catturassi? >> ribatté Irina, << Allora perché quando gli ho chiesto appoggio, non me lo ha dato? Perché non mi ha fatto entrare nell'F.B.I., visto che finalmente aveva l'occasione per farlo? >>.
McDonall la guardò con gli occhi chiari e fece un mezzo sorrisetto. Lo stomaco di Irina si chiuse appena, di fronte a quell'espressione.
<< Went è sempre stato un ottimo agente; un po' impulsivo, forse, ma il migliore >> rispose lentamente, << E tu saresti stata altrettanto brava; anzi, lo saresti stata di più, perché hai la mente da pilota clandestina e l'etica della poliziotta. A Caracas me lo hai dimostrato. Tuttavia, tutta questa storia mi ha permesso di scoprire che esiste un'altra persona che si potrebbe rivelare un ottimo acquisto per il nostro Dipartimento >>.
L'uomo le lanciò un'occhiata eloquente, e Irina strinse il bordo del tavolino con le mani, tesa.
<< Chi? >>.
<< Dimitri Goryalef >>.
Irina rimase in silenzio e guardò McDonall per una frazione di secondi, prima di scoppiare a ridere.
Rise perché forse quell'uomo era pazzo come Selena Velasquez, e nessuno se ne era accorto.
<< Lei vuole Dimitri Goryalef nell'F.B.I.? >> sbottò, << Mi sta prendendo in giro, forse? Mi sfugge qualcosa, nel suo ragionamento >>
<< Abbiamo perso le tracce di Goryalef due anni fa, quando l'agente Went lo ha lasciato scappare >> rispose McDonall, e sembrò leggermente infastidito al ricordo, << E' un latitante formidabile, e questo già la dice lunga sulle sue capacità. Non ho avuto modo di trovarlo e fargli la mia proposta di persona. Ma per quanto Goryalef sia una persona fredda e misurata, ero quasi certo che sarebbe tornato negli Stati Uniti, se avesse avuto un buon motivo per farlo. Io un motivo lo avevo, ed è seduto proprio davanti a me >>.
Irina lo fissò.
<< Ti ho lasciata in mezzo a una strada di proposito, e l'ho fatto per due soli motivi >> continuò il Vicepresidente, << Sapevo che in quella situazione estrema avresti tirato fuori il meglio di te, e che se Goryalef fosse venuto a sapere che avevi bisogno di aiuto, sarebbe venuto a cercarti. Ovunque >>.
Irina capì, e nel suo stomaco la rabbia prese vita come fuoco. Un fuoco che le divampò nelle viscere rendendola per un momento cieca. Cieca, ma lucida.
<< Ci ha manipolati >> ringhiò, << Ha giocato con noi per fare i suoi interessi... Ci ha messi tutti in pericolo per avere Selena Velasquez e ha approfittato di tutto questo per inserire nuovi giocattoli nel suo Dipartimento. Perché non poteva farci la sua proposta e basta? Perché? >>.
<< Non potevo chiedere al Presidente degli Stati Uniti di accettare due nuovi agenti dell'F.B.I. che sono stati per tanto tempo dei criminali, senza avere prove concrete nel vostro valore >>.
Era tutto un disegno; un enorme disegno che McDonall aveva tracciato per loro senza curarsi dei sentimenti, nei pericoli, delle libertà.
Li aveva usati, non c'erano altre parole per spiegarlo.
Irina avrebbe voluto alzarsi e tirargli un pugno in faccia, ma rimase immobile. Non sarebbe stato sufficiente a sfogare la sua rabbia nemmeno pestare a sangue McDonall, nemmeno ribaltargli il tavolo addosso. Forse l'unica soluzione sarebbe stata ucciderlo, ma non si sarebbe abbassata a tanto, visto che non lo aveva fatto nemmeno per Selena.
<< Quindi lei mi ha istigato >> rispose lentamente, << Mi ha manipolato fin dall'inizio, facendomi credere che Xander fosse morto e lasciandomi per mesi annegare nel dolore. Ha lasciato che covassi la rabbia e il senso di vendetta per settimane, e mi ha tolto ogni cosa che poteva togliermi... E' stato lei a ordinare a Senderson di sequestrarmi la Punto, non appena ho firmato il contratto di lavoro come impiegata >>.
McDonall sembrò irritarsi, a sentire quel nome.
<< Sì, ti ho provocata. Ammetto che il Erik Senderson non ha collaborato molto alla mia idea >> convenne, << Avrebbe dovuto darti molto più fastidio, quando ancora ti trovavi a Los Angeles... Avrebbe contribuito a rendere più credibile il tuo ritorno in strada, dandoti la caccia come ai tempi di Challagher... Non era d'accordo con me >>.
Come White.
<< Almeno Senderson forse ha un minimo di etica >> lo interruppe Irina, << Io mi fidavo di lei. E' stato lei a darmi fiducia, quando sono andata in Russia. E' stato lei ad appoggiarmi. Anche Xander la reputava una persona affidabile. Dove lo ha trovato il coraggio di fare tutto questo, eh? Dove? >>.
McDonall sorrise, un sorriso freddo e asettico. Perché non lo aveva mai notato?
<< Come credi io sia diventato il Vicepresidente dell'F.B.I., Irina? >> rispose, << Predicando la verità e la correttezza? Sono stato un agente anche io, sono stato in mezzo ai criminali come te e come Goryalef, e ho concluso con successo così tante missioni da meritare il posto che ho adesso. Sono arrivato qui solo perché ho sempre pensato che il bene comune vale più del bene di una singola persona, ed è così che qualunque agente dell'F.B.I. deve pensarla. Sempre. Deve sapere mettere in secondo piano anche se stesso.
<< E' vero, vi ho manipolato. Se sei anni fa non avessi permesso all'agente Went di tornare a salvare te, non avremmo mai catturato William Challagher. Ho sfruttato il sentimento che provava per te a nostro favore, e ho ottenuto quello che volevo.
<< Tre anni fa, ti ho mandata in Russia, sapendo bene che Went non avrebbe voluto. E' stato proprio il suo rifiuto a darti la determinazione necessaria per farti partire e per farti concludere con successo il lavoro. Hai bisogno di essere provocata, per tirare fuori il meglio di te. Così un anno fa ti ho sfidata di nuovo: ti ho lasciato il compito di catturare Selena Velasquez per vendicarti. Ho corso il rischio di vederti fallire e di perdere il controllo dell'operazione, ma sono stato ricompensato. Ti ho sempre manipolata, Irina, ma questo non significa che sia una cosa sbagliata quello che io ho fatto >>.
Irina osservò la bocca piegata in un mezzo sorriso di McDonall, e capì perché Xander si era tanto impuntato quando le aveva proibito di entrare dell'F.B.I.: lui sapeva com'era il loro mondo. Forse lo aveva capito lentamente, dopo che Challagher era stato catturato, ma lo sapeva. Aveva avuto ragione, in fondo, e lei non aveva fatto altro che andargli contro.
<< Quando ti ho mandata in Russia, però, non immaginavo che avrei scoperto che Dimitri Goryalef aveva tutte le carte in regola per essere un agente perfetto >> continuò il Vicepresidente, << E' stata un'idea di Went, assegnartelo come compagno, ma è stata provvidenziale. Vi ho seguiti, ho fatto attenzione a ogni vostra mossa: siete stati perfetti, coordinati, efficaci. Goryalef è freddo, cinico, spietato, ma sa osservare. Non è istintivo, calcola ogni mossa e ha sempre il controllo della situazione. E ha un codice; rispetta le sue regole.
<< So quello che è successo durante la Mosca-Cherepova, so di quella notte. Sapevo che sarebbe tornato se tu avessi avuto bisogno di aiuto; il suo codice d'onore glielo avrebbe imposto. Così è stato, e come a Mosca, anche a Caracas siete stati perfetti. Non avresti mai potuto lavorare con Went, perché Alexander è troppo egocentrico; Goryalef invece sa mettersi da parte quando serve, sa prendere le decisioni giuste con freddezza, e sa interagire con te. Non ti ostacola. Da solo è letale, in coppia una spalla perfetta. Insieme sareste i due migliori agenti che l'F.B.I. potrebbe avere da cinquant'anni a questa parte >>.
Irina avrebbe voluto ridere; McDonall la stava adulando come un'eroina, senza vedere la verità delle cose: Fenice aveva agito come pilota clandestina, non come poliziotta e non come agente dell'F.B.I.. Era stato questo a renderla vincente, nient'altro.
<< Mi pare di capire che c'è un "ma", in tutto il suo discorso >> ribatté, << Siamo sfuggiti un po' troppo al suo controllo, o sbaglio? >>.
C'era stato un momento, mentre abbandonata il Nurburgring in fretta e furia, in cui McDonall era sembrato incerto, sul fatto di lasciarla scappare.
<< Tutto quello che è successo stanotte non era stato preventivato >> rispose McDonall, << Il Nurburgring doveva essere l'ultimo atto dell'operazione. Quando ho capito che avreste raggiunto Los Angeles ho preferito lasciarvi andare. Non ho sbagliato a farlo, ma questo non toglie che i danni siano stati ingenti e il Sindaco è infuriato >>.
Irina fece un'altra smorfia.
<< E' stato lei a volermi provocare >> ribatté Irina, << La possibilità di perdere il controllo della situazione rientrava nel suo stupido gioco >>.
McDonall arricciò il naso, e Irina capì che forse non era più molto nelle sue grazie. Non dopo che quella notte avevano distrutto e terrorizzato mezza Los Angeles.
<< Risponderà a qualcuno, per tutto questo? >> aggiunse Irina.
<< Risponderò al Presidente degli Stati Uniti >> rispose McDonall, leggermente irritato, << Al momento non sembra particolarmente propenso a sentire la mia opinione a riguardo, ma mi ascolterà >>.
<< Immagino >> ribatté Irina.
Le era tutto molto chiaro, ora.
<< Credo di aver avuto alcune delle risposte che volevo. Mi faccia riportare in cella >>.
McDonall inarcò le sopracciglia, sorpreso dalla sua richiesta. Irina si alzò e gli rivolse un'occhiata, il ronzio della lampadina che ormai iniziava a darle fastidio.
<< Se ha delle proposte da farmi, non le voglio sentire >> aggiunse seccamente.
Si diresse verso la porta, dove sapeva avrebbe trovato Xander ad aspettarla, in piedi, silenzioso. Realizzò solo in quel momento, davanti ai suoi occhi azzurri stanchi e tristi, che era stato tradito anche lui.
<< Ci siamo davvero meritati tutto questo, Xander? >> gli domandò a voce bassa.
Lui scosse il capo.
<< No, Irina >> rispose solo.
Si guardarono, seri, stanchi, svuotati. Entrambi erano stati usati, ed entrambi ne erano consapevoli, c'era questo che ancora li accomunava.
Forse però alla fine non era davvero importante; erano vivi entrambi, e molto probabilmente questo contava più di tutto il resto. Contava più delle bugie, degli inganni, dei silenzi, delle incomprensioni.
Erano vivi entrambi ed entrambi ora avevano ancora tutte le loro possibilità davanti. Forse non tutte, forse non le stesse, ma almeno potevano ancora scegliere come vivere.
<< Accompagnami alla mia cella, per favore >> gli disse.
Xander le sfiorò il braccio e Irina si lasciò condurre verso la saletta, senza voltarsi indietro nemmeno una volta, e lasciando il Vicepresidente alle sue teorie, ai suoi piani, al suo lavoro.
In quel momento, Howard McDonall aveva perso sia Irina Dwight sia Alexander Went.
<< Dov'è Dimitri? >> chiese Irina, non appena vide che la cella del russo era vuota.
Xander sentì nella sua voce una impercettibile nota di panico, e la cosa non lo stupì affatto. Le sfiorò il braccio di nuovo e lasciò che superasse da sola le sbarre. Non avrebbe mai voluta chiuderla lì dentro, ma sentiva che era quello che voleva Irina in quel momento, come se stare chiusa in una cella la proteggesse da tutto il mondo.
<< Lo hanno portato in infermeria per delle medicazioni >> rispose Xander, osservandola guardare con apprensione il posto lasciato vuoto da Dimitri.
Irina sembrò tranquillizzarsi un po', però guardò più volte il quadrato di pavimento dove era stato seduto il Mastino. Si avvicinò al muro e si sedette a sua volta, silenziosa.
La porta rimase aperta, perché lui non ebbe il coraggio di chiuderla. Rimase a guardarla, improvvisamente travolto da qualcosa che non avrebbe saputo descrivere.
Irina adesso sapeva, sapeva come erano andate le cose, sapeva che per certi versi era stato costretto a nascondersi e per certi versi aveva scelto lui di farlo. Sapeva che erano stati traditi entrambi e dalla stessa persona. Sapeva che ora anche lui era consapevole di quello che lei aveva già compreso prima che iniziasse tutta quella storia.
<< Se hai bisogno di qualcosa... >> iniziò, ma la ragazza lo zittì.
<< Sto bene, Xander, grazie >> rispose con un impercettibile, falso sorriso, << Voglio solo rimanere un po' da sola >>.
Xander annuì e usò gli ultimi bricioli della sua forza di volontà per chiudere la porta della cella, che sembrò pesante e gelida.
Sarebbe uscita, era solo questione di tempo, e lui avrebbe fatto il possibile per non farla rimanere lì dentro un secondo più del necessario.
Era finita, ma avrebbe continuato ad amarla, almeno finché il tempo non fosse passato.
Uscì ma non si voltò indietro.
Lungo il corridoio trovò quattro agenti che stavano scortando Dimitri Goryalef verso l'esterno. Doveva essere stato appena medicato, perché aveva un paio di punti sul sopracciglio destro e l'aria di chi avrebbe preferito non essere toccato da nessuno. Il russo gli rivolse un'occhiata gelida.
<< Dove lo state portando? >> chiese agli agenti.
<< Al Carcere di Los Angeles >> rispose Senderson, sbucando dal suo ufficio in fondo al corridoio, << Ha un mandato di cattura internazionale, quindi passa sotto la giurisdizione dell'F.B.I.. Almeno, queste sono le disposizioni di McDonall >>.
Mentre passava davanti a lui, Dimitri si fermò di colpo, costringendo gli agenti che lo scortavano a inchiodare a loro volta. Gli piantò le iridi grigie nelle sue e lo fissò.
Xander sostenne il suo guardo, e dentro ci vide il nero di chi era stato dannato, di chi aveva visto il sangue e il dolore, di chi si era perduto; Irina lì dentro però vedeva altro, vedeva il barlume di una luce che forse solo lei era in grado di accendere.
Avevano sempre pensato che fosse iniziato tutto con William Challagher, invece era iniziato tutto con Dimitri Goryalef.
Xander non parlò, anche se forse aveva molte cose da dirgli.
Il russo continuò a guardarlo, la cicatrice sul collo che si tendeva e gli occhi gelidi.
<< Non osare far chiudere Fenice dentro la cella di un lurido carcere, Went. Perché se così sarà, io ti verrò a cercare e ti staccherò la testa dal collo >>.
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