Capitolo XLVI
Ore 22.00 – Los Angeles, Casa di Irina
Per un attimo, Irina rimase paralizzata.
Tutta la Black List, ogni singola auto in ogni singola livrea colorata, si stava avvicinando lungo Abbey Road come in una sorta di carovana arrivata direttamente dall'oltretomba.
In testa, la Nissan GTR con Felix alla guida e Selena al suo fianco, a capeggiare la fila. Dietro di loro, in fila perfetta, quasi geometrica, la Lamborghini Reventon con Jorgen a bordo, la Porsche Boxter gialla di William, la Dodge Viper di Jim Whitman, la Mazda RX7 di Hiro Kawashima, l'Audi A5 rossa di Robert O'Correl, la Ford Mustang arancione di Logan Milay, la Shleby GT grigia di Brett Goldsmith, la Lotus Europa blu di Gregory Horne.
Tutte, nessuna esclusa, aveva un logo minuscolo della Torec sulla fiancata.
Irina sapeva benissimo che a bordo di quelle auto non c'erano i vecchi piloti loro proprietari, che erano tutti sotto metri di terra esattamente con lo Scorpione, ma non riuscì a controllare il brivido gelido che le scese lungo la schiena.
Ecco a cosa servivano a Selena le auto della Black List.
Ecco perché aveva fatto l'immensa fatica di trovarle e riunirle tutte insieme.
A mettergliela contro.
Le guardò una a una, mentre dentro di lei si scatenava qualcosa di simile alla rabbia, vicinissima alla furia che aveva provato quando le era stato sottratto il terzo posto nella Black List.
Volevano umiliarla?
Credevano davvero di riuscirci?
Si ritrovò lucida, così lucida che forse riuscì persino a sentire la fenice tatuata pizzicare sulla sua schiena.
Rivolse gli occhi verso Dimitri, poi verso Vera.
<< In auto. Adesso >> disse.
Anche se l'istinto le gridò di farlo, Irina non si guardò indietro mentre raggiungeva la Punto di corsa, e Vera salì sulla Mercedes. Sentì gli occhi di Dimitri su di lei, quando anche il Mastino tornò in auto, gelido, controllato.
Erano nei guai.
Guai grossi, perché Brendan era appena fuggito con Sean in auto e loro erano in netta minoranza.
Irina imprecò, saltò sulla Punto e ingranò la marcia, scattando in strada con un ruggito del motore e lasciando due strisce nere sull'erba del vialetto deserto di casa sua. Vera le venne dietro immediatamente, e Dimitri fece altrettanto, ma nessuna delle auto della Black List esitò a seguirli.
L'asfalto tremò quasi, quando la carovana accelerò dietro di loro.
"Ragiona, Fenice. Ragiona".
Strinse il volante e gettò un'occhiata nello specchietto.
<< Diamo il tempo a Brendan di prendere un po' di vantaggio >> disse Irina nella trasmittente, << Sean è con lui. Emilian? Ivan? Siete in linea? >>.
Non li vedeva più, dovevano essere distanti.
<< Moreau ci ha seminati, ma ci siamo ancora >> rispose la voce rasposa di Emilian, << Dove vi state dirigendo? >>.
Irina fece mente locale: c'erano pochi posti dove poteva pensare di essere più a suo agio.
<< Centro città >> rispose, << Abbiamo qualcuno da seminare... Dimitri? Vera? Siete con me? >>.
<< Quella puttana non torcerà un capello a mio figlio >> ringhiò in risposta Vipera, << Ho tirato fuori questa vecchia scatola a quattro ruote solo per farle il culo >>.
<< Ti seguo, Fenice >> rispose Dimitri.
Non sapeva esattamente dove fosse diretto Brendan, ma qualcosa le disse che poteva essere la periferia, o comunque un luogo lontano dal centro della città. Forse poteva...
Il cellulare le scivolò di mano finendo sotto il sedile, quando fu costretta a sterzare bruscamente a sinistra per evitare il muso della GTR che si avvicinò a velocità folle, gli occhi di Selena che scintillavano oltre il vetro leggermente oscurato. Irina imprecò, mentre le auto della Black List si disperdevano velocemente nella notte in ogni direzione.
Vera rimase indietro, forse per dare fastidio a Selena. Prima che Vipera potesse anche solo provare a speronare Felix, Dimitri si mise in mezzo con la Centenario, costringendola a spostarsi...
Per un paio di secondi, le auto della Black List sembrarono volerli accerchiare, poi Irina venne distratta dal cielo nero di Los Angeles.
Lo vide ancora prima di realizzare che cosa fosse, perché un elicottero dell'F.B.I. era inconfondibile anche al buio e in piena notte.
Sarebbe stato difficile, ma questo Irina lo sapeva già.
Strinse il volante, accarezzò il cambio e guardò indietro, il grido della Centenario di Dimitri a pochissimi metri da lei.
Poi, con un guizzo improvviso, la Nissan GTR sparì in un vicolo, lasciandoli in balia dell'intera Black List, praticamente circondati.
Selena e Felix avrebbero cercato di raggiungere Brendan Hall e Sean, ne era certa. Il suo unico obiettivo era quello di prendere quel bambino e forse ucciderlo.
<< Non dobbiamo farli allontanare! >> gridò Irina nella trasmittente, << Troviamoli! Teniamoli impegnati fino a che Brendan non ha guadagnato un po' di... >>.
<< Fra qualche minuto avrete l'intero Dipartimento di Polizia di Los Angeles addosso >> ribatté una voce femminile nella radiotrasmittente, interrompendola proprio mentre si infilava in un vicolo, << Sono diretti tutti verso di voi. Proprio ora >>.
Nina Krarakova.
Mai come in quel momento Irina si sentì sollevata di sentire la sua voce, perché significava che la russa aveva trovato un posto tranquillo dove aprire il computer di Ivan e dare loro informazioni concrete.
<< Nina? >> disse Irina, << Dove sei? >>.
<< Nel retro del tir del tuo amico meccanico, Fenice >> rispose seccata la russa, << Anche se non ho la minima idea di dove ci stiamo dirigendo... >>.
Max... Quindi Max stava bene e aveva Nina con sé. Sperava stesse andando verso un posto sufficientemente sicuro, dove nascondersi prima che la polizia fosse addosso anche a loro...
<< Però consolati, anche la Velasquez ha gli sbirri alle calcagna >> aggiunse la russa, << Anche se in realtà c'è polizia ovunque. E' impossibile non incontrarla >>.
Irina tentò di fare mente locale, ma era troppo impegnata a cercare di non perdere di vista la Porsche gialla alle sue spalle che sembrava volerla speronare... La Mercedes di Vera si muoveva come una pallina da ping pong in ogni direzione, la Viper verde incollata al posteriore. Solo Dimitri sembrava tranquillo, mentre guidava la Centenario con la calma che solo il vero e unico numero uno della Black List poteva avere.
Irina svoltò a sinistra, mentre imboccava la sopraelevata in direzione nord, ma capì di non avere le idee chiare... Dopo mesi di lontananza ricordava ancora alla perfezione le strade e le vie, ma non sapeva dove portare quelle auto per seminarle, o intrappolarle... Non lo sapeva nemmeno lei.
I passanti gridarono terrorizzati quando la Punto schizzò davanti a loro, e le prime sirene della polizia iniziavano ad accodarsi alla fila di auto della Black List. Una Mustang si infilò tra lei e la GTR che la precedeva, sgommando con le ruote posteriori.
<< Che cosa vuoi davvero, Fenice? >>.
La voce fredda di Dimitri le arrivò addosso come una secchiata di acqua gelida, ma qualcosa si risvegliò in lei, forse semplicemente la concentrazione. Il Mastino sapeva sempre come colpirla.
Che cosa voleva?
Cosa voleva davvero?
<< Prendere Selena >> rispose di getto.
<< Allora fregatene del resto e fallo >> ribatté il Mastino.
Irina deglutì.
Dimitri aveva ragione. Non poteva concentrarsi su tutti, non poteva pensare a ognuno di loro, non poteva preoccuparsi di fare in modo che Brendan riuscisse davvero a scappare, che Vera non venisse travolta da un'auto della Black List o che qualcuno si facesse male...
Fin dal primo momento il suo unico obiettivo era sempre stato solo uno: Selena Velasquez.
E lui lo sapeva.
Irina strinse il volante e accelerò, staccando la Mercedes di Vera e la Centenario che le stava incollata al posteriore. Vide quattro volanti della polizia sbucare dal nulla, le sirene che si riflettevano sui muri dei palazzi lungo la 8° Ave.
Anche il Mastino aveva una rivincita da prendersi, non doveva dimenticarlo.
<< Va' a prendere Boris, Dimitri >> gli disse Irina, mentre teneva incollati gli occhi ai fari posteriori della GTR, lontanissimi.
<< Non ancora >> ribatté lui.
Poi, fu un attimo.
La Reventon di Jorgen sbucò da una via laterale, e Irina fece in tempo a schivarla solo perché i suoi riflessi erano quelli di Fenice e non di una persona qualsiasi. Sfiorò il marciapiede colpendo un cestino della spazzatura, la Punto che sbandava pericolosamente e le ruote che fischiavano... Irina diede un colpo di acceleratore e riuscì a farla tornare dritta, controsterzando. La Centenario si spostò di una decina di metri per evitarla, mentre Vera rimaneva di nuovo indietro.
Guardando nello specchietto alle proprie spalle, l'unica cosa che Irina vide fu una distesa di auto di ogni genere, di piloti clandestini e di poliziotti. E un elicottero sopra la sua testa.
Irina svoltò a sinistra, imboccò la 5° strada e si ritrovò davanti quattro volanti della polizia a sirene spente, a formare un posto di blocco silenzioso e inaspettato. Si infilò nello spazio tra una delle Mustang e il muro del palazzo e superò il blocco, il sibilo dei proiettili sparati dai poliziotti che le fischiava nelle orecchie. La Centenario e la Mercedes seguirono la sua stessa traiettoria, ma la Lotus Europa si schiantò contro una delle Ford, scaraventandola a una decina di metri di distanza e capovolgendosi in una nuvola di scintille e grida.
Irina distolse lo sguardo e lo puntò avanti, verso i fari della GTR che si muovevano nella notte.
Brendan si era già allontanato a sufficienza?
Sentiva l'elicottero dell'F.B.I. seguirli dall'alto, il tonfo sordo delle pale che si confondeva con il battito pesante del suo cuore. Puntava un fascio di luce su di loro, ma soprattutto su di lei.
<< Nina, ascoltami bene >> iniziò Irina, mentre seguiva la GTR senza perderla di vista, << C'è una Audi TT bianca in giro, con a bordo un pilota che di nome fa Brendan Hall, ma che nella mia Black List si chiama Giaguaro. Con lui c'è un bambino, Sean. E' il figlio di Challagher. Trovatelo e mettetelo al sicuro >>.
<< Come diavolo faccio a sapere... >> iniziò Nina, ma Irina la zittì e si tuffò sotto il sedile, afferrando il cellulare che si muoveva nell'abitacolo come una pallina impazzita.
Brendan rispose qualche secondo dopo, la voce concitata e il pianto di un bambino che faceva da sottofondo alle sue parole.
<< Fenice! >> rispose, come se fosse sollevato di sentirla.
<< Sono qui, Brendan, sono a Los Angeles >> lo interruppe lei, rischiando di schiantarsi contro un semaforo, << Dirigiti verso l'officina di Max e cerca un tir nero... Lascia Sean alla donna bionda che troverai lì: si chiama Nina Krarakova, e ha una gobba sul naso. Non puoi non riconoscerla >>.
Non attese la risposta, come non attese il verde per superare l'incrocio e far uscire di strada un enorme camion della spazzatura.
<< Hai sentito Nina? Sbrigatevi! >> gridò.
Gettò trasmittente e cellulare sul sedile, e guardò dietro di lei.
Forse però avrebbe dovuto guardare davanti.
Come formiche in un formicaio, le auto della Black List sbucarono da ogni parte, gettando lo scompiglio lungo la 5° strada. Sembravano essersi moltiplicate, ma in realtà se ne erano aggiunte altre, forse quelle che avevano supportato la campagna di Selena a Los Angeles. La Shelby GT le sfiorò lo specchietto retrovisore, e Irina fu costretta a spostarsi velocemente di lato.
Alle sue spalle, Vera rimase incastrata tra la Viper verde e l'Audi A5 rossa, mentre Dimitri teneva a bada la Reventon. Vipera aveva bisogno di una mano, così Irina inchiodò proprio davanti alla Viper, che fu costretta a sterzare lasciando a Vera lo spazio per spostarsi e scappare.
Il cuore di Irina però le finì in gola, quando si rese conto che aveva appena perso di vista la GTR.
Imprecò.
Un'auto scura, diversa da tutte le altre, le tagliò improvvisamente la strada, costringendola a svoltare a sinistra, lungo una via piena di negozi dalle vetrine spente e le saracinesche abbassate. Non ebbe il tempo di capire di chi si trattasse, perché si ritrovò subito alle calcagna la Porsche gialla, e dietro di lei la Mercedes di Vera.
Sbucò su Gargher Place, in mezzo a un gruppo di taxi fermi in attesa e un paio di autisti che sorseggiavano tranquilli un caffè vicino alle auto. Li schivò, rischiando di schiantarsi su una pensilina degli autobus, e guardò di nuovo nello specchietto.
Molto probabilmente, in tutta la sua esistenza da pilota clandestina e da poliziotta, non era mai stata coinvolta in un inseguimento del genere. Alle sue spalle non vedeva altro che lampeggianti accesi, fari che la inseguivano e grida; e davanti era lo stesso.
Stava perdendo il controllo della situazione. C'erano troppe auto, troppi piloti, per poter controllare tutto.
E troppa gente che poteva farsi male.
Svicolò lungo un sottopasso, e finalmente si rese conto che l'auto scura che le aveva tagliato la strada poco prima era una volante dell'F.B.I.. Dovevano essercene altre in giro, ne era sicura; McDonall non l'avrebbe lasciata scappare. Non avrebbe lasciato scappare nessuno di loro, o almeno era quello che sperava.
Selena era una di quelle che non doveva lasciare Los Angeles, a qualsiasi costo.
<< Dove diavolo sono?! >> gridò, mentre con gli occhi cercava la GTR senza vederla.
<< Vedo delle volanti lungo Wernon Ave >> rispose Nina, << Potrebbero essere lì... Non ho idea di come funzioni questo dannato programma... >>.
La russa non era una informatica, e Irina non poteva pretendere che facesse di più; forse non era nemmeno suo dovere farlo.
<< Convergiamo su Wernon Ave >> ribatté Irina.
O meglio, sarebbe stato bellissimo riuscirci, se non si fosse ritrovata davanti un posto di blocco con una camionetta dell'F.B.I.. e quattro agenti con le pistole puntate verso di lei.
Le ruote della Punto fischiarono mentre inchiodava sollevando una nuvola nera di gomma, e si infilava in una strada a senso unico che l'avrebbe portata su Florence Ave. Rischiò di linciare un passante che portava a spasso il cane, ma per fortuna di spostò in tempo.
Zigzagando tra le utilitarie che le correvano addosso, Irina cercò di capire come poter tornare sulla Wernon, ma volanti della polizia sbucavano dappertutto, e ovunque comparivano auto della Black List.
Puntò di nuovo lo sguardo nello specchietto, per controllare: Dimitri e Vera erano ancora dietro di lei, le auto ammaccate ma vivi e vegeti.
Destra, sinistra, di nuovo destra.
Los Angeles non le era mai stata così stretta come in quel momento; conosceva tutte le strade, tutti i vicoli, ma ogni via di fuga possibile sembrava intasata di polizia e agenti dell'F.B.I.. Le stavano tutti addosso, senza sapere che in realtà l'unica persona da catturare davvero era quella che viaggiava su una Nissan GTR nera.
Imprecò di nuovo, perché se solo avesse potuto avrebbe chiamato McDonall e gli avrebbe gridato in faccia che era un emerito idiota.
Irina strinse il volante, fece mente locale e schivò per l'ennesima volta il muso della Porsche gialla che sembrava solo volerla speronare.
Più avanti c'era una grande rotonda; era sera, ci sarebbe stato poco traffico, forse poteva...
Il boato alle sue spalle la costrinse a guardare lo specchietto retrovisore.
Il sangue le si gelò nelle vene, e una goccia di sudore ghiacciata le colò lungo la tempia.
In una nuvola di detriti, una sagoma argentata si era appena ribaltata in aria, forse speronata dalla Reventon di Jorgen, forse toccata da una delle Mustang della polizia.
Non lo seppe mai, e non se lo chiese nemmeno.
Perché l'auto che si accartocciò come un modellino giocattolo era la Mercedes di Vera.
Con un tonfo, la vettura cadde e rotolò sul marciapiede, sradicando un'intera pensilina degli autobus e sparando vetro in ogni direzione, uno degli pneumatici che si staccò e centrò in pieno un'auto parcheggiata a pochi metri. Strisciò sull'asfalto con un rumore che fece drizzare i capelli di Irina, prima di schiantarsi contro un muro di cemento della Bank of California.
Lo stomaco di Irina le si rivoltò nella pancia, quando l'auto dondolò appena, le ruote al cielo e il tetto schiacciato sull'asfalto...
Non vide Vipera, perché non poteva fermarsi a soccorrerla, non se non voleva perdere definitivamente Selena Velasquez, ma lo sentì. Lo sentì forte e chiaro nell'anima, forse perché era legata in qualche modo a ogni membro della Black List con il quale aveva corso.
Vera.
Vera era morta.
Se era andata esattamente come era tornata: in un secondo.
Sean era rimasto solo.
Irina capì tutto in quel momento.
Le persone morivano. Indipendentemente da quello che voleva lei.
<< Fenice, il tuo amico Giaguaro è qui >> disse all'improvviso Nina nella trasmittente, e la sua voce tagliente la riportò alla realtà.
"Ragiona, Fenice. Ragiona".
Il suo cervello riprese a funzionare, velocissimo, rimettendo a posto quello che poteva riordinare; ritrovando le priorità che doveva avere.
Era saggio lasciare Sean con Nina Krarakova?
No, non lo era, poteva rapirlo, poteva consegnarlo a Selena, poteva...
<< Tieni quel bambino lì e fa in modo che sopravviva, Nina. Se gli dovesse succedere qualcosa, non te lo perdonerò >>.
La voce secca di Dimitri le congelò quasi l'orecchio, quando lo sentì parlare. Forse Nina non avrebbe mai aiutato Fenice, ma di fronte a un ordine così diretto da parte della Lince non avrebbe osato disubbidire. Il Mastino era l'unica persona che la russa ascoltava.
<< Sarà fatto, Dimitri >> ribatté Nina, e Irina capì che diceva la verità.
L'elicottero continuava a volare sopra le loro teste, mentre le volanti sbucavano da ogni parte, e Irina continuava a guardarsi indietro, verso la Mercedes distrutta.
Non era giusto.
Per un attimo, si sentì schiacciata; schiacciata dalla responsabilità di una morte che non aveva preventivato, da una morte che rovinava la vita di altre persone, anche se si trattava del figlio dello Scorpione.
Forse doveva fermarsi; forse doveva farsi prendere e lasciare che la polizia e l'F.B.I. si concentrassero sulla GTR in fuga...
Poi, un proiettile verde ramarro sbucò dall'altra parte della strada, e Irina la riconobbe immediatamente.
Era una Chevrolet Spark.
Due secondi dopo, il suo cellulare squillò.
<< Spark! >> gridò, sorpresa.
<< Cosa stai cercando, Fenice? >> le domandò il ragazzo dall'altra parte della linea, << Ho un po' di amici con me, pronti a darti una mano >>.
Come l'aveva chiamata, Dimitri?
La sua Black List.
Irina capì che non si era sbagliato.
Perché da ogni angolo della strada spuntarono auto da corsa di ogni tipo, forma e colore. Auto che lei aveva già visto, auto che poteva riconoscere, perché erano quelle che avevano accompagnato il ritorno di Fenice, più di quattro mesi prima.
Quelle che l'avevano consacrata come numero uno.
Come formiche impazzite, le macchine invasero la carreggiata in un caos di motori, clacson, grida, sirene e sgommate, e Irina si ritrovò avvolta in un fiume di piloti fedeli a Fenice che scatenarono un vero e proprio inferno.
"Capisci ora cosa sei in grado di fare, Fenice?".
Dimitri si lasciò scappare un ghigno, quando decine e decide di auto iniziarono a sbucare da ogni parte, tagliando la strada alla polizia e gettando nel panico i piloti di Selena. Lui stesso ne schivò un paio che scivolarono sul marciapiede, facendo pattinare le gomme.
Irina non si era aspettata tanta fedeltà dalla sua Black List, Dimitri lo sapeva già, ma Fenice sottovalutava sempre troppo se stessa. La sottovalutavano tutti, in realtà; peccato che puntualmente venivano smentiti.
Vide la Punto bianca approfittare del marasma per guadagnare qualche decina di metri, mentre una Spark verde ramarro si muoveva impacciata tra il traffico, lenta ma stranamente agile. Doveva essere quel ragazzo con la barba che aveva incontrato quando aveva cercato Irina a Los Angeles.
Dimitri puntò di nuovo gli occhi sulla Punto, sapendo che la morte di Vera Gonzalez aveva sconvolto a sufficienza Irina, ma forse non Fenice.
Non era giusto, questo gli era evidente; non era giusto che un bambino perdesse la propria madre in quel modo, ma sapeva meglio di tutti che non era possibile tornare indietro. In un mondo spietato come quello in cui era cresciuto, era sempre più importante riportare a casa i vivi, non i morti.
Ora non gli rimaneva che un solo modo per aiutare Irina, per fare in modo che ottenesse quello che voleva: dovevano lasciarla libera, dovevano separarsi e lasciarla correre verso Felix e Selena, senza nessuno all'infuori di se stessa di cui preoccuparsi.
Era rischioso, era azzardato, ma Dimitri Goryalef sapeva meglio di chiunque altro che Fenice era in grado di fare qualsiasi cosa, compreso affrontare un pilota di rally e una pazza psicopatica dentro una Nissan GTR. Era lei quella ad aver affrontato da sola e per anni William Challagher e la sua parte più oscura; era lei ad avere vinto la Mosca-Cherepova con una utilitaria italiana.
E Dimitri Goryalef doveva occuparsi di Jorgen Velasquez e della sua fottutissima Lamborghini Reventon.
Afferrò la trasmittente e fissò la Punto, che zigzagava lungo la strada e in un marasma indefinito di auto. Anche a distanza sentì i suoi occhi puntarsi su di lui.
<< Fenice, dividiamoci >> disse solo, << A Jorgen e alla polizia penso io. Tu trova la Velasquez >>.
Irina rimase in silenzio per un paio di secondi, forse il tempo necessario a realizzare quello che le aveva appena detto.
<< Ok... Ma sta' attento >> ribatté lei.
Dimitri fece una smorfia.
Irina non si preoccupava mai abbastanza per se stessa, ma sempre troppo per gli altri.
<< Mi devi un sacco di soldi in riparazioni di auto, Fenice >> ribatté, << E a me che darebbe molto fastidio se ti facessi ammazzare >>.
<< Lo so. Pagherò i miei debiti, Dimitri >>.
Non c'era altro da dire, perché si erano capiti. Nelle loro frecciate, nelle loro frasi taglienti, c'era il riassunto di quello che erano diventati forse non nel giro di otto anni, ma in una frazione di secondo, quella frazione in cui si erano guardati negli occhi e si erano compresi.
"Se tu muori, Irina, io muoio con te. Quindi torna viva".
Si sganciò dalla linea di Fenice, e guardò alla sua sinistra: la LaFerrari con a bordo Emilian e la Huracan con Ivan correvano a pochissimi metri da lui, volanti che li seguivano da ogni parte e la Reventon che li precedeva di pochissimo.
Dimitri fece un ghigno.
"Avanti, Jorgen, fammi vedere quanta poca paura hai di morire".
Prima che avesse anche solo il tempo di realizzare che una Mazda blu stava chiudendo lo sbocco della via alla sua sinistra, impedendo a una volante di inseguirla, Irina si ritrovò sulla Wernon Ave. In un delirio di detriti sull'asfalto.
Il suo ultimo pensiero però fu per Dimitri, e sui fari appuntiti della Centenario che brillarono alle sue spalle nella notte folle di Los Angeles.
"Non farti uccidere, ti prego".
<< Nina, sei in linea? >> domandò un secondo dopo.
<< Sì >>.
<< Come sta Sean? >>.
<< Piagnucola, e a giudicare da come strilla credo stia benissimo >> rispose ironica la russa, << Il tuo amico Max ha appena tirato fuori una Golf rossa che sembra uscita da un museo dell'antiquariato... >>.
Golf rossa?
Max voleva venire ad aiutarla?
Irina quasi si strozzò.
<< Digli di non muoversi! Deve rimanere lì! >>.
<< Troppo tardi, è appena andato via >> ribatté Nina.
Irina imprecò.
<< Ferma l'auto, Irina Dwight, sei in arresto! Accosta immediatamente! >>
Irina ignorò l'altoparlante dell'elicottero, svoltò a sinistra e schivò una Corvette dell'F.B.I., alla cui guida vide niente meno che Chris Carter. La Chevrolet sgommò e la inseguì, mentre la Shelby GT sbucò a destra e Irina imboccò la sopraelevata principale di Los Angeles.
Da là sopra vide il posto di blocco con le strisce chiodate con sufficiente preavviso, abbastanza da sterzare bruscamente a destra poco prima dei chiodi e a infilarsi nella Manchester Way. Il fragore che seguì le disse che forse la Shelby non era stata altrettanto agile, ma non si soffermò a capire cosa fosse successo esattamente. I suoi occhi guizzavano solo in avanti e solo alla ricerca della GTR.
<< Mi serve sapere dove è diretta Selena, Nina >> disse nella trasmittente, sterzando e lasciandosi alle spalle un paio di auto della Torec, << Subito >>.
<< Ci sono posti di blocco e polizia ovunque, Fenice >> ribatté la russa, << Metà sembrano dare la caccia a lei, l'altra metà a te >>.
Irina imprecò.
Sean poteva considerarsi al sicuro; Selena cosa avrebbe cercato ora?
Altre quattro volanti spuntarono ai suoi lati, e una si scontrò violentemente contro la Mustang arancione della Torec, mandandola fuori strada. Caracollò via, sfiorando la Spark verde ramarro e una utilitaria grigia che passava lì vicino si schiantò contro le vetrine di un negozio, spargendo vetro ovunque.
Il cellulare di Irina squillò, di nuovo.
<< Fenice, la Nissan GTR potrebbe essere diretta verso ovest >> disse Spark dall'altra parte della linea, concitato.
<< Come fai a saperlo? >> domandò lei.
<< Hai piloti ovunque, in questo momento >> rispose Spark.
Ovest. Cosa c'era a ovest?
Si rese conto di essere da tutta l'altra parte della città.
Doveva tornare indietro.
Cercò di fare inversione di marcia, ma alle spalle aveva la polizia e le macchine della Torec; riusciva a distinguere la Spark verde in fondo, ultima. Ringraziò che Dimitri le avesse tolto di mezzo Jorgen, perché altrimenti sarebbe stato impossibile continuare.
Superò l'ennesimo semaforo rosso, cercando di pensare a un modo per invertire la marcia.
Perché a ovest?
Selena aveva dovuto rivedere i suoi piani e aveva dovuto lasciar perdere l'idea di prendere Sean... A cosa puntava adesso?
Mentre la Punto accelerava, muovendosi tra le vie di Los Angeles come impazzita, Irina vide comparire all'orizzonte illuminato a giorno dalle luci dei grattacieli della città, due sagome di auto che correvano veloci verso di lei.
Una Audi TT bianca e una Golf rossa.
Brendan e Max.
Nello stesso identico istante, un flash la colpì e Irina capì perché Felix stava portando Selena a ovest.
Il porto.
A ovest c'era il porto, e decine e decine di navi pronte a partire su cui nascondersi, su cui lasciare Los Angeles silenziosamente e senza alcuna traccia.
Dopo aver praticamente distrutto la sua città, l'intera Black List e forse anche la reputazione di Fenice, Selena voleva scappare.
Se c'era una cosa che Dimitri Goryalef aveva compreso, era che Jorgen Velasquez era troppo goffo e troppo stupido per riuscire a guidare agilmente una Lamborghini Reventon modificata, anche se quella era stata l'auto di Challagher.
Molto probabilmente, non avrebbe mai vinto una gara, tantomeno al Nurburgring, ma il premio per la distruzione non glielo avrebbe mai tolto nessuno. Si muoveva come un toro impazzito, colpendo qualsiasi cosa gli fosse capitata sotto tiro e senza il minimo scrupolo. Qualcuno era già morto, per colpa sua, in tutto quel casino.
Dimitri schivò il muso della Reventon che cercava di speronarla, prima di gettare un'occhiata nello specchietto retrovisore. Emilian e Ivan continuavano a seguirlo, in leggera difficoltà, la LaFerrari senza più gli specchietti esterni e la Huracan con il posteriore completamente sfasciato.
La gente moriva, e la dipartita di Vera Gonzalef serviva a ricordarlo a tutti loro. A lui soprattutto.
<< Emilian, Ivan raggiungete Nina e tenete d'occhio il figlio di Challagher >> ordinò, << Da solo ho più probabilità di seminare Velasquez >>.
<< Sono troppi anche per te, Dimitri >> ribatté Emilian.
<< Fate come ho detto >> ringhiò Dimitri, << Andate >>.
La verità era che avrebbe voluto liberarsi in fretta di Jorgen e cercare Boris Goryalef per piantargli una pallottola in testa, ma sapeva che molto probabilmente suo zio si stava già organizzando per scappare, se non lo aveva già fatto.
Poteva seminare Jorgen in un attimo e cercarlo, ma significava lasciare a Fenice un'ulteriore nemico da cui guardarsi, e lui non lo avrebbe mai fatto. Poteva cercare suo zio una volta finito quel casino, se fosse riuscito a scappare al carcere, ma non era difficile immaginare che ci fossero davvero poche possibilità.
Se per preservare la vita di Fenice doveva rinunciare a qualcosa, anche alla vendetta, avrebbe rinunciato.
I fari della Reventon si rifletterono sullo specchietto destro, e Dimitri arricciò il labbro.
Jorgen iniziava a diventare troppo fastidioso, per i suoi gusti.
La LaFerrari e la Huracan si dileguarono in direzione diverse, sparendo nella notte e seguite da qualche volante della polizia. La Reventon gli rimase vicino, e Dimitri strinse il volante.
Jorgen Velasquez stava decretando la sua condanna a morte.
Un attimo dopo, Dimitri accelerò, spingendo la Centenario lungo la Manchester Ave a tutta velocità. Prima di finirlo, doveva portare Jorgen lontano dalla parte più trafficata della città, perché non faceva altro che distruggere cose e fare danni, rischiando di travolgere persone innocenti.
Svoltò a sinistra, prese un sottopassaggio e si ritrovò davanti una camionetta dell'F.B.I., che iniziò a inseguirli a sirene spiegate. C'era polizia ovunque, come se la città fosse presa d'assedio. Non aveva mai visto così tanto casino; nemmeno quando c'era lo Scorpione a Los Angeles il dispiegamento di forze era tanto ampio e tanto aggressivo.
"Questo significa che hai decretato il tuo successo, Fenice".
I fari a punta della Reventon sfiorarono il suo specchietto, e Dimitri digrignò i denti. Si trovava in centro città, ed era ancora troppo distante dalla periferia per poter sperare di riuscire a portare Jorgen lontano dalle case e dalle strade.
Aveva bisogno di un posto in cui non avrebbe fatto danni alle persone, almeno.
Si diresse verso Huttington Park, schivando un paio di volanti della polizia, e intravide in lontananza il centro commerciale di Rosewood, chiuso ma illuminato a giorno dai neon sul tetto. Il parcheggio multipiano era chiuso e le insegne spente, e il piazzale davanti ad esso deserto e silenzioso.
Dimitri aveva sempre detestato quel posto: era sempre stato troppo caotico e troppo veniale.
Se la sua carriera di pilota clandestino fosse finita la dentro, avrebbe iniziato a pensare davvero che il destino esistesse e fosse beffardo come diceva Fenice.
Lasciò che il tachimetro della Centenario toccasse i 200 orari, prima di inchiodare, infilare la rotonda e far sgommare le ruote. La Reventon gli stava incollata, ma tagliò appena la curva passando sull'erba dello spartitraffico centrale.
Un taxi suonò il clacson, quando lo superarono a tutta velocità; Dimitri puntò verso l'ingresso del piazzale, poi verso il parcheggio multipiano.
La barra bianca e rossa di ingresso volò via come un piccolo stuzzicadenti colorato, divelta dal muso della Centenario.
I muretti di cemento armato gli sfilarono di fianco come una macchia grigia indistinta, quando percorse il pian terreno a tutta velocità, infilando poi la salita a spirale, a pochissimi millimetri dal muro. La Reventon sembrava in difficoltà, forse perché Jorgen non aveva mai guidato in uno spazio così stretto.
Anche il terzo piano era vuoto e poco illuminato. Il rimbombo del motore della Centenario in uno spazio così piccolo sembrò quasi un tuono prima della tempesta.
Dimitri gettò uno sguardo alle sue spalle: Jorgen l'avrebbe seguito come un toro scatenato, e questo andava a suo favore. Era fin troppo prevedibile, per essere davvero pericoloso.
Il terzo piano del parcheggio era l'unico ad essere collegato al centro commerciale da una passerella ampia e coperta; gli ci volle un'occhiata per capire che era sufficientemente larga per far passare un'auto, anche una Lamborghini Centenario come la sua.
Preciso come una freccia, Dimitri infilò la Centenario nella passerella, sfiorando le ringhiere ai lati, e con un rumore assordante di ferro accartocciato e vetro spaccato sfondò la saracinesca del centro commerciale, irrompendo tra i negozi in un fragore di motori. Il parabrezza della Centenario si incrinò in più punti, ma resistette.
Era surreale far correre una delle auto più potenti del mondo in un supermercato.
Le luci erano ancora accese, perché il centro commerciale non doveva essere stato chiuso da molto, e qualche commesso si muoveva ancora tra i negozi, scatoloni tra le braccia ed elenchi per gli inventari tra le mani.
Due Lamborghini erano sicuramente qualcosa che non avevano nei loro inventari.
La Centenario fece fischiare le gomme, mentre sfrecciava tra le vetrine, terrorizzando i commessi ed evitandoli in un soffio, ma la Reventon sembrò perdere il controllo, le ruote che scivolavano sul pavimento liscio del centro commerciale. Sfiorò la vetrina di un negozio di intimo, prima di scodare violentemente e sbattere con la fiancata sulla ringhiera delle scale mobili.
Dimitri girò a destra, verso il negozio di elettronica, e la Reventon lo seguì. Un ragazzo con un carrello carico di scatoloni si buttò di lato gridando quando li vide arrivare, nascondendosi dentro le porte che portavano ai bagni.
Dietro di lui, la Reventon nera sembrava una palla da bowling impazzita, mentre gli stava dietro sbandando e scivolando, tranciando qualsiasi cosa trovasse sul suo cammino. Vasi, panchine, vetrine, manichini, cestini, qualsiasi cosa ci fosse tra Jorgen e la Centenario veniva travolta con la furia di ottocento cavalli.
Per quanto Dimitri odiasse quel posto, anche vuoto e chiuso, era stata una buona idea portarlo lì. Non stava uccidendo nessuno.
Dimitri superò la vetrina del negozio di ferramenta, sentendo le grida di una ragazza che stava riassortendo qualcosa negli scaffali e che li vide sfrecciare nel corridoio a tutta velocità.
Il Mastino svoltò a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra...
Sarebbe stato quasi divertente, guidare sul quel pavimento scivoloso e liscio, in qualche altra occasione. Dimitri sarebbe potuto andare avanti per ore, perché la Centenario rispondeva ai suoi comandi docile come un agnellino, nonostante i mille cavalli imbizzarriti.
Jorgen perse la testa, e perse anche il controllo, perché la Reventon scivolò per l'ennesima volta lungo il corridoio, le ruote che si bloccavano mentre andava a sbattere con violenza lungo il muro degli ascensori. L'edificio sembrò quasi tremare per l'impatto.
Il Mastino ebbe solo una frazione di secondo per bloccarlo.
Dimitri inchiodò, infilò la retro e affondò il piede sull'acceleratore.
La Centenario schizzò indietro, colpendo con il posteriore la fiancata della Reventon e spingendola dentro il negozio di giocattoli. La vetrina implose in centinaia di minuscole schegge di vetro, e la Lamborghini abbattè un'enorme piramide di peluche in scatola, prima di ribaltarsi un paio di volte e finire contro le casse.
Era il contrappasso per ciò che Jorgen aveva tentato di fare a Fenice.
Dimitri inchiodò, scese dalla Centenario e raggiunse la Reventon accartocciata, con il muso che fumava, ricoperta di giocattoli che squittivano e perdevano pelo.
Strappò la portiera dai cardini, mentre Jorgen usciva con un rivolo di sangue che gli colava dalla tempia.
Era tutto lì?
Una enorme, superallenata montagna di muscoli più alta di lui si faceva mettere fuori gioco da un paio di giri in auto?
Dimitri afferrò per il collo Jorgen e lo lanciò letteralmente sul cofano della Reventon, che si piegò all'indentro con un cigolio sordo.
<< A questo è servito a tutto il tuo allenamento? >> gli sussurrò Dimitri in faccia.
Jorgen riuscì a divincolarsi e a colpirlo alla tempia, e il russo ringhiò, mentre il sopracciglio gli si spaccava e iniziava a sanguinare. Forse si fece prendere volontariamente, per il semplice di gusto di poter ribattere con più violenza.
Era quella parte di lui ad essere incompatibile con il resto del mondo.
Jorgen cercò di colpirlo di nuovo, ma lui si spostò e gli tirò un pugno allo stomaco, prima di farlo rotolare per terra. Era troppo lento e troppo goffo per lui, un gigante di argilla che poteva essere smontato facilmente, come tutti quelli che aveva battuto sul ring a Mosca. Come quei sei che aveva messo ko mesi prima solo perché doveva togliersi Fenice dalla testa.
<< Tanto mia sorella ammazzerà quella puttana della tua amica. Fenice è ancora viva solo perché lo abbiamo voluto noi >> ringhiò Jorgen, tirandosi in piedi, << Siete rimasti solo in due. Una volta morta lei, tu che cosa farai? >>.
Dimitri mostrò i denti in un ringhio ferino. La gente continuava a sottovalutare la forza di Fenice, soprattutto i suoi nemici, senza sapere che in realtà lei poteva fare qualsiasi cosa, soprattutto con la sua auto tra le mani.
<< Fenice sarà l'ultima di tutti noi a morire >> ringhiò, prima di afferrare Jorgen per il collo.
L'uomo cercò di sfilargli la pistola dalla cintura, ma nonostante i muscoli non era poi così forte, e Dimitri troppo abituato al vero corpo a corpo per farsi fregare. Gli rifilò una gomitata nello stomaco...
Dimitri sentì il movimento dell'aria ancora prima che il proiettile gli sfiorasse il fianco. Il riverbero dello sparo rimbombò per qualche secondo nel centro commerciale distrutto prima che si rendesse conto che arrivava dalle sue spalle. Afferrò Jorgen Velasquez e cercò di spingerlo di lato, mentre il secondo sparo spaccava l'aria e lui si rifugiava dietro la Centenario.
Il fianco gli bruciò, ma mai come la rabbia nel suo animo infuriata per essere stata attaccata alle spalle.
Il secondo proiettile colpì in pieno torace Jorgen, facendolo cadere a terra con un rantolo sconnesso, nell'esatto punto in cui fino a una frazione di secondo prima si trovava la sua testa.
La pistola fumava nelle mani di Boris Goryalef, fermo a una decina di metri da lui, le labbra tirare e gli occhi ridotti a fessure.
Dimitri fece una smorfia, poi tirò fuori la pistola e la puntò dritta verso suo zio.
Il destino.
"Adesso ci credo, Fenice".
Avrebbe voluto ucciderlo; piantargli una pallottola in mezzo alla fronte, o tagliargli la gola, o fare entrambe le cose, perché Boris aveva messo in pericolo troppe vite, compresa quella di Yana.
Compresa quella di Irina.
Aveva ucciso per molto meno, in fondo.
Al diavolo il potere, al diavolo la figura di Lince; di quello a Dimitri non era mai importato niente. Quello a cui aveva sempre tenuto, quello per cui era sempre stato pronto a dare tutto, vita compresa, era la sua famiglia, e Boris aveva cercato di disgregare l'unica e ultima cosa che gli era rimasta di buono.
In fondo, tutto quel casino era cominciato anche a causa sua e alla sua fame di potere.
La sua testa ragionò velocissima, ma alla fine mirò alle gambe e sparò un unico colpo diretto al ginocchio, che Boris non riuscì a schivare.
Con un grido, il russo cadde a terra con un tonfo sordo, mentre uno schizzo di sangue macchiava il muro. La pistola gli scivolò di mano, finendo a qualche metro di distanza tra i pupazzi sparpagliati sul pavimento. Tra le grida, Dimitri lo raggiunse, guardò Boris sdraiato per terra e gli puntò l'arma alla testa.
Non era come Fenice, non provava alcuna pena.
<< Ti serviva davvero tutto questo, per prenderti il mio posto? >> gli ringhiò, gelido.
Boris fece un mezzo ghigno, i denti d'oro che brillarono sinistri sotto le luci al neon.
<< Non l'avresti mai lasciato a me, Dimitri >> rispose, quasi divertito.
Il Mastino fece una smorfia disgustata.
<< La gente non ti rispetta >> ribatté Dimitri, << Non hai mai fatto nulla se non per te stesso, e la gente lo sa. Ma se il mio posto era quello che volevi, potevamo trovare un accordo. A me non interessa essere la Lince, questo lo sai, lo sa tutta la nostra famiglia. Se ho preso quel posto è stato solo per tenere al sicuro i bambini e mia sorella. Per il mio posto hai messo in pericolo la vita di Yana, di Sergey e di tutta gli altri... Non lo accetto >>.
<< Allora falla finita e uccidimi >> ringhiò Boris, che molto probabilmente sapeva già la fine che lo aspettava, << Sparami un colpo in testa e chiudiamola >>.
Era una stupida dimostrazione di coraggio tardiva, quella; suo zio forse non lo conosceva abbastanza bene da sapere che nemmeno i legami di sangue potevano fermarlo, non in quel caso.
Il dito di Dimitri sfiorò il grilletto, mentre fissava Boris steso ai suoi piedi. Ucciderlo sarebbe stato sicuro, sarebbe stato il giusto prezzo per quello che aveva cercato di fare...
In fondo, aveva ucciso per molto meno.
"Non devi farlo se non vuoi".
Dimitri fece una smorfia, poi spostò i suoi occhi sulla mano destra di Boris ferma sul pavimento.
Con un colpo secco, alzò il piede e gli schiacciò la mano.
Con un rumore sinistro e scricchiolante, le dita di Boris si spezzarono sotto la sua suola, e lui gridò per il dolore.
Di spezzargli una mano glielo aveva promesso, e di solito la parola la manteneva.
"Non devi farlo se non vuoi".
"Lo so, Fenice. Ma non chiedermi perché io mi stia rimangiando la mia stessa parola".
Senza pensare, senza soffermarsi su quale volontà gli muovesse il corpo, Dimitri si abbassò e afferrò Boris per il colletto della camicia, trascinandolo tra gli scaffali del negozio di giocattoli. Non indugiò nemmeno un attimo su quello che gli stava succedendo nella testa, perché forse non era ancora in grado di capirlo.
Trovò quello che gli serviva vicino all'ingresso del magazzino: un lungo nastro di plastica da imballo, di quelli spessi e marroni.
Ne strappò un pezzo e lo appiccicò sulla bocca di Boris, prima di srotolarlo tutto e farne una corda sufficientemente lunga da poter essere appesa.
Per un attimo, suo zio sembrò pensare che volesse impiccarlo; non era nel suo stile uccidere la gente in quel modo, e comunque sarebbe stato troppo gentile mandarlo all'altro mondo con una corda stretta intorno al collo. Gli legò la mano destra, che aveva le dita tutte piegate nelle direzioni sbagliate, e si procurò una scala.
Quando la polizia avrebbe guardato il filmato delle telecamere di sicurezza avrebbe pensato solo che quel russo stava lavorando meticolosamente come se ne andasse del suo onore.
Molto probabilmente era così.
Uno dei tubi di aereazione del soffitto fu sufficiente a issare Boris Goryalef in aria, appeso per il braccio destro, come una grossa e brutta bambola di pezza sgangherata. Gemette, il ginocchio maciullato in vista e gli occhi spiritati. Il sangue gocciolava sul pavimento con un ticchettio ritmico e leggero.
<< Credo che ucciderti sia troppo misericordioso >> disse lentamente Dimitri, << Preferisco lasciarti qui, vivo. Farò in modo che un paio di volanti della polizia passino da queste parti. Fra quattro o cinque ore >>.
In quel lasso di tempo, Boris non sarebbe andato all'altro mondo; la ferita al ginocchio non era così profonda da farlo morire dissanguato, ma la spalla gli si sarebbe lussata lentamente facendogli molto male.
<< Ringrazia Fenice >>.
Senza aggiungere altro, Dimitri si voltò e risalì sulla Centenario, lasciandosi alle spalle suo zio, appeso al soffitto di un negozio di giocattoli e con le dita rotte.
Ripercorse il centro commerciale, sotto gli occhi di qualche commesso terrorizzato, diretto verso l'ingresso da cui era riuscito ad entrare, e si chiese dove fosse Fenice in quel momento. Soprattutto si chiese se fosse ancora viva.
La Centenario si accese come se non aspettasse altro che raggiungere Irina.
Rapidamente tornò nel parcheggio multipiano ripercorrendo il centro commerciale devastato, e abbandonata a pochissimi metri dall'ingresso c'era una Mercedes GLA nera con logo Torec che poteva essere appartenuta solo a Boris Goryalef.
Con la fronte appoggiata al finestrino e gli occhi spalancati, c'era un bambino.
Dimitri si avvicinò
Riconobbe dalle iridi azzurre che si trattava di Diego, il figlio di Selena.
Forse la pazza l'aveva affidato a Boris, pensando che fosse al sicuro; o forse Boris stesso l'aveva rapito, magari per piantare un coltello della schiena della donna e tradire anche lei.
Scese dall'auto e raggiunse la Mercedes.
Diego sembrava spaventato, tanto da avere le guance rigate di lacrime; c'erano un paio di giocattoli abbandonati sul sedile dell'auto. Si tirò indietro quando lo vide aprire la porta, e piagnucolò.
<< Cosa ci fai qui? >> gli domandò Dimitri.
<< Non lo so >> rispose Diego, tirando su con il naso, << La mamma dov'è? Voglio mia mamma! >>.
A Dimitri venne voglia di lanciare un'imprecazione, ma rimase in silenzio. Contando che in quel momento Boris era legato per una mano al soffitto di un negozio di giocattoli, e che Selena era chissà in quale angolo della città con Fenice alle calcagna, c'era una sola alternativa.
<< Vieni, andiamocene da qui >> gli disse, prendendolo per un braccio.
<< Voglio mia mamma! >> gridò Diego, cercando di divincolarsi, << Dov'è la mia mamma? >>.
Dimitri si abbassò, piantando gli occhi in quelli azzurri di Diego. Era snervante che fossero così simili a quelli di Went.
<< Ascoltami >> ringhiò a voce bassa, << Non ho la minima idea di dove possa trovarsi tua madre in questo momento, ma io non ti farò niente. Ti porto in un posto fintanto che non troveremo tua madre >>.
Diego tirò su con il naso, ma sembrò convincersi. Scese dalla Mercedes e lo seguì fino alla Centenario, salendo con difficoltà al posto del passeggero.
Non era nei suoi piani caricare un bambino di otto anni con sé, ma non poteva lasciarlo lì da solo. Anche se era il figlio di Went; anche se aveva il sangue di Selena Velasquez nelle vene. Fece una smorfia quando ricordò che aveva pressappoco anche la stessa età di Yana.
<< Mettiti la cintura >> gli ordinò seccamente.
Diego sembrò in difficoltà, così Dimitri gli legò la cintura alla vita e gli gettò un'occhiata.
<< Che macchina è questa? >> domandò il bambino, improvvisamente interessato al cruscotto dell'auto.
<< Una Lamborghini Centenario >> rispose Dimitri, sfiorando l'acceleratore e imboccando la rampa di discesa.
Ricordava dove si trovava l'Officina di Max, anche se non ci era mai andato. Percorse la città attraverso le vie più strette e meno trafficate, evitando ogni possibile posto di blocco, la Centenario che si muoveva incredibilmente silenziosa, Diego che sembrava troppo confuso per poter piangere o parlare.
Trovò l'officina poco dopo; parcheggiò sul retro e fece scendere il bambino.
<< Cosa diavolo ci fai qui? >> chiese Nina Krarakova, quando aprì la porta e lo guardò sorpresa. Abbassò gli occhi azzurri sul bambino e inarcò un sopracciglio. << Questo posto sta diventando un asilo, per caso? >>.
Dimitri arricciò il labbro, mentre sentiva in sottofondo la voce di Sean. Si sporse appena, per vedere che era seduto per terra e giocava con una macchinina gialla, abbastanza tranquillo.
Forse Nina sapeva farci, con i bambini.
<< Chi è? >> chiese all'improvviso Nina, osservando il bambino, << Non dirmi che è figlio tuo, perché mi deluderesti davvero >>.
Dimitri arricciò nuovamente il labbro.
<< No, non è figlio mio >> rispose seccamente, ma non preferì lasciare a Irina il compito di rivelare che quegli occhi azzurri erano di Went, << Tienilo qui, e fa' in modo che sia al sicuro >>.
Spinse Diego dentro l'officina, mentre Nina lo guardava continuando a inarcare le sopracciglia.
<< Dove vai? La fuori è un casino >> disse, << I telegiornali stanno seguendo in diretta quello che sta succedendo... C'è polizia ovunque >>.
<< Devo trovare Fenice >> rispose solo il Mastino.
Nina lo guardò, e per la prima volta Dimitri vide nei suoi occhi ammirazione, forse per lui, o forse per Irina stessa.
<< Quella ragazza ti farà ammazzare >> commentò, << Ma è evidente che è quello che vuoi >>.
Dimitri annuì e si voltò, raggiungendo la Centenario. Afferrò il cellulare e chiamò Fenice.
Rispose solo dopo quattro squilli.
<< Dimitri? Stai bene?! >> la sentì gridare dall'altra parte della linea.
<< Sto bene, Fenice. Dove sei? >>.
<< Ovest di Los Angeles >> rispose Irina, mentre in sottofondo si sentivano le sirene della polizia, << Credo che Selena voglia raggiungere il porto... Forse qualcuno la aspetta lì per farla scappare... >>.
Dimitri digrignò i denti; Selena era disposta ad abbandonare suo figlio, pur di mettersi in salvo?
<< Di sicuro non c'è suo figlio ad aspettarla lì >> ringhiò, << Ho appena lasciato Diego con Nina Krarakova >>.
Irina rimase in silenzio, mentre molto probabilmente coglieva l'ironia di tutta quella situazione, compreso il fatto che il figlio di Went e quello di Challagher si trovassero sotto lo stesso tetto in quel momento, che la madre di uno fosse morta e che quella dell'altro stesse scappando, mentre una russa di facili costumi badava a loro.
<< Non pensare a nient'altro, Fenice. Prendila >> aggiunse Dimitri, << Ti raggiungo >>.
Sapeva cosa si sarebbe trovata davanti Selena, adesso: una Fenice determinata, spietata, infuriata. Ora non aveva più nessuno di cui essere preoccupata, se non se stessa.
Forse era anche quello il problema: Irina non aveva più paura di nulla, nemmeno di morire.
Dimitri affondò il piede sull'acceleratore e la Centenario schizzò via nella notte come se ci fosse stato il demonio alla sua guida.
Diego era con Nina.
Selena aveva praticamente abbandonato suo figlio, pur di salvare se stessa.
Il figlio di Xander.
Un bambino innocente.
Irina strinse il volante, gli occhi incollati sulla strada ma la testa che correva.
"Prendila".
Come due proiettili, l'Audi TT bianca di Brendan e la Golf rossa di Max le vennero incontro e la superarono, disperdendo la polizia alle sue spalle, mentre l'elicottero continuava a seguirla.
Ebbe due secondi per tirare il freno a mano, far ruotare la Punto come una pallina da biliardo e schizzare indietro come un piccolo missile bianco.
La TT speronò una volante, prima di spostarsi a destra e lasciarla passare, mentre Max si metteva sulla sinistra.
Era il delirio, mentre auto sbucavano da tutte le parti e l'elicottero continuava a volare sopra la sua testa, intimandole in ogni modo di fermarsi. Le avrebbero sparato addosso, prima o poi.
<< Ho un aggiornamento >> disse la voce seccata di Nina alla trasmittente, << Pare ci sia un'auto nera che gira per Los Angeles dando fastidio alla polizia... >>.
<< Jorgen Velasquez è morto >> rispose subito Dimitri, << E mio zio è fuori gioco. Se non è una GTR nera, non è di nostro interesse >>.
Poteva essere semplicemente uno dei piloti della Torec, o uno della sua Black List, o magari era Erik Senderson che aveva deciso di scendere in pista e fermare la sua ex collega.
<< Chiunque sia non mi interessa, in questo momento. Voglio solo Selena >> disse, mentre il cuore accelerava i suoi battiti e l'adrenalina le scorreva a fiumi nelle vene, rendendola lucidissima.
Era lontana, troppo lontana da Selena per poterla raggiungere prima che arrivare a Terminal Island. Tutta quella polizia non faceva altro che rallentarla...
Senderson non aveva alcuna intenzione di aiutarla? E McDonall? Volevano solo ostacolarla? Preferivano catturare lei, invece che quella che aveva ucciso Alexander Went?
Imprecò, mentre schivava una volante dell'F.B.I., saliva sul marciapiede e cercava di guadagnare metri, ma era impossibile. Ogni attimo, ogni secondo, un ostacolo si parava sulla sua strada.
La Corvette di Carter sbucò dal sottopassaggio della High Way, mentre lei schivava una pensilina degli autobus e imboccava il ponte sopra la 9° strada...
Poi vide la scena ancora prima di realizzare chi fosse coinvolto.
L'Audi TT e la Golf rossa erano fianco a fianco alle sue spalle, il faro dell'elicottero che le illuminava a giorno, e un solo, unico colpo di pistola che fece esplodere una delle gomme della Golf con uno schiocco che trafisse lo stomaco di Irina come una freccia.
La Golf finì in testa coda, nell'esatto momento in cui la Viper verde le passava di fianco; il pilota cercò di spingerlo, ma rimase agganciato allo specchietto della Volkswagen; una addosso all'altra, le due auto si schiantarono contro il guard-rail del ponte e Irina le vide sfondarlo come se fosse fatto di burro...
Lentissima, o forse fu solo il cervello di Irina a percepire le cose in modo diverso, la Golf scivolò di sotto con un rombo di motore e la Viper la seguì.
Il botto fu assordante, e il cuore di Irina le finì in gola.
Il fiato si condensò all'improvviso nei suoi polmoni, mentre sentiva la gente gridare e qualcosa crepitare... Il suo piede affondò sul freno, la testa si scollegò da tutto il resto, e il suo corpo caracollò giù dalla Punto, correndo verso il guard rail...
L'unica cosa che vide di sotto fu una palla di fuoco implosa su se stessa, e il ruggito delle fiamme che ingoiava tutto.
Che ingoiava Max.
Della Golf rossa non rimaneva altro che un ammasso di lamiere infuocate, piegate, distrutte.
Irina non gridò.
Rimase immobile, paralizzata, il sangue condensato nelle vene, e l'unica sensazione che fosse tutto sbagliato.
Max era morto.
Irina si sentì spezzata. Spezzata come quando Xander se ne era andato in un momento in cui tutto era storto.
Max era morto.
La gente moriva.
Aveva lottato per qualcosa che era stato sgretolato pezzo per pezzo, e ora si rendeva conto che in realtà non rimaneva nulla, di tutto quello che aveva cercato di difendere. L'unica cosa certa erano solo le persone che non c'erano più.
Sentì le sirene, sentì l'elicottero, e il suo cervello si sbloccò all'improvviso.
"Prendi quella figlia di puttana. Prendi quella donna per la quale tutto questo è cominciato. Prendila e uccidila".
Irina risalì in auto, mentre tornava a essere lucida, perché il dolore della sua anima dilaniata con faceva altro che risvegliare ogni suo senso.
Affondò il piede sull'acceleratore e schizzò in avanti, verso Ovest, verso Selena che stava scappando.
Schivò una volante, né superò un'altra, mentre la Punto rispondeva ai suoi comandi come mai prima di allora... Forse persino lei, in qualche modo, si era resa conto che il suo creatore era morto e che non ci sarebbe stato nessun'altro in grado di prendersi cura di lei come era stato capace di fare Max...
Poi, all'improvviso, le auto della polizia smisero di comparire da ogni parte, così come le auto degli uomini di Selena. Si ritrovò in una strada sgombra, vuota, quasi deserta.
Capì perché.
La sua Black List, quella fatta di piloti che amavano correre e basta, di auto di serie modificate e non per forza di supercar, la stava aiutando... E lo faceva bloccando ogni accesso alla 7° strada, creandole un corridoio deserto, nel quale lei poteva fare solo una cosa: correre.
Fenice smise di pensare; smise di chiedersi cosa le sarebbe costato ancora tutto quello; smise di chiedersi cosa ci fosse di giusto o di sbagliato. Accelerò, la Punto che artigliava l'asfalto con le ruote e la catapultava oltre i 200 chilometri orari, e con un solo elicottero sopra la testa a seguirla.
Era la stata la numero uno della Black List per poco tempo, eppure era riuscita a guadagnarsi il rispetto dei suoi piloti e della gente, anche se si era macchiata di tradimento, anche se in fondo era stata lei a far sbattere William Challagher in prigione.
Forse il destino era semplicemente ironico.
Irina corse, corse veloce come non aveva mai fatto, sfruttando quella strada libera e ringraziando ogni auto che incontrava sul suo cammino. La sua Black List aveva risposto alla sua richiesta di aiuto, come qualsiasi pilota del mondo delle corse clandestine doveva fare.
Poi finalmente lo vide: Terminal Island.
E proprio a cento metri da lei, i fari tondi della Nissan GTR nera di Felix Moreau.
Qualcosa brillò nel suo specchietto, qualcosa di nero e veloce, che non poteva non riconoscere.
"Addirittura questo, mi metti contro? Non pensavo che potessi arrivare a tanto, Erik Senderson".
Irina storse le labbra, mentre quelli che la abbagliavano da lontano erano i fari di una Bugatti Veyron.
Dimitri sbucò da Cherry Ave superando quella che riconobbe come l'Audi TT di Brendan Hall, e nel casino di auto capovolte e distrutte si rese conto che Fenice era passata indenne in quel corridoio sicuro che la sua Black List era stata in grado di garantirle.
La vide da lontano, la Punto una piccola sagoma bianca che si muoveva veloce nella notte e correva verso Terminal Island...
Un ringhio sordo e profondo attirò la sua attenzione, quando da una delle vie laterali vide un paio di fari brillare e una sagoma nera farsi largo tra le auto della polizia. Per un attimo credette si trattasse della Corvette dell'F.B.I., ma poi la riconobbe.
Era una Bugatti Veyron nera, senza alcuna livrea, senza nessun segno che potesse fargli comprendere se fosse della polizia, dell'F.B.I. o addirittura dell'esercito. Però Dimitri Goryalef capì che si trattava di qualcuno che voleva raggiungere Fenice, per catturarla o per aiutarla questo non era chiaro.
La Veyron lo superò con un rombo assordante, i 1000 cavalli che la spingevano come un treno sulla strada sgombra. Era veloce, ma era goffa, perché era la larga e pesante, e la vide zigzagare a fatica tra le auto della polizia.
Chiunque stesse guidando, era bravo, in ogni caso.
Non a sufficienza per potersi lasciare alle spalle l'unico, vero numero uno della Black List.
"Chiunque tu sia, dovrai passare addosso a me alla mia auto, per raggiungere Fenice".
Irina distolse lo sguardo dallo specchietto non appena capì che la Centenario di Dimitri era a pochi metri dalla Veyron. Non le interessava chi ci fosse dentro, se Senderson o lo stesso McDonall, perché il suo unico obiettivo era prendere Selena.
Superò il ponte di accesso a Terminal Island quasi volando, la GTR che la distanziava di cinquanta metri appena. Percorsero la Seaside una dietro l'altra, finché non irruppero nel piazzale del porto.
Irina era già stata lì, sapeva cosa si sarebbe trovata davanti: un'intera, infinita distesa di container colorati, una specie di piccola città fatta a quadrati, dove decine di navi merce attraccate al molo aspettavano solo di essere caricate e di partire.
In quel momento, c'erano quattro navi, tutte a motori accesi, tutte pronte a caricare la Nissan GTR e sparire nella notte.
Doveva fare in modo che Felix non riuscisse a salire su nessun traghetto.
Svoltò a sinistra, ritrovandosi sulla banchina, a pochissimi metri dal mare. Riuscì quasi a sentirne l'odore, anche da dentro l'abitacolo della Punto.
La GTR fu costretta a inchiodare e sterzare quando se la ritrovò davanti; si infilò tra una serie di container gialli, e Irina la seguì, toccandole appena il posteriore. La Nissan si scompose per una frazione di secondo, poi tornò dritta e svoltò di nuovo verso la banchina.
Felix era bravo a muoversi nelle viuzze strette, ed era bravo a mantenere il controllo della Nissan GTR su quella strada sconnessa e bagnata, un po' come il terreno da rally a cui era sempre stato abituato. Così bravo da riuscire a infilarsi tra due bilici carichi e puntare proprio verso la Regina dei Mari, una nave cargo enorme e pronta a partire.
Non poteva farli scappare; non poteva lasciarli andare dopo che anche Max era morto...
La GTR si infilò nella pancia della nave, e Irina la seguì tra i container ancorati al pavimento; girò a destra, le ruote posteriori che scivolarono sull'umido a terra, e prese una rampa stretta e ripida...
La Punto si ritrovò sul pontile, il vento che le sferzava la carrozzeria e la GTR che con un colpo di freno a mano girava intorno all'albero centrale dove era stata montata una gru; puntò verso di lei, e Irina sterzò togliendosi dalla sua traiettoria...
La Nissan si infilò nella rampa dalla quale era salita pochissimi istanti prima, e Irina la vide sparire di sotto.
Sarebbe scappata; Felix sarebbe tornato nel porto e avrebbe fatto quel giochetto finché non li avesse persi di vista per un attimo, un attimo sufficiente a farli nascondere in una qualunque delle navi.
Irina era una pilota clandestina, ma era stata anche una poliziotta, e sapeva come prendere i criminali.
Ingranò la marcia, fece pattinare le ruote della Punto sul pontile bagnato e schizzò in avanti, non verso l'uscita, ma verso la poppa della nave.
La vendetta rendeva folli.
Come una fiera bianca, o semplicemente come un missile fuori controllo, la Punto si lanciò dalla nave verso la banchina, verso i container, verso la terraferma, ma soprattutto verso la Nissan GTR che usciva proprio in quel momento dalla pancia della Regina dei Mari.
Non avrebbe potuto avere una mira migliore.
Con un botto assordante, la Punto calò dall'alto e piombò addosso alla GTR, facendola schiantare contro i container in un rombo di lamiera piegata e vetri infranti. L'auto ruotò su se stessa più e più volte, perdendo pezzi e ruote come fosse stata fatta di cartapesta...
La Punto atterrò, e Irina strinse il volante.
Per un attimo, credette di disintegrarsi. Il colpo secco le fece battere i denti, le diede la sensazione che la sua schiena si spezzasse in minuscoli frammenti, che le viscere le finissero dentro la testa e che il cervello finisse spappolato contro il soffitto dell'auto. Il lunotto si crepò, gli airbag esplosero, il vetro posteriore si spaccò e forse le sospensioni si sfondarono.
In ogni caso, dieci secondi dopo, Irina si ritrovò viva.
Scosse la testa e uscì dalla Punto, mentre con un sibilo gli airbag si sgonfiavano e la carrozzeria cigolava sinistramente.
La GTR era un pezzo di lamiera senza muso e senza coda, schiantata contro un container verde scuro, in un silenzio irreale, quasi mistico.
Vide appena un movimento dentro l'abitacolo.
Raggiunse la Nissan, mentre le sirene della polizia si avvicinavano sempre di più, e il tonfo sordo delle pale dell'elicottero iniziavano a rompere il silenzio della banchina deserta.
Selena Velasquez era viva; incastrata nell'abitacolo della Nissan, ma viva.
E Irina capì che non c'era giustizia al mondo, se una come lei riusciva a sopravvivere sempre e invece Max era morto cadendo da un fottutissimo ponte.
Afferrò la portiera e prese Selena per un braccio, trascinandola fuori dall'abitacolo come una bambola di pezza, senza preoccuparsi di quanto male poteva farle. Avrebbe dovuto provare forse pena, per lei?
No, la voleva morta e basta.
In un moto di rabbia, di odio così profondo da renderla cieca a qualsiasi cosa, Irina scaraventò a terra Selena Velasquez, insieme al suo ghigno e a tutti i suoi tatuaggi. La scaraventò ancora, e ancora, spingendola verso la banchina, verso il mare, verso il nero oceano che poteva inghiottirla e cancellarla dalla faccia della terra.
Non aveva mai odiato nessuno così tanto, nemmeno William Challagher.
La mise in ginocchio, mentre guardava la faccia tumefatta e insanguinata di Selena, che nonostante tutto sorrideva; sorrideva come solo una pazza come lei era in grado di fare.
<< Tanto sono comunque morti tutti >> disse a voce bassa, sputando un grumo di sangue a terra, << Hai comunque perso, Irina. Challagher è morto, Went è morto, i tuoi amici sono morti... Chi ti rimane? Cosa ti rimane? >>.
Irina ringhiò e la colpì con un pugno in pieno viso, strappandole un gemito e una risata gorgogliante. Non sentiva nemmeno male alle nocche. Non sentiva niente, all'infuori della rabbia che le bruciava tutto, anche l'anima.
<< Perché tutto questo? >> chiese solo, << Perché?! >>.
<< Perché sei quello che sarei dovuta essere io. Perché io e te abbiamo passato le stesse cose, ma tu non sei stata scalfita... Tu sei diventata quello che io non sono mai riuscita ad essere. Dicono che sono pazza, e lo sono davvero. Hai sofferto la metà di quanto ho sofferto io, eppure hai avuto molto più di me. Ti odio, Irina. Ti odio perché tu rappresenti quello che io voglio essere. Tu, mio padre, mio fratello, non meritavate nulla di tutto ciò che avete avuto. Nulla >>.
Irina guardò Selena Velasquez negli occhi, in quegli occhi verdi come quelli di William; le stesse iridi perdute, le stesse ombre nel profondo di un'anima abbandonata e troppo fragile. Sia lei sia suo fratello erano dannati, ma lo Scorpione aveva distrutto solo se stesso; Selena aveva distrutto ogni cosa, ogni persona che le era rimasta intorno. Era pazza, resa folle dall'odio e dalla gelosia, in un modo che nessuno poteva concepire, che nessuno poteva comprendere. I suoi erano discorsi di una psicopatica, di una matta, di una persona che vedeva la realtà distorta e confusa.
O forse no. Forse era fin troppo lucida, così lucida da covare la sua vendetta nel tempo, così lucida da architettare tutto quello solo per distruggere lei e la memoria dello Scorpione, così lucida da sacrificare innumerevoli vite pur di ottenere una effimera vendetta.
Selena meritava la morte, la meritava più di chiunque altro.
Fenice tirò fuori la pistola, tolse la sicura e la puntò dritta sulla fronte di Selena Velasquez, inginocchiata a suoi piedi, con un ghigno folle dipinto sul volto e tatuaggi che gridavano tutta la sua storia, tutta la sua esistenza.
<< Sei stata persino in grado di abbandonare tuo figlio, pur di salvare la tua vita >> disse lentamente, << Hai avuto il coraggio di mettere a repentaglio la vita di due bambini innocenti... Tuo fratello ha fatto cose sbagliate, ingiuste, ma non avrebbe mai fatto nulla di tutto questo >>.
<< Mio fratello era un codardo >> ribatté Selena.
No, William Challagher era stato tutto, ma mai un vigliacco.
William Challagher aveva preferito la morte, piuttosto che la prigionia.
<< Tu non hai mai conosciuto tuo fratello >> disse a voce bassa, << Nessuno ha mai conosciuto lo Scorpione come l'ho conosciuto io >>.
Bastava premere il grilletto, e Fenice avrebbe avuto la sua vendetta; vendetta per Xander, per la Black List, per Vera, per Max, per tutti, anche per se stessa.
Sentì le volanti avvicinarsi, sentì due auto fermarsi a pochi metri da GTR accartocciata, sentì l'elicottero puntare il fascio di luce su di lei.
Sarebbe stata arrestata, questo era certo; però poteva premere quel grilletto e uccidere Selena Velasquez, prendendosi quello che da mesi cercava di avere. Poteva farlo e dopo vivere il resto dei suoi giorni in carcere, appagata, vendicata, senza più conti in sospeso con nessuno...
Che avesse ucciso o meno quella donna non sarebbe cambiato nulla. Era condannata ormai.
Erano condannate tutte e due.
La mano di Irina non tremò, ma tremò la sua anima.
"Chi sei, Irina? Chi sei davvero?".
Fenice guardò di nuovo negli occhi Selena Velasquez, e capì.
<< Io non sono come te, Regina >> disse lentamente, tenendo sempre la pistola puntata alla fronte di Selena, << Sono Fenice, sono la numero uno della Black List, sono la memoria dello Scorpione e sono quella che ha battuto tutti voi. Se tu non fossi ciò che sei, ti avrei ucciso >>.
<< E che cosa sarei io? >> ribatté Selena.
Era seria, forse cercava di capire cosa passava nella testa di Fenice in quel momento.
<< Una madre >> rispose Irina, prima di colpirla alla tempia con il calcio della pistola e farla cadere a terra, priva di sensi.
In quell'istante, qualcosa si sciolse nell'anima di Irina, qualcosa che forse era il fardello nero che si portava dietro dalla morte di Xander.
Era finita.
Era finito tutto.
Guardò l'oceano nero, calmo, oscuro, silenzioso, in netto contrasto con tutto ciò che sentiva intorno a lei: sirene, grida, voci, motori, passi.
"Mi dispiace".
Gettò la pistola a terra, lontana, poi Irina si voltò lentamente.
La Centenario era ferma a una trentina di metri da lei: Dimitri era vivo, forse ferito, ma vivo.
Lo guardò.
"Scappa".
Poteva riuscirci, poteva farlo, bastava che salisse sulla Centenario e fuggisse in quel momento, quando ancora non c'erano volanti intorno a loro...
"Va via".
Ma il russo non si mosse.
<< Metti le mani bene in vista, Irina Dwight! >>.
L'elicottero era sopra la sua testa, e la illuminava a giorno con il suo faro rotondo.
<< Mani bene in vista! Sei in arresto! >>.
Irina non si mosse; i suoi occhi si puntarono sulla Bugatti Veyron nera che comparve in quell'istante e che fluida, sinuosa, si fermò all'inizio della banchina, prima delle volanti, lontano dalla Centenario.
Sembrava quella di William.
La fissò, mentre le Mustang la circondavano, mentre la polizia puntava su di lei le pistole e l'oceano scrosciava alle sue spalle.
Nemmeno Selena era riuscita a violare quell'auto, la regina delle auto, la più potente e la più leggendaria del mondo, passata alla storia come la tomba dello Scorpione. Ci avevano pensato altri a farlo, quelli che una volta aveva ritenuto amici.
"Non dovevi farlo, Senderson. Non dovevi profanarla così".
La portiera si aprì, e Irina era pronta a sostenere lo sguardo di Senderson, o di McDonall, o di chiunque ci fosse sopra. In fondo, aveva appena perso tutto, aveva appena detto addio a tutta la sua vita e al suo futuro, però non aveva perso se stessa. Non più.
Le sirene continuavano a suonare, i poliziotti puntavano le pistole contro di lei e contro Dimitri, ma Irina tenne gli occhi sull'auto nera, immobile come una statua.
Poi, dalla Bugatti Veyron scese Alexander Went.
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