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Capitolo XLIV


Ore 11.00 – Hotel Demeter

Quando Irina riaprì gli occhi, l'unica cosa che capì era che si sentiva bene.

Forse non al massimo delle sue forze, ma si sentiva molto meglio di quanto si era sentita il giorno prima e i precedenti. Era come se il peso che l'avesse schiacciata si fosse improvvisamente dissolto, lasciando solo una leggera ombra nel suo animo. La sua testa era presente, il suo corpo non sembrava in crisi.

Sarebbe stato tutto diverso.

Irina sospirò, poi guardò la sveglia sul comodino, che segnava le undici passate del mattino.

Era andata a dormire tardi la sera prima, non perché la cena con Dimitri fosse durata molto, ma perché era rimasta in piedi a pensare a quello che si erano detti lei e il russo. Il loro addio era stato qualcosa di doloroso da digerire, eppure era tutto quello di cui aveva bisogno.

Avrebbe dovuto ringraziare di nuovo Dimitri: la loro chiaccherata era stata qualcosa di inaspettato ma di... bello. Si erano parlati con gentilezza, dicendosi solo la verità, senza paura di ferire o di lasciarsi ferire.

"Avrei dovuto... Avrei voluto vederti davvero otto anni fa, Dimitri".

Si stiracchiò, godendo del tepore appena accennato delle lenzuola, e non si preoccupò dell'ora: la sua ultima gara si sarebbe svolta nel tardo pomeriggio, e aveva tutto il tempo di raggiungere il circuito. Quando mise i piedi per terra, si accorse che sotto la sua porta era stato lasciato un biglietto ripiegato. Si alzò e lo prese, trovandoci sopra la grafia sottile e precisa del Mastino.

"Prenditi il tempo per rinascere ancora, Fenice. Ci troverai al circuito".

Sorrise.

Rinascere. Solo Dimitri aveva capito che alla fine rinasceva ogni volta.

Piegò il biglietto e lo nascose nel sacchettino doveva teneva l'anello di Xander e quello di William. Era stupido, forse era anche immorale, ma voleva conservarlo; quando sarebbe stata lontano, o quando si fosse ritrovata in carcere a passare le sue giornate ripensando agli errori commessi, voleva ricordare qualcuno che l'aveva capita, l'aveva rispettata, l'aveva aiutata.

O forse lo voleva solo perché, in fondo, se ne era innamorata.

Dopo essere rimasta a letto a osservare il soffitto, incredibilmente tranquilla e rilassata, decise di voler raggiungere il Nurburgring dopo pranzo, e tenersi il più lontana possibile dalla gente e dai suoi avversari. Per affrontare la sua ultima gara aveva bisogno di concentrazione, e non ne avrebbe mai trovata stando nei box mentre intorno a lei si muoveva il pubblico, i piloti, e molto probabilmente anche la Torec al completo. La sera prima era sparita dalla Cena di Gala, e di sicuro qualcuno si era fatto qualche domanda. Sarebbero venuti a cercarla, anche solo per vedere se non era scappata.

Raccolse tutte le sue cose e le infilò in valigia una volta, con lentezza, conscia che di lì a poche ore forse non le sarebbe rimasto davvero più nulla. In ogni caso, se mai le fosse servita e se mai fosse riuscita, sarebbe passata a riprendere le sue cose, dopo la gara.

Con un mezzo sorriso sulle labbra, ripiegò l'abito bianco e nero, quello che aveva indossato la sera prima, con delicatezza come se potesse rompersi solo a guardarlo.

Si rese improvvisamente conto che quello era l'unico suo vestito, l'unico che come Fenice aveva davvero scelto lei; gli altri, quelli che aveva indossato in passato per quelle feste, erano tutti regali di William. O magari scelti con Xander. Quello, invece, era proprio suo, perché lo aveva scelto lei. Bianco e nero. Due opposti ma complementari.

Forse era per quello che piaceva a Dimitri?

Perché in fondo la rappresentava?

Sorrise, lo chiuse nel sacchetto protettivo e lo mise in valigia.

Fece una doccia, una doccia lunga e calda, per scoprire che il suo fianco in fondo stava meglio, nonostante il colore bluastro che faceva fatica ad andarsene. Si asciugò i capelli e poi uscì dalla camera, diretta alla sala da pranzo.

Il Demeter era deserto, vuoto. Tutti i suoi ospiti dovevano essere al circuito, e Irina si ritrovò a mangiare nella sala da pranzo praticamente da sola, a parte una famigliola in vacanza che centrava poco con tutto il resto, e si fece servire a un tavolo vicino alla finestra.

Anche da lì vedeva il circuito, immerso nel verde.

Era paradossale che il Nurburgring fosse la pista delle piste, ma che le fosse così... stretto. Tutti i piloti volevano correre nell'Anello Verde almeno una volta nella vita, perché era difficile, era pericoloso ed era soprattutto una sfida con se stessi. Eppure, eppure lei in qualche modo non si sentiva a casa sua. Forse perché era e rimaneva una pilota clandestina, e quelli come lei ragionavano in un altro modo?

Finì di mangiare in silenzio, gli occhi puntati sul televisore che trasmetteva le gare al Nurburgring su un canale dedicato. I due commentatori stavano riassumendo i risultati della giornata, e con piacere Irina scoprì che la Punto Abarth di Tom Neri aveva vinto nella sua categoria. Era stato un peccato non poter vedere la gara, ma qualcosa le diceva che era meglio così.

Tornò in camera sua e rimase ferma davanti alla finestra, indecisa se raggiungere già il circuito o no.

No, non era ancora ora.

Non accese la tv, né la radio. Rimase isolata dal resto del mondo per due ore, senza sapere come stavano andando le gare, chi stesse vincendo, dove fossero tutti gli altri. Rimase in silenzio, seduta sul bordo del letto, a pensare e ripensare a come era arrivata fino a lì.

Aveva diciotto anni quando aveva vinto la sua prima gara, ed allora era solo una ragazzina spaventata ma determinata; aveva incontrato sulla sua strada William Challagher, lo Scorpione, quello che nel bene e nel male l'aveva forgiata, l'aveva trasformata in Fenice, le aveva dato i mezzi per diventare la migliore pilota donna in circolazione. Niente e nessuno le avrebbero mai fatto immaginare che lo sarebbe diventata. Niente e nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato su quella ragazza di nome Irina.

Eppure, era ancora lì. Era sopravvissuta a William Challagher ed era sopravvissuta a Alexander Went, quello che aveva battuto lo Scorpione... No, non lo aveva davvero battuto; lo aveva arrestato. William non era mai davvero stato sconfitto.

In fondo, era stata forte. Aveva resistito, e aveva capito che indipendentemente da cosa credevano gli altri, era arrivata fino in fondo. In troppi l'avevano giudicata, in troppi avevano cercato di incasellarla tra i buoni o tra i cattivi, ma lei aveva il suo posto nel mezzo. Lei era la poliziotta che onorava i piloti clandestini, e nessuno poteva toglierle quel titolo, perché era suo. Nessuno poteva costringerla a scegliere tra una cosa e l'altra. Era entrambe.

Sospirò.

Poi capì che era ora.

Si sistemò la fascia al torace, stretta, così stretta da toglierle il fiato ma da farla sentire viva. Indossò la tuta nera, il logo della Fenix rosso e ben in vista sul petto, le scarpe con la suola in gomma da pilota. E per ultima, infilò al collo la sua catenella, quella con il quadrifoglio, che l'aveva accompagnata fin dall'inizio; insieme, i due anelli di Xander e William, vicini come non lo erano mai stati i loro proprietari.

Solo allora ebbe il coraggio di guardarsi allo specchio, ma di guardarsi davvero.

Quella che aveva davanti non era più una ragazzina, anche se quei nuovi capelli più corti le davano un'aria più leggera; era cresciuta, era cambiata da quella sera in cui in jeans e maglietta aveva preso l'auto di suo fratello Dominic ed era scesa in strada.

"Io sono Fenice, sono stata la numero 3 della Black List. E sono ancora qui".

Fissò i suoi stessi occhi, quegli occhi scuri e bui, in cui aveva sempre avuto paura di perdersi se mai li avesse guardati troppo a lungo. Vide l'oscurità, vide il dolore, ma vide anche la forza. La sua forza, quella che l'aveva condotta fino a lì. Quella che le aveva permesso di sopravvivere nonostante tutto, quella che le aveva permesso di lasciar andare l'unica persona che non l'aveva mai davvero abbandonata.

Prese il casco nero e i guanti, e scese di sotto, dove trovò una delle navette dell'hotel adibite al trasporto di coloro che volevano raggiungere il circuito. Viaggiò da sola, sotto lo sguardo perplesso dell'autista che non si aspettava una pilota dell'ultimo minuto da trasportare, e guardò il Nurburgring avvicinarsi sempre di più, immenso, verde, affollato, caotico, vivo.

Mancavano pochi minuti alla gara di Gert ed Emilian, ma sarebbe arrivata in tempo per augurare loro in bocca al lupo. Scese dalla navetta e l'odore di asfalto bollente, pneumatici e benzina le invase le narici.

Per un attimo rimase paralizzata davanti al bus, il vento leggero che le scompigliava i capelli.

Fu come svegliarsi da un lungo sonno, un sonno durato mesi, dove non aveva fatto altro che trascinarsi tra un incubo e l'altro. Sentiva il suono dei motori, il ringhio dei V8, le grida della folla. Sentiva il calore dell'asfalto sotto i piedi e i raggi del sole che baciavano le carrozzerie delle auto. La bolla che l'aveva accompagnata fino ad ora esplose e Irina si sentì di nuovo come mesi, come anni prima: viva, presente, Fenice.

Respirò a fondo, l'aria satura di quell'adrenalina che lei conosceva benissimo, lasciando che il suo corpo riprendesse possesso di ogni suo senso. Che persino la sua anima ritrovasse il suo posto esatto.

Dimitri aveva ragione: aveva avuto bisogno di tempo, ma alla fine era rinata.

Occhi sorpresi si voltarono verso di lei, quando si incamminò verso i box, il casco in mano e l'espressione sicura; la riconobbero, riconobbero quella di cui si era tanto parlato, quella formidabile pilota donna che il giorno prima sembrava implosa su se stessa, quella su cui giravano strane voci, quella che guidava una LaFerrari nera come gli occhi del diavolo.

<< Ehi Speed, dov'eri finita? >> sentì domandare qualcuno.

<< Ma quella non è... >>.

<< Sì, dicono che... >>.

Una piccola folla la seguì, mentre camminava a testa alta tra i box, le auto che sfrecciavano oltre il muretto e la voce inesorabile di Wheldrim che commentava la gara. Era impressionante come ora sentisse tutto, persino i pezzi di pneumatico che si staccavano dai copertoni e rotolavano sulla pista...

<< Permesso, permesso! >>.

Un giornalista con un microfono in mano, un vistoso pass al collo e un cameraman che lo seguiva correndo si fece largo tra la piccola folla, raggiungendola e piazzandosi davanti a lei. Irina inchiodò, mentre altra gente si accalcava intorno, parlottando, indicando, sussurrando.

<< Alyssa Speed, pronostici per la gara? Ieri sei sparita, dicono in giro un problema fisico... Come ti senti oggi? >> domandò il giornalista a raffica.

Irina lo guardò per una frazione di secondo, mentre sentiva la gente osservarla incuriosita.

"Stasera sarà tutto finito" pensò.

Sorrise alla telecamera, prima tornare a guardare l'uomo, che continuava a tenerle il microfono davanti alla bocca, in attesa.

<< Non mi chiamo Alyssa Speed >> disse semplicemente, << Il mio nome è Irina Dwight, e a Los Angeles mi chiamano Fenice. Sono stata la numero 3 della Black List di William Challagher, e sono l'attuale numero 1 della mia Black List. Sono qui per battere tutti i piloti della Torec e onorare la memoria dello Scorpione. E mi sento bene, oggi >>.

Il giornalista ammutolì, così come la folla intorno a loro. Non si erano aspettati una confessione del genere, non fatta così serenamente.

<< Ah, sono la stessa che ha lavorato a Los Angeles fino a dieci mesi fa come poliziotta >> aggiunse Irina, << Quella con l'auto da pilota clandestina >>.

Il giornalista la guardò, scioccato, e Irina continuò a sorridere. Si fece spazio e proseguì, senza più nessuno a seguirla, tranne gli occhi di mezzo circuito.

Prima di essere arrestata aveva una gara a cui prendere parte.




<< Dov'è Fenice? >>.

Emilian sembrava teso mentre aspettava di fianco alla Huracan arancione, fissando lo schermo dove le ultime auto del segmento E terminavano la gara. La folla gridava, Wheldrim sembrava eccitato come un bambino e Fadi preoccupato, forse al pensiero che la Bugatti Chiron poteva anche non essere sua molto presto.

Dimitri gettò un'occhiata fuori dai box, tranquillo.

Fenice sarebbe arrivata, non aveva dubbi su questo. La conosceva fin troppo bene per non sapere che non avrebbe dato buca alla gara di suo cugino Emilian. Si era presa tutto il tempo che le serviva, e lui sapeva che non gliele serviva poi così tanto.

<< Verrà >> disse solo.

Il brusio della gente arrivò prima di lei, in effetti. E quando la vide, Dimitri capì il perché di tutto quel mormorare.

Irina era lì, con la sua tuta nera addosso, con i suoi capelli più corti e i suoi occhi non da gatta, non da Fenice, semplicemente da se stessa. E un'espressione che non le aveva mai visto, o forse doveva essere la stessa che aveva avuto quando aveva sfidato tutta la Black List insieme.

Era tornata. Forse per l'ultima volta, forse per sempre, ma Fenice era tornata. Come sempre, le era bastata una notte per rinascere, e per la prima volta Dimitri di sentì orgoglioso. Orgoglioso di quella ragazza dalla forza infinita che aveva sempre smentito tutti, lui per primo.

Non l'avrebbero fermata, non questa volta.

Forse quel giorno Irina sarebbe stata in grado di battere chiunque, persino il Mastino.

Irina sorrise, mentre l'intero box della Fenix la guardava come se la vedesse per la prima volta. Un gruppetto di persone si era fermato ai margini dell'officina, che non osava entrare. C'era persino un giornalista, tra di loro.

Fenice li guardò uno a uno, calma, serena, lucidissima

<< In bocca al lupo Emilian >> disse solo, << E in bocca al lupo a te, Gert. Fate quanto di meglio potete, non importa il vostro risultato. Tornate a casa per le vostre famiglie, non per me >>.

Emilian annuì, e Dimitri vide negli occhi del cugino il rispetto più profondo per quella ragazza, un rispetto che rasentava l'ammirazione. Ora capiva perché lo aveva spinto a non ferire più Fenice: lei era più forte di chiunque di loro, e chi le stava intorno lo sapeva.

Sia Gert sia Emilian salirono in auto, e Irina li guardò raggiungere la linea di partenza, il casco in mano e i capelli sciolti che svolazzavano nel vento.

Improvvisamente, Dimitri si rese conto che Irina era di una bellezza folgorante, non fisica, non per i suoi abiti, nemmeno per quel vestito bianco e nero che riaccendeva in lui demoni fin troppo anestetizzati. Erano i suoi occhi, era la sua espressione.

Se Challagher l'avesse vista in quel momento, avrebbe perso la testa.

Lui, Dimitri, l'aveva già persa.

<< Perché quella gente ti segue? >> domandò Fadi, perplesso, mentre fuori dai box le persone aumentavano e con loro i giornalisti, che fino ad allora non si erano visti molto nella loro officina. Erano eccitati, sgomitavano e parlottavano fra di loro.

Irina gettò uno sguardo fuori, prima di avvicinarsi alla LaFerrari nera.

Alzò le spalle con noncuranza, poi indicò il televisore, dove proprio in quell'istante passò un filmato che ritraeva proprio Fenice, molto probabilmente pochissimi minuti prima che li raggiungesse.

<< Non mi chiamo Alyssa Speed. Il mio nome è Irina Dwight, e a Los Angeles mi chiamano Fenice. Sono stata la numero 3 della Black List di William Challagher, e sono l'attuale numero 1 della mia Black List. Sono qui per battere tutti i piloti della Torec e onorare la memoria dello Scorpione. E mi sento bene, oggi >>.

Fadi impietrì, come De Benedetti, Kato, Weber e Ivan. Solo Dimitri spostò lo sguardo su Fenice e inarcò un sopracciglio.

Poi rise.

Perché Fenice aveva raggiunto il livello successivo.

Non aveva più paura di dire al mondo chi era davvero.





<< Se devono arrestarmi, voglio almeno umiliarli fino alla fine >> disse Irina, per spiegare l'uscita di poco prima, anche se in fondo non era tenuta a precisare nulla.

La risata inaspettata di Dimitri però le fece spuntare un ghigno sulle labbra, e si ritrovarono a guardarsi, divertiti.

Sì, dovevano sapere tutti che stava prendendo in giro la polizia, l'F.B.I., e il mondo intero. Dovevano sapere che non le importava nulla di quello che pensavano, che lei sarebbe andata dritta per la sua strada, che sarebbe arrivata fino in fondo.

Non le serviva l'appoggio di nessuno, non più.

Improvvisamente, però, le venne un'idea. Folle, ma un'ottima idea per chiudere in bellezza una gara che forse la gente avrebbe ricordato per il resto dei suoi giorni.

Si avvicinò al bancone degli attrezzi di De Benedetti e frugò negli scatoloni con il logo Fenix sul fianco. Trovò quasi subito quello che le serviva: un nastro adesivo di carta spesso, di quelli che venivano usati per imballare.

Gettò un'occhiata al televisore, dove la gara delle supercar stava iniziando, e poi prese un paio di forbici, certa che sia Emilian sia Gert avrebbero fatto quello che aveva chiesto loro di fare.

<< Che cosa stai facendo, Irina? >> domandò Fadi, allarmato.

Lo ignorò, notando l'occhiata velatamente divertita di Dimitri; continuò a lavorare con il nastro e le forbici sul cofano della LaFerrari, e poi guardò De Benedetti.

<< Mi serve della vernice spray >> disse solo.

Il meccanico la fissò, ma non si mosse. Sembrava indeciso se darle retta o meno, come se improvvisamente la considerasse pazza. Spostò gli occhi sul Mastino, che gli fece segno di fare quello che gli veniva chiesto. Frugò nel bancone e le porse una bomboletta, perplesso.

<< E' bianca >> disse.

<< Andrà benissimo >>.

In fondo LaFerrari era sua, no?

Irina la afferrò e iniziò a spruzzare la vernice sul cofano, mentre l'intera officina la guardava senza capire. Solo Dimitri sembrava aspettare fiducioso che terminasse quello che aveva in testa. In sottofondo, la voce di Wheldrim commentava la strepitosa gara di Gert Carlsson, e la gente lì fuori osservava Alyssa Speed che dava di matto e imbrattava un'auto da tre milioni di dollari.

Qualche minuto dopo, Irina gettò via la bomboletta e attese un paio di minuti che la vernice facesse presa, in piedi di fronte al cofano. I fari della LaFerrari la osservavano minacciosi, come a intimarle di non fare stronzate.

Quando fu certa che la vernice si fosse asciugata, con un gesto secco strappò via il nastro adesivo e contemplò la sua opera, un ghigno sul viso e le mani sui fianchi.

Per essere stata fatta in fretta e furia, e con una sola passata di vernice, la scritta non era per niente male. Il nastro adesivo di carta le aveva dato quei bordi un po' irregolari, ma che si addicevano alla scritta. Quello che era importante era che la scritta fosse più che leggibile.

Lo era.

Sorrise.

Aveva portato la Black List tatuata sulla Ferrari F12, per ricordare da dove era arrivata. Ora voleva solo ricordare chi era.

Ora lei a metterci la faccia.

FENICE

IRINA DWIGHT

Era scritto a caratteri cubitali sul cofano della LaFerrari, adesso, per gridarlo in faccia a Selena, a Jorgen, a Felix, a McDonall, a Senderson, a Wheldrim, a chiunque.

Forse pensavano fosse impazzita, forse che avesse perso la testa, ma Irina era conscia di quello che stava facendo. Era paradossale, ma aveva tutto sotto controllo.

"Fermatemi, se ne siete capaci".

Guardò Dimitri e Dimitri guardò lei.

Il Mastino sorrise, e Fenice sorrise a sua volta.

Non l'avrebbe giudicata, non l'aveva mai fatto.

Irina salì a bordo della LaFerrari e accese il motore. Un attimo dopo sfiorò l'acceleratore e uscì dal box, mentre la gente fuori le faceva spazio con occhiate stupefatte.

Sorrise, aggirandosi tra le officine del Nurburgring a bordo di una Ferrari nera e con il suo nome inciso sopra. Sfilò come una donna vanitosa e sicura di se, attirando gli sguardi, perché voleva solo che la riconoscessero, voleva solo che si rendessero conto in che in mezzo a loro c'era una pilota clandestina.

Persino i meccanici della Novitec uscirono a guardarla passare, mentre decine di giornalisti e di telecamere la seguivano a piedi, come se si trattasse di una famosa star del cinema. Non lo era, ma di sicuro avrebbero parlato di lei.

Era uno show che lo Scorpione avrebbe apprezzato davvero.

Irina condusse a passo d'uomo la LaFerrari fino al box della Torec, dove Felix Moreaut era in piedi all'ingresso, che parlava con Nina Krarakova. Il francese le rivolse un'occhiata perplessa, ma nelle sue iridi passò un lampo, qualcosa che le disse che stava prendendo in contropiede anche lui. Nina si limitò a fare un sorrisetto, la mano che scivolava sul suo fianco con aria smorfiosa.

Fermò l'auto davanti ai box, la mano stretta sul volante e gli occhi puntati dentro l'officina.

"Rispondi a questo, se ne hai il coraggio".

Poi mise il motore in folle e premette sull'acceleratore.

La gente si girò a guardarla, qualcuno sussultò, qualcun altro emise un grido di sorpresa.

Il ringhio sordo e prepotente del V12 Ferrari invase l'aria, facendole stremare la spina dorsale; un ruggito di sfida e di coraggio, selvaggio, bestiale, con il quale Fenice sfidava la Torec intera. Ma sfidava soprattutto lei.

Selena Velasquez si fece spazio tra le auto ferme nel box, e si fermò proprio vicino alla Lamborghini Reventon nera. I suoi occhi verdi si piantarono su di lei, scintillanti di rabbia e fastidio, mentre Irina premeva ancora l'acceleratore, costringendo la Ferrari a mordere il freno come un cavallo quasi imbizzarrito.

"Rispondi a questo, puttana".

Si guardarono per secondi interminabili, nei quali Irina vide tutta la differenza che c'era tra quella donna e suo fratello William Challagher: lui non avrebbe esitato, avrebbe accettato la sfida rischiando di perdere, rischiando di umiliarsi. Lui non sarebbe rimasto immobile, come faceva Selena. Lui era istinto puro, lei era solo subdola e calcolatrice. Non era degna di essere considerata la sorella dello Scorpione.

Irina accelerò ancora, dando un ultimo colpo all'autostima di Selena, lasciando che nelle orecchie le si imprimesse il ruggito di quel motore. Qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe dovuto ricordarlo per il resto dei suoi giorni, da vincitrice o da perdente. Perché codarda lo sarebbe stata in entrambi i casi.

Poi, Irina ingranò la retromarcia e fece voltare la LaFerrari, che sembrava solo voler irrompere nel box della Torec e spaccare tutto. Lentamente, senza guardarsi indietro, tornò verso l'ingresso della pista tra un'ala di folla, tra applausi e fischi. La gara delle supercar era appena terminata, lo capì dalla voce di Wheldrim che raggiante declamava il terzo posto di Gert Carlsson, eppure l'attenzione sembrava essersi calamitata su di lei.

Non tornò ai box; si diresse direttamente verso la griglia di partenza, prima fra tutti. Si sistemò al penultimo posto, quello che le spettava dopo la gara disastrosa del giorno prima, e si infilò il casco, rimanendo in attesa.

Dagli spalti vedeva la folla osservarla stranamente silenziosa, qualche collo che si allungava per leggere bene cosa c'era scritto sul cofano della sua auto. Vedeva la gente darsi gomitate, indicare la Ferrari, sussurrarsi qualcosa.

<< Bè, signori e signore, direi che le voci che sono girate in questi giorni riguardo alla misteriosa pilota della Fenix siano vere, a giudicare da quello che vedo sul cofano della LaFerrari schierata in griglia >> disse Wheldrim, che per la prima volta sembrava più preoccupato che eccitato, << In questo momento abbiamo Irina Dwight in gara, nota ex pilota clandestina e ancora più nota poliziotta di Los Angeles... Avrete tutti sentito parlare della ragazza con una utilitaria italiana che ha dato la caccia ai piloti clandestini in California. Bè, in questo momento è a bordo di una LaFerrari nera e sembra aspettare che la gara cominci, proprio qui al Nurburgring >>.

Il pubblico sembrava basito, come se non sapesse se credere o meno alle parole di Wheldrim. Irina si sporse appena, gettando un'occhiata verso la terrazza panoramica, dove i privilegiati avrebbero seguito la corsa. Howard McDonall era tra loro, e fissava la sua auto con quell'espressione che anche a distanza Irina riconobbe come fastidio. Abbassò il finestrino dell'auto e lo salutò con la mano, scatenando un boato improvviso del pubblico.

<< Non ricordavo sapessi essere così esibizionista >> disse una voce dentro il suo orecchio.

La Lamborghini Centenario di Dimitri si dispose qualche metro dietro di lei, ultima, e Irina guardò nello specchietto retrovisore. Sorrise, mentre si infilava i guanti di pelle, il muso a cuneo dell'auto che sembrava intimarle di farsi da parte.

<< Forse sono molto peggio di quanto ricordavi >> ribatté Irina.

Sentì Dimitri ridacchiare.

<< Facciamogli il culo, Fenice >> disse solo.

<< E' il minimo che farò >>.

In quel momento, alle loro spalle il rombo sordo delle altre Hypercar che si avvicinavano irruppe nell'aria, scatenando l'entusiasmo del pubblico.

Per prima arrivò la Pagani Huayra grigia di Jorgen Velasquez, che si diresse verso il suo quarto posto con noncuranza; poi fu la volta della Porsche 918 della Techart, terza. Per ultime, la McLaren 570 bianca e la Lamborghini Reventon nera. Si sarebbero disposte come prima e seconda, ma prima di raggiungere il vertice della griglia, le due auto si fermarono proprio di fianco a lei. Insieme.

Il finestrino nero della McLaren si abbassò lentamente, rivelando la faccia dai tratti affilati di Felix Moreau. Sull'auto che doveva essere di Boris Goryalef.

Irina non capì, poi l'istinto le fece voltare la testa verso la Reventon nera: dentro c'era l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere.

Selena Velasquez.

La donna le mostrò il dito medio, prima di richiudere il finestrino, e Irina rimase spiazzata. Era qualcosa che non si era aspettata...

"Puttana".

La Reventon la superò con estrema lentezza, fermandosi al secondo posto, i fari a freccia accesi di rosso.

Alla fine Selena si era esposta; a sorpresa, aveva preso il posto di Felix a bordo della Lamborghini ed era scesa in pista. Ora il problema era capire se la donna aveva ereditato le capacità dello Scorpione al volante oppure no.

<< Questo Nina non ce lo aveva anticipato... >> mormorò nel microfono.

<< No, ma la Velasquez deve essere stata sufficientemente furba da tenere la cosa per se fino alla fine >> rispose Dimitri.

Effetto sorpresa.

<< Credi sia brava? >>.

<< Molto probabilmente sa guidare una supercar, e altrettanto probabilmente Moreau deve averle insegnato qualcosa >> rispose lentamente Dimitri, << Ma non è una pilota. E' una principiante, Fenice, lo vedo >>.

<< Da cosa? >>.

<< Impugna il volante troppo in alto >> rispose il Mastino, << E tiene il piede sul freno >>.

Irina rimase in silenzio, e spostò gli occhi sulla Reventon. Per lei poteva esserci seduto chiunque, un pilota, un bambino, un novellino; si stupì nel sentire la sicurezza nella voce di Dimitri, che sembrava in grado di inquadrare il suo avversario con una sola occhiata.

Ora capiva perché era il numero uno della Black List.

<< Allora cosa ci fa qui? >>.

Ma Irina si rispose da sola: Selena voleva umiliarla un'ultima volta, e avrebbe cercato di vincere quella gara con l'imbroglio, usando Felix e Jorgen contro di lei.

<< Preoccupati solo di arrivare prima, Fenice >> disse Dimitri.

<< Lo farò >>.

<< Piccolo cambio di schieramento per la Torec, che porta ben tre auto alla finale delle Hypercar >> commentò Wheldrim, << Pare che uno dei piloti sia impossibilitato a correre la gara, ed è stato sostituito dal pilota di riserva, Selena Velasquez. C'è stato però uno scambio di auto tra lei e l'ex pilota di rally Felix Moreau. Mi dicono dalla regia che il regolamento non prevede alcuna penalità in questo caso... L'ordine di partenza per i piloti è rimasto invariato, ma oggi la Reventon sarà guidata dalla Velasquez e la McLaren da Moreau, rispettando la qualifica dei piloti, non delle auto >>.

Irina dubitò che non ci fossero sanzioni per un cambiamento del genere, ma forse Selena sapeva con chi parlare anche al Nurburgring. Strinse il volante e rimase in attesa.

Il pubblico gridava, mentre lei respirava a fondo e osservava la strada. Nella sua testa, il circuito sfilò curva dopo curva, nitido, sgombro.

La sua mente c'era.

Respirò di nuovo, a fondo, profondamente.

Il suo corpo c'era, lo sentiva.

"E' l'ultima. Vinci questa Irina e hai davvero vinto tutto".

I semafori si accesero di rosso, e lei disabilitò il launch control della Ferrari. Sfiorò il pedale dell'acceleratore, appoggiò il dito sulla paletta del cambio e attese, mentre tutto intorno a lei calava il silenzio. Un silenzio che forse era solo dentro la sua testa, ma che le servì a recuperare la concentrazione.

Per un attimo, sembrò di essere in un tempio. Sentiva il suo cuore battere, e sentiva i pistoni del motore V12 muoversi dietro di lei, sentiva il vento accarezzare appena la carrozzeria...

Poi, i semafori si spensero e il piede di Irina si abbassò.

Fu come vedere tutto al rallentatore.

La Pagani Huayra davanti a lei non si mosse, come cristallizzata; e la McLaren 570, come lei, rimase con le gomme inchiodate all'asfalto. Irina si trovò davanti un muro di auto in un circuito senza spazio, mentre la Reventon schizzava in avanti come un proiettile, facendo pattinare le ruote e sollevando una nuvola nera di gomma bruciata.

Il pubblico trattenne il fiato, e fu come se a farlo fosse lo stesso circuito.

<< Ops! Sembra che Moreau e Jorgen Velasquez abbiano un problema! >> gridò Wheldrim.

Problema o no, Irina capì di essere appena stata fregata.

Le avrebbero fatto perdere tempo.

Imprecò, nello stesso istante un cui sia la Huayra e la 570 ripartirono all'improvviso. Affondò il piede sull'acceleratore e spinse in avanti la Ferrari con tutta la potenza messa a disposizione dal V12. Nel suo specchietto retrovisore Dimitri la seguiva a ruota, e Irina si rese conto che la gara era appena iniziata ed erano già nei guai.

L'asfalto sfilò rapido sotto le sue ruote, lasciandosi dietro gli spalti e i box del circuito, ma soprattutto la voce del pubblico. Rimasero lei, il ringhio del V12 della LaFerrari e il grido feroce della Centenario alle sue spalle.

<< Vogliono far vincere Selena ostacolandoci >> ringhiò nel microfono.

<< E' pur sempre una principiante, Fenice, puoi riprenderla >> ribattè lui.

Fiducia.

Quello era ciò che era sempre mancata a Xander.

Il lungo rettilineo del Tiergarten, il primo subito dopo la partenza, finì con lei la Centenario in ultima posizione, mentre la Porsche 918 della Techart proprio davanti a loro, rallentata dalle auto della Torec. La seguì da vicino, cercando di elaborare una strategia...

<< Non possiamo farle prendere vantaggio... >> ringhiò, mentre affrontava la curva del Hatzenbach, le ruote della LaFerrari che artigliavano l'asfalto e la forza centrifuga che la schiacciava al sedile.

<< Supera la Porsche, Fenice >> rispose Dimitri, << Ti seguo >>.

Irina puntò la 918 davanti a lei, mentre il pilota della Techart pennellava le curve e si teneva al centro della carreggiata, per impedirle di tentare un sorpasso. Si piazzò dietro di lui, sfruttando la sua scia, mentre il motore della Ferrari ringhiava sordo e la lancetta del tachimetro schizzava in alto.

Ricordava a memoria il circuito: subito dopo la Aremberg c'era un rettilineo lungo un chilometro e mezzo, e subito dopo tre difficili curve a destra. Poteva sfruttare quel punto per superarlo.

<< Alla Kallenhard >> disse solo.

<< Ok >>.

Irina rimase in scia della Porsche, accelerando per innervosirla, avvicinandosi e allontanandosi in un gioco simile al gatto e il topo; il pilota sembrò abboccare, perché si sentì costretto ad aumentare l'andatura, e le sue manovre divennero meno pulite.

Poi, inesorabile, la curva a gomito della Kellanhard, con i suoi alberi scuri a farle da contorno, si stagliò davanti a loro.

Irina accelerò.

La Porsche continuò a correre.

La LaFerrari anche.

Irina strinse il volante, e i fari posteriori della Porsche si accesero di colpo mentre inchiodava.

Con uno stridore assordante, il posteriore della 918 perse aderenza e scodò, mentre il pilota della Techart tentava in ogni modo di prendere la corda della curva e impostarla nel modo giusto. Allargò, sfiorando i cordoli, e Irina sfruttò il minuscolo spazio alla sua destra per superarlo, la Centenario che le rimase incollata come un francobollo sfilando l'avversario.

Poi curva a destra e di nuovo destra.

Irina affondò il piede sull'acceleratore, la Ferrari che balzò in avanti, i fari rossi della Pagani Huayra a un trenta metri da lei, e più avanti la McLaren di Felix. La Reventon diventava sempre più piccola all'orizzonte, mentre prendeva terreno con un guida sporca e imprecisa.

"Avanti, avanti, avanti...".

La Pagani era larga e sembrava instabile, davanti al muso della LaFerrari, e Irina cercò di capire come poter passare indenne. Sicuramente al primo tentativo di sorpasso Jorgen avrebbe tentato di farla uscire fuori strada...

<< Ti faccio strada Fenice >> disse Dimitri all'improvviso, << Lasciami passare >>.

<< Sei sicuro? >>.

<< Ti porto davanti >>.

Irina guardò nello specchietto retrovisore, e con un colpo secco di acceleratore la Centenario la superò, dirigendosi a tutta velocità verso la Huayra.

Fu come un proiettile, o qualcosa di molto simile.

Dimitri si piazzò di fianco alla Pagani e nel giro di qualche secondo ne copiò o ogni mossa, né copiò il ritmo, persino le sbavature. Jorgen si ritrovò una copia di se stesso alla sua destra, una copia che tentò di speronarlo nell'esatto istante in cui lui cercò di speronare la Centenario.

La prossima era una curva a gomito, e Irina capì che Dimitri voleva sfruttare quella per farla passare. Lì avrebbero rallentato per forza.

Fece l'unica cosa che poteva avere senso, e il fatto che non sentì la voce di Dimitri nell'orecchio le diede conferma che era quella giusta. Si piazzò dietro la Huarya, mentre sentiva il ruggito del motore a pochi centimetri dal suo muso.

La Centenario accelerò, la Huayra anche, e Irina vide le due auto fianco a fianco affrontare a velocità assurda il rettilineo del Klostertal, il verde del bosco che sfrecciava ai lati e sembrava solo una macchia indistinta e senza forma intorno a loro.

Un bagliore rosso, e sia la Centenario e sia la Pagani rallentarono, ma non abbastanza da non far fischiare le ruote sull'asfalto. La Centenario all'interno della curva, la Pagani all'esterno...

Dimitri allargò, e la Huarya si spostò a destra, le ruote che salirono sui cordoli e pezzi di erba che si staccarono dal prato mentre la tentava di rimanere in strada.

Rapidissima, la Centenario si spostò a sinistra e Irina approfittò dello spazio creato: superò le due auto e passò avanti, mentre Dimitri tornava fianco a fianco a Jorgen.

<< Prendi Moreau, Fenice >> disse solo il Mastino.

I fari a mandorla della McLaren le brillavano proprio davanti, e Irina non dovette nemmeno chiedersi quanto vantaggio potesse avere Felix su di lei: era nullo, perché nell'esatto istante in cui lei guardò avanti, lui rallentò.

Il suo obiettivo era ostacolarla; quello di Irina era vincere.

Le gomme della LaFerrari artigliarono l'asfalto, quando accodata alla McLaren imboccò il corridoio del Karussel, il tratto più brutto dell'intero circuito. La pista era disseminata di scritte bianche, pietroline, buche, ma quello che faceva più impressione erano le strisce nere di gomma bruciata, le inchiodate di chi era finito fuori strada o di chi aveva rischiato di farlo.

Irina però non frenò. Accelerò fino all'ultimo, mentre le ruote della McLaren sparavano ghiaia di pezzi di gomma, e lei gli rimaneva incollata al posteriore. Lontano, veloce, vedeva la Reventon che li distanziava sempre di più.

Felix la stuzzicò muovendosi a destra e a sinistra, percorrendo le curve dolci del Pflanzgarten con tutta l'intenzione di farla innervosire; era bravo, le capacità acquisite nei rally lo rendevano in grado di dominare le curve con sicurezza e di non perdere la concentrazione. Mancavano un paio di chilometri al termine del primo giro, e Irina capì che doveva darsi una mossa se voleva raggiungere Selena.

Accelerò, la Ferrari che schizzò in avanti come un proiettile, ma Felix fece altrettanto e le chiuse la strada; Irina frenò, perdendo un paio di metri, gli occhi che guizzavano dalla carreggiata davanti a lei allo specchietto retrovisore, dove la Centenario di Dimitri continuava a tenere testa a Jorgen e alla sua Pagani.

Felix teneva il gioco; guidava con precisione, senza commettere errori, ma soprattutto senza avere paura di azzardare. La McLaren si muoveva tra le curve agile e precisa, impostando ogni curva con la giusta angolazione...

"Non può essere più forte di me... Non può essere più forte di me".

Irina digrignò i denti, mentre percorreva l'ultima curva a gomito...

Il rettilineo del Antoniusbuche si stagliò davanti a lei inesorabile, e l'unica cosa che Irina fece fu affondare il piede sull'acceleratore e spingere la Ferrari al massimo consentito.

Il tachimetro sembrò impazzire, mentre Irina veniva assordata dal V12 alle sue spalle e sfruttava la scia creata dalla McLaren; gli spalti si avvicinarono a velocità assurda, il boato del pubblico che riusciva a coprire anche il rombo dei motori...

<< E al secondo posto c'è Moreau! >> stava gridando Wheldrim, << Che gara assurda, ragazzi! La biondina stia facendo le scarpe a tutti! Ehi ma... Che sta succedendo?! >>.

Il muretto dei box sfrecciò di fianco a Irina come un'unica, indistinta striscia grigia, la LaFerrari che ruggiva come una bestia mentre inseguiva la McLaren...

Guardò nello specchietto, e l'unica cosa che vide fu la Centenario e la Huayra appoggiate l'una all'altra, le fiancate che stridevano e il metallo che si piegava, mentre si spingevano l'una con l'altra...

<< La gara sta degenerando! >> iniziò a gridare Wheldrim, << Qualcuno intervenga! >>.

In un attimo, la Safety Car, una BMW M5 con i lampeggianti accesi, uscì dalla corsia dei box a tutta velocità, forse nel tentativo di fermare la gara.

La Centenario si spostò a sinistra, evitandola, ma la Huayra non fece nemmeno lo sforzo di provarci.

Con un botto assordante, la BMW venne scaraventata in avanti dal muso della Pagani, andando in testa coda e finendo sul prato, la portiera accartocciata e i lampeggianti spenti, e il pubblicò levò un grido agghiacciato.

Irina spostò lo sguardo dallo specchietto alla strada davanti a lei per una frazione di secondo, prima di tornare a guardare alle sue spalle.

Dimitri sembrò decidere che fosse abbastanza, perché accelerò e costrinse la Pagani a correre sull'erba, rallentandola.

<< Vai Fenice, vai! >> ringhiò il russo.

Irina tornò a guardare i fari della McLaren.

Aveva un giro, trenta chilometri e più o meno nove minuti per superare Felix e riprendere Selena.

<< Selena ha quasi trenta secondi di vantaggio... >> aggiunse Dimitri.

Irina imprecò.

Era a trenta secondi di distanza da Selena, ed era un'eternità.

Per un attimo, si vide perdente, si vide tagliare il traguardo dietro una pazza psicopatica che non aveva la patente, umiliata da una donna che non era nemmeno una pilota clandestina...

"No".

Irina accelerò.

Felix si spostò bruscamente a sinistra, e lo fece solo per intralciarle la strada. Lei frenò appena, superò l'ultimo tratto di spalti e si ritrovò davanti di nuovo la Tiergarten.

No, non poteva farsi battere.

Irina affondò il piede sull'acceleratore, e la Ferrari schizzò in avanti, fino a sfiorare il posteriore della McLaren. Forse Felix non si aspettava un attacco così diretto, perché per un secondo sembrò quasi volersi fare da parte...

Poi però cambiò idea, e con uno scatto le venne addosso.

Lo specchietto della Ferrari cozzò contro quello della McLaren, e Irina strinse i denti mentre teneva stretto il volante e cercava di non finire fuori strada. Sentì la vernice scrostarsi dalla carrozzeria, la 570 che la spingeva con forza verso sinistra...

La LaFerrari tremò, quando le ruote incontrarono i cordoli e poi il bordo del prato. Zolle d'erba volarono per aria, il muro del Nurburgring che incombeva sempre più vicino a lei...

Irina decise che non aveva tempo per giocare; se voleva prendere Selena doveva passare Felix subito, immediatamente.

L'Aremberg sarebbe stata perfetta.

Alle sue spalle, lo specchietto retrovisore della Pagani Huayra si staccò e volò via con un fischio, mentre Dimitri intralciava Jorgen tenendolo a bada...

Felix era bravo, pennellava le curve con precisione, quindi non poteva sperare in un suo errore; non poteva nemmeno cercare di fargli commettere uno sbaglio, non avrebbe abboccato, era troppo furbo.

L'Aremberg, curva a gomito chiusa a destra, si delineò all'orizzonte, mentre le lancette del contagiri della LaFerrari schizzavano in alto e Irina stringeva il volante.

Aveva una sola possibilità, e non poteva sbagliare.

Felix Moreau poteva anche essere il migliore pilota di rally del mondo, poteva essere preciso quando voleva, poteva avere anche un'auto più potente, ma non era un pilota clandestino. Non era abituato a quello con cui Irina era cresciuta: l'assenza di regole, e l'assenza di regole voleva dire saper trovare la strada dove la strada non c'era.

Irina affiancò la McLaren e accelerò; lei e Felix rimasero fianco a fianco, lui all'esterno e lei all'interno della curva...

"Questo non lo sai fare, Moreau".

E Irina tirò il freno a mano.

Con un colpo secco, le ruote della LaFerrari pattinarono sull'asfalto, mentre l'auto si girava tutta di lato, strisciando le gomme con un fischio assordante. Irina controsterzò, mentre la Ferrari sfilava la McLaren in un turbine di verde e di cavalli imbizzarriti...

Poi, affondò il piede sull'acceleratore, e il V12 della LaFerrari la spinse in avanti a velocità folle, lasciando dietro di sé nient'altro che gomma consumata... E Felix Moreau.

<< Vai Fenice, prendila >>.

La voce sicura di Dimitri le solleticò l'orecchio, e Irina sorrise.

Non ci fu bisogno di dare risposte; la Ferrari ringhiò e si catapultò all'inseguimento della Lamborghini Reventon.

Per un attimo, Irina si ritrovò indietro nel tempo, durante la sua prima gara da pilota clandestina con la Punto, quando nessuno avrebbe mai immaginato di vederla vincere. Allora era stato così: era partita ultima, ma a metà aveva trovato la sua guida. E prima di rendersene conto, aveva vinto.

In quel momento fu lo stesso.

La LaFerrari non fece altro che rispondere ai suoi comandi, ubbidiente, scalpitante ma controllata, mentre senza mai guardarsi indietro Irina infilava una dopo l'altra le curve. Precisa, perfetta, pulita solo come Fenice poteva essere, solo come la bambina prodigio aveva imparato a fare...

La Kellenhard, la Wehrseifen, la Bergwerk... Le superò tutte, e solo quando arrivò all'imbocco del Karrussel si guardò indietro. Con stupore e orgoglio vide i fari a punta della Centenario accesi, e Dimitri che teneva testa a Jorgen e Felix, esattamente come avevano cercato di fare loro due con lei per ostacolarla.

Poi tornò a guardare in avanti, e la vide.

Selena Velasquez con la sua Reventon era a dieci secondi da lei.

Irina accelerò, percorrendo l'asfalto sconnesso e strisciato del Karrussel a velocità assurda, mentre la Ferrari sembrava quasi prendere il volo. Le gomme stridevano, il motore ruggiva, e in un attimo i fari posteriori della Reventon le furono davanti.

Selena zigzagò nel tentativo di ostacolarla, ma Irina la vide in difficoltà: non avrebbe retto un testa a testa, perché non aveva l'esperienza sufficiente.

Però aveva fegato, e Irina lo scoprì nell'esatto istante in cui le si affiancò a sinistra sull'ultimo rettilineo prima della Galgenkopf.

Selena le venne addosso con tutto il peso della Reventon, e Irina si ritrovò a correre sul prato, mentre lo specchietto destro le volava via in una nuvola di scintille.

Digrignò i denti e sterzò, riuscendo a riguadagnare l'asfalto.

La Galgenkopf le si parò davanti prima che riuscisse a liberarsi, e Irina affrontò la curva con la Reventon agganciata alla fiancata.

Per un attimo, credette di non farcela, che la Ferrari non riuscisse a trattenere la forza centrifuga di due auto e volasse via, andando in testa coda; invece le sue ruote enormi rimasero incollate alla strada, quasi gridando di dolore, sparando fumo nero come se prendessero fuoco, avvinghiate all'asfalto bruciante del Nurburgring.

Poi, con uno strattone, Irina riuscì a liberarsi della Lamborghini e accelerò, lanciando la Ferrari nell'ultimo, velocissimo rettilineo e lasciando dietro di se la Reventon nera.

La folla esplose in un boato assurdo, quando Fenice, pilota della Fenix, a bordo di una LaFerrari nera con il suo nome tatuato sopra, tagliò il traguardo per prima alla folle velocità di trecento chilometri orari e decretava la sua vittoria non solo come persona, ma come pilota clandestina e come donna.

Aveva battuto tutti, anche e soprattutto se stessa.

Irina inchiodò in mezzo alla pista, le orecchie sorde al pubblico e gli occhi incollati allo specchietto retrovisore, mentre il cuore le esplodeva nel petto. Non sentiva niente, se non la sua anima che gridava di gioia.

"E' fatta".

La Reventon si fermò a pochissimi centimetri dal suo posteriore con uno stridore di freni, e Selena Velasquez scese dall'auto, i capelli legati in una coda e gli occhi infuocati di chi non avrebbe mai accettato quella sconfitta...

Però aveva perso, e lo aveva fatto davanti a tutti, davanti al mondo intero, e Irina capì di aver vinto davvero.

Era finita.

Irina Dwight, Fenice, numero uno della Black List, aveva ottenuto la sua vendetta.

Guardò la donna, mentre alle sue spalle la Centenario, la McLaren e la Huayra comparivano all'orizzonte, tre proiettili brillanti che puntavano dritti verso di loro...

Nessuno parlò, nemmeno Wheldrim, perché doveva essere troppo sconvolto dalla gara per poter commentare qualcosa.

Selena si voltò un attimo, giusto in tempo per vedere Dimitri, Felix e Jorgen arrivare a tutta velocità, poi tornò a guardarla.

E sul suo volto si dipinse un sorrisetto, un sorrisetto che fece gelare il sangue di Irina nelle vene.

<< Se credi che questa sia la fine, Irina, ti sbagli >> disse solo, e la sua voce sembrò riecheggiare nel circuito silenzioso come una maledizione, << Questo è solo l'inizio. Se non ti ho potuta battere sul tuo terreno, lo farò dove sei ancora più debole. Eliminerò l'ultima cosa che rimane di tutte le persone che hai amato... E allora non ti rimarrà che piangere >>.

Poi, la McLaren 570 si fermò proprio di fianco a Selena con uno stridore di gomme, e la ragazza salì sopra. Prima che Irina capisse il senso delle sue parole, l'auto sgommò via tra le grida del pubblico e si diresse verso i box a tutta velocità, seguita subito dopo dalla Pagani.

Un attimo, e le due auto sparirono tra la folla.

Selena stava scappando.

No, non era finita.

Era appena cominciata.

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