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Capitolo XLIII


  When I'm standing in the fire

I will look him in the eyeAnd I will let the devil know thatI was brave enough to dieAnd there's no hell that he can show meThat's deeper than my prideCause I will never be forgottenForever I'll fight 


[ The National - I need my girl ] 


Ore 19.30 – Hotel Demeter

Dimitri fissò la bottiglia di vodka trasparente appoggiata in mezzo al tavolo, e i due bicchieri vuoti ai lati che scintillavano sotto la luce del lampadario della camera di Emilian. Era la vodka più forte che veniva prodotta in Russia, una marca che si teneva solo per le grandi occasioni; di solito, si usava per festeggiare l'ingresso di un ragazzo nel mondo degli uomini adulti, facendolo ubriacare con una mezza dozzina di bicchieri e qualche battuta nel mezzo.

La famiglia Goryalef la usava in un altro modo, e Dimitri ricordava benissimo quale fosse.

Arricciò il labbro, mentre spostava gli occhi dal tavolo a suo cugino Emilian, in piedi di fronte alla porta con le braccia incrociate. Era stato lui a chiamarlo lì, subito dopo aver accompagnato Fenice nella sua stanza, e non era usuale che Emilian convocasse la Lince... Aveva accettato di essere lì solo perché si trattava di un membro della sua famiglia, diversamente sarebbe rimasto nella sua camera, da solo, a sbollire una giornata che era stata difficile da gestire sotto tanti aspetti.

<< Ti ricordi ancora come si gioca? >> gli chiese Emilian, facendo un cenno con il volto sfregiato verso la bottiglia. Il liquido bianco, immobile, sembrava brillare di luce propria, rimandandogli alla testa ricordi di un passato lontano, quando tutto sembrava aver perso il suo senso. Quando mentre cercavano la famiglia Buinov in lungo e in largo per distruggerla, si sedevano a un tavolo e cercavano di mantenersi almeno umani a vicenda, di fronte a un bicchiere di alcool e qualche domanda troppo scomoda.

Dimitri tese il collo; non era la giornata giusta per rispolverare vecchi riti di famiglia, non in quel modo.

<< Ti ricordo che ho sempre vinto io >> rispose seccamente.

Emilian incassò la risposta con tranquillità, come se la fosse aspettata. Si avvicinò al tavolo e scostò la sedia.

<< Oggi è diverso >> disse, sedendosi.

<< Sono anni che non facciamo questa cosa >> ringhiò Dimitri, << La tiri fuori ora? >>.

Suo cugino lo guardò per nulla intimidito, la faccia sfregiata seria e scura.

<< Credo sia necessario >> ribatté, << O non hai più le palle per giocare? >>.

Dimitri arricciò di nuovo il labbro, arrabbiato. Si conoscevano da così tanti anni che Emilian sapeva come provocarlo; la sua frecciata voleva costringerlo a fare quello che voleva lui, ma se non fosse stato suo cugino si sarebbe voltato e se ne sarebbe andato.

Il Mastino però decise di accettare. Odiava quel gioco, in realtà; lo aveva sempre detestato, ma se Emilian voleva rispolverarlo forse c'era un motivo e poteva essere importante.

Prese posto di fronte a suo cugino e attese.

Era un gioco molto semplice, un gioco della verità: una domanda a testa, a cui potevi rispondere e dovevi farlo solo con la verità. Se non eri disposto a parlare, dovevi buttare giù tutto d'un fiato un bicchiere di vodka, e nessuno ti avrebbe costretto a rivelare niente. Il poter rispondere o meno era una arma a doppio taglio, però: se decidevi di glissare su tutte le domande e ti scolavi una dozzina di bicchieri, alla fine i tuoi segreti rischiavano di venire fuori lo stesso sotto tutti i fumi dell'alcool. Tradimenti, figli illegittimi, desideri nascosti e gelosie erano stati scoperti proprio con quel gioco. Bisognava essere furbi e oculati, per non farsi fregare.

Erano passati cinque anni dall'ultima volta in cui Dimitri si era seduto con Emilian a fare quel gioco, ed era stato durante il suo ultimo viaggio a Mosca, poco prima dell'arrivo a Los Angeles di Alexander Went e della cattura di Challagher. Allora suo cugino gli aveva posto una semplice domanda: quando sarebbe tornato in Russia definitivamente?

"Mai".

Negli anni in cui era stato a Mosca, quando le faide tra le varie famiglie mafiose erano diventate particolarmente violente e sanguinarie, quel gioco era stato molto di moda. Dimitri aveva sviluppato la sua resistenza all'alcool così, eludendo domande su domande, mentre la vodka gli scendeva lungo la gola e si fermava lì, senza nemmeno più dargli alla testa, smettendo anche di bruciargli lo stomaco.

Lora glielo aveva sempre detto: con quel gioco avrebbe finito per morire. La sorte aveva deciso che fosse il contrario.

Emilian avvicinò la bottiglia e tolse il tappo, riempiendo i due bicchierini in silenzio.

Dimitri guardò il liquido trasparente, ma in quel momento la sua mente era da un'altra parte: Irina era stata male, così male quasi da non riuscire a finire la gara, e lui sapeva il perché. Sapeva che Fenice aveva prosciugato tutte le sue forse alla ricerca di una vendetta che non le avrebbe mai dato davvero la pace, perché era dentro di lei che si stava consumando tutto.

<< Fenice? >> domandò alla fine, anche se sapeva che poteva uscire da lì e percorrere una decina di metri, per vederla. Le loro stanze erano tutte vicine.

Suo cugino alzò gli occhi su di lui, la cicatrice sulla guancia che si tese mentre parlava.

<< Ora sta meglio >> rispose solo, << E mi ha detto di riferirti che sarà presente alla Cena di Gala stasera, non perché ci vuole andare, ma perché ci deve andare >>.

Dimitri annuì. Certo che doveva essere presente; dopo quello che era successo quel pomeriggio, Fenice non poteva sparire dalla circolazione facendo girare voci strane su di lei. Doveva mostrarsi forte anche se non lo era, anche se non aveva voglia. Come sempre però non c'era bisogno di dirglielo: era conscia di cosa andava fatto.

Emilian gli porse il bicchiere e Dimitri lo avvicinò. Suo cugino sapeva che quella sera non poteva permettersi di bere troppo, perché aveva un cena a cui partecipare e il giorno seguente una gara da vincere, ma valeva per entrambi. Molto probabilmente si trattava solo di una formalità, perché sapevano tutti e due che volevano la verità l'uno dall'altro, indipendentemente da quando alcool potevano o non potevano ingerire.

<< Inizia tu >> disse Emilian, mentre le sue cicatrici si fecero più profonde, sotto la luce sempre più soffusa che proveniva dalla finestra.

Dimitri storse il naso.

<< E' un maschio o una femmina? >> domandò di getto.

Emilian abbassò la testa e sorrise. Ivana era incinta, Dimitri lo sapeva da quattro settimane; era rimasta una cosa tra loro perché sembrava essere una gravidanza difficile, vista la salute non troppo forte di Ivana. Ora il periodo critico era passato, ma Emilian continuava a rimanere riservato sulla questione.

<< Un maschio >> rispose alla fine.

Dimitri alzò il bicchiere in segno di augurio. Un maschio. Qualcuno lo avrebbe definito fortunato, ma per Dimitri non c'era differenza: sarebbe stato comunque un Goryalef, qualsiasi fosse stato il suo sesso. Quello che era davvero importante era che crescesse in un posto sicuro e che alla fine potesse scegliere che vita fare.

Fece uno strappo alla regola e buttò giù la vodka in onore della rivelazione, con Emilian che fece altrettanto. La situazione non lo permetteva, ma era usanza nella loro famiglia festeggiare con una cena e molti brindisi, alla notizia dell'arrivo di un nuovo bambino. Era una delle poche occasioni di festa che Dimitri tollerava e apprezzava, in qualche modo.

<< Tocca a te >> lo incitò Dimitri, appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo.

Emilian sembrò pensare alla sua domanda, o semplicemente studiò il modo migliore per porla. Fissò il liquido trasparente della bottiglia e poi spostò gli occhi scuri su di lui.

<< Se domani morissi, Dimitri, sapresti cosa prova Fenice per te? >> chiese.

La domanda cadde nel silenzio, e l'unica cosa che il Mastino fece fu stringere il bicchiere e dilatare le narici. Si era aspettato quella domanda; se l'era già posta da solo. E si era già dato anche una risposta.

<< No, non lo saprei >> rispose freddamente, << E non mi servirebbe saperlo. Non voglio saperlo >>.

Nelle iridi di Emilian vide una punta impercettibile di divertimento, e quello lo irritò. Si erano sempre capiti, ma forse non questa volta.

Non importava cosa provava Fenice, non importava che lui morisse e non lo sapesse; in qualsiasi modo sarebbero andate le cose, il giorno seguente a quella stessa ora sarebbero stati due estranei. Non per scelta, per necessità. Per salvarsi Fenice avrebbe dovuto andarsene, andarsene in qualsiasi posto sufficientemente lontano da lui, punto. Il resto erano dettagli, dettagli che pur importanti avrebbero reso tutto più difficile, se messi in luce.

<< Quando ti ho detto che eri fottuto, Dimitri, era a questo che mi riferivo >> ribatté Emilian.

Dimitri fece una smorfia.

Si riferiva al fatto che il Mastino, la Lince o come diavolo si facesse chiamare, era disposto a farsi umiliare, a farsi prendere a schiaffi in faccia, a lasciare la sua latitanza e ad annullarsi, pur di stare di fianco a Fenice. si riferiva al fatto che Dimitri era lì solo perché lì c'era Irina, e per nessun'altro motivo, in modo incondizionato, in modo disinteressato, in modo... In che modo?

<< Credi che non lo sappia? >> ringhiò il Mastino in risposta.

Emilian si strinse nelle spalle, e gli fece cenno di porre la sua domanda. L'irritazione rendeva Dimitri poco incline alle chiacchere, ma le regole andavano rispettate.

<< E' stata Vilena a chiederti di farmi questa domanda? >>.

<< No, non sento tua sorella da un po' >> rispose Emilian, << E' stata una mia idea >>.

<< Diventare padre ti sta rammollendo, allora >> commentò Dimitri, sarcastico. << Eri tu quello che voleva mandare via Fenice nell'esatto istante in cui l'hai vista mettere piede in casa nostra >>.

<< Allora ho sbagliato e me ne pento >> disse suo cugino, senza alcuna ombra di imbarazzo nella voce, << Non avrei dovuto giudicarla senza conoscerla >>.

<< Sbagliano tutti >> disse Dimitri, seccamente.

Aveva sbagliato anche lui, tanti anni prima. Aveva etichettato Irina come una ragazzina in cerca di avventura, una spiantata che credeva di aver trovato la propria strada al fianco di William Challagher, sciocca e ingenua. L'aveva guardata con quegli occhi per anni, l'aveva guardata crescere e smettere di essere una bambina nell'animo, senza mai rendersi davvero conto di chi aveva davanti. L'aveva lasciata affogare nel suo dolore senza sapere che avrebbe potuto tenderle una mano per aiutarla, che avrebbe potuto semplicemente osservarla meglio per capire che Fenice era quella che poteva riportarlo indietro... Invece no, non l'aveva vista, forse perché allora era lui stesso a non volersi concedere una nuova possibilità. O forse era ancora semplicemente cieco.

Emilian roteò il bicchiere di vodka, il liquido che si muoveva lento e trasparente all'interno del vetro.

<< Vuoi che Fenice se ne vada lontano da noi? >> domandò.

<< Sì >> rispose seccamente Dimitri, << Voglio che una volta finito tutto questo, se ne vada e trovi il suo posto nel mondo >>.

<< E lei non volesse? >> lo interruppe Emilian.

Non toccava a lui chiedere, ma la questione era importante, tanto da richiedere uno strappo alla regola.

<< Non mi interessa che cosa vuole o non vuole, in questo caso >> ringhiò Dimitri, << Io non ho niente darle, se non una vita da latitante e troppa, fin troppa violenza. Non starò qui a discutere qualcosa che è già deciso. Io sono Dimitri Goryalef, sono la Lince, sono quello che ha tradito Challagher, e lei lo sa. Sa meglio di me e di te che se domani sarà ancora qui, l'unica cosa che vorrà fare sarà dimenticare tutto questo, dimenticare la Black List, dimenticare Challagher e dimenticare Went. Lei tornerà alla sua vita, e io tornerò alla mia >>.

Di fronte al suo tono, Emilian non cambiò espressione; roteò nuovamente il bicchiere e lo guardò dritto in faccia.

<< Finiscila di dire stronzate, Dimitri >> ribatté, << Finiscila di rifilarmi queste scuse idiote. Sarai pure un assassino, sarai pure un criminale, ma tu vuoi Fenice come non hai mai voluto nient'altro nella tua vita, e questo domani non cambierà. Non puoi negarlo >>.

In quel momento, Dimitri avrebbe solo voluto ribaltare il tavolo e andarsene. Non si trattava di negare; non avrebbe mai negato che se solo avesse potuto, se solo non si fosse chiamato Dimitri Goryalef e non fosse stato nella situazione in cui era, avrebbe passato il resto dei suoi giorni a cercare il modo migliore per rendere Fenice una ragazza serena, o quando di più vicino alla felicità fosse riuscito. Non avrebbe mai negato che con quel nuovo taglio di capelli era più bella, e che se mai l'avesse vista un'altra volta con quell'abito bianco e nero si sarebbe chiesto di nuovo, più e più volte, quale sarebbe stata la sensazione nell'abbassare quella maledetta cerniera... Non avrebbe mai negato che quella notte in Russia qualcosa era sfuggito al suo controllo, e che un pezzo di Fenice era rimasto dentro di lui.

<< Che cosa speri di ottenere, con tutto questo? >> ringhiò, infuriato, << Credi che se stanotte chiudo Irina nella mia stanza con me per usarla come bambola giocattolo, domani mattina ci sveglieremo e tutto sarà cambiato? Non cambierà un cazzo, non oggi, non domani, e nemmeno tra una vita >>.

Al diavolo la vodka, al diavolo il loro stupido gioco, al diavolo i rapporti di parentela e tutto il resto. La sua fedina penale era quella che era, e sarebbe solo peggiorata.

<< Non voglio dire questo... >> ribatté Emilian, arrabbiato.

<< Non mi sono mai intromesso nelle vostre vite >> continuò Dimitri, gelido, << Non vi ho mai detto cosa dovevate fare o non dovevate fare con le vostre donne. Non ti ho mai detto che Ivana sarebbe stata o no un'ottima moglie e madre... Non accetterò nessun consiglio, perché sono libero di scegliere secondo la mia testa, esattamente come lo siete voi >>.

<< Allora perché non hai scelto Darina? >> sbottò Emilian.

Anche questa domanda era volta a provocarlo, e ci riuscì. Dimitri strinse il bicchiere vuoto e fissò suo cugino.

<< Darina è uguale a qualsiasi altra >> ringhiò in risposta.

<< Allora sii egoista e prenditi quello che vuoi >> ribatté Emilian, << Per una volta fa quello che vuoi fare, non quello che devi >>.

La vena sul collo di Dimitri si gonfiò, quando la rabbia lo invase. Emilian era suo cugino, e non poteva capire; nessuno della sua famiglia poteva capire. Erano tutti discorsi bellissimi, ma lui vedeva esattamente le cose come stavano: Irina non era Darina, non era Vilena, non era Ivana. Non avrebbe tollerato una vita da criminale, non avrebbe chiuso gli occhi facendo finta di non sapere chi era davvero il Mastino; Dimitri non poteva cancellare con un colpo di spugna i suoi crimini e la sua fedina penale, non era in grado di farlo, non ne aveva i mezzi.

<< No, non lo farò >> rispose alla fine.

Dalle labbra di Emilian sfuggì un sospiro; riempì i due bicchierini e chiuse la bottiglia. Poi, appoggiò le braccia sul tavolo, congiungendo appena le mani. Per un attimo, gli ricordò suo padre, quel padre che aveva sempre saputo cosa andava fatto, ma non si era mai chiesto se fosse giusto.

<< Tu ami Irina Dwight, Dimitri? >> domandò.

Il Mastino rimase in silenzio, e per la prima volta nella sua lunga esistenza si ritrovò in difficoltà.

Non era certo di cosa significasse amare, perlomeno amare qualcuno che non fosse della sua famiglia. Nella sua vita non si era mai innamorato di nessuno, e tutto ciò poteva essere assimilato come affetto era stato rivolto solo a sua sorella, ai suoi fratelli, ai suoi cugini, a chi era sangue del suo sangue. Nessuno estraneo, nessuno "di fuori" era mai stato oggetto di quel genere di sentimenti.

Ma Irina era tutta un'altra storia. Non rientrava in nulla di quello che aveva già vissuto.

E ogni sua azione, ogni mossa del Mastino, messe una dietro l'altra, andavano in una sola e unica direzione.

Dimitri afferrò il bicchiere di vodka e la buttò giù tutta d'un fiato, gli occhi fissi in quelli scuri di Emilian. Negare una risposta a quella domanda era già di per sé una risposta.

Suo cugino ridacchiò.

<< E sia, Dimitri >> disse, << Se lasciare andare Irina al suo destino è quello che vuoi, io non interferirò. Ma non ferirla più come hai fatto oggi e come hai fatto in passato, perché per me, per Ivan, per Vilena, per Yana, per Serjey e per Iosif è diventata un membro della nostra famiglia. E se le farai del male, io la difenderò, anche a costo di mettermi contro di te >>.

Il Mastino osservò l'espressione di suo cugino, e capì che era serio.

Capì che Fenice era riuscita anche a conquistare anche Emilian, il più scontroso, il più cattivo e il più integralista dei suoi cugini. In punta di piedi e con la dolcezza si era introdotta nelle loro vite e le aveva stravolte, guadagnandosi di diritto un posto nella loro famiglia.

<< Non voglio farle del male, voglio solo tenerla lontana >> ribatté Dimitri.

<< Trova un modo diverso per farlo >> ribatté Emilian, << Domani sera sarete due estranei. Lasciale almeno un buon ricordo di te >>.

Un buon ricordo... Irina avrebbe voluto davvero ricordarlo?

Dimitri fece una smorfia e si alzò, perché per lui la conversazione era finita. Lasciò Emilian alla sua bottiglia di vodka e alle domande che non gli avrebbe posto, e uscì dalla camera, ancora nervoso.

Trovò davanti alla porta della sua stanza Nina Krarakova, i capelli legati in una coda bassa e la camicetta sapientemente slacciata appena poco sopra il seno. Un ricciolo ribelle le incorniciava il viso, dandole un'aria falsamente trasandata, e la sua vista gli provocò ulteriore fastidio. Forse Fenice si era offerta di aiutarla, ma questo non significava che dovesse piacergli.

<< Cosa vuoi? >> le ringhiò.

Nina sbatté le palpebre e non fece una piega, di fronte al suo tono; che le parlasse bene o male, non sembrava esserne scalfita.

<< Niente >> rispose lei, con un'alzata di spalle per nulla involontaria, << Solo dirti di dare un'occhiata alla tua Fenice, stasera >>.

"La sua Fenice"...

Fenice non era di nessuno, figuriamoci se era sua.

Inarcò un sopracciglio, e Nina capì di dover aggiungere qualcosa, alla sua rivelazione.

<< So che Boris Goryalef ha sempre avuto un debole per la Dwight >>disse.

Dimitri arricciò il labbro; non era la serata giusta per provocarlo, e tutti sembravano non voler fare altro.

<< Grazie >> disse solo, prima di sparire nella sua stanza.

Persino Nina si preoccupava di Irina.

Appoggiò le mani sul davanzale della finestra e fissò il pavimento, infuriato. Tutti credevano che stesse facendo la cosa sbagliata, ma nessuno vedeva davvero le cose come le vedeva lui. Credevano che ferirla non lo scalfisse, credevano che fosse così convinto delle sue azioni da poterne sopportare le conseguenze, ed era così. Poteva sopportare, avrebbe sopportato, ma ogni giorno era sempre più dura. Ogni istante passato con lei era un briciolo di luce guadagnata, un istante di vita che riprendeva, ed essere costretti a tenere gli occhi chiusi, per non rimanere abbagliati da quella luce, era straziante.

"E se domani morissi?".

Poteva succedere; poteva accadere che il Mastino finisse ammazzato; poteva anche accadere che lui non riuscisse a proteggere Fenice come era successo con sua sorella e fosse lei a morire. A quel punto, cosa sarebbe rimasto di loro? Una notte consumata in fretta e con rabbia, credendo di usarsi a vicenda?

Emilian però gli aveva posto le domande giuste.

Forse era l'ultima possibilità che aveva per raccogliere quanto più di Irina non avesse mai raccolto in tutta la vita; non si trattava di usarla, si trattava solo di farle capire che in fondo era quella che l'aveva portato più vicino di tutti alla redenzione. E di questo doveva ringraziarla, prima che non avesse più il tempo di farlo.

Ne aveva il coraggio?

Sì, il coraggio lo aveva; doveva solo trovare la forza di lasciarla andare dopo, di dirle di ricominciare da zero, da dove voleva, come voleva e con chi voleva, ma in ogni caso lontano da lui.

Perché per lui era troppo tardi.





Ore 20.00 – Hotel Demeter

Irina fissava il soffitto, sdraiata a pancia in su nel letto con un cuscino sotto i piedi. Riusciva a sentire persino il ticchettare dell'orologio sul comodino, tanto era il silenzio che permeava la stanza, eppure nella sua testa sembrava esserci un uragano.

Che casino.

Quella giornata era stata un disastro, non c'era altro modo per definirla. Era iniziata con la storia di Xander ed era finita con lei che per poco non si faceva eliminare dalla gara...

Aveva raggiunto il limite, se ne rendeva conto solo ora. La sua testa e il suo corpo si erano rifiutati di reggere ancora quei ritmi senza senso, quel continuo trascinarsi per portare avanti una vendetta che forse non aveva più ragione di esistere. In fondo, Selena non aveva intenzione di sfidarla faccia a faccia,

Sospirò.

Dimitri doveva essere infuriato; non lo vedeva da subito dopo la gara, quando Emilian l'aveva accompagnata fino in hotel e l'aveva lasciata nella sua stanza a riprendersi. Aveva rischiato di combinare un casino, e nonostante tutto era riuscito a risolvere la situazione: l'errore che aveva stupito tutti e che lo aveva fatto retrocedere non era altro che un modo per riuscire a farle finire la gara senza far capire al pubblico che Fenice era in difficoltà. Tutti avevano pensato che fosse stato il Mastino a commettere un errore, non di certo lei.

E Irina, da brava idiota, poco prima lo aveva anche preso a schiaffi.

Qualcun altro l'avrebbe mandata a quel paese, l'avrebbe lasciata a risolvere i suoi problemi da sola, invece Dimitri era rimasto lì, fermo come una statua, mentre lei lo umiliava, gli dava ordini e non diceva nemmeno grazie. Che fosse livido di rabbia era il minimo.

Guardò l'orologio: mancava un'ora alla cena di Gala al Liebertnamer, e lei doveva esserci. Non poteva non andare, dando adito a voci sul suo conto... Non aveva nessuna voglia di presenziare, di sostenere le occhiate di Nina, di Selena e di tutti gli altri, ma la maschera di Fenice richiedeva anche quello.

Si sentiva un po' meglio, però. Era sempre stanca, ma non aveva più alcun tremore e la nausea le era passata. Forse era stata quella cosa zuccherata che Emilian le aveva dato da bere, o forse era il fatto che alla fine la gara fosse finita con lei qualificata, nonostante tutto.

Si alzò e si andò a fare una doccia veloce, che la aiutò a rilassarsi un po'. Tirò fuori l'unico abito elegante che aveva in valigia e lo indossò, consapevole che non era importante ciò che avrebbe avuto addosso, non finché una come Nina Krarakova era presente nella sua stessa stanza. E in ogni caso, solo Selena avrebbe saputo che quel vestito bianco e nero era stato indossato già una volta in un'altra occasione.

Si infilò le scarpe e si passò un filo di trucco, per coprire le ombre nere sotto gli occhi; indossò lo sguardo da gatta di Fenice e sospirò.

Per un attimo, l'unico attimo in cui si concesse uno sguardo allo specchio, fu tentata di togliersi quell'abito e mettersi qualcosa di diverso, di meno vistoso, di meno eloquente. Quel vestito sembrava fatto per dire a tutti "io sono Fenice", con quel tatuaggio ben visibile tra le spalle nude, eppure lei non si era mai sentita così lontana da se stessa.

Scosse il capo; non poteva tirarsi indietro. In fondo quella era l'ultima sera, l'ultima notte.

Già, e dopo cosa ne sarebbe stato di Fenice?

Stava quasi per uscire dalla stanza, indecisa se chiedere o meno a Dimitri come avrebbero raggiunto il Liebertnamer, quando bussarono alla sua porta. Trovò un Emilian ben pettinato e molto elegante nella sua camicia blu, che la osservò curiosamente prima di storcere la faccia sfregiata in un sorrisetto ironico.

<< Ottima scelta di abito >> commentò.

Irina lo osservò senza capire, mentre il russo sembrava voler nascondere una risata.

<< Questo vestito ti dona molto, Fenice >> aggiunse Emilian.

<< Oh, grazie >> disse Irina, sorpresa per il complimento del russo. Non era mai stato così gentile con lei, ai tempi della sua missione in Russia, ma ultimamente sembrava aver cambiato idea sul suo conto. << Ehm... Dimitri dov'è? >>.

<< Dimitri ci raggiungerà direttamente al Liebertnamer >> rispose Emilian, << Aveva bisogno di scaricare un po' di tensione >>.

Irina annuì. Molto probabilmente Dimitri era furioso come non mai, per tutto quello che era successo quel giorno, e non doveva avere una grande voglia di averla intorno. Forse non sarebbe nemmeno venuto, alla Cena di Gala: sopportare quella cosa e avere intorno lei era troppo anche per il Mastino.

Emilian le porse il braccio, improvvisandosi cavaliere, e le fece un cenno.

<< Vieni, Fenice >> disse, << Ivan ci aspetta di sotto >>.

Irina si sentì stranissima, mentre camminava a braccetto con Emilian lungo il corridoio dell'hotel, diretta ai parcheggi. Le sembrò di essere in compagnia di un fratello maggiore gentile, e per quanto i rapporti con la sua famiglia fossero nettamente migliorati, era una sensazione che non aveva mai provato.

<< Come ti senti? >> le domandò il russo.

L'ascensore si aprì davanti a loro, mentre Irina ci pensava.

<< Meglio >> rispose alla fine, << Forse ero solo davvero troppo stanca... >>.

Sorvolò sul fatto che era dispiaciuta aver combinato tutto quel casino, perché non era a lui che doveva chiedere scusa.

<< Come... Come stanno Yana e tutti gli altri? >> aggiunse, mentre l'ascensore li portava di sotto e lei si sentiva a disagio per quell'attenzione inaspettata.

<< Bene >> rispose Emilian, continuando a tenerla stretta per un braccio, << Yana è stata molto felice di rivederti, anche se non ha potuto salutarti con calma, quando è andata via... Mi ha chiesto di riferirti che è pronta a preparare una torta da sola e a fartela assaggiare, quando vi incontrerete di nuovo >>.

Irina si lasciò scappare un sorriso. Sarebbe stato bellissimo incontrare di nuovo Yana e passare del tempo con lei, eppure qualcosa le diceva che forse il suo futuro non sarebbe stato così roseo. Forse, addirittura, quella sarebbe stata la sua ultima notte libera, o viva.

<< E credo io possa annunciarti che diventerò padre >> aggiunse Emilian.

La porta dell'ascensore si aprì proprio in quel momento, ma Irina si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati, mentre il russo sorrideva in un modo nuovo, sereno, felice. Era distante anni luce dall'uomo ombroso e scontroso che aveva conosciuto due anni prima.

<< Ma è bellissimo! >> esclamò Irina, << Davvero! Sono felicissima per te, Emilian! Sai già che cosa sarà? >>.

<< Un maschio >> rispose il russo, accompagnandola fuori dall'ascensore.

Irina sorrise di nuovo.

<< Fai gli auguri a tua moglie da parte mia >> disse, << E' una notizia inaspettata, ma bellissima >>.

<< Ti ringrazio, Fenice >> rispose Emilian, mentre si fermavano davanti al Nissan Pathfinder grigio, dove Ivan le aprì addirittura la porta posteriore per farla salire.

Si sentì stranamente coccolata, mentre veniva praticamente accompagnata al Liebertnamer, quasi come se Emilian e Ivan le stessero rivolgendo quell'attenzione che altri non le davano. Forse anche loro pensavano che fosse la sua ultima giornata da persona libera.

L'Hotel Liebertnamer era immenso, un edificio altissimo e tutto specchi, moderno e incredibilmente lussuoso già dall'esterno. Lasciarono l'auto nel parcheggio lì vicino, senza lasciarla agli inservienti che attendevano pazienti di fronte all'ingresso, mentre una lunga fila di auto di lusso scaricava i proprietari praticamente davanti alla porta girevole.

Furono indirizzati al penultimo piano dell'edificio, e dovettero aspettare un po' prima di trovare l'ascensore libero. C'era molta gente, in larga parte piloti e i proprietari delle case preparatrici, perché la Cena di Gala non era aperta a tutti; intravide Tom Neri, il pilota della Punto Abarth, vestito in giacca e cravatta, che parlava con il suo compagno di scuderia, un ragazzo molto giovane con i capelli rossi.

Quando l'ascensore si aprì sulla sala da pranzo, per un attimo Irina si sentì girare la testa. Era enorme, con tantissimi tavoli coperti da tovaglie di un bianco accecante, e bottiglie di champagne disseminate ovunque.

C'erano già tutti, e come se fosse stata annunciata, gli occhi dell'intera sala si concentrarono su di lei, Fenice, o Alissa Speed per qualcuno, che quel giorno aveva combinato un casino qualificandosi per il rotto della cuffia.

In effetti, come aveva immaginato, Nina Krarakova era a dir poco perfetta, nel suo abito blu oceano e i capelli biondi acconciati in un raccolto morbido; il suo incedere sensuale tornò ad attirare l'attenzione degli uomini della sala una manciata di secondi dopo, risparmiando a Irina la fatica di sostenere gli sguardi di tutti.

Selena, invece, indossava un vestito rosso, che faceva a pugni con tutti i tatuaggi che aveva addosso, mostrati con strafottenza e sensualità. I capelli chiari le ricadevano sulle spalle, morbidi e lisci, ma i suoi occhi verdi erano contornati di nero, aggressivi. Di fianco a lei, Felix Moreau, i capelli pettinati all'indietro e i tratti affilati resi ancora più marcati dalla forte luce della sala; Jorgen era invece strizzato un abito nero, la testa rasata e un sorriso cattivo sulle labbra.

Irina si sentì improvvisamente osservata, e non le piacque.

Sospirò. Non poteva mostrarsi debole o spaventata; lasciò un'occhiata a Emilian per dirgli che andava tutto bene e si avvicinò al tavolo dove veniva servito l'aperitivo. Un cameriere gentile vestito di bianco e nero le porse un bicchiere e lei lo prese, in silenzio, mentre si rendeva conto che al suo fianco aveva Tom Neri, il pilota della Punto Abarth.

Il ragazzo le rivolse un'occhiata, e Irina si scostò appena, per lasciargli spazio al tavolo. Lui però sorrise, e con un cenno del bicchiere la salutò.

<< Dicono che tu abbia guidato una Fiat Punto, a Los Angeles >> disse, << E che tu sia diventata famosa, con quell'auto. E' una leggenda metropolitana, o c'è qualcosa di vero? >>.

Irina strinse il suo bicchiere, colta alla sprovvista. Negli occhi di Tom però non lesse malizia, solo curiosità e divertimento, ma la sua domanda non era per niente stupida... Le voci girare al Nurburgring erano arrivate anche a lui.

<< Di solito dietro queste leggende c'è sempre qualcosa di vero >> rispose Irina, mostrando il suo sorriso da Fenice, << E comunque, la mia non era una Abarth... >>.

Ammiccò, mentre Tom alzava il bicchiere per la seconda volta.

<< Ti ho vista gareggiare in altri contesti, Fenice >> disse, << Nessuno lo ammetterà mai, ma nella nostra scuderia se tu il modello da imitare... Quella di oggi pomeriggio però non eri tu >>.

<< No, non ero io >> rispose Irina, secca, << Domani sarà il giorno di Fenice; domani sarà la mia gara >>.

"O almeno è quello che spero".

<< Che cosa fa una come te da queste parti? >> domandò Tom, << Voi non fate questo genere di cose >>.

Fu interessante come Neri evitasse di pronunciare le parole "piloti clandestini", forse per evitare che qualcuno potesse sentirli.

<< Sono qui per saldare dei conti >> rispose Irina, << Noi facciamo questo genere di cose >>.

Tom sorrise.

<< E' stato un piacere scambiare due parole con te >> disse, << Quando avrai saldato tutti i tuoi conti, mi piacerebbe conoscere la tua Punto. In bocca al lupo per domani >>.

<< In bocca al lupo a te >>.

Tom si allontanò, e Irina fece altrettanto, dirigendosi verso la vetrata, turbata dal ricordo della Punto. Non esisteva più quell'auto, non poteva proprio farla conoscere a nessuno.

Mentre sorseggiava il suo aperitivo dal bicchiere, Irina scoprì che l'hotel Liebertnamer godeva di una splendida vista sulla campagna circostante ma soprattutto sul circuito del Nurburgring, a pochi chilometri di distanza, che per l'occasione era illuminato quasi a giorno. Le fronde nere degli alberi si muovevano nella notte, scosse da un vento leggero, e dall'enorme vetrata Irina riusciva a vedere tutto, anche le ultime curve in fondo.

Rimase a osservare il paesaggio buio, in silenzio, mentre dietro di lei sentiva il brusio della gente che parlottava, i piloti che si scambiavano strette di mano, i proprietari che già cercavano nuovi modi di fare affari. Fadi si aggirava nella sala bianco e fin troppo visibile nella sua tenuta araba e con il suo aspetto principesco; Nina rubava la scena a ogni sua risata; Selena era fin troppo silenziosa, mentre sorseggiava il suo drink. Mancava solo McDonall, ma lui non era un pilota, né un proprietario di qualche casa preparatrice.

Si sentì estranea, in qualche modo; lei era una pilota clandestina, non aveva niente a che fare con quella gente che navigava nei soldi, il cui unico problema sembrava essere...

Una mano grossa e rude le rifilò una pacca sul sedere, e Irina quasi cadde in avanti per la sorpresa, rischiando di rovesciarsi addosso il contenuto del bicchiere. Si voltò di scatto, arrabbiata, e si ritrovò davanti la faccia rugosa di Boris Goryalef, che sorrideva in quel modo orrendo e odioso che Irina non si sarebbe mai tolta dalla testa.

<< Erano anni che non avevo occasione di farlo >> ridacchiò il russo, << E non credo che ci sia Challagher a proteggerti, Fenice. Non stasera >>.

Era un tuffo nel passato, un tuffo molto sgradevole, per di più sotto lo sguardo perplesso e sbigottito di qualche ospite in sala. Irina stava per ribattere qualcosa, umiliata e infastidita, quando una voce gelida la costrinse a rimanere in silenzio.

<< Pensavo di ucciderti semplicemente con un proiettile in testa, Boris... Ma ho cambiato idea: ti taglierò la mano destra, prima >>.

Dimitri Goryalef, gli occhi grigi due lame d'acciaio sul volto dalla mascella contratta, comparve alle spalle del russo, la vena sul collo che pulsava appena sopra il colletto della camicia. Sembrava così freddo che persino l'aria intorno a lui si abbassò di un grado.

Boris non sembrò spaventarsi di fronte alla minaccia del nipote, ma fece comunque un passo indietro. Sorrise mostrando i denti d'oro, prima di rivolgere a Dimitri un'occhiata divertita.

<< Avanti Dimitri, sono sempre tuo zio >> disse, << Ho sempre avuto un debole per il fondoschiena di Fenice, questo dovresti... >>.

Dimitri arricciò il labbro.

<< Vattene >> lo interruppe, freddo, << Vattene immediatamente o ti cavo gli occhi qui, e prima che qualcuno sia riuscito a fermarmi sarai solo un pezzo di carne sventrato riverso sul pavimento >>.

Irina non aveva mai sentito una minaccia del genere, ma se Dimitri era pronto pronunciare parole di quel tipo, significava solo che era davvero arrabbiato. Quello che aveva davanti era pur sempre suo zio, anche se era un traditore... E bè, non avrebbe augurato a nessuno di finire sventrato sul pavimento di un hotel.

Il sorriso morì sulle labbra di Boris veloce come era nato. Non aggiunse niente e si allontanò, lanciando un'ultima occhiata lasciva a Irina, che non potè fare a meno di sfiorarsi il fondoschiena: faceva male, il russo non ci era andato leggero con la sua manata.

Dimitri le rivolse un'occhiata, e Irina si rese conto di essere contenta che fosse intervenuto; molto probabilmente se la sarebbe cavata anche da sola, ma dalla sua bocca non sarebbe mai stata in grado di tirare fuori una minaccia forte come quella del Mastino, capace di far allontanare così velocemente Boris.

<< Stai bene? >> domandò Dimitri.

Per quanto sembrasse distante e freddo, Irina percepì nella sua voce un'inflessione diversa dal solito, quasi gentile. Annuì in silenzio.

<< Sono costretto a chiederti scusa in nome della famiglia Goryalef, per quello che è successo >> disse il Mastino, improvvisamente neutro, << Non mi piaceva quando lo faceva una volta, ma ora mi piace ancora meno >>.

Per poco Irina non si soffocò con l'aperitivo. Dimitri le aveva appena chiesto scusa...

<< Non... Non c'è problema >> balbettò, << Non ti devi scusare per questo... >>.

Dimitri arricciò il labbro, di nuovo, come se fosse infastidito. Era lei a doversi scusare, per averlo preso a schiaffi e per aver fatto casino...

<< Bene >> continuò lui, << Possiamo anche andarcene, ora >>.

Irina inarcò le sopracciglia, senza capire, e Dimitri le fece un cenno con la testa in direzione dell'ascensore. Prima che avesse il tempo di chiedergli per quale motivo se ne dovessero andare, visto anche lo sforzo che avevano fatto per essere presenti, Dimitri le mise una mano sulla schiena e la spinse lungo la sala.

Il brivido che le percorse fu tale da stordirla, e senza aggiungere nulla si lasciò condurre fuori, sotto gli sguardi incuriositi e perplessi della gente lì intorno. Sentì gli occhi di Nina e quelli di Selena osservarla fin fuori dalla sala, insospettiti. Solo quando Dimitri la lasciò andare, Irina riuscì e riprendere possesso delle sue facoltà mentali.

<< Non possiamo andare via, è appena cominciata... >> sussurrò, confusa.

Dimitri non sembrava avere voglia di dare molte spiegazioni.

<< Ti hanno vista, sanno che sei viva, che stai bene e che sei ancora qui >> rispose, << E' più che sufficiente per dimostrare a tutti che ci sarai anche alla gara di domani. E molto probabilmente né tu né io vogliamo stare in quella sala >>.

Voleva forse tornare in hotel? Dovevano esserci, il primo a pensarlo doveva essere stato proprio lui.

L'espressione del Mastino però le suggerì di non discutere.

<< Ok >> convenne Irina, << E cosa vuoi fare? >>.

Dimitri la prese per un braccio con quella delicatezza che sembrava riservarle quando la trovava in difficoltà, e la condusse lungo le scale, fino al piano di sopra. Scoprì che all'ultimo piano del Liebertnamer c'era una terrazza panoramica chiusa, molto più piccola della sala di sotto, ma arredata dello stesso modo e quasi vuota.

Per un attimo, Irina non capì, poi vide il russo avvicinarsi a uno dei camerieri e sussurrare qualcosa. Quello annuì e nel giro di un paio di minuti il ragazzo tornò, sorridente.

<< Prego, seguitemi, vi accompagno al vostro tavolo >> disse.

Irina rivolse un'occhiata confusa e stupita a Dimitri, che non la degnò di attenzione e le fece solo cenno di seguire il cameriere. Obbedì, chiedendosi il perché di quella storia, ma il suo sguardo venne rapito dal panorama oltre la vetrata, proprio a pochissimi centimetri dal loro tavolo.

Il Nurburgring si stagliava di sotto, contornato dai boschi e dalle luci della città vicina, oscuro ma incredibilmente affascinante.

Tornò a guardare Dimitri, che si era appena seduto e che sembrava teso, quasi arrabbiato. Se non voleva stare lì, perché diavolo non tornare in hotel?

Irina si sedette e sfiorò il tessuto bianco della tovaglia e deglutì; improvvisamente si sentì fuori posto, o forse era la situazione ad essere sbagliata. C'era qualcosa che non andava in quella sala, in quel tavolo, in quel...

<< Finiscila di agitarti >> ringhiò improvvisamente il russo, << Preferivi stare di sotto? >>.

<< No... >>.

<< Allora che problema hai? >>.

Gli occhi grigi di Dimitri la scrutarono, e lei sentì scoperta.

<< Nessuno... E' che... Potevamo tornare in albergo, se non ti andava di stare qui... >> disse lentamente, cercando di modulare le parole.

Dimitri sbuffò, mentre si allentava appena la cravatta che sembrava stargli troppo stretta.

<< Volevo cenare con te, Fenice >> rispose seccamente, << Che sia qui, di sotto, al nostro hotel, cambia qualcosa? >>.

Irina scosse velocemente il capo. Voleva cenare con lei...

Le venne l'ansia, al pensiero che sarebbe rimasta faccia a faccia con il Mastino per almeno un'ora e mezza, dopo quello che era accaduto quel pomeriggio; avrebbe voluto solo nascondersi, sotterrarsi da qualche parte, rendersi invisibile. Aveva creduto di non vederlo per tutta la sera, invece se lo ritrovava davanti, irritato e con la strana idea di dover cenare con lei.

Distolse lo sguardo dal russo e lo portò di nuovo alla vetrata, mentre nella sala regnava un silenzio rotto solo dal brusio basso di qualche commensale che chiaccherava; era tutto molto più tranquillo, rispetto alla sala sotto di loro.

<< Il Nurburgring è bello da qui, non trovi? >> domandò per togliersi dall'imbarazzo, facendo un cenno verso il circuito.

Dimitri annuì.

<< Da lontano sembra tutto sempre meglio >> rispose lentamente.

Il cameriere posò davanti a loro un piccolo vassoio di antipasti, forse gli stessi che venivano serviti al piano di sotto dell'hotel, alla Cena di Gala. Irina non li toccò perché aveva lo stomaco chiuso, e Dimitri fece altrettanto.

Si guardarono, e il russo sembrò improvvisamente divertito.

<< Devi iniziare tu >> le disse, accennando al vassoio.

Irina sospirò e prese un paio di tartine, lasciandole però nel piatto, intonse. Dimitri si servì di qualcosa, poi le versò un dito di vino bianco nel bicchiere, e lei seguì i suoi movimenti, chiedendosi perché si sentisse così in imbarazzo. Continuava ad avere che ci fosse qualcosa di sbagliato, in quella situazione.

<< Mi dispiace per oggi, Dimitri >> iniziò, mentre lui spostava gli occhi grigi sul suo viso, imperscrutabili, << Non avrei dovuto alzare le mani, anche se la storia della Ferrari mi ha sconvolta. Mi sono comportata da sciocca, scusami >>.

Il russo non cambiò espressione.

<< Fenice, quell'auto era tua dal primo momento in cui l'hai guardata >> disse lentamente, << Tu volevi lei e lei voleva te. Non ho fatto altro che fare in modo che accadesse >>.

Dimitri aveva ragione; nell'istante in cui l'aveva vista, Irina aveva capito che quella era la sua auto, che sarebbe stata l'unica in grado di sostituire in tutto e per tutto la Punto. Non si era aspettata però che il Mastino fosse in grado di percepire una cosa del genere, che se ne rendesse conto e che... Contribuisse a farla diventare vera.

<< Ti ringrazio, Dimitri, ma tutto questo è troppo >> mormorò lei, abbassando gli occhi, << Troppo... Io non sono Yana, non sono Vilena, non sono un membro della tua famiglia. Non puoi fare una cosa del genere, non per me. Domani sera a quest'ora forse saremo due estranei >>.

Per un attimo, gli occhi grigi di Dimitri furono attraversati da un lampo, forse di rabbia o forse di fastidio.

<< Siamo due estranei, Fenice, in questo momento? >> domandò, << No, non possiamo esserlo. Tu sai chi sono io, e io so chi sei tu. Ti ho dato quello che ti serviva, ti ho dato quello che meritavi, e l'ho fatto perché mi sono trovato nelle condizioni di farlo. Non mi interessava e non mi interessa cosa pensi, che cosa credi, o quanto mi sia costato. Quell'auto è tua. Se domani vorrai ridarmela indietro, potrai farlo >>.

Il cameriere portò loro i primi piatti, e Irina ignorò anche quelli. Osservava l'espressione imperscrutabile del Mastino, cercando di capire cosa lo spingesse a impuntarsi tanto su quella storia.

<< Lo so, ma... >>.

<< Finiscila. Non ho mai reso conto a nessuno delle mie azioni >>.

<< Non è vero >>.

Dimitri la fissò, e Irina capì di averlo sfidato di nuovo.

<< Rendi sempre conto a tutti, di quello che fai >> continuò lei, << Solo che non lo ammetti >>.

Dimitri si mosse appena sulla sedia, posando la forchetta. Magari aveva intenzione di alzarsi e restituirle una delle sue sberle, vista l'impertinenza che stava usando. La sua testa sarebbe volata via dal collo, ma molto probabilmente se lo meritava.

<< Vuoi discutere o vuoi mangiare? >> le domandò invece, seccato.

Irina arrossì, e non seppe perché lo fece.

<< Scusa >> mormorò.

Sbocconcellò qualcosa dal suo piatto, prima di tornare a guardare Dimitri, di sottecchi. Aveva un'espressione strana, come se fosse arrabbiato e felice al tempo stesso. Il cameriere portò via i piatti e servì il secondo, prima che il russo si decidesse a parlare di nuovo.

<< Come ti senti? >> chiese.

Era una domanda talmente inaspettata e posta in modo così gentile che per un momento Irina non seppe cosa dire.

<< Bene >> rispose alla fine, << Quella di oggi è stata una cosa passeggera, credo... >>.

<< Non intendo quello >> ribattè Dimitri.

Intendeva come si sentiva per la gara del giorno seguente...

<< Ho paura >> ammise Irina, abbassando gli occhi, << Non è il mio terreno questo. Il mio avversario dovrebbe essere Felix, ma in queste due gare non ho fatto altro che vedere i fari posteriori della sua Reventon... E qualcosa in me non va. Se dovessi fallire, tutto quello che ho fatto fino ad oggi sarà vano. Mi spaventa, questo pensiero >>.

Dopo quel pomeriggio, non poteva che essere terrorizzata; non aveva mai temuto una gara come quel giorno. E se non fosse stata in grado di guidare? Mesi di lotta, mesi di sofferenza, non potevano sfociare in una sconfitta...

<< Il tuo avversario sarà Felix, Fenice >> disse Dimitri, << E' lui che corre per Selena, non Jorgen... >>.

<< E' più forte di me >> lo interruppe Irina con un mezzo sorrisetto, << Lo hai visto, no? Ho davvero speranza di batterlo? >>.

Il russo la fissò con gli occhi grigi, una lieve scintilla che li illuminò per una frazione di secondo.

<< Se vuoi batterlo, lo batterai >> disse solo.

Irina lo osservò, mentre il suo cuore perdeva un battito. Dimitri continuava a credere in lei, nonostante tutto. Magari si sbagliava, magari non era così forte come pensava, magari era davvero troppo stanca questa volta, per arrivare alla fine...

Serviva a qualcosa discutere su quante probabilità avesse o non avesse di vincere quella gara? Qualsiasi cosa fosse accaduta, il sole sarebbe comunque sorto, il mondo avrebbe comunque continuato ad andare avanti. Un po' come quando era morto Xander.

Abbassò gli occhi e strinse la forchetta. Decise che voleva cambiare argomento; aveva bisogno di dimenticare per un attimo che il giorno seguente sarebbe stato l'ultimo, di che cosa non lo sapeva, ma in ogni caso l'ultimo.

<< Ho saputo che Emilian diventerà papà >> disse all'improvviso.

Dimitri inarcò un sopracciglio, sorpreso dal cambio di argomento.

<< Sì, è un maschio >> disse solo.

<< E' una bella notizia >> continuò Irina, << Una delle poche, ultimamente >>.

Improvvisamente, si chiese che cosa avesse mai pensato Dimitri del proprio futuro. Se per caso, da qualche parte dentro di lui, sperasse di farsi una famiglia come stava facendo suo cugino, come aveva fatto sua sorella, e come probabilmente avrebbero fatto un po' tutti. O se magari non gliene importava nulla, o non ci aveva mai pensato.

Chiederlo le sembrò inopportuno, e pericoloso. Rimasero in silenzio, mentre il cameriere portava i secondi e Irina si limitava a guardarli con lo stomaco ancora chiuso. Però si rese conto stava bene anche senza parlare, che forse non c'era bisogno di dire poi tante cose... Dimitri amava il silenzio, e iniziava ad amarlo anche lei.

Il cameriere portò via l'ennesimo piatto quasi pieno, e il russo le lanciò un'occhiata.

<< Aspetta qui >> le disse solo.

Si alzò e se ne andò, mentre Irina sentì crescere l'apprensione.

Dimitri tornò qualche minuto dopo, con in mano due bottiglie di vodka trasparente e due bicchierini di vetro. Li appoggiò sul tavolo, mentre la sala si svuotava delle ultime persone, e loro due rimanevano da soli, seduti uno di fronte all'altro.

Irina deglutì. Meccanicamente si strinse il bordo della gonna dell'abito, mentre improvvisamente sentì il silenzio avvolgerli. Era in una sala di un hotel di lusso, vestita con uno dei suoi abiti migliori, in compagnia di Dimitri Goryalef in giacca e cravatta.

Da soli.

Alla fine, assomigliava tanto a un appuntamento.

"Questo non è un appuntamento, Irina, toglitelo dalla testa!".

Il russo le appoggiò il suo bicchiere davanti, mentre lei rimaneva seduta rigida sulla sua sedia, osservando i suoi movimenti. Le riempì il bicchiere da una bottiglia, e fece altrettanto con il suo. Ognuno aveva la propria bottiglia davanti, praticamente piena.

Irina gli rivolse un'occhiata confusa; non doveva bere, il giorno seguente aveva una gara. Cosa aveva in mente Dimitri?

<< E' un gioco, Fenice >> disse lui, tranquillo, << Lo abbiamo fatto spesso, nella nostra famiglia. Tu fai una domanda a me e io ne faccio una a te. Se vuoi rispondere, devi dire solo la verità; se non vuoi rispondere, bevi un bicchiere. Sei libera di fare quello che vuoi, anche di non rispondere a nulla >>.

Irina deglutì di nuovo; chissà perché, ma quel gioco la spaventava.

<< Non posso ubriacarmi... >> commentò.

Dimitri si lasciò scappare un mezzo sorriso.

<< Non voglio farti ubriacare, Fenice >> disse, << Vuoi giocare oppure no? >>.

Sinceramente no, Irina non voleva giocare. Dimitri si stava comportando in maniera strana, e non capiva dove volesse andare a parare. Tuttavia si fidava di lui, sapeva che non l'avrebbe messa nei casini, e forse poteva anche rischiare, visto tutto quello che gli aveva fatto passare.

<< Va bene >> rispose alla fine, guardandolo di sottecchi.

<< Inizia tu >> la incitò il russo.

Irina gli rivolse un'occhiata.

<< Posso chiederti qualsiasi cosa? >>.

<< Sì >>.

Irina ci pensò un momento. Ignorava tantissime cose di Dimitri: poteva chiedergli qualcosa del suo passato, o di quello che aveva fatto in Russia, o di come aveva battuto William Challagher e poi aveva finto di perdere... Scoprì che forse non le interessava. Che il passato del Mastino ormai era passato, non c'era nient'altro da dire.

<< Che cosa farai, una volta finito tutto questo? >> chiese.

Era una domanda stupida, ovvia, ma Dimitri non sembrò pensarla così.

<< Tornerò in Russia, molto probabilmente, e ci rimarrò finché la polizia non si stringerà troppo intorno a me e al resto della mia famiglia >> rispose lentamente, << Tornerò a essere la Lince, anche se l'idea non mi alletta >>.

Già, c'era in ballo la promessa fatta a Nina Krarakova... Doveva essere stato un bravo capo, se persino le famiglie nemiche chiedevano che tornasse.

Dimitri roteò il bicchiere, prima di formulare la sua domanda, e Irina si irrigidì di colpo. Forse il russo lo notò, perché fece una smorfia e le rivolse un cenno. I suoi occhi grigi sembrarono riuscire a leggerle nella testa.

<< Questo gioco ti terrorizza più di Fadi, Fenice >> disse a voce bassa, << Non hai mai avuto niente da nascondere, non dovresti avere paura >>.

Invece era spaventata a morte, perché dentro di lei c'erano verità che non potevano essere svelate con tanta leggerezza. E non poteva scolarsi tutta la bottiglia.

<< Che cosa farai tu, Fenice, una volta finita questa storia? >> domandò Dimitri.

Irina non lo sapeva, non ci aveva pensato; si costrinse a immaginare cosa sarebbe stata la sua vita dopo, che cosa avrebbe voluto fare. Si illuse anche di averne la speranza.

<< Non lo so davvero ancora >> rispose, << Se l'F.B.I. dovesse graziarmi, forse tornerei a fare la poliziotta, magari in un'altra città. E se non dovessi cavarmela, bè, a quel punto avrei tanto tempo libero a disposizione, in carcere... Forse potrei scrivere la mia storia, farne un libro o qualcosa del genere. Magari qualcuno la leggerebbe >>.

Per la prima volta da tanto tempo, vide Dimitri sorridere appena, divertito. Irina scherzava, e il Mastino non fece alcun commento. Roteò nuovamente il bicchiere e le fece cenno di continuare.

<< Hai mai... Hai mai pensato di mollare tutto e cambiare vita? >> chiese lei.

Dimitri distolse per un attimo lo sguardo.

<< No >> rispose nettamente, << Non ci ho mai pensato. Sono nato in un posto dove non c'era una vita alternativa, dove l'unica strada era questa. Non ci ho mai pensato perché tanto non potrei farlo: ho una taglia sulla testa e una fedina penale troppo lunga per essere cancellata. Non posso alzarmi e decidere di scappare e lasciare tutto, non quando ho una famiglia a cui rendere conto >>.

Irina comprese improvvisamente quanto fosse grande il dramma di Dimitri: era nato nel posto sbagliato, e forse in altre circostante sarebbe stato diverso. Anche lui, come William, come lei stessa, era vittima delle circostanze.

<< Ti sei appena contraddetto >> disse Irina, sorridendo, << Dicevi di non rendere conto a nessuno, invece... >>.

Dimitri scosse e il capo, e questa volta sorrise davvero. Un sorriso aperto, divertito, rarissimo e prezioso come ogni suo gesto gentile. Alzò il bicchiere e bevve, tutto d'un sorso, come a dirle che aveva vinto il match.

Irina si sentì improvvisamente sciogliere dentro, mentre un'altra piccola, nuova parte del Mastino veniva fuori. Quanto era stata cieca...

<< Tocca a te >> lo invitò.

Dimitri riempì di nuovo il suo bicchiere, tornando serio.

<< Che cosa hai davvero fatto in questi due anni, Fenice? >> domandò.

<< Che vuoi dire? >>.

<< Voglio dire: sei diventata quello che volevi essere, o hai sei tornata a fare quella che gli altri volevano vedere? >>.

Dimitri la guardò, e Irina si sentì trapassata.

<< Ho cercato di essere quello che volevo >> rispose, abbassando gli occhi, << La Russia mi ha mostrato un sacco di cose Dimitri, soprattutto quello che potevo fare. Ho cercato di essere sia Irina che Fenice, ma chi mi stava intorno voleva solo una delle due... Ho voluto essere entrambe, e non ha funzionato. Avrei dovuto scegliere, ora lo capisco >>.

Era vero; cercare di essere due persone le aveva portato solo guai.

Il russo la guardò per un'istante, prima di scuotere il capo.

<< Chi ti dice che non abbia funzionato? >> domandò.

<< Bè, William è morto. Xander è morto... E io sono ancora qui, a fare la pilota clandestina >> rispose Irina. << Esattamente come sette anni fa >>.

Tacque, e Dimitri fece altrettanto, mentre aspettava la sua domanda. Forse non commentava perché in effetti aveva ragione.

Guardò il bicchiere e frugò nella sua testa, in cerca di qualcosa da chiedere. C'era molto poco in realtà, perché voleva evitare di entrare nella sfera intima del russo. Dimitri sembrò accorgersi della sua esitazione, perché ghignò e le piantò gli occhi grigi sul viso.

<< Avanti Fenice, di che cosa hai paura? Puoi farmi domande scomode se vuoi, fa parte del gioco >>.

La prendeva in giro. Di solito lo faceva quando era certo dell'imbarazzo di Irina o quando si accorgeva che prendevano confidenza. Era il suo modo per rimettere entrambi al loro posto.

Ok, se voleva domande scomode, lo avrebbe accontentato, questa volta.

<<Credi... Credi davvero di essere perduto, Dimitri? >> chiese a voce bassa.

Forse sbagliò domanda, perché vide il Mastino irrigidirsi e la vena sul suo collo iniziare pulsare. Aveva chiesto lui di essere messo alle strette; poteva sempre bere la sua vodka, se non voleva rispondere...

<< Io non credo di esserlo, Fenice, io lo sono >> rispose seccamente, << L'ultima cosa che ho fatto prima di lasciare la Russia è stato uccidere un ragazzino minorenne... Solo questo mi costerebbe il resto della mia vita in carcere. E ho torturato un uomo, ancora prima. Ho fatto molte cose necessarie che non avrei voluto fare, ma le ho fatte. Non mi giustifico e non chiedo perdono, ma le riconosco >>.

Forse lo aveva fatto a modo suo, ma aveva risposto. Sì, si credeva perduto irrimediabilmente; quello che però vedeva Irina era solo una persona che aveva bisogno di una seconda possibilità. Non vedeva un assassino, come credeva lui; vedeva Dimitri Goryalef e basta.

Calò il silenzio, mentre il Mastino roteava per l'ennesima volta il bicchiere. La sala era silenziosa e la luce soffusa, mentre Irina aspettava la sua punizione. Ora toccava a lei la domanda scomoda, ne era certa.

Dimitri alzò gli occhi e la guardò come se riuscisse a scorgere nella sua anima. Irina strinse il bordo del vestito, un brivido che le correva lungo la schiena, quando capì che il russo vedeva ben oltre la sua faccia.

<< Per chi stai ancora versando le tue lacrime, Fenice? Ami ancora Alexander Went, o continui ad amare William Challagher? >>.

Irina gelò, mentre gli occhi grigi di Dimitri la osservavano, riuscendo quasi a sondarle l'anima. Molto probabilmente, il Mastino non poteva farle domanda peggiore... O più appropriata.

Perché avrebbe mentito dicendo che non lo sapeva. La sua testa lo aveva capito da poco, ma il suo cuore lo sapeva da lungo tempo, da molto prima che Xander morisse, e forse anche da prima che fosse William a lasciarli.

Aveva amato entrambi, in modo diverso, in tempi diversi, per motivi diversi, ma ora non più. Era cresciuta, e crescere aveva significato capire davvero di che cosa aveva bisogno; quel qualcosa forse lo aveva seduto proprio davanti a lei in quel momento. Qualcuno che non poteva avere, perché le loro vite erano troppo distanti per poter coincidere, e qualcuno che forse non la voleva più. Che forse non l'aveva mai voluta, in fondo.

Aveva perso la sua occasione, due anni prima, e non ne avrebbe pretesa un'altra. Non avrebbe chiesto niente, perché non era nelle condizioni di farlo.

Dimitri la fissava, e Irina capì che non serviva rispondere. Non voleva rispondere.

Perché il russo era stato bravo a porle la sua domanda: le aveva chiesto di scegliere tra Xander e William, per metterla alle strette ma anche per non darle la possibilità di scegliere altri nomi.

Prese il bicchiere di vodka e lo portò alle labbra, sotto gli occhi grigi del Mastino. Bevve tutto d'un fiato come doveva fare, ma non sentì bruciarle lo stomaco, non sentì la gola andare in fiamme.

Il liquido trasparente che aveva buttato giù non era vodka.

Era acqua.

Dimitri quasi ghignò, di fronte alla sua faccia.

L'aveva presa in giro... No, non l'aveva presa in giro; l'aveva messa nelle condizioni di giocare senza farsi male.

<< Perché? >> domandò solo.

<< Se non volevi rispondere, dovevi essere libera di farlo senza ubriacarti >> rispose lui.

Irina afferrò si scatto la sua bottiglia e la annusò; l'alcool le solleticò il naso, confermandole che il russo stava giocando secondo le regole. Quella di Dimitri era vodka vera.

Sospirò.

<< Non siamo alla pari così >> disse alla fine, << Un'ultima domanda, poi direi che possiamo chiudere. Sei d'accordo? >>.

Dimitri annuì, e Irina si mise a pensare. In realtà, però, non dovette pensarci poi molto, perché la domanda le venne quasi spontanea, innocente.

<< Chi è la persona più importante della tua vita in questo momento? >>.

Era certa che avrebbe risposto Yana; oppure, le avrebbe rivelato un nome che non aveva mai sentito, magari una donna che aveva lasciato in Russia e da cui poteva tornare...

Invece, Dimitri prese il bicchiere e buttò giù la vodka, imperscrutabile.

Forse c'era davvero qualcuno, e lui non era ancora pronto a rivelarlo. Irina si ritrovò a pensarlo ancora prima che lui appoggiasse il bicchierino vuoto sul tavolo. Aveva tutto il diritto di rimanere in silenzio.

Ora toccava a lui.

<< Due anni fa eravamo seduti a un bar di Mosca, e ti chiesi di alzarti e venire da me, Fenice >> disse Dimitri, puntandole di nuovo le iridi nelle sue, << Se te lo chiedessi ora, cosa faresti? >>.

Irina deglutì. Per un attimo fu tentata di prendere il suo finto bicchiere di vodka e bere, ma si bloccò. Allora non si era mossa, perché non sapeva ancora la verità; allora non era ancora davvero conscia di chi aveva davanti. L'ingiustizia era che adesso non poteva fare quello che allora avrebbe potuto.

Non sapeva perché Dimitri le faceva quella domanda, e forse non voleva nemmeno saperlo. C'erano state tante occasioni per ripetere la notte della Russia, e lui non aveva voluto coglierle perché molto probabilmente con il tempo i suoi sentimenti erano cambiati. Irina lo rispettava; aveva tutto il diritto di decidere che meritava qualcosa di meglio che una ex pilota clandestina ormai in declino.

Però poteva fargli capire che era rimasto una persona importante per lei.

Si alzò di scatto, mentre gli occhi di Dimitri la seguivano senza staccarsi dal suo volto nemmeno per un secondo. Prese la sedia e la portò di fianco al Mastino, sedendosi a un centimetro da lui e guardandolo dritto in faccia senza che le sue palpebre sbattessero.

<< Interpretala come vuoi, Dimitri, ma questa è la mia risposta >>.

Sì, si stava esponendo; si stava esponendo più di quanto potesse fare, più di quanto le fosse effettivamente concesso. Però doveva, doveva farlo e basta. Almeno questo.

Il russo non si mosse; si limitò a sondarla con quei suoi occhi grigi, con quella sua espressione imperscrutabile che non le permetteva mai di capire cosa le passasse per la testa.

Però alla fine sorrise, e lo fece in un modo strano, quasi triste.

<< E' tardi >> disse solo.

Irina avrebbe dovuto sentirsi ferita, offesa, forse arrabbiata, ma in lei non passò nulla di tutto quello. Si sentì solo rassegnata, perché Dimitri la pensava come lei, e ora ne aveva la conferma definitiva. Dimitri non la stava illudendo, non era come Xander; aveva preso una posizione. Aveva detto semplicemente "no", e sentirlo le fece bene. Non l'avrebbe presa in giro, pur di non ferirla. Era tutto più chiaro così, più semplice.

Guardò Dimitri, e Dimitri guardò lei. Forse sarebbero potuti rimanere così per sempre, in silenzio, a guardarsi negli occhi senza dire una parola.

E per la prima volta da sempre, Irina si sentì pronta a sfiorarlo.





Se gli schiaffi di Irina potevano essere considerati interessanti, la sua mano che gli sfiorò appena la cicatrice sull'orecchio era tutta un'altra storia. Era tutto quello che Dimitri non aveva mai provato, il contrario della sua vita, il gesto che lui non si era mai permesso.

"Lasciale un buon ricordo di te".

Aveva seguito il consiglio di Emilian, anche se era pericoloso, e ora capiva che solo la sua enorme, gelida forza di volontà gli permetteva di rimanere seduto dov'era ed evitare di rovinare tutto.

Le dita di Fenice sembravano aria solida, mentre gli toccavano piano la cicatrice, e lui decideva di non scostarsi, di lasciarle fare quel gesto pericoloso e delicato. Era come essere sfiorati dalle dita di una bambina, una bambina che era conscia di quanto il dolore dell'anima fosse peggiore di quello del corpo.

<< Come te la sei fatta, questa? >> domandò Irina a voce bassissima.

Non sembrava spaventata da lui come al solito; assomigliava di più a quell'Irina che vedeva con Yana, a quella dolce, quella che sorrideva sempre.

<< Un membro di una famiglia russa rivale >> rispose Dimitri, neutro, << Sei, in realtà, e qualche coltello di troppo >>.

Vide le labbra di Irina stringersi, mentre gli sfiorava appena la guancia, piano, come se avesse paura di fargli male. Era così vicino da sentire l'odore della pelle di Fenice, da sentire il profumo dei suoi capelli, da sfiorare il tessuto di quel maledettissimo abito con la cerniera...

La guardò dritta negli occhi, e bastò quello a farle capire che doveva fermarsi. Irina ritrasse piano la mano, e nello stesso istante Dimitri Goryalef capì che forse desiderava qualcosa di irrazionale anche lui, per la prima volta.

La dolcezza di Irina.

<< Io non so che cosa succederà domani, Dimitri >> disse Fenice, distogliendo gli occhi dal suo viso, << Forse vincerò, forse perderò, forse verrò arrestata... >>. La sua voce si incrinò appena, prima di continuare. << Forse potrei anche non tornare a casa, domani. Però so di potermi fidare di te. Qualunque cosa accada domani, e se dovesse succedermi qualcosa, puoi promettermi che ti assicurerai che mio nipote Tommy, mio padre, e tutta la famiglia della mia amica Jenny stiano bene? Che se mai avranno bisogno di qualcosa, sarai tu ad aiutarli? >>.

"Tu non morirai domani, Fenice. Per uccidere te, dovranno prima uccidere me".

<< Posso prometterlo, Fenice >> rispose Dimitri, << Te lo prometto >>.

Irina annuì.

<< E io ti prometto la stessa cosa, Mastino >> disse, << Ti prometto che chiunque della tua famiglia avrà bisogno di qualcosa, io ci sarò. Sempre e comunque >>.

Dimitri annuì a sua volta, prese il bicchierino di vodka e lo riempì fino all'orlo. Ne bevve la metà, poi lo porse a Fenice, a suggello del loro patto, della loro promessa, anche se era conscio che non serviva. Loro mantenevano le promesse, sempre.

Irina lo guardò dubbiosa.

<< Posso? >> domandò, annusando il liquido.

<< Mezzo bicchiere non ti ucciderà, Fenice >> rispose lui, mentre le labbra gli si increspavano in un sorriso, << Al massimo ti farà dormire meglio stanotte >>.

"Ed eviterai di sognare di nuovo i tuoi mostri".

Irina bevve e lo guardò.

Senza dire niente, scesero di sotto, dove l'Audi R8 ancora piena di graffi li aspettava silenziosa. Non fu necessario parlare, dire qualcosa, perché avevano già detto tutto quello che c'era da dire. Eppure Dimitri sentì l'improvvisa serenità che permeava Fenice, come se finalmente avesse fatto pace con una parte di se stessa. Forse un po' come aveva fatto lui.

Si erano detti addio, indipendentemente da quello che sarebbe accaduto dopo.

Dimitri la lasciò davanti alla porta della sua camera, e non indugiò per più di qualche secondo; sarebbe stato pericoloso, come ogni cosa che aveva fatto quella sera. Però Emilian aveva avuto ragione, questa volta: se mai fosse successo qualcosa, tra loro due non c'era niente di sospeso.

<< Buonanotte Dimitri >> lo salutò Irina.

<< Buonanotte Fenice >>.

E si lasciarono così, in pace, forse tristi o forse felici; sicuramente consapevoli che quella era l'ultima notte di qualsiasi cosa fosse stata la loro vita, e la loro storia.







Spazio Autrice

Salve! Ricordo a tutti i lettori che da adesso in poi fino alla fine della storia (non so ancora quanti capitoli, ma potrebbero essere 5 o 6) gli aggiornamenti saranno un pò più lunghi. Ho bisogno di tempo per scrivere il finale, e non voglio deludervi. 

 Ovviamente colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno divorato negli ultimi tempi Il Gioco dello Scorpione e Russian Roulette e ora sono qui a leggere il terzo libro, e che mi hanno lasciato complimenti, voti e ringraziamenti. Ringrazio voi e ringrazio chi mi segue da prima, e che continua a commentare, ad apprezzare e soprattutto a farmi capire che vi piace. E' molto importante per me.

Al prossimo capito!


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