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Capitolo XLII



Ore 8.00 – Nurburgring, 3° giorno

Alzarsi dal letto non fu per niente facile, e Irina se ne rese conto quando si ritrovò a guardare il soffitto nella sua stanza all'Hotel Demeter, illuminato appena dalle lame di luce che provenivano dalla finestra. Forse era la tensione accumulata durante la gara, forse l'asfalto a tratti sconnesso del circuito, ma si sentiva... spaccata. Teoricamente le sue quattro settimane di riposo dovevano essere già state fruite per metà... Praticamente aveva riposato si è no dieci minuti.

E a sommarsi alla stanchezza fisica, c'era anche quella morale.

Sbuffò.

Era stufa di quegli alberghi extra lusso, di quelle lenzuola fin troppo pulite e quelle stanze asettiche. Era tutto anonimo, tutto privo di qualsiasi calore, tutto privo di memoria. Rivoleva casa sua, rivoleva la sua stanza, rivoleva la sensazione di essere a casa. Rivoleva la sveglia del mattino e il primo caffè bevuto sul divano; rivoleva il pranzo del sabato al ristorante dove lavorava suo padre; rivoleva anche le ore piccole fatte per i turni di notte alla polizia.

Chissà come stava Tommy... Chissà come stava Jenny e il piccolo Luke... Chissà suo padre, se era di nuovo affogato nell'alcool... Chissà Max quante auto aveva già modificato...

Voleva sentire la voce di ognuno di loro, voleva sentirli raccontare cosa avevano fatto tutto quel tempo, se erano felici. Non lo aveva mai chiesto, a nessuno di loro; era sempre stata troppo presa da se stessa, troppo impegnata a piangersi addosso, per preoccuparsi di loro.

Sospirò.

Adesso era troppo tardi per preoccuparsi di questo.

Si mise a sedere e tastò con la mano sul comodino; gli antidolorifici che gli avevano prescritto la aspettavano di fianco a una bottiglietta d'acqua, quasi rassicuranti. Li mandò tutti d'un fiato e sperando che facessero effetto in fretta come sempre.

La sala mensa dell'hotel era già affollata; il bianco delle tovaglie ai tavoli la abbagliò quasi, e il profumo di caffè caldo le svegliò i sensi.

Nina Krarakova spiccava bionda in tutto quel marasma scuro di gente che si muoveva con i vassoi e tra i tavoli, e Irina decise di girarle alla larga. Non aveva voglia di battibecchi già di prima mattina, e in quanto a cera non poteva competere con la russa, che anche vestita casual e con i capelli raccolti riscuoteva il suo solito successo. Stava chiaccherando allegramente con un meccanico della Novitec, che sembrava chiedersi come potesse essere così fortunato a parlare proprio con la russa. Irina distolse lo sguardo e afferrò una tazza vuota, mettendosi in fila per prendere un caffè.

<< Dalla tua faccia sembra che tu non abbia dormito molto... >>.

Irina sussultò, quando la voce rasposa di Emilian le arrivò alle spalle. Il russo aveva l'aria più stropicciata del solito, ma non poteva nemmeno dire di avergli mai visto una faccia più liscia...

<< No, ho passato una notte tranquilla >> rispose a voce bassa, avanzando di un passo lungo la fila, un uomo obeso davanti a lei che adocchiava famelico il vassoio delle brioches.

<< Davvero? >> ribatté il russo.

Irina si voltò di nuovo a guardarlo, perplessa. Perché la sua faccia sfregiata sembrava voler alludere a qualcosa che lo divertiva molto?

<< Ho dormito nel mio letto otto ore di fila... Da sola >> rispose lei seccamente.

Emilian la guardò come a dire che non metteva in dubbio la sua buona fede, e lei arrivò finalmente ad avere il suo agognato caffè. Si servì di un po' di pane e marmellata e si diresse a un tavolo, il più appartato che trovò. Il russo la seguì subito dopo, il vassoio pieno di bacon e uova.

Il caffè caldo le fece aprire lo stomaco, e Irina mangiucchiò osservandosi intorno; la gente sembrava aumentata, rispetto al giorno prima, e l'eccitazione era già palpabile a quell'ora del mattino.

<< Dimitri dov'è? >> chiese.

Emilian si strinse nelle spalle.

<< Ha avuto una nottata movimentata... >> rispose, evasivo.

Irina inarcò un sopracciglio, prima che la sua testa iniziasse a divagare. Il russo la guardava con un mezzo sorrisetto sul volto sfregiato, e lei quasi si soffocò con il caffè. Le venne naturale spostare lo sguardo su Nina Krarakova, in un moto di sospetto.

La russa sembrava... contenta?

Irina strinse appena la tazza di caffè, prima di assumere un'espressione neutra. Qualcosa le disse che Emilian voleva farle intendere qualcosa su Dimitri e Nina, e sentì montare il fastidio. Scoprì di non volere sapere altro, e sperò che Emilian la chiudesse lì.

C'erano davvero remote possibilità che Dimitri decidesse di andare a letto con Nina?

Non l'aveva fatto in passato, doveva farlo ora? Adesso?

Deglutì, improvvisamente consapevole di aver appena commesso un errore: non erano affari suoi, che cosa faceva Dimitri di notte. In qualsiasi caso. Con qualunque persona

<< Mi fa piacere >> commentò alla fine, anche se tra i denti.

Emilian non disse nient'altro, ma Irina ne sentì gli occhi addosso. Si rese conto che stava valutando la sua reazione, e la cosa le diede molto fastidio. Perché non andava a compere le scatole al Mastino, invece che a lei? E poi, teoricamente i Goryalef non erano nemici dei Krarakova? Il fatto che Dimitri andasse a letto con il nemico non era visto come un affronto ai loro principi?

Dimitri sbucò nella sala da pranzo proprio in quel momento, l'espressione scura e il collo teso. Irina lo scrutò per un paio di secondi, e l'unico pensiero che le passò per la testa fu che non aveva l'aspetto di chi aveva passato una notte di fuoco... O no?

Una frazione di secondo dopo si vergognò come una ladra di quel pensiero, visto che non dovevano essere affari suoi.

<< Hai una brutta cera, Fenice >> commentò Dimitri, sedendosi di fianco al cugino.

Irina lo ignorò, spostando lo sguardo sul suo piattino, e sperando che la sua vergogna non si vedesse troppo.

<< Sembra che anche tu non abbia dormito >> ribatté, in un moto di coraggio. Forse alla fine era meglio... accettare?

Ci fu un momento in cui un lampo di confusione balenò sul viso di Dimitri, per poi lasciare spazio all'irritazione. Non disse nulla a riguardo, e Irina si ritrovò a sperare che non avesse fatto davvero la grande, grossa stronzata di essere andato a letto con Nina Krarakova.

"Finiscila. Non ti deve interessare questa cosa".

Mangiarono in silenzio, avvolti dal rumore delle persone lì intorno che chiaccheravano a voce alta; Ivan li raggiunse poco più tardi, ancora vagamente imbarazzato per quello che era successo il giorno precedente. Aveva parlato pochissimo, fino ad allora, e si era limitato allo stretto necessario. Per fortuna Dimitri non lo aveva sgridato, altrimenti la situazione sarebbe stata peggiore.

Una volta finito di mangiare salirono sul furgoncino della Fenix insieme a Fadi e ai meccanici e raggiunsero nuovamente il circuito.

Entrare questa volta fu difficile; una fiumana di gente si muoveva tra le corsie del circuito e le officine, rumorosa. Giornalisti e meccanici si muovevano concitati, ma era il numero di semplici spettatori ad essere impressionante: erano ovunque, vestiti in modo colorato, con le magliette piene di loghi, i capellini con gli sponsor, cibo in mano, occhiali da sole e macchine fotografiche. Famiglie, gruppetti di ragazzi, coppie attempate, bambini; c'era di tutto. Si muovevano come un fiume, scattando foto, fermandosi di fianco alle auto, gesticolando, gridando.

Irina ringraziò di trovarsi sul pulmino, perché attraversare quella folla le metteva ansia. Sembrava tutto fuori controllo, anche se in realtà la sicurezza c'era e circolava in tutto il circuito. Era tutto così diverso dalle gare clandestine a cui era abituata... Troppa gente, troppa pubblicità, troppo di tutto.

Rivolse una fugace occhiata a Dimitri, seduto davanti a lei: non si scomponeva, sembrava tranquillo, come quando correva a Los Angeles. Ricordò che era il numero una della Black List e che non si era mai sforzato di farlo capire a qualcuno.

Quando arrivarono al box della Fenix, scoprirono che le auto andavano disposte fuori, per permettere agli spettatori di vederle. A nessuno piacque molto l'idea, tranne a Fadi, che insistette per far parcheggiare la LaFerrari e la Centenario proprio davanti al box, in mostra come due gioielli. Nel giro di qualche minuto la Ferrari e la Lamborghini furono attorniate da curiosi, da bambini che gridavano e da genitori che facevano foto. Irina si rifugiò nel retro dell'officina, dove non era permesso l'accesso al pubblico, e Dimitri la seguì subito dopo.

Forse se fosse rimasta in hotel sarebbe stato meglio: avrebbe potuto riposare ancora un po' e nessuno l'avrebbe disturbata. In più, non avrebbe dovuto fingere di trovarsi a suo agio in quell'ambiente.

Si sedette su una sedia e si massaggiò il fianco, sospirando. Dimitri stava leggendo qualcosa sullo schermo del cellulare, la cicatrice sul collo tesa.

<< Perché Selena non si fa vedere? >> domandò a voce alta Irina.

Il russo mise in tasca il cellulare e incrociò le braccia.

<< Non ti sfiderà mai sul tuo stesso campo, Fenice >> rispose, << Sa di non poterti battere >>.

<< Guarderà la gara dagli spalti, in attesa che io venga umiliata... >> disse lei, disgustata, << Non è così che... >>.

Improvvisamente, Emilian entrò nella saletta e si schiarì la voce, l'espressione seria sul volto sfregiato, e Irina fu costretta a zittirsi.

<< C'è una persona che vuole vedervi >> disse il russo.

Ovviamente, McDonall non pensò di dover attendere per poter entrare; il suo status di Vicepresidente dell'F.B.I. gli dava la convinzione che nessun posto gli fosse precluso, nemmeno la saletta riunioni del box della Fenix.

Irina ebbe il fortissimo impulso di andargli incontro e afferrarlo per la giacca, ma non lo fece. Un po' perché non poteva permettersi attacchi di stupidità, e un po' perché McDonall per la prima volta non aveva nessuna giacca addosso. Era vestito in modo informale, in maniche di camicia e jeans, quasi come uno spettatore qualunque. In ogni caso, non perdeva la sua aria formale e autoritaria.

Dimitri quasi ridacchiò, di fronte al loro ospite inaspettato.

<< Hai fatto una buona gara, Irina, ieri >> disse a mo' di saluto McDonall, << Buona, ma non eccezionale. Qualcosa non va? >>.

Irina ignorò la sua domanda; nessuno lo aveva invitato lì, e lei per prima non gli avrebbe dato la soddisfazione di una risposta.

<< Che cosa è venuto a fare qui? >> domandò secca.

Nel giro di un paio di secondi, la temperatura nella saletta calò di una decina di gradi.

<< Che cosa sono venuto a fare? >> disse McDonall, serafico, << A seguire la gara. Sono in vacanza qui >>.

Irina avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma non lo fece perché era troppo arrabbiata e irritata.

<< Non mi prenda in giro >> ringhiò, << Il mondo è troppo grande perché io e lei possiamo ritrovarci casualmente qui >>.

MaDonall non sembrò reagire alla sua frecciata; posò gli occhi sulla LaFerrari, osservandola per una manciata di secondi, i baffetti grigi perfettamente immobili sulla bocca diritta.

<< Bè, sì, sapevo che eri qui in effetti >> rispose lentamente, << In generale, un po' tutti sanno dove ti trovi in questo momento. La stampa internazionale sta facendo un sacco di supposizioni, su chi si nasconda dietro il nome di Alissa Speed... Dicono si tratti di una ex pilota clandestina, e di una ex poliziotta. E' un peccato che tu non stia seguendo la tv, perchè sembra proprio che tu sia diventata famosa. Io però sono qui solo per capire che cosa farai, adesso... >>.

Irina sentì montare l'irritazione, perché capì che McDonall stava divagando. Famosa o non famosa, lui era lì per un semplice motivo.

<< Cosa sta aspettando ad arrestarmi? >> lo interruppe, << Anzi, ad arrestarci? >>.

Lanciò un'occhiata a Dimitri, mentre McDonall guardò lei.

<< Sono qui solo per seguire la tua gara, Irina, e per nient'altro >> rispose, << Tecnicamente, questo non è il mio territorio, non è mia giurisdizione. Hai un mandato di cattura nazionale, non internazionale, quindi... >>.

Quindi non poteva essere arrestata in Germania? Era tutto davvero così facile?

<< E Selena Velasquez? >> sbottò Irina irritata, << Sa che è lei che ha ucciso Xander... La lascia girare libera qui, senza fare niente? E' così che lavora? >>

McDonall sembrò infastidito, e pungerlo sul vivo era proprio ciò che Irina voleva. La stava usando, un po' come aveva fatto quando aveva incrociato Chris Carter, e non aveva intenzione di fare nuovamente il suo gioco.

<< Al momento non ho sufficienti capi d'accusa per chiedere la sua estradizione negli Stati Uniti >> rispose freddamente, << E' paradossale, ma in questo momento quella donna è quella sulla cui testa pendono meno condanne penali di tutti voi... Sostanzialmente, in confronto a te, è una brava ragazza >>.

<< La morte di Xander Went non è un capo d'accusa sufficiente? >> ribatté Irina, furiosa.

<< Abbiamo prove su chi ha premuto il grilletto e lo ha ucciso, non su chi è il mandante della sua morte >> rispose McDonall alzando gli occhi su di lei, << Purtroppo Charter non è stato in grado di fornirmi informazioni sufficienti... Di agenti in gamba come Went ce ne sono pochi, e rimpiazzarlo è stato impossibile >>.

Irina avrebbe voluto davvero mettergli le mani addosso, e l'unica cosa che la fermò fu l'impercettibile, leggerissimo tocco sul suo braccio da parte di Dimitri. C'era, era lì con lei, lo sentiva.

<< Allora perché non ha voluto me? >> chiese, << Mi sono proposta di prendere il suo posto, e lei non mi ha voluto. Sa che avrei ottenuto dei risultati, sicuramente migliori di quelli di Charter... Mi ha chiuso la porta in faccia, invece >>.

McDonal fece una smorfia, i baffetti grigi che si incresparono.

<< Tu sei compromessa, Irina >> rispose, quasi seccato, << Non ragionavi con lucidità mesi fa, e non ragioni con lucidità adesso. Quello che hai fatto fino ad ora lo dimostra, ma ammetto che mi dispiace constatarlo con mano... Era un'ottima poliziotta >>.

Per un attimo Irina ebbe la tentazione di andargli incontro e tirargli un pugno in faccia: per quello che aveva detto e per quella parola stupida e odiosa che aveva pronunciato di nuovo: compromessa. Lei non era compromessa, era libera. Libera da qualsiasi vincolo, libera di seguire solo il suo pensiero e i suoi valori.

Lo capì in quel momento: lei non era imbrigliabile. Non era relegabile a un solo nome, Irina o Fenice; lei era entrambe. Era quella che aveva amato uno sbirro ma che onorava anche la memoria di un pilota clandestino. Era quella che faceva la poliziotta con un'auto truccata.

Il mondo la voleva bianca o nera, ma lei non poteva essere solo uno di quei colori. Stava in mezzo, e questo dava fastidio.

Al suo fianco, l'ombra di Dimitri si mosse appena. Sperava che se avesse perso la pazienza, il russo l'avrebbe fermata prima che fosse troppo tardi, prima che rompesse il naso del Vicepresidente dell'F.B.I..

<< Credo che Fenice sia l'unica persona ad non essere mai stata compromessa, qui >> disse improvvisamente il Mastino, come se avesse lasciato a lei la libertà di condurre la conversazione fino a quel momento, << Ed è molto interessante notare come siate stati pronti a voltarle le spalle nell'unico momento in cui aveva davvero bisogno di aiuto, dopo quello che Fenice ha fatto per voi, in passato... Ma questa è una scena che si ripete di nuovo, e che io ho già visto: se non ricordo male, è stato proprio un vostro agente a lasciare Fenice a Los Angeles da sola, con la consapevolezza di quali fossero i suoi rapporti con Challagher in quel momento, pur di non compromettere una missione. Allora non fu valutata come compromessa. E' stata valutata come sacrificabile, e abbandonata a se stessa. O ricordo male? >>.

Irina gelò, non per l'espressione di McDonall, che divenne quanto di più vicino alla furia gli avesse mai visto sul volto, ma per ciò che aveva appena detto Dimitri. Gelò perché in quel momento il Mastino fece due cose che lei non si sarebbe mai aspettata da lui: infangò la memoria di Alexander Went, ma gettò anche una nuova luce nei suoi ricordi.

E ruppe le ultime certezze che aveva, dando a lei, a McDonall e a chiunque altro aveva fatto parte di tutta quella storia, un pugno nello stomaco.

Dimitri aveva appena detto qualcosa di durissimo, ma di vero: nel momento in cui Xander aveva dovuto scegliere tra lei e il suo lavoro, aveva scelto l'F.B.I.. Gli era stato detto di tornare indietro, e lui indietro era tornato; lasciando lei in balia di Challagher, indipendentemente da quanto amore aveva dichiarato.

Nella sua memoria era impresso come fuoco quel bacio che si erano scambiati prima che lui se ne andasse, carico di promesse mantenute ma anche di rabbia e paura. Allora Xander avrebbe potuto prenderla e portarla via di forza, forse lo aveva anche pensato, ma non lo aveva fatto davvero; era rimasta lì a far credere a William che tutto fosse finito, che lo Scorpione avesse perso.

Rivolse gli occhi su Dimitri, e le sue iridi grigie indugiarono su di lei, come a dire che sapeva cosa aveva appena scatenato dentro la sua testa. Poi tornò a guardare McDonall, gelido come il ghiaccio della Russia da cui proveniva.

Il Vicepresidente non ribatté alle accuse; non negò, non disse niente a sua discolpa. Molto probabilmente perché non c'era niente da dire. In fondo lei era solo una stupida pilota clandestina, sacrificabile di fronte a missioni più importanti... La sua espressione era fredda, distaccata, professionale; faceva il suo lavoro, e lo faceva fin troppo bene.

<< Ha appena detto di non poter arrestare Selena Velasquez >> continuò Dimitri, imperterrito, << E ha appena ammesso di non voler arrestare Irina Dwight... Perché non arresta me? >>.

Irina di scatto gli afferrò il braccio, colta alla sprovvista da quella proposta che sperava non si avverasse.

Stava impazzendo?

Il Mastino però ignorò il suo tocco.

<< Ho un mandato di cattura internazionale e i servizi segreti russi collaborano con voi >> continuò Dimitri, << Ha tutti gli elementi per farmi mettere le manette ai polsi e riportarmi in Russia o negli Stati Uniti e chiudermi in un carcere di massima sicurezza... Cosa aspetta a farlo? >>.

Per una frazione di secondo, McDonall sembrò colto alla sprovvista. Picchiettò con il dito sul tavolo e osservò il Mastino. Irina trattenne il fiato.

<< Se avessi i mezzi, lo farei >> rispose alla fine, << Ma sono qui in vacanza, come dicevo, e la tua presenza non era contemplata... O almeno, è questo ciò che sono tenuto a risponderti >>.

Il Vicepresidente dell'F.B.I. fece un cenno di saluto con la testa e se ne andò senza aggiungere altro. Irina si rese conto che in quella conversazione c'era qualcosa che non andava, e i suoi occhi scrutarono il volto di Dimitri.

Lo vide fare una smorfia.

<< Che voleva dire? >> domandò.

Dimitri abbassò lo sguardo su di lei, l'espressione indecifrabile.

<< Che come sempre, Fenice, non sai riconoscere i nemici dagli amici >> disse.

<< Non ci vuole arrestare >> ribatté Irina, irritata dalla presa in giro.

Dimitri sbuffò.

<< No, non ci vuole arrestare >> convenne, << Gli serviamo >>.

C'era tensione nella voce del russo; sembrava volersene andare, come se improvvisamente il box gli stesse stretto. Le rivolse un'occhiata veloce e uscì senza aggiungere altro, lasciandola in preda a una stranissima sensazione.

Non sapeva se essere arrabbiata con Dimitri oppure no, per ciò che aveva detto di Xander. Non si erano mai amati, questo era risaputo, ma si erano rispettati alla fine, e per uno che teneva all'onore come il Mastino un colpo basso del genere era inusuale. Lui non si macchiava di queste cose, non era tipo da rinfacciare gli errori o sbagli degli altri.

Abbandonata.

Xander l'aveva abbandonata. Era vero?

Allora non l'avrebbe seguito volontariamente, di questo era sicura, anche sapendo come poi sarebbero andate le cose dopo, però... Però Xander avrebbe dovuto portarla via comunque?

Non lo sapeva, ed era giusto così. Non poteva in ogni caso tornare indietro e cambiare le cose.

Scosse il capo e si andò a sedere nell'abitacolo della LaFerrari, la porta aperta e la gamba che penzolava fuori, cercando di tranquillizzare i pensieri e di riuscire a mandare giù l'amaro in bocca per la frase di Dimitri. Emilian si affacciò e la guardò preoccupato, le cicatrici più vistose del solito.

<< Stai bene, Fenice? >> domandò.

Irina annuì.

<< Sì, grazie >> rispose, << Ogni tanto ho l'impressione di combattere un nemico invisibile e... >>.

<< Mi riferivo a ciò che ha detto Dimitri >> la interruppe Emilian.

Irina non lo faceva così sensibile, eppure il russo dimostrò di conoscere molto meglio di quanto credesse la sua storia. Era stato Dimitri a raccontagli di quell'agente dell'F.B.I. arrivato a Los Angeles con l'intenzione di catturare lo Scorpione, che poi si era innamorato di lei?

<< Non... Non lo so >> rispose alla fine, << Però non posso non ammettere che è la verità >>.

Emilian assunse un'espressione strana, simile al fastidio.

<< Dimitri non parla mai a sproposito >> disse, allontanandosi.

Sì, Dimitri non parlava mai a sproposito, Irina lo sapeva, ed era questo a renderla perplessa. Cosa voleva davvero dire quello scambio di battute tra lui e McDonall? Sicuramente qualcosa che il Mastino non le avrebbe detto, visto che aveva eluso la sua domanda. E non si trattava solo del fatto che McDonall li volesse usare in qualche modo. Perlomeno però sapeva che Dimitri le avrebbe detto tutto, prima o poi.

Decise che attendere le 17.30 per la semifinale senza fare nulla era troppo, così pensò di fare qualcosa di molto rischioso ma che l'avrebbe distratta dai pensieri bui che le vorticavano nella mente: andare in giro per il circuito a vedere gli stand. E decise di non farlo da sola, ma di scegliere una persona che con le sue chiacchere l'avrebbe stordita a sufficienza fino a farle dimenticare quello che aveva nella testa.

<< Fadi, sto uscendo a fare un giro per le officine, vuoi venire? >>.

L'arabo fu colto di sorpresa, così come Emilian e Ivan che le rivolsero occhiate strane, visto che tendeva sempre a fuggirlo. Si infilò il cappellino nero della Fenix in testa e attese che lui dicesse qualcosa.

<< Oh, va bene >> rispose Fadi, i tratti perfetti del viso addolciti dallo stupore, << Dammi solo un attimo, per favore >>.

L'arabo sparì dentro la saletta riunioni, sotto lo sguardo perplesso di Irina, e ne riemerse in una veste che la lasciò senza parole: per la prima volta da quando lo conosceva, Fadi aveva smesso i panni dell'Emiro del Qatar e aveva indossato quelli di un qualsiasi multimilionario europeo degno di nota. Un paio di jeans scuri e una impeccabile camicia azzurra coperta da un maglioncino color panna. In effetti, senza tutte quelle vesti svolazzanti, era meno esotico, ma molto più... attraente. Aveva un bel fisico e spalle molto larghe, messe in risalto dal colore chiaro del maglione.

Irina inarcò un sopracciglio, e l'arabo mostrò un sorriso sornione.

<< Darò meno nell'occhio, vestito così >> spiegò, << Non credi? >>.

Irina inarcò un sopracciglio, e annuì, perplessa. Anche vestito con un sacco della spazzatura Fadi avrebbe attirato comunque l'attenzione; era umanamente troppo bello che non destare nell'occhio, un po' come una russa di sua conoscenza. Le tornò alla mente il commento di Nina, quando lo aveva incontrato per la prima volta, e in lei si formò in sospetto che Fadi avesse trovato una nuova preda, nonostante le tre mogli lo aspettavano a casa. In ogni caso, lungi da lei giudicare.

Si incamminarono lungo il viale adiacente ai box, schiere di spettatori e turisti che si muovevano concitati da una parte all'altra, e il rumore dei motori oltre il muretto. Si stava svolgendo la gara del segmento B, e il pubblico tifava mentre la voce di Wheldrim commentava concitata.

Chissà perché, nonostante il rumore, l'adrenalina, l'odore di gomma e benzina che permeava l'aria, Irina continuava a sentirsi come dentro una bolla. Una bolla ovattata, dalla quale vedeva e sentiva tutto in modo smorzato, e nella quale si sentiva sospesa.

Però portare Fadi con lei le servì; avevano lasciato appena da cinque minuti l'officina della Fenix che l'arabo aveva già iniziato a parlare.

<< Stando qui ho avuto molti nuovi spunti per arricchire la mia collezione >> iniziò, mentre passavano davanti allo stand della ABT, dove una serie completa di Audi faceva bella mostra di se, in livree scure e aggressive.

<< Cosa vorresti comprare? >> gli domandò lei con un mezzo sorriso.

<< Ho visto una Porsche 918 molto interessante... >> rispose Fadi, divagando con lo sguardo come se stesse cercando qualcuno, << E... quella >>.

Irina si voltò; Fadi stava indicando niente meno che la Bugatti Chiron blu esposta sul palco, scintillante sotto il sole della Germania. Così perfetta, con quei fari che sembravano occhi, così irraggiungibile. Sarebbe piaciuta a William, e molto probabilmente se fosse stato lì avrebbe fatto qualsiasi cosa per averla.

<< Mi stai dicendo che devo impegnarmi e vincere la gara? >> domandò Irina con un mezzo sorriso.

<< Oh, potrei comprarla >> rispose Fadi, << Tre milioni di euro non sono poi molti... Il vero problema è la lista d'attesa: mi hanno detto che ci vogliono un paio di anni per avere una >>.

La lista d'attesa... Ognuno aveva i suoi problemi, e per Fadi i problemi erano rappresentati dall'attesa. Già, il tempo era l'unica cosa che non poteva comprare, anche con tutte le sue piattaforme petrolifere.

<< Faremo del nostro meglio, Fadi >> disse Irina, << Ma non dipende solo da noi. Dobbiamo avere il maggior numero di punti possibili al termine delle gare, e potremo capire solo stasera dopo le semifinali in che posizione siamo... e quante possibilità abbiamo di vincere la Coppa dei Preparatori >>.

Fadi annuì e ripresero a camminare; Irina puntò dritta verso l'officina Abarth, mentre l'arabo si distraeva per l'ennesima volta parlando con uno dei proprietari della Koenig. Era un bellissimo ragazzo, anche abbastanza intelligente, ma la sua capacità di concentrazione lasciava un po' a desiderare.

La Punto non c'era, e Irina ricordò in quel momento che stava gareggiando nel segmento B. Parcheggiata in disparte, rossa e piccola, c'era solo la 500. Lasciando Fadi alle sue chiacchere, Irina si diresse verso il muretto che delimitava la pista e si fece spazio tra la folla, riuscendo a raggiungere il bordo del circuito. Proprio in quell'istante, come un proiettile bianco, la Punto Abarth sfrecciò sulla pista, il motore che ringhiava cupo e sordo.

<< E Tom Neri passa in vantaggio! >> stava gridando Wheldrim, << Diavolo, chi l'avrebbe mai detto che quest'anno la Abarth arrivasse così in forma! Prima la 500, ora la Punto... Forse prepareranno solo utilitarie, ma lo fanno davvero bene! >>.

Irina controllò il tabellone, e scoprì che nel segmento A era stata la piccola 500 rossa a classificarsi prima. Sorrise, mentre seguiva dagli schermi il secondo giro della Punto bianca, ora in testa, che pennellava le curve del Nurburgring come un'artista. Dietro di lei, una Ford Fiesta ST blu la rincorreva senza riuscire a riprenderla.

L'Abarth sembrò decollare, quando percorse a tutta velocità l'ultimo tratto della pista, l'asfalto ruvido e sconnesso che sfrecciava sotto le ruote. Irina la sentì arrivare prima di vederla, e con un boato della folla la Punto tagliò il traguardo per prima.

Irina sorrise; quella era identica alla sua auto, e non poteva che essere contenta della sua vittoria. Applaudì, vedendola uscire dal circuito, il pilota che abbassò il finestrino e alzò il braccio in direzione della folla per festeggiare.

<< Nessuno avrebbe puntato un soldo bucato sulla Abarth, quest'anno, e invece dobbiamo smentirci >>. Wheldrim sembrava divertito, mentre parlava, << La casa automobilistica italiana non ha passato un bel periodo ultimamente... Conosciamo tutti la crisi finanziaria che l'ha attanagliata. Ma, che dire, si è ripresa egregiamente ed è stata in grado di portare in pista due piccole bestioline affamate di asfalto! >>.

La Punto sparì verso la sua officina Irina tornò verso Fadi, che si guardava intorno con aria smarrita.

<< Cosa stavi facendo? >> le chiese.

<< Niente, volevo solo vedere l'esito della gara >> rispose Irina.

Mentre si dirigevano verso gli altri stand, a Irina saltò immediatamente all'occhio una persona, che lì per lì non le disse nulla; dopo un paio di secondi però un flash le si accese nella mente, e lo riconobbe solo per un piccolissimo dettaglio: l'anello d'oro bianco con uno zaffiro incastonato che portava al dito della mano sinistra.

Sir Charlton McGregorwill, detto Karl.

Lo aveva visto una sola volta nella sua vita, ma ricordava la sua faccia altezzosa e i suoi modi freddi e distaccati; era amico di Richard il Lord, un vecchio compagno d'affari di William che viveva a Londra.

E Irina sapeva che la Bugatti Veyron nella quale lo Scorpione era morto era niente meno che di Karl.

Il fatto che si trovasse nel bel mezzo dello stand della Torec non poteva essere un caso.

Le mani di Selena erano arrivare ovunque, e avevano scovato tutti i nemici di William, uno per uno, per farne degli alleati. Ecco perché la Velasquez era riuscita a muoversi anche in Europa senza avere problemi di sorta... Quanti altri nemici dello Scorpione si sarebbe ritrovata davanti, prima della fine?

Karl stava parlando con uno dei meccanici, ma alle sue spalle Irina intravide la sagoma tatuata di Selena. Era seduta su uno sgabello e osservava un televisore appeso al soffitto, sorseggiando qualcosa con una cannuccia colorata. Teneva i capelli lunghi stretti in una coda bassa, facendo risaltare i tatuaggi sul collo.

Forse avrebbe dovuto andarsene e basta, ma era stanca di giocare a nascondersi. Selena non aveva fatto altro che starsene nascosta a tirare le fila del gioco, ma ormai erano agli sgoccioli e si sarebbero dovute incontrare, prima o poi. Sicuramente prima della fine.

Lasciò Fadi dov'era e si diresse verso il box.

Ignorò Karl e ignorò i meccanici della Torec, e si parò davanti a Selena.

La donna sorrise e mise da parte il suo bicchiere con aria sensuale, come se dovesse sedurla e non spaventarla. Le sembrò quasi annoiata, come se fosse in un posto in cui non le interessava stare.

<< Da quando tempo, Fenice... >> commentò Selena, muovendo il piede a penzoloni dallo sgabello, << Come va? Ti sei ripresa bene, dal tuo brutto incidente? >>.

Irina arricciò il labbro. Come sempre, voleva solo provocarla.

<< Hai intenzione di gareggiare? >> le domandò seccamente.

Selena rise, attirando l'attenzione dei suoi meccanici. Però non c'erano né Boris, né suo fratello, tanto meno Felix. Anche loro continuavano a nascondersi.

<< Io? Gareggiare? Oh no, Fenice, io non sono te, lo hai detto anche tu >> rispose lentamente la donna, << Non ho le tue capacità... E io non voglio batterti, voglio distruggerti. Voglio vederti soffrire come io ho sofferto. Io gioco con tante pedine, Fenice, e voglio solo raggiungere il mio obiettivo. Non mi importa nulla delle auto o della fama... Non mi importa metterci la faccia. Voglio solo vederti cadere nella polvere e rimanerci >>.

<< William era pur sempre tuo fratello >> la interruppe Irina, << Molto probabilmente ti avrebbe aiutata, se solo avesse saputo della tua esistenza >>.

Selena sembrò disgustata dalle sue parole. Spostò il bicchiere mezzo pieno dal tavolino con violenza, segno che ricordarle che era la sorella dello Scorpione non era una buona idea.

<< Aiutarmi? >> sbottò, << Io non volevo il suo aiuto, suo e dei suoi stupidi soldi. Mi fanno schifo, i suoi soldi. Mio padre mi ha lasciato marcire per anni in Messico senza preoccuparsi di quale potesse essere il mio destino, mentre si scopava le sue puttane a Las Vegas e il suo bambino viziato giocava a fare il pilota... Li ho sempre voluti morti, e il destino alla fine mi ha dato quello che volevo. Ho passato il resto della mia vita ad arrancare nel buio, e ora voglio vendetta contro ogni singola persona che è stata loro accanto. Sto usando tutto il denaro che mi ha lasciato il mio adorato paparino per distruggere ogni singola cosa che hanno creato. Questo è il destino, e il destino è beffardo, lo sai meglio di me >>.

Sorrise, mostrando i denti come un animale selvatico che difende il proprio territorio.

Forse Selena era davvero pazza; forse la vita che le era toccata l'aveva fatta uscire fuori di testa... Che cosa le serviva la vendetta?

Irina la osservò per una frazione di secondo, senza capire il senso delle sue azioni, ma c'era un motivo al fatto che non comprendesse. Lei e Selena erano completamente diverse, a partire dal fatto che Irina non conosceva il termine "vendetta". Anche dopo tutto quello che era successo, era stata l'unica a perdonare davvero William Challagher... Non era stata in grado di covare la rabbia, e questo l'aveva salvata dalla follia.

Selena no. Selena era vittima del suo odio, prima ancora di tutto il resto.

La guardò, le decine e decine di tatuaggi che le solcavano la pelle, gli occhi verdi infiammati dalla rabbia e la bocca tirata in una smorfia.

<< Avresti davvero la tua vendetta se scendessi in pista >> disse solo.

Selena scoppiò a ridere.

<< Io non scenderò in pista, Fenice >> rispose, << Io ho altri metodi per ottenere quello che voglio >>.

Certo, usare le sue pedine. Perché Selena era pazza e cieca di rabbia e odio, e non le importava nulla di che mezzi avrebbe usato per raggiungere il suo scopo.

Con William Challagher era stato tutto un gioco perverso e senza limiti, dove non c'erano state regole ma solo ruoli ben precisi: il carnefice, la vittima e l'eroe.

A Mosca, avevano giocato una Roulette Russa puntandosi una pistola alla testa a vicenda, uno dopo l'altro, e l'unico colpo in canna era finito nella testa proprio dello Scorpione.

Adesso, disputavano l'ultima partita, una partita a scacchi fatta di una fazione bianca e una nera, di pezzi più o meno forti, di mondi completamente opposti.

Selena e Irina erano semplicemente le due regine della scacchiera, ed erano quelle che avrebbero decretato la fine del gioco, in un modo o nell'altro.

<< Spero solo che tu sappia che, anche se otterrai vendetta, l'odio che hai dentro non si spegnerà mai >> disse Irina, << Io ho conosciuto William Challagher, e per quanto la sua anima fosse corrotta e nera, io so che ti avrebbe aiutato, se avesse potuto. Non ti avrebbe lasciata sola >>.

Non guardò l'espressione di Selena; si voltò e lasciò il box della Torec, credendo fermamente a ogni parola che aveva appena detto. William aveva commesso tanti errori, ma di fronte a sua sorella non si sarebbe mai girato dall'altra parte; Irina lo sentiva nel cuore, nell'anima.

Fadi stava ancora gironzolando tra le officine, quando Irina lo raggiunse nuovamente. Intravidero Nina Krarakova tra le file di auto parcheggiate, e l'arabo la seguì con gli occhi mentre raggiungeva il bar centrale.

<< Se vuoi provare a offrirle un caffè, credo che la mia presenza non sia necessaria... >> commentò Irina, facendo un cenno verso la russa, << Anzi, è vivamente sconsigliata >>.

Fadi non se lo fece ripetere due volte e sparì in direzione di Nina, lasciando Irina da sola. Gironzolò ancora per un po' tra gli stand, con nelle orecchie la voce squillante di Wheldrim che commentava le gare, e alla fine si sedette in una zona tranquilla del circuito, una di quelle dove c'erano piccoli fazzoletti di erba verde dove gli spettatori si accampavano tra una gara e l'altra per mangiare qualcosa. Era troppo lontano dalla pista, così c'erano davvero poche persone, per lo più qualche famiglia con bambini molto piccoli che cullavano nei passeggini.

Voleva stare un po' da sola, lontana dagli occhi dei meccanici della Fenix, e da quelli di Emilian e Ivan. Anche da quelli di Dimitri; forse soprattutto dai suoi.

Quello che il russo aveva detto riguardo a Xander le bruciava ancora nello stomaco, nonostante sapesse essere la verità. Era stato un colpo troppo basso da parte sua, e inaspettato.

Sfiorò l'erba verde con la mano e fissò senza vederla una famigliola ferma a una decina di metri da lei. Non aveva voglia di correre, non aveva voglia di gareggiare ancora contro una nemica che non l'avrebbe mai affrontata direttamente.

Sospirò.

Rimase su quel praticello per un tempo indefinito, ignorando lo stomaco che iniziava a brontolare e il susseguirsi delle gare scandito dalla voce di Wheldrim che usciva fuori dalle casse sparse per il circuito. Stava bene, lì seduta da sola, a respirare l'odore di benzina e il vago profumo della gomma...

<< Ti stavamo cercando, Fenice >>.

La voce roca e seria di Emilian la riscosse dal suo torpore e la costrinse a guardare in alto; il russo la osserva perplesso, il volto fregiato leggermente piegato da una parte. Le stava porgendo un sacchetto di plastica che sembrava contenere qualcosa di voluminoso. Irina lo prese e si chiese come avesse fatto Emilian a trovarla lì.

<< Credo sia il caso che tu metta qualcosa nello stomaco >> disse il russo, << Non puoi fare una buona gara senza aver mangiato nulla. Sei già sufficientemente pelle e ossa così, Fenice >>.

<< Grazie... >> mormorò Irina.

Guardò nel sacchetto e vide che c'erano due grossi panini incartati; troppi per lei sola.

<< E' un buon posto che mangiare, questo >> disse il russo, guardandosi intorno, << Posso sedermi o preferisci che me ne vada? >>.

Irina scosse il capo, chiedendosi perché mai il russo fosse venuto a cercarla.

<< No, se vuoi possiamo fare a metà dei panini >> rispose con un piccolo sorriso, << Siediti pure, se vuoi >>.

Emilian si abbassò e si sedette sull'erba, mentre Irina gli porgeva un pacchettino incartato.

<< Mi cercavate? >> domandò Irina, sbocconcellando un po' di pane.

<< Sì. Fadi diceva di averti lasciato davanti al box della Torec, e non ti ha più ritrovata... >> rispose Emilian, << Ma sapevamo che non eri nei guai... Sai cavartela sempre, Fenice >>.

Irina non disse nulla; dall'occhiata che le lanciò Emilian capì che non doveva giustificarsi, con lui. Forse era molto più abituato ai silenzi di molte altre persone, visto che aveva condiviso la maggior parte della sua vita con Dimitri, e Dimitri non era uno che diceva più parole di quelle che erano strettamente necessarie.

<< Che problema hai, Fenice? >> domandò alla fine Emilian, dopo che ebbero finito di mangiare in silenzio, se non fosse stato per la voce di Wheldrim, incessante, << Mi dicono che quando sparisci così è perché c'è qualcosa che non va >>.

Irina lo guardò per un'istante, chiedendosi se fosse farina del suo sacco o se era stato qualcuno a dargli quell'informazione.

<< Chi ti ha detto questo? >> domandò.

Emilian fece un ghigno, la faccia sfregiata che sembrò ancora più segnata.

<< Rispondi alla mia domanda, non fare la furba >> ribatté.

Irina distolse lo sguardo.

<< Non ho niente, sto bene >> rispose lentamente. << Avevo solo bisogno di stare un po' per i fatti miei >>.

<< Immagino sia per quello che ha detto mio cugino stamattina >> la prese in contropiede Emilian, << Riguardo a Went. Ritieni di essere stata offesa? >>.

Era serio.

<< Non... Non mi ha offeso >> rispose lei, << E' solo che... Non lo so. E' vero ciò che ha detto, in fondo. Però poteva... Poteva usare più tatto, forse >>.

<< Dimitri non parla mai a sproposito >> disse Emilian, << E sa sempre cosa provocano le sue parole. Forse aveva davvero intenzione di ferirti, Fenice, ma magari c'è anche un motivo dietro >>.

Irina annuì, in silenzio.

<< Non aspettarti però delle scuse da lui >> continuò Emilian, << Conosco mio cugino da trent'anni, e non l'ho mai sentito chiedere scusa. Per quanto sappia saper essere giusto nelle sue valutazioni, questo è uno dei suoi difetti >>.

<< Non voglio delle scuse >> si affrettò a dire Irina, << L'ho detto, è vero. Xander se ne andò, quando fu il momento di scegliere tra me e la sua missione a Los Angeles... Però io non l'avrei mai seguito, e questo forse Dimitri non lo sa. Non sono stata del tutto abbandonata. Sono rimasta, volontariamente... Forse non doveva giudicare il comportamento di Xander, solo questo >>.

Emilian le rivolse un'occhiata, come se si fosse aspettato una risposta del genere da parte sua.

<< E' raro che Dimitri giudichi qualcuno >> disse, << Purtroppo, e forse tu lo sai meglio di me, crede di essere peggio di chiunque altro, per permettersi dei giudizi morali >>.

Irina annuì di nuovo, in silenzio.

<< So che ha fatto tante cose sbagliate, ma le ha sempre fatte per difendere la sua famiglia >> disse lentamente, << E sono anche certa che non ne va fiero >>.

Si strofinò le mani sulle gambe allungate sul prato, per dissimulare un po' di tensione.

<< Quella della famiglia Goryalef è una storia complicata, Fenice, e forse tu ne conosci solo una parte >> spiegò Emilian, << Siamo sempre stati molto numerosi e molto legati alle tradizioni. La violenza è sempre stata all'ordine del giorno, come l'onore, il rispetto, il senso del dovere. Dimitri è sempre stato quello tra di noi maggiormente in grado di seguire le regole, di fare quello che andava fatto, anche contro la propria volontà. Per la nostra famiglia era il capo perfetto, ed è per questo che se ne è andato, a un certo punto. La sua totale mancanza di egoismo e la morte di Lora gli stavano facendo perdere la sua umanità... Ha fatto cose che altri non avrebbero mai fatto, pur di difendere la nostra famiglia. E' stato molto vicino a perdere l'anima, in Russia >>.

<< E' quello che crede >> ribatté Irina, convinta.

<< Cosa vuoi dire? >>.

Emilian le rivolse un'occhiata, e lei quasi arrossì, al pensiero di ciò che stava per dire. Però ci credeva, ed era solo la pura verità.

<< Dimitri non ha perso niente della sua umanità >> rispose Irina, << E' una delle persone più oneste che io abbia mai incontrato. E' migliore di molti altri, e lui questo non vuole capirlo. Può cambiare, se vuole. Può... redimersi. Lo ha già fatto, in parte >>.

Un lampo passò negli occhi del russo, e Irina si chiese se per caso avesse detto qualcosa di sbagliato, o se lo avesse offeso.

<< E' questo che pensi? >> le chiese il russo.

<< Penso che Dimitri non possa cancellare il suo passato, ma può cambiare il suo futuro >> rispose Irina, << Può fare tante cose, se solo lo vuole. E' convinto di essere un'anima dannata, ma non lo è. Non ancora, almeno >>.

Deglutì; non era abituata a parlare di Dimitri in quei termini, non a qualcuno che gli era così vicino come suo cugino Emilian...

"Se solo fossimo due persone diverse, Dimitri...".

Il russo le rivolse un'altra occhiata.

<< Che cosa te lo fa credere, Fenice? >> le domandò, serio.

Irina distolse lo sguardo.

<< Non... Non lo credo. Lo so è basta >>.

Lo sapeva, perché Dimitri era stato il primo e l'unico a trattarla da donna adulta; il primo e l'unico a farle fare esattamente quello che voleva, quando voleva e come voleva. Era quello che aveva messo al primo posto ciò che era giusto, in ogni situazione; quello che era tornato dall'esilio per aiutare lei.

Il discorso sembrò chiudersi lì, perché Emilian non fece altre domande, ne trascinò la conversazione. Forse stava riflettendo su ciò che gli aveva appena detto...

Alla fine, il russo sembrò decidere che era ora di andarsene. Si alzò e le rivolse un'ultima occhiata.

<< Grazie per aver condiviso il tuo pranzo con me >> le disse, << Se hai bisogno di qualcosa, Fenice, sai dove trovarmi >>.

<< Grazie a te, Emilian >>.

Irina lo guardò andare via, e per un attimo ebbe l'impressione di aver trovato qualcuno che poteva avvicinarsi a un fratello. Come sempre, il destino era stato ironico, perché ricordava le occhiate che Emilian le aveva lanciato, la prima volta che si erano conosciuti: puro e semplice disprezzo.

Tornò al box della Fenix solo verso le quattro, poco prima della gara di Emilian e Gert, e nonostante fosse stata ferma immobile per praticamente tutto il giorno, scoprì di essere stanca. Ignorò le occhiate di tutti, mentre si dirigeva verso la LaFerrari, ma sentì lo sguardo di Dimitri trapassarla da parte a parte. Per un attimo credette che le chiedesse dove era stata, o che la sgridasse per non aver avvertito; invece non fece nulla, rimase silenzioso e ombroso in fondo all'officina.

<< In bocca al lupo, ragazzi >> disse Irina, mentre Ivan porgeva il casco a Gert e lui ed Emilian si dirigevano verso la Huracan e la Ford GT per la gara del segmento Supercar.

Lo svedese la ringraziò con un cenno del capo, ed Emilian fece altrettanto. I motori si accesero con un lieve ruggito, inondando i box con il loro ringhio sordo.

Per allentare la tensione, Irina si sedette al posto del passeggero nella LaFerrari, perché quell'auto la faceva sentire protetta. Osservò le due auto che si allontanarono lentamente, e in quel preciso istante Irina si rese conto che qualcosa in lei non andava. Non capì se si trattava di qualcosa di fisico o no; percepì solo l'ansia avvolgerla lentamente, un po' come quando si era trovata in viaggio da Los Angeles a Caracas.

Solo che non era il momento ideale per farsi venire un attacco di panico.

Respirò a fondo, mentre la voce di Wheldrim tornava a invadere il circuito.

"Sono qui per battere Selena Velasquez, nient'altro. Sono qui per battere Selena Velasquez, nient'altro...".

Continuò a ripetersi quella frase all'infinito, controllando il fiato e i battiti del cuore. Il fianco le mandò una fitta, che le servì a riprendere lucidità, ma che non era un buon segno.

<< Stai bene? >>.

Come un'ombra, Dimitri si era avvicinato e la guardava dall'alto, il braccio appoggiato sulla portiera aperta della LaFerrari, gli occhi grigi che la scrutavano, quasi infastiditi.

<< Sì, sto bene >> mentì lei.

Dimitri non ne sembrò convinto, però si allontanò e tornò a guardare verso lo schermo che proiettava la gara, insieme a Fadi e ai meccanici. Irina sentì il bisogno impellente di muoversi, di fare qualcosa, nel tentativo di togliersi di dosso la sensazione sgradevole che aveva addosso.

Afferrò uno straccio e iniziò a pulire gli interni della LaFerrari, mentre Dimitri le lanciava uno sguardo perplesso. In quello stesso istante, il rombo dei motori che iniziavano la gara irruppe nell'officina, e oltre il muretto Irina vide sfrecciare le auto.

Sarebbe andato tutto bene, non c'era nulla da temere. Emilian e Gert erano buoni piloti, e Dimitri era il numero uno della Black List... Forse l'unica che poteva fallire era lei...

Iniziava a impazzire anche lei.

Doveva fare qualcosa e svuotare la testa.

Passò lo stracciò sul cruscotto, sulle leve del cambio, sul volante... Aprì lo sportello del minuscolo cassettino dal lato del passeggero e lo svuotò dei pochissimi documenti che c'erano dentro, mettendoli da parte. Tolse la polvere anche da lì, prima di riprendere in mano la cartellina.

Qualcosa le disse di aprirla, anche se non doveva interessarle effettivamente cosa ci fosse dentro.

Trovò il libretto dell'auto, ripiegato in quattro parti.

Gettò un'occhiata al televisore; stavano tutti seguendo la gara, Fadi compreso. Non sembravano essersi accorti della sua agitazione ingiustificata e dei suoi movimenti senza senso.

Irina non seppe esattamente perché lo fece, ma dispiegò il libretto; i suoi occhi caddero esattamente sul capo dove era riportato il nome del proprietario.

Le andrò di traverso la saliva.

Irina Dwight.

In un attimo, tornò lucida. Lucida, presente, perfettamente cosciente.

<< Ma che diavolo... >>.

Fissò il pezzo di carta senza vederlo per una manciata di secondi.

C'era il suo nome, lì sopra.

La LaFerrari era di sua proprietà.

Perché Fadi le aveva intestato la LaFerrari?

Perché Fadi le aveva proposto quell'auto?

Proprio quell'auto?

Irina alzò gli occhi sul gruppetto di spalle che stava guardando la gara, ma l'unica schiena su cui si soffermò non fu quella di Fadi, fu quella di Dimitri Goryalef.

Quella LaFerrari era stata intestata a lei, e c'era una sola persona al mondo che la conosceva così bene da sapere che auto avrebbe voluto guidare. Non era un caso che Fadi gliela avesse proposta, non volontariamente.

E sentì la rabbia montare.

Scattò in piedi nello stesso identico istante in cui Dimitri si voltò a vedere che cosa l'aveva fatta agitare all'improvviso. Non le importò niente che non se lo aspettasse, o che forse la sua reazione potesse essere eccessiva, o che rischiasse a sua volta la pelle. O che semplicemente la prendessero per pazza.

Irina tirò uno schiaffo in faccia al russo, così forte che lo schiocco fece voltare tutti, sorpresi. Solo il Mastino rimase di ghiaccio, in netto contrasto con l'espressione atterrita di suo cugino Ivan.

Nessuno si mosse, tranne la mano di Irina che reggeva il libretto della LaFerrari, e che sventolò proprio davanti al naso di Dimitri.

<< Che cosa significa, eh? >> gli ringhiò, << Cosa diavolo vuol dire che questa auto è mia? >>.

Dimitri inarcò un sopracciglio.

<< Mi sembra più che evidente... >> rispose solo, gelido.

Irina avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni, in quel momento, perché era infuriata, e non sapeva bene nemmeno lei il perché.

<< Cosa hai fatto? >> sibilò, << Come ti sei permesso, eh? Chi ti ha dato l'autorizzazione a comprare a mio nome un'auto come quella? >>.

<< Non ho comprato nulla >> rispose Dimitri, fissandola dall'alto. Avrebbe dovuto sentirsi minuscola, di fronte a quello sguardo, ma servì solo a farla innervosire ancora di più.

<< Allora perché c'è il mio nome qui sopra? >>.

<< Perché è tua >>.

Irina perse la pazienza, e la sua mano fu più veloce del suo pensiero. Dimitri incassò la sberla senza fiatare, come se gli avesse fatto una carezza, e lei si imbestialì.

<< Che cosa hai fatto per avere quell'auto? >> ringhiò, << Vedi di dirmelo, perché altrimenti chiederò direttamente a Fadi che cosa hai fatto >>.

Dimitri arricciò il labbro, infastidito.

<< Ho scambiato la Centenario per la LaFerrari >> rispose alla fine, tra i denti.

Irina lo fissò, e non capì. Non capì per quale recondito motivo Dimitri avesse fatto una cosa del genere senza dirglielo; perché avesse messo a disposizione la sua Lamborghini per fare in modo che lei avesse un'auto.

Quell'auto.

<< Perché? >> domandò solo.

Dimitri per un momento sembrò quasi volerle ridare indietro i suoi due schiaffi.

<< Ti serviva un'auto, Fenice >> rispose, << Ti serviva quell'auto >>.

Una risatina isterica le scappò dalle labbra; si voltò di scatto, mettendosi le mani nei capelli. Non aveva più la F12, ma aveva una LaFerrari ottenuta con lo scambio di un'auto non sua, fatto dall'ultima persona che si aspettasse potesse farsi venire in mente una cosa del genere.

Perché Dimitri la conosceva meglio di chiunque altro? Perché diavolo riusciva a capire di che cosa avesse bisogno senza nemmeno parlare?

Per era ovvio che nel suo momento più buio, Fenice avesse bisogno della Ferrari delle Ferrari.

Era snervante.

<< Non... Non dovevi farlo >> disse lentamente, << Non in questo modo... >>.

Dimitri sembrò molto vicino all'esasperazione. Si avvicinò, e Irina fece un passo indietro, improvvisamente spaventata dalla sua espressione gelida. Il russo però si limitò a prenderla con delicatezza da un braccio e a tirarla in disparte, forse per evitarsi l'ennesima umiliazione, visto che Fenice sembrava tutto fuorché in sé.

<< Avevi bisogno di quell'auto, Fenice, e di nessun'altra. L'unico modo che avevamo per ottenerla era questo, perché io non sapevo dove trovare una Ferrari e tu non avevi un soldo in tasca >> rispose a voce bassa, << Se te lo avessi proposto, tu non avresti accettato. E non saremmo qui, adesso. E comunque, in ogni caso, io sono il numero uno della Black List, e tu continui a essere sotto di me fintanto che non mi batterai. Se io ti ordino di tenere quell'auto, tu tieni quell'auto, e non discuti >>.

Irina non osò ribattere, non per paura, ma semplicemente perché si rese conto che Dimitri le stava sussurrando nell'orecchio che non era il momento di parlare di quella storia; che doveva fidarsi di lui. Perché in fondo, il Mastino aveva ancora ragione.

Lei aveva bisogno di quell'auto, e di nessun'altra.

Però non aveva posto la questione nel modo giusto, e Irina si innervosì. Ne aveva passate troppe per accettare altri ordini.

Dimitri non fece una piega, quando Irina gli tirò il terzo schiaffo, anche se a dire la verità era decisamente meno forte dei due precedenti.

<< Io non terrò quell'auto perché me lo sta ordinando il numero uno della Black List >> soffiò, << La terrò solo perché è Dimitri Goryalef che me lo sta chiedendo >>.

Lo fissò negli occhi, e sul volto teso del russo si disegnò un impercettibile sorriso.

<< Siamo d'accordo, Fenice >> disse solo, << Ma smettila di prendermi a schiaffi, perché se continui, sarò io a mettere le mani addosso a te >>.

Irina fece un passo indietro, sentendosi improvvisamente presa in giro. Raggiunse il suo armadietto, afferrò la tuta della Fenix e andò a cambiarsi, senza nemmeno vedere l'esito della gara di Emilian e Gert. Quando uscì dalla saletta riunioni, scoprì che sia il russo sia lo svedese si erano qualificati per le finali, insieme a una raggiante Nina Krarakova.

Irina salì sulla la LaFerrari e si mise in attesa, con addosso una consapevolezza nuova e lo stomaco chiuso. Quell'auto nera era sua, c'era il suo nome scritto su quel libretto, ed era stato Dimitri Goryalef a volere così.

Ricordò di quando Xander le aveva regalato le chiavi della 458, e con tanta forza lei le aveva rifiutate...

Perché questa volta non reagiva nello stesso modo?

Forse perché Xander in realtà non le aveva dato niente di suo. Quella 458 apparteneva all'F.B.I., e nonostante tutta la sua buona fede, Xander aveva fatto le cose a modo suo, nel modo esibizionistico che l'aveva sempre contraddistinto.

Dimitri, invece, aveva fatto tutto il silenzio, e aveva rinunciato a qualcosa in prima persona.

Lo guardò, seduto nella Centenario, il volto scuro e gli occhi puntati sulla pista.

Aveva fatto tutto senza volere niente in cambio, e l'unica cosa che era stata capace di fare era prenderlo a schiaffi.

Sentì la voce di Wheldrim che chiamava sullo schieramento le Hypercar per l'ultima gara della giornata. Sfiorò l'acceleratore della Ferrari e seguì la Centenario.

Il pubblico accolse con un boato assordante l'ingresso delle auto nella pista, gli spalti pieni di gente e il cielo limpido sopra la testa. Irina strinse il volante, raggiunse la sua postazione e puntò gli occhi avanti.

La Centenario e la Reventon erano in pole position, perché erano state quelle a ottenere i tempi migliori. Subito dietro Irina, e alle sue spalle Jorgen con la Pagani Huayra e Boris Goryalef con la McLaren 570. Dietro a tutti loro, altre sette auto, per un totale di dodici hypecar e più o meno quaranta milioni di dollari su una pista.

Per avere accesso alle finali, Irina doveva piazzarsi tra i primi sei. In fondo, doveva essere solo più veloce di due Lamborghini, una Pagani, due McLaren, una Porsche, una Koeniggseg, una Laykan, e persino una Mazzanti Evantra. Ed era l'unica donna in pista.

Irina strinse il volante, mentre il suo stomaco si contorceva; c'era qualcosa che non andava in lei, qualcosa che non funzionava da quella mattina, ma non poteva di certo fermare la gara. La mano sinistra le tremava impercettibilmente, mentre attendeva che i semafori si illuminassero di rosso.

<< Fenice? >>.

La voce bassa di Dimitri le irruppe nell'orecchio, e Irina sussultò. Credeva di essere in contatto con la scuderia, non con lui.

<< Ti sento >> rispose lei, << Strategia? >>.

<< Nessuna >> disse Dimitri, << Qualifichiamoci e basta >>.

<< Ok... >>.

Irina deglutì, mentre il suo stomaco continuava a muoversi in modo fastidioso, e la mano tremava. Puntò gli occhi sulla Reventon a pochi metri da lei, e poi sulla Huayra.

<< Stai bene, Irina? >>.

Chissà perché, ma fu quasi come sentire gli occhi di Dimitri posarsi su di lei, oltre i vetri della Centenario e oltre quelli della Ferrari. Non poteva vederlo, non da lì, ma era certa che il russo la stesse guardando. Come faceva a sapere?

<< Sì, sto bene >> rispose lentamente.

Dimitri dall'altra parte rimase in silenzio.

<< Sta' attenta, Fenice >> disse alla fine, << Hai un valido motivo per non rovinare quella Ferrari >>.

Irina si lasciò andare a un sorrisetto.

<< Lo so >> rispose, << Ma tu non sei messo meglio di me >>.

Dimitri non rispose nulla, ma Irina fu certa che la stesse guardando attraverso il casco. Tornò a puntare gli occhi sui semafori, le palme delle mani sudate sotto i guanti.

Il semaforo si spense, e Irina reagì in ritardo.

Il ruggito dei motori si sollevò nell'aria nello stesso istante in cui il suo cervello le ricordò che doveva affondare il piede sull'acceleratore. Vide la Huayra passarla di scatto, e la McLaren fare lo stesso.

Schizzò in avanti, il V12 della Ferrari che spinse abbastanza forte da non farla rimanere ultima. Scartò di lato, evitando la coda della Pagani, e vide la Centenario di Dimitri incollarsi al posteriore della Reventon. Probabilmente Dimitri avrebbe replicato la gara del giorno precedente, dando fastidio a Felix.

Irina accelerò, il tachimetro che schizzava in alto, tentando di mantenere la lucidità, ma la sua testa sembrava anestetizzata. I suoi riflessi erano lenti, e quando si rese conto di avere davanti a lei sei auto, fu colta dal panico.

Teoricamente, in quel momento era fuori dalla competizione.

Accelerò di colpo, mentre lo stomaco le gorgogliava e si rendeva conto che le sue mani non erano poi così salde sul volante...

Era come guidare dentro una bolla ovattata, e Irina si chiese come non fosse ancora uscita di strada; forse il suo sesto senso da pilota funzionava ancora e riusciva a compensare i suoi riflessi lenti e l'assenza di forza...

Il muso della Porsche 918 grigia fece capolino nel suo specchietto retrovisore, decisa a superarla. Irina si spostò di lato, tagliandole la strada, il cuore che le finiva dritto in gola.

I fari posteriori della Pagani diventavano sempre più piccoli, davanti a lei, mentre il prato verde del Nurburgring le scorreva di fianco veloce e indistinto. Eppure, per quanto andasse veloce, era sempre comunque troppo lenta...

Doveva riprendere almeno la Evantra bianca davanti a lei, non aveva altra scelta.

Strinse i denti, anche se sentì il suo corpo ribellarsi, e affondò il piede sull'acceleratore, la testa che vibrava dietro la spinta del V12. Una goccia di sudore le colò lungo la tempia, mentre riusciva a staccare la Porsche e infilava la curva a tutta velocità, anche se la sua testa le trasmise la sensazione di essere dentro una centrifuga...

"Avanti... Avanti Irina".

I fari rossi della Evantra le si pararono davanti prima di quanto si aspettasse, o forse furono solo i suoi occhi che se ne accorsero in ritardo. Zigzagò per confondere il pilota della Mazzanti, e il suo stomaco si ribellò gorgogliando.

Le bastò avere un secondo di lucidità, per sfruttare il piccolo errore del suo avversario e sfilarlo a sinistra, ma nonostante fosse sesta, continuò a sudare freddo.

Sentì i muscoli delle gambe contrarsi e iniziare a tremare impercettibilmente, mentre cercava di guadagnare un po' di terreno. La sagoma nera della Centenario era una macchia indistinta all'orizzonte, confusa come la sua testa.

Per la prima volta nella sua vita, Irina desiderò solo che quella gara finisse; desiderò solo spostarsi a destra, fermarsi sull'erba e spegnere il motore dell'auto.

Dopo mesi, il suo corpo iniziava a ribellarsi, e lo faceva nel momento meno opportuno di tutti.

Le veniva da vomitare, le tremavano le mani e si sentiva la pelle gelida, anche se il V12 alle sue spalle scaldava l'abitacolo con il suo ringhio sordo e aggressivo.

Tagliò il traguardo del primo giro, il pubblico che lanciava ovazioni e grida, ma l'unica cosa che lei sentiva erano i battiti accelerati del suo cuore e il sudore che le scendeva lungo il collo.

Era tutto fuori controllo: la sua testa, il suo corpo, la gara, la pista, la gente che gridava, i suoi avversari...

Voleva fermarsi, voleva...

<< Dove sei, Fenice? >>.

La voce di Dimitri la riportò per un momento alla realtà, mentre lottava disperatamente con la propria forza di volontà per non imboccare la corsia dei box e lasciare la corsa.

<< Non... Non lo so, dove sono. Tu dove sei? >>.

Il silenzio del russo le fece capire che era nei guai. Forse nemmeno lui sapeva cosa fare, in una situazione del genere. Anni di gare clandestine senza mai un problema, e ora Fenice sbroccava e non era in grado di capire in che pista si trovasse... Doveva finire così?

<< Fenice, non puoi abbandonare adesso >> disse solo il Mastino, << Hai corso in condizioni peggiori. Devi qualificarti >>.

<< Ok... Ok, ce la faccio >>.

Irina strinse il volante, gettò un'occhiata alle sue spalle e vide il muso della Evantra a pochissimi metri da lei. Dimitri aveva ragione, non poteva mollare... Non poteva fallire adesso e rendere tutto vano.

Però il suo corpo non rispose; non le diede retta, mentre gli ordinava di darsi una mossa e guidare come guidava Fenice.

Rimase troppo lenta, e lo spazio tra lei e la Evantra si assottigliò come la sua determinazione.

Una goccia di sudore le colò negli occhi, quasi accecandola, mentre sentiva che l'auto l'avrebbe superata, era solo questione di curve...

Era finita.

Fenice finiva la sua carriera così, in preda al panico dentro una LaFerrari nera, con le mani che le tremavano. E il rimpianto di essere stata umiliata da una donna che forse non aveva nemmeno la patente.

"Non è giusto".

Poi, una sagoma nera le si parò davanti, e fu solo dopo aver sbattuto le palpebre che Irina riconobbe il posteriore della Lamborghini Centenario di Dimitri. Nera, arrabbiata come poteva esserlo solo il Mastino in persona.

Irina non capì; vide solo che il russo sembrava aver commesso un errore, perché doveva essere uscito leggermente di pista e aveva perso posizioni. Le sue gomme schizzavano pezzi di erba ovunque, mentre si spostava di lato, sfiorando di nuovo i cordoli in maniera fin troppo pericolosa...

<< Passa, Fenice. Adesso >>.

Irina affondò il piede sull'acceleratore, e superò la Centenario nell'esatto istante in cui Dimitri tornò in carreggiata, giusto in tempo per tagliare la strada alla Evantra.

Irina non si guardò indietro; non lo fece perché quel briciolo di concentrazione rimasta doveva servirle per arrivare al traguardo.

E fu una tortura, perché il suo corpo voleva solo fermarsi e farle chiudere gli occhi.

Quando Irina tagliò il traguardo, quinta, e dietro di lei Dimitri si classificava sesto dopo aver intralciato la Evantra per il resto della gara, capì che senza di lui non sarebbe stata lì. Condusse la LaFerrari senza quasi capire dove si trovava fino ai box, sorda alla voce di Wheldrim che si stava rammaricando con il pubblico per il madornale errore commesso dal pilota della Centenario, che sul più bello era uscito di strada perdendo la seconda posizione...

La Ferrari si fermò davanti al box della Fenix, e rimase immobile nell'abitacolo per una manciata di secondi, sufficienti a farle riprendere fiato. Poi aprì la porta e tentò di uscire, ma riuscì solo ad afferrare il vetro della portiera, aggrappandosi con tutte le poche forze che aveva, prima di sentire il braccio di Dimitri che la metteva in piedi e la spingeva dentro l'officina.

Si ritrovò dentro la saletta riunioni, Dimitri che la metteva seduta su una sedia e Emilian che le dava un bicchiere di qualcosa e la osservava, preoccupato. Stordita, si ritrovò a combattere con il suo stomaco per non svuotarlo sul pavimento seduta stante.

Tutto in lei continuava a non funzionare. Era ferma, ma il mondo sembrava non voler smettere di girare.

<< Respira, Fenice. Respira >>.

Si concentrò sulla voce di Dimitri, e lo vide abbassarsi di fronte a lei, aiutandola a reggere il bicchiere in mano, << Ti sei qualificata. Respira. E bevi >>.

Irina lo osservò, mentre sentiva l'aria entrare e uscire dai suoi polmoni, lentamente. Annusò il contenuto del bicchiere, poi ne bevve un sorso. Era dolce, molto zuccherato.

Incontrò gli occhi di Dimitri, grigi e così imperscrutabili, incredibilmente vicini. Si sentì quasi spogliata, di fronte a quello sguardo.

<< Sto bene >> sussurrò solo.

Il russo la guardò, e Irina si rese conto che la stava tenendo per le spalle. Le cose intorno a lei si muovevano ancora, ma ora capiva cosa era appena successo.

<< Mi dispiace... >> aggiunse, sapendo che aveva combinato un bel casino.

Dimitri la lasciò andare, si mise in piedi e raggiunse la porta della saletta.

<< Di cosa, Fenice? >> domandò << Di aver avuto bisogno di aiuto? Riposati. Domani andrà meglio >>.

Irina non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia; lo sentì uscire dalla saletta, e si diede della stupida. Però durò solo un attimo, perché poi appoggiò la testa sul tavolo e i suoi occhi si chiusero, nonostante le lacrime che scendevano.





Spazio Autrice

Un aspirante scrittore chiede il mio aiuto per farsi conoscere: se avete voglia, visitate il profilo di @Alessandro0014 ! Scrive il mio stesso genere di storie ;-)


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