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Capitolo XLI



Ore 12.00 – Nurburgring, 2° giorno

Irina sedeva nella saletta per le riunioni nel box della Fenix, uno schermo acceso ma senza volume che trasmetteva le immagini delle qualifiche preliminari del segmento D. Una BMW M3 blu aveva appena tagliato il traguardo segnando il miglior tempo di categoria, ma Irina non seguiva con attenzione; era distratta dal fogliettino che teneva tra le mani, dove Nina Krarakova aveva scritto le ultime informazioni sulla Torec e che le aveva fatto avere consegnandolo a Emilian.

Jorgen Velasquez avrebbe guidato una Pagani Huayra, ma non era quello a stupire più di tanto Irina; già la Koeniggseg non era una macchina facile da trovare, quindi dovevano avere davvero qualcuno in grado di procurargli auto rare... O forse si trattava semplicemente che i soldi lasciati da George Challagher erano veramente tanti, e risolvevano un sacco di problemi. Però era la vettura di Felix Moreau ad averla bloccata in quell'ufficio piccolo e isolato.

Una Lamborghini Reventon.

Non l'aveva vista, anche se il suo primo impulso era stato quello di alzarsi e raggiungere i Box della Torec per posare gli occhi su quell'auto. Non l'aveva fatto, perché sapeva già che era l'esemplare n. 1, quello appartenuto a William Challagher, lo stesso che Dimitri aveva trovato nascosto a Caracas insieme alle auto della Black List.

Alzò lo sguardo sul monitor, mentre da oltre la porta sentiva il rumore dei meccanici che lavoravano ancora sulle auto per gli ultimi ritocchi prima delle qualifiche preliminari. Una delle auto della Torec, una Audi S5, aveva appena battuto il proprio record su giro.

Non si era mossa neppure una volta per il circuito, dalla mattina precedente, quando aveva sbattuto in faccia a un giornalista che si chiamava Irina Dwight e non Alissa Speed; né lei né il resto della squadra aveva ritenuto fosse saggio farsi vedere in giro, ma nessuno si era permesso di dirle di aver commesso un errore.

Forse la ritenevano una mina vagante pronta a esplodere da un momento all'altro, e contraddirla sarebbe stato pericoloso...

Sapeva che prima del suo giro di prova, durante il pomeriggio del giorno precedente, in tutto il Nurburgring girava già voce che la famosa poliziotta di Los Angeles fosse lì, e la sua prova su pista fu seguita con molto interesse anche dalla stampa specializzata. I giornalisti però non sembravano essere al corrente che Irina fosse ricercata come pilota clandestina, il che le fece intendere che fosse dovuto alla presenza di McDonall.

Non aveva parlato con nessuno all'infuori del suo team, ma Dimitri era stato il primo a pensare che molto probabilmente il Vicepresidente li stava lasciando in pace perché aveva un secondo fine. Era impossibile che non sapesse che faccia aveva Selena Velasquez, non dopo che aveva ammazzato il suo miglior agente, quindi stava chiudendo gli occhi volontariamente. Il perché non era chiaro, non ancora almeno.

Tornò a guardare il fogliettino che aveva tra le mani, in silenzio.

La Reventon...

Irina ricordava come fosse ieri il giorno in cui aveva aiutato William a rubarla... Se solo allora avesse saputo dove sarebbe finita, avrebbe trovato il modo di distruggerla. L'auto dello Scorpione, proprio contro di lei.

"Fin dall'inizio siamo stati destinati a farci la guerra, Will...".

Fece una smorfia. No, stava sbagliando; quella era solo un'auto, lo spirito dello Scorpione non avrebbe mai accettato che la sua Reventon venisse guidata da qualcuno al di fuori di lui stesso.

"Forse è un bene che tu non sia qui, William. Chi avresti aiutato, in questo frangente? Me, o tua sorella?".

Scosse il capo. Non poteva permettersi di tenere l'umore basso, non poche ore prima della sua qualifica. Che lo Scorpione fosse con lei o contro di lei non aveva più importanza, visto che non era lì.

Strinse il foglietto e tornò a guardare il monitor senza vederlo.

L'isolamento le aveva dato il tempo di fare il punto della situazione, ed era chiaro adesso che Selena aveva schierato sulla scacchiera del Nurburgring tutte le sue pedine, dalla prima all'ultima; anche lei, come William, aveva la sua lista, i suoi "fedeli", che l'avevano supportata fino a lì.

Irina li aveva ricostruiti, realizzando che ogni figura aveva avuto una parte importante nella storia.

C'erano i "pedoni", quelli che aveva mandato in avanscoperta ad uccidere Xander e a tentare di fare lo stesso con Dimitri; elementi di scarso valore, sacrificabili, senza un vero volto e un nome.

Poi, c'erano i due "cavalli", Timothy Breen, il tizio delle scommesse a Los Angeles, e il suo amico di colore che non lo lasciava mai, un certo Jack Robinson, che avevano gareggiato quella mattina nelle prove del segmento D.

Le due torri, pedine importanti e forti, erano Jorgen e Felix, che con la loro solidità alla guida erano stati in grado di sostenere il piano di Selena.

Poi c'era l'alfiere, quello che con i suoi movimenti trasversali, era riuscito a darle appoggio ottenendo qualcosa in cambio; Boris Goryalef.

Infine, in quella scacchiera c'erano il Re, la pedina più indifesa ma assurdamente più importante, rappresentata da quel bambino di nome Diego la cui unica colpa era essere nato dalle persone sbagliate, e lei, la Regina. Nascosta nell'ultima fila, sempre di fianco al suo Re per tendere le fila delle pedine sul campo...

Ne mancava solo una, l'ultimo alfiere, e Irina forse sapeva già di chi si trattava.

Sebastian Mackay era ancora vivo, ed era stato lui a informare Selena dell'eredità di Challagher. Doveva solo trovarlo, ed era certa fosse già lì, nascosto da qualche parte, magari troppo codardo per farsi vedere da lei.

Accartocciò il foglio e uscì dalla saletta, trovando solo Carlsson che stava lucidando gli specchietti della LaFerrari nera, che splendeva come petrolio liquido. Fadi e gli altri meccanici erano andati a mangiare, e Dimitri doveva essere al telefono per sentire come stavano Yana e gli altri. O ad allenarsi, visto che l'aveva visto piuttosto nervoso.

Non aveva fame, ma sapeva di dover mangiare per tenersi in forze in vista della prova del pomeriggio, dove finalmente si sarebbe trovata sulla stessa pista di Felix e Jorgen. Il francese continuava a rimanere un'incognita, perché non aveva preso parte a nessun giro di prova; molto probabilmente non voleva scoprire le proprie carte prima del dovuto...

Guardò Gert, che le rivolse un'occhiata seria, imperscrutabile.

<< Hai fame? >> gli domandò.

Lui annuì.

<< Vado a prendere qualcosa al bar e lo mangiamo qui >> disse Irina, parlando lentamente ma senza scandire troppo le parole, << Va bene? >>.

Gert si lasciò andare a un gesto più amichevole del solito, alzando il pollice della mano in segno di ok.

<< Cosa ti porto? >>.

Gert prese un pezzo di carta e scrisse qualcosa.

"Un panino qualsiasi, ma NO POMODORO".

Irina sorrise di fronte al disprezzo che traspariva dalla parola "pomodoro" scritta così in grande, annuì e uscì dal box, guardandosi intorno per evitare incontri indesiderati.

A quell'ora le corsie del Nurburgring erano sempre movimentate, ma non come al mattino; i piloti erano tornati in hotel per andare a pranzare, insieme ai meccanici e ai giornalisti, e rimanevano i curiosi o gli stakanovisti. In più, era venerdì, e il grosso del pubblico sarebbe arrivato nelle giornate di sabato e domenica.

Percorse velocemente il tratto fino al bar, il colletto della giacca alzato fino agli occhi e un cappellino calato sulla testa, ma rallentò quando passò davanti alla Novitec, dove una Ferrari 458 come quella di Xander era ferma con il cofano aperto. Prima che qualcuno si accorgesse che stava curiosando se ne andò, per evitare di destare domande o occhiate inopportune.

Il bar era affollato, ma per fortuna il cappellino nero con il logo Fenix la nascondeva un po', quindi poté rimanere in fila senza essere riconosciuta da nessuno. Solo il cassiere, un ragazzo con la barba rossa, sembrò accorgersi di chi fosse, ma non le fece domande e le diede i suoi due panini ben incartati e due bottiglie d'acqua senza quasi rivolgerle la parola.

<< Ma com'è che tu non parli? >>.

La voce sorpresa e quasi irritata di Nina Krarakova le arrivò alle orecchie anche a metri di distanza prima di entrare nei box, e per un attimo Irina fu tentata di tornare indietro e fingere di metterci più tempo del dovuto a comprare due stupidi panini. Dimitri non c'era e non era sicura che un loro incontro non finisse davvero a botte, se si fossero incrociate nel momento sbagliato.

O forse poteva approfittare della situazione per assestare ancora qualche colpetto alla russa.

<< E come diavolo fate a capirvi? >>.

Irina strinse i denti ed entrò nel box, trovando Nina che guardava Gert come se fosse un fenomeno da baraccone, mentre lo svedese sembrava confuso e perplesso. Teneva in mano la stessa penna che aveva usato per scrivere l'ordinazione poco prima, e aveva abbandonato lo straccio che aveva usato per pulire la Ferrari sul cofano dell'auto.

La mancanza di delicatezza di Nina era irritante, soprattutto perché non sembrava aver capito quale fosse il problema di Gert.

<< Non parla, è sordo >> disse Irina, mentre appoggiava la busta con i panini sul bancone senza guardarla.

Nina si voltò di scatto, gli occhi azzurri spalancati.

<< L'avevo intuito, sai? >> disse, quasi stridula.

<< Non mi sembra, visto che continui a gridare >> ribatté Irina, tranquilla.

Nina storse la bocca perfetta in una smorfia.

<< Solo tu puoi mettere insieme una squadra di gente del genere >> commentò, caustica, << Un arabo vestito da sposa, un paio di russi sfregiati, quattro meccanici sfigati di cui pure uno sordo... Quanto in basso puoi ancora cadere? >>.

Irina inarcò un sopracciglio. Gli insulti alla sua squadra erano del tutto gratuiti, e Nina non sembrava comprendere di essere in un territorio solo casualmente neutrale; Irina strinse i denti e cercò di mantenere la calma.

<< Riferirò a Dimitri che lo hai definito "un russo sfregiato" >> disse lentamente, << Ma conoscendolo, non si offenderà, puoi stare tranquilla. E... Gret forse non sente, ma legge il tuo labiale, quindi penso abbia capito cosa hai detto >>.

Nina, presa in contropiede, fece un passo indietro, mentre Carlsson la osservava ancora con curiosità. I due si guardarono per un secondo, poi la russa si voltò verso di lei, ignorando completamente lo svedese.

<< Perché sei qui? >> le domandò Irina, visto che Dimitri non c'era.

<< Avevo un'ultima informazione da darvi >> rispose Nina, inacidita.

<< Ok >> convenne Irina, porgendo a Gret il sacchetto con il suo pranzo, << Vuoi darla a me, o parlerai con Dimitri? O a lui preferisci dare... altro >>.

Nina la fulminò con gli occhi, ma Irina non si lasciò spaventare. Sapeva che non faceva una grande figura a provocarla, ma aveva qualche sassolino dalla scarpa da togliersi e riteneva di poterlo fare ora. In fondo, tra loro non sarebbe mai corso buon sangue, e la russa stava collaborando solo in nome di Dimitri. Ricordarle che si detestavano non poteva fare poi tanto male.

"La sua bellezza è proporzionale alla sua cattiveria. Magari migliorerebbe stando con te, Dimitri".

<< Quindi? >> la stuzzicò Irina, in attesa.

Nina storse di nuovo la bocca.

<< Il vecchio meccanico di Challagher... >> iniziò.

<< Sebastian lavora per la Velasquez? >> la interruppe Irina, << Lo immaginavo già, grazie. Altro? >>.

Nina mostrò i denti in un sorriso irritato.

<< Comincio a pensare che l'incapacità di parlare sia un ottimo pregio >> commentò, << No, non ho altro da dire a te. Il resto lo riferirò a Dimitri in separata sede. Alloggiamo nello stesso hotel sai? >>.

La frecciatina punse Irina sul vivo.

<< Non dormire con la porta aperta, allora >> ribatté. << Ti ho solo sistemato il naso, l'ultima volta. Devo ancora finire il lavoro >>.

Nina le rivolse un'occhiata caustica e se ne andò, lasciandosi dietro quell'odiosissimo profumo da duecento dollari che le dava il voltastomaco. Carlsson sembrava estremamente confuso, e Irina si grattò la testa, imbarazzata per la scenetta che avevano appena recitato. Dovevano essere state piuttosto ridicole, ma aveva smaltito qualche minuscolo grammo di tensione.

<< Scusaci >> disse lentamente, << Ci conosciamo da un po', e... Non andiamo molto d'accordo. Diciamo che le piace insinuarsi nelle relazioni altrui... >>.

Gert sembrò comprendere, perché fece un mezzo sorrisetto che ricordò quelli di Dimitri.

"E tu la aiuti?" scrisse su un pezzo di carta.

Irina si strinse nelle spalle.

<< Non sono conosciuta per la mia intelligenza >> rispose.

Mangiarono in silenzio, Irina seduta dietro la sagoma della Centenario che le dava un forte senso di protezione, lontana da occhi indiscreti. Carlsson continuava a lavorare sulle auto, e ora si muoveva intorno alla Lamborghini per controllarne piccoli dettagli. Si sporse e gli sfiorò la spalla.

<< Gert? >>.

Lui si voltò.

<< Hai una famiglia? >> gli domandò.

Lo svedese scosse il capo, e Irina comprese immediatamente che non aveva alcun legame con nessuno, perché la sua vita sembrava essere il mondo dell'auto e nulla di più; erano parole non dette che trasparivano dai suoi occhi chiari e dalla piega della sua bocca.

<< Bè, al momento nemmeno io ne ho una >> disse sospirando Irina, mentre gettava via la carta del panino.

Gert afferrò l'ennesimo fogliettino e scrisse qualcosa.

"Sono cresciuto in un orfanotrofio, ma non credo sia lo stesso per te".

In quel momento Irina si sarebbe voluta mordere la lingua. Guardò Carlsson con rammarico, ma lui in realtà sembrava molto rilassato. Doveva aver accettato quella condizione ormai da molto tempo.

<< Ne hai fatta di strada, allora >> commentò Irina, << Come ci sei finito alla Koeniggseg? >>.

"Ho frequentato ingegneria meccanica a Stoccolma e poi ho iniziato con uno stage in Volvo. Il proprietario della Koeniggseg ha visto il mio lavoro su un prototipo da corsa della S60 e mi ha chiesto di lavorare con lui".

Irina sorrise. Dietro una risposta così poteva esserci solo tanta modestia e molta capacità; Dimitri aveva fatto bene a chiedergli di dare un'occhiata alla sua Centenario. Kato e Weber erano bravi meccanici, ma Gert sembrava avere una sensibilità in più. In fondo, era stato lui a chiederle se "sentiva" l'auto.

Quando la voce dello speaker Alan Wheldrim tornò a risuonare nel circuito, per richiamare l'attenzione sulle qualifiche delle quindici del segmento E, Dimitri tornò a farsi vedere. Si sedette di fianco alla LaFerrari e le rivolse un'occhiata, scuro in volto.

<< Tutto a posto? >> le chiese.

Irina annuì, anche se non ne era sicurissima. Dopo la prova generale sul circuito del giorno prima il fianco era tornato a farle male, ma non aveva detto nulla a nessuno perché rimanere in silenzio la aiutava a ignorare i segnali che il corpo le lanciava. Non aveva tempo di fermarsi per chiedersi se stesse davvero bene o meno.

Fu snervante aspettare fino alle 18.00, quando sarebbe stata ora di scendere in pista, e Irina passò il tempo passeggiando tra le auto e osservando di tanto in tanto gli schermi dove venivano trasmesse le informazioni sui piazzamenti. Se non fosse stato per la voce di Wheldrim che arrivava forte fino a dentro lo stand, a Irina sarebbe sembrato di vivere dentro una bolla. Ogni tanto un gruppetto di piloti o di meccanici passava davanti all'officina, gettando un'occhiata dentro, forse per riuscire a intravedere la tanto famosa Irina Dwight; per fortuna Fadi sembrava convinto che fossero interessati alla sua scuderia, per cui li annoiò più di una volta con la storia della Fenix e della sua passione menomata per le auto.

<< E finalmente attendiamo lo schieramento di una delle due gare su cui vengono puntati i riflettori ogni anno, quella delle Supercar >> disse Wheldrim al microfono, la voce che rimbombava su ogni muro e sulla carrozzeria di ogni auto, << Il tempo di sistemare la linea di partenza e vedremo lo schieramento iniziale... Allora, abbiamo la Novitec, che porta una 458 Italia Novitec Rosso e una Huracan Torado; la Gemballa che schiera una Porsche 911 Carrera... >>.

Wheldrim continuò a elencare le auto, tra il mormorio generale della folla e l'odore di benzina. Emilian e Ivan, che già da un po' avevano indossato le tute della Fenix, si guardarono, raggiungendo la Huracan e la Ford GT, mentre Irina si alzava per augurare loro in bocca al lupo. Emilian sembrava tranquillo, mentre Ivan aveva una goccia di sudore che gli colava lungo la tempia.

Qualcosa con andava.

Si avvicinò al ragazzo, che le sembrò improvvisamente giovane e impreparato; Ivan manteneva un certo distacco, ma nei suoi occhi aleggiava un velo di paura. Gli afferrò il braccio, mentre sentiva gli occhi di Dimitri addosso.

<< Non devi arrivare primo >> gli disse dolcemente, << Basta solo che ti qualifichi, ok? Non importa che piazzamento riuscirai ad avere... >>.

<< Ok, Fenice >> disse Ivan, anche se il suo tono non sembrava molto convinto.

Per un attimo Irina si chiese cosa le fosse passato per la testa, accettando Ivan come pilota. Era vero, lei aveva iniziato a diciotto anni a correre nelle gare clandestine, ma era nata come pilota; Ivan aveva vent'anni e sapeva solo un po' di informatica... Non era pronto per un giro al Nurburgring in mezzo a piloti allenati e preparati... Rischiava di lasciarci la pelle, e per cosa? Per aiutare lei?

<< Non devi farlo se non te la senti, ok? >> continuò.

Negli occhi del ragazzo Irina lesse la frustrazione e la vergogna; frustrazione perché voleva provare, vergogna perché sapeva che non sarebbe stato all'altezza, e forse perché ormai aveva dato la sua parola e non avrebbe potuto smentirsi di fronte a Emilian ma soprattutto di fronte a Dimitri.

"E se sbagliasse qualcosa? E se dovesse morire?".

Irina strinse il braccio di Ivan, poi si voltò di scatto verso il Mastino.

Qualcuno doveva prendere la decisione giusta, e forse l'unica poteva essere lei.

<< Ivan non correrà >> disse solo.

Nell'officina calò il silenzio, e Irina seppe che il quel momento stava sfidando uno dei capisaldi dei principi della famiglia Goryalef: l'onore. Ivan aveva dato la sua parola, e rimangiarsela era un atto grave e che meritava sfiducia, su cui nessuno sarebbe riuscito a soprassedere.

<< Ivan non correrà, se questo significa mettere a repentaglio la sua vita per una causa che è solo la mia >> aggiunse, fissando gli occhi su Dimitri, perché sarebbe stato lui a decidere, << Non glielo permetterò >>.

Per una frazione di secondo credette che Emilian avrebbe afferrato il ragazzo per un braccio per trascinarlo fino all'auto, ma non lo fece. Rimase immobile, spostando gli occhi sul Mastino, rigido come una statua.

<< Non possiamo non schierare un pilota >> disse lentamente Dimitri, << Ci daranno una penalità per questo... >>.

Qualcosa le disse che evitò di proposito l'argomento onore.

<< Non importa >> ribatté Irina, << Una penalità vale mille volte meno che la vita di Ivan... Faremo a meno di... >>.

Di fianco a lei, la mano di Gert Carlsson si alzò di scatto, come a dire di voler prendere la parola; non era quello il caso, e Irina capì immediatamente cosa voleva fare.

Voleva guidare.

<< Sei sicuro di esserne in grado? >> domandò Irina, poi si rimangiò le parole. Gret era stato alla Koeniggseg, doveva per forza averne guidata una... Forse non era un pilota, ma poteva portare una supercar meglio di Ivan...

Guardò Dimitri, sapendo che l'ultima parola spettava a lui. Dal suo viso non traspariva nulla, se non un filo di irritazione, e Irina fu certa di non averlo sfidato mai così, in quel modo. Stava passando sopra la sua autorità, sopra il suo orgoglio e quello della sua famiglia. Il russo strinse le labbra, poi fece cenno a Carlsson di salire in auto.

<< Ivan rimarrà qui >> disse alla fine tra i denti, << Gert... Fa' il tuo meglio. Hai la nostra gratitudine >>.

Il motore della Huracan si accese con un grido, seguito dal rombo più sordo e scuro della GT, quando i due piloti salirono in auto. Lo svedese non si infilò nemmeno la tuta, ma mise il casco e i guanti. Le due auto uscirono lente dal garage, gli occhi di Irina che non si staccavano dalla Ford: non voleva che Gert si facesse del male, o peggio, ma non voleva nemmeno vedere Ivan finire la propria vita in un incidente.

Ivan era rimasto in piedi nel mezzo dell'officina, mortificato e spaventato; i suoi occhi non lasciavano la sagoma di Dimitri, che si era teso come una molla e osservava con distacco la corsia di accesso alla pista. Era arrabbiato, Irina lo capì dalla vena che pulsava sul suo collo e dallo sguardo più scuro, sfuggente.

<< Sta' tranquillo, non è successo nulla >> sussurrò rivolta a Ivan, nella speranza di riuscire a tranquillizzarlo un po', << Non c'è nessun problema... >>.

Ivan annuì, ma ovviamente non sembrava convinto. Irina gettò un'occhiata verso lo schermo, mentre la Huracan e la GT si fermavano proprio dietro la Mercedes SL bianca di Nina Krarakova. Pregò che andasse tutto bene e tornò a guardare il ragazzo.

Forse nella sua testa stava già pensando a come sarebbe stato punito per il disonore di cui si era ricoperto...

Mentre Wheldrim gridava i nomi delle case preparatrici nel microfono, e la folla iniziava a rumoreggiare, Irina afferrò Dimitri per un braccio e lo trascinò nella saletta, sperando che non le tirasse una sberla, visto quanto era arrabbiato.

Le rivolse un'occhiata e poi fece una smorfia.

<< Ivan non era pronto >> esordì Irina, << Aveva il terrore negli occhi e non potevo lasciare che andasse... Non lo sgridare >>.

Dimitri sembrò irritarsi.

<< Se non era pronto non avrebbe dovuto proporsi, Fenice >> ringhiò, << Non avrebbe dovuto dare la sua disponibilità se pensava di non potercela fare. In questo caso la soluzione c'è stata, ma in un altro avrebbe potuto crearci un danno... >>.

<< Non sapeva a cosa andava incontro >> ribatté Irina, << Sinceramente non mi interessa del vostro onore, di fronte alla possibilità di mandarlo a farsi ammazzare, ok? E' giovane, può ancora commettere degli errori >>.

<< A casa nostra gli errori si pagano con la vita, a volte, Fenice >> disse Dimitri.

<< Perché, avresti intenzione di ucciderlo per questo? >>.

Il russo fece una smorfia.

<< Non dire stronzate, non voglio ucciderlo >> ribatté.

<< Allora non sgridarlo >> disse Irina, << Non c'è ne bisogno. E' già sufficientemente mortificato così >>.

In fondo lei non era nessuno; se Dimitri riteneva di dover punire Ivan in qualche modo per non aver mantenuto la parola poteva farlo benissimo, ne aveva l'autorità e la forza. Si limitò a gettarle un'occhiata, prima di rispondere.

<< Non lo sgriderò, Fenice, se è questo che vuoi >>.

Irina tirò un sospiro di sollievo.

<< Grazie >> mormorò solo, sorridendogli.

Tornò da Ivan, ancora immobile come una statua in mezzo all'officina, e gli sorrise.

<< E' tutto a posto, non ti succederà niente >>.

Lui sembrò sorpreso.

<< Grazie... >> biascicò, con gli occhi bassi.

Irina lo spinse verso la scrivania, dove Fadi aveva assistito alla scena, e tornò a guardare il monitor. La gara era partita, e la Huracan arancione di Emilian si muoveva agile tra le ultime file. La Ford GT però era passata davanti, e intralciava la strada alla Mercedes bianca di Nina.

La gara era composta da due giri: si qualificavano i primi dodici migliori tempi sul giro.

In effetti, Carlsson si dimostrò piuttosto bravo, per essere uno che non aveva un passato come pilota clandestino: guidò la GT con dolcezza e precisione, riuscendo a piazzarsi fra i primi sette. Emilian arrivò nono, Nina settima.

Solo al termine delle qualifiche, Ivan sembrò riprendere colore, forse perché vide che Carlsson era stato in grado di sopperire alla sua mancanza con dignità.

<< E la rivelazione di quest'anno non sono altro che la Torec e la Fenix, due case che negli anni precedenti non hanno mai partecipato al raduno >> stava dicendo Wheldrim, << Ottimi piazzamenti per la Huracan e la SL della bellissima pilota ucraina a bordo... Molto probabilmente la più bella che si sia mai vista da queste parti! >>.

Irina udì qualche fischio di ammirazione, molto probabilmente rivolto a Nina che raggiungeva i box della Torec; storse il naso, prima di gettare un'occhiata a Dimitri. Il russo le fece un cenno, come a dire di essere lei la prima a iniziare.

Cominciava tutto ora, e doveva prepararsi in tutti i sensi.

La tuta da pilota con lo stemma Fenix ricamato sul petto le andava leggermente larga sui fianchi, ma in compenso il torace le stringeva quasi, il che la aiutava a tenere ben salda la benda sul fianco. Era una sensazione stranissima indossare una tuta da pilota ufficiale, come se vestisse i panni di un'altra persona. Le avevano lasciato lo stanzino delle riunioni, per cambiarsi, e quando ne uscì fuori trovò Dimitri già pronto, il casco in mano e l'espressione infastidita.

Si guardarono per un momento, e mentre lei si sentiva quasi ridicola, trovò Dimitri incredibilmente attraente, fasciato in quel tessuto nero che molto probabilmente, vista la sua faccia, gli stava stretto intorno alle spalle. Sembrava nato per stare in una tuta da pilota, e persino la cicatrice sull'orecchio diventava invisibile; sembrava addirittura più giovane e con qualche fantasma in meno.

<< Stai... Stai bene >> gli disse, guardandolo di sottecchi.

Dimitri fece una smorfia, aprendo le cinghie del casco nero con la serigrafia di una fenice.

<< Una corda legata al collo sarebbe stata più comoda >> ribatté, passandosi il dito intorno al colletto mezzo aperto della tuta, << Queste tute sono troppo strette. Abbiamo sempre corso senza; sono inutili. Io ne posso fare a meno e tu... Tu staresti meglio senza >>.

Irina impietrì di colpo, e molto probabilmente cambiò colore.

Dimitri aveva appena formulato male una frase, o stava dicendo sul serio?

Il russo non si scompose, e non diede affatto modo di capire se la sua era stata una svista o se improvvisamente gli era venuta voglia di fare battute allusive. Irina però non seppe che dire e lo guardò.

<< Avanti Fenice, hai bisogno di una mano con qualche cerniera o possiamo andare? >> aggiunse il Mastino, infilandosi il casco.

Cerniere? Ma cosa diavolo aveva?

Irina si schiarì la gola, poi capì; si stava vendicando per poco prima, quando lo aveva costretto a non sgridare Ivan... Era un modo sottile per farla sentire stupida che funzionava sempre.

<< Non ho bisogno di niente, grazie >> borbottò, infilandosi a sua volta il casco, che per fortuna era della taglia giusta.

Attraverso la visiera vide solo gli occhi di Dimitri incresparsi, come se stesse facendo una smorfia, però diversa dal solito. Forse la sotto, non visto, stava ridacchiando di lei.

<< Andiamo >> disse Irina, per rompere quello strano momento.

Chiuse i polsini dei guanti e si diresse verso la LaFerrari, che la aspettava immobile e silenziosa, fianco a fianco con la Centenario. Sentì gli occhi di tutti addosso, ma sentì soprattutto quelli di Dimitri.

<< Non giocare tutte le carte ora, Fenice >> disse il Mastino, << Non devono sapere cosa puoi fare davvero. Da' loro l'illusione di poter prevedere le tue mosse >>.

Irina annuì, il casco che le pesava incredibilmente sulla testa. Sì, era una buona strategia.

<< In bocca al lupo >> disse, poi entrò nella Ferrari.

Fu quasi un rituale, allacciare le cinture di sicurezza e stringere il volante con le mani guantate; inspirare l'odore di pneumatici e della benzina; udire lo schiocco delle portiere che si chiudevano e i motori che borbottavano appena. Eppure Irina si sentì improvvisamente estranea a tutto quello. Lei era quella che salvava in macchina e partiva, senza protezioni, senza regole... Senza tute, senza caschi, senza meccanici ad aspettarla all'arrivo. Era la guida fatta di istinto puro, senza strade delimitate e senza spettatori e giornalisti. Forse poteva adattarsi, ma non sarebbe mai stato davvero il suo mondo.

La lancetta del contagiri si mosse appena, quando mise in moto e il rumore rondo dei mille cavalli della Ferrari invase il box.

<< Irina, mi senti? >>.

La voce di De Benedetti le riverberò nell'orecchio, segno che la cuffia nel casco funzionava a dovere.

<< Forte e chiaro Mick >> rispose.

Guardò Dimitri, che dall'altra parte del vetro le fece un cenno di assenso: anche per lui funzionava tutto.

Irina sfiorò l'acceleratore, e la Ferrari si avviò come una pantera nera fuori dal box e lungo il viale di accesso al circuito, gli occhi della gente lì intorno che la osservavano, curiosi. Sapevano tutti che forse la sotto si nascondeva una ex pilota clandestina, ma la notizia era stata smentita e ovviamente ciò aveva creato ancora più interesse sulla sua figura.

Alcune delle auto erano già schierate in griglia di partenza, e in prima fila Irina intravide la Pagani Huayra di Jorgen e il profilo grigio della Reventon.

La Huayra era proiettata tutta in avanti, con un corto cofano anteriore e un posteriore lungo e curvo. I piccoli fari a punta sul muso sembravano occhi di un falco, la vernice grigia metallizzata che brillava sotto il sole del Nurburgring e gli specchietti due minuscole protuberanze ai lati delle fiancate. Gli enormi cerchi in lega gialli sembravano fusi nell'oro, ma era la serigrafia di un toro a rappresentare meglio di tutti il suo proprietario e la casa per cui correva.

Irina strinse il volante, poi guardò oltre la Pagani, nella zona centrale degli schieramenti.

Con che coraggio Selena portava sulla pista quella macchina?

La Lamborghini Reventon era esattamente identica a come l'aveva lasciata quattro anni fa: filante, bassa, cattiva e soprattutto oscura. Non c'erano loghi, stemmi o qualsiasi altra cosa che ne snaturasse il ricordo, a parte la scritta Torec in piccolo sui vetri posteriori; forse il motore era stato modificato, ma in ogni caso Irina ebbe l'impressione di correre contro William Challagher, e il suo cuore perse un battito.

Non era giusto che dovesse affrontare anche quello. Non era giusto che Selena la sfidasse in modo così subdolo, senza mai davvero scendere sul campo in prima persona, con perfidi stratagemmi psicologici che ferivano Irina più di un pugno in faccia. Era codarda, ma era fin troppo furba, perché la stava indebolendo sempre di più, la stava quasi costringendo a gettare la spugna.

<< In griglia di partenza vediamo le grandi rivelazioni di questa edizione >> stava dicendo Wheldrim al microfono, mentre Irina vedeva la gente affacciata dagli spalti che gridava e batteva le mani, << La Torec, preparatore americano risorto dalle ceneri di un fallimento grazie a capitali esteri, che ha portato tre hypercar incredibili e tre piloti altrettanto forti. Come non menzionare l'ex pilota di rally Felix Moreau, campione del mondo nella sua categoria, che oggi guida la fantastica Lamborghini Reventon nera con un motore modificato da 1.200 cavalli... o tori, dovrei dire? Ritorno con il botto per lui, che dopo anni di silenzio si fa rivedere su una pista a lui estranea... Eppure è lui a essere il favorito, come vincitore di categoria per questa edizione. Chi non ricorda il rally di Montecarlo di quattro anni fa, con la sua rimonta da record?

<< Ma chi vedo lì in fondo? E' forse la LaFerrari nera che ha gettato il panico tra gli stand in questi giorni? Alissa Speed si chiama la sua pilota, e al momento è la prima in tutta la storia a gareggiare nella categoria Hypercar... Sono girate voci particolari su di lei, in questi giorno: qualcuno dice che si tratti di una vecchia conoscenza della polizia di Los Angeles, che una volta si faceva chiamare Fenice... Sarà vero? Di vero ho solo visto quello che sa fare con quell'auto: non sarà la favorita, ma è sicuramente una pilota forte ed estremamente determinata... E sexy, aggiungerei >>.

Irina quasi non ascoltò le parole del commentatore; i suoi occhi si mossero rapidi lungo le tribune, alla ricerca di McDonall o di Selena, o di una qualsiasi altra faccia conosciuta. Non li vide, ma non se ne stupì; si stavano nascondendo tutti e due ai suoi occhi, e forse facevano bene. Spostò lo sguardo sulla Centenario; vide il profilo del casco di Dimitri oltre il vetro, e si sentì più tranquilla. Lui pur sempre il numero uno della Black List, e sulle sue capacità al volante non poteva dubitare. Doveva solo preoccuparsi di se stessa, ora.

<< Bene, le auto sono schierate al via. Direi che la prima qualifica del segmento Hypercar può iniziare! Al mio tre... >>.

Irina puntò gli occhi sui semafori rotondi appesi alla partenza, mentre il pubblico iniziava a gridare riuscendo a coprire perfino il rombo dei motori schierati in griglia. Era quasi assordante, tutto quel rumore, e Irina ringraziò di avere il casco in testa che attutiva tutto.

Non scoprire tutte le carte, aveva detto Dimitri, ma come poteva fare? Era la prima volta che si trovava Felix davanti, non aveva idea di come guidasse...

Strinse il volante, mentre i semafori continuavano a rimanere rossi. Disattivò il launch control della Ferrari e sfiorò l'acceleratore, mentre il suo cuore iniziava a battere sempre più forte... Non era nemmeno partita, ma aveva già caldo per via della tuta di pelle che le stringeva sul torace...

No, forse quello non era il suo posto.

Improvvisi, i semafori brillarono di verde, e Irina accelerò come solo una pilota clandestina come lei sapeva fare: al massimo.

Il circuito venne invaso dal ruggito selvaggio dei motori, nuvole di fumo e pneumatico si sollevarono nell'aria, mentre le hypercar schizzavano in avanti come un branco di cavalli impazziti. In un attimo Irina sentì la tensione sciogliersi, insieme ai finimenti dei 1.100 cavalli della sua Ferrari che la spinsero in avanti come un proiettile, incollandola al sedile.

Un attimo dopo, Irina capì che sarebbe stato tutto diverso da ciò a cui era abituata, perché il circuito divenne improvvisamente piccolo e troppo affollato.

La prima curva a destra fu come tuffarsi in mezzo a un branco di animali impazziti, e Irina schivò al pelo una Porsche 918 rosso fuoco che le tagliò la strada. Sentì il grido della Centenario di Dimitri dietro l'orecchio sinistro, prima di vederlo sfilare al suo fianco superandola. Per un attimo, le sembrò di essere nel traffico della città, non in una pista.

Accelerò, il volante stretto tra le mani, mentre la Ferrari rispondeva ai suoi comandi come se folle collegata alla sua testa. La sentiva, sentiva le ruote anteriori mordere l'asfalto e quelle posteriori spingere impazzite, sentiva la benzina scorrere nel motore come sangue nelle vene di un cavallo selvatico...

Il suo primo istinto fu quello di buttarsi nella mischia, infilarsi nelle curve e tra le auto come sapeva fare solo lei, ma la pista era troppo stretta, e il suo obiettivo non era arrivare prima, era fare il giro più veloce possibile.

I suoi occhi si puntarono sulla Lamborghini Reventon di Felix, per rendersi conto che la stava distanziando e che Dimitri era al suo inseguimento... Che doveva fare? Seguirli? Stare loro dietro, o fare il proprio giro?

Prima che avesse il tempo di decidere, si ritrovò davanti la Huayra di Jorgen, i fari posteriori che brillavano di fronte al muso della Ferrari.

L'avrebbe ostacolata, questo era chiaro.

Solo che forse non ricordava di essere già stato battuto una volta.

Irina strinse i denti e gettò un'occhiata nello specchietto retrovisore: una dozzina di hypercar la tallonavano, come lupi che inseguivano una preda. C'era la McLaren 579 di Boris tra di loro, Irina vide brillare la carrozzeria arancione nello specchietto.

Affondò il piede sull'acceleratore, e decise di sfruttare la curva Wehrseifen per superare Jorgen; la LaFerrari sembrò ringhiare, quando sfiorò il cordolo con le ruote, a pochissimi centimetri dall'erba verde del prato, ma se lo lasciò alle spalle.

Jorgen non era particolarmente bravo alla guida, aveva solo l'auto giusta, e anche questa volta Irina lo vide commettere qualche errore. Troppo largo, troppo stretto, troppe inchiodate; non poteva riprenderla, se guidava in quel modo, ma poteva esserle utile. Inconsciamente le stava facendo un favore: stava tenendo indietro tutti gli altri partecipanti, Boris compreso.

La Lamborghini Reventon si stava allontanando, ma aveva la Centenario alle calcagna, come se Dimitri stesse seguendo una strategia diversa dalla sua... Stava attirando l'attenzione, con la sua guida perfetta e aggressiva, una via di mezzo tra quella del vecchio Mastino e il Dimitri degli ultimi tempi...

Il russo sapeva sempre cosa faceva, quindi doveva pensare solo a se stessa.

Rimanere in quel limbo, tra i primi due e il gruppone di fondo, era perfetto. Doveva solo fare un buon tempo, sufficiente a farla qualificare.

Il primo giro le servì per prendere davvero confidenza con la pista e con le curve, ma soprattutto con l'idea di avere qualcuno alle spalle che la tallonava, anche se ancora a discreta distanza. Più di una volta prese ispirazione dalla Centenario per imboccare una svolta o per capire quando frenare. In compenso, Dimitri sembrava voler far innervosire Felix, perché gli rimase incollato al posteriore, senza mai però superarlo.

<< Stai andando bene, Irina >>.

La voce di De Benedetti la raggiunse dal microfono nel casco, e quasi la fece sussultare, mentre superava a tutta velocità la linea di partenza tra le grida della gente.

<< Quanto ho fatto? >> domandò, iniziando il secondo giro, gli occhi incollati sull'asfalto.

<< Otto minuti e sette secondi >> rispose De Benedetti, << Uno dei migliori tempi del gruppo. Stai negli otto minuti e sei qualificata >>.

<< Dimitri? >>.

<< Sette minuti e cinquantacinque secondi >> rispose il meccanico, << Ma vuole scendere sotto i sette e quarantacinque... >>.

<< Sette e quarantacinque?! >> sbottò Irina.

Un tempo del genere, in gara e con altre auto sul circuito, era da folli. Il record sulla pista era sotto i sette minuti, ma in condizioni totalmente diverse, a circuito vuoto...

<< Strategia, Irina >> ribatté De Benedetti, << Spero che lui sappia cosa sta facendo >>.

"Sta dando nell'occhio".

Irina strinse il volante, guardò per l'ultima volta dietro di sé e aggredì la curva con tutta la rabbia dei 1000 cavalli del motore della LaFerrari.

Guidò pulito, sufficientemente veloce da non essere ripresa da Jorgen ma non abbastanza per raggiungere Dimitri e Felix, due proiettili indistinti davanti a lei. De Benedetti le trasmise i tempi parziali, e Irina vide brillare con orgoglio sui tabelloni all'arrivo il suo tempo.

7 minuti e 59 secondi.

<< Che tempi, ragazzi! Che tempi! >>. Wheldrim sembrava entusiasta, tanto che la sua voce rimbombava per l'intero circuito, mentre Irina si infilava nella corsia dei box cercando di farsi vedere il meno possibile. << Due mostruosi per le due Lamborghini targate Torec e Fenix! Sapevamo di poter contare su una prestazione da brivido per Moreau, ma questo sconosciuto Viktor Golubev ci ha lasciati senza parole... Sette minuti e quarantaquattro! Vi rendete conto? Questa è roba da fuoriclasse! >>.

La voce di Wheldrim si spense alle sue spalle, quando Irina si infilò nell'officina della Fenix, Fadi e i quattro meccanici che la attendevano in piedi di fianco alla Centenario, già a motore spento. Emilian e Ivan erano di fronte agli schermi, le espressioni soddisfatte.

E Dimitri... Dimitri si era appena aperto la tuta e grondava di sudore come se fosse stato sotto una doccia.

<< Bene, è andato tutto come doveva >> commentò entusiasta Fadi, mentre il suo velo bianco gli sventolava sulle spalle, << Vi siete qualificati... >>.

Irina lo ignorò e raggiunse Dimitri.

<< Avevi detto di non giocare tutte le carte... >> mormorò.

Dimitri fece una smorfia.

<< Ho detto a te di non farlo. Su di me non ho specificato nulla >> ribatté.

Era molto semplice: se era lui a risultare il più pericoloso, l'attenzione si sarebbe concentrata sul Mastino, non su Fenice. Dimitri lo sapeva benissimo.

<< Potevi superare Felix, vero? >> gli domandò.

Dimitri si voltò appena, mentre la sua tuta sembrava voler scoppiare.

<< Forse, Fenice >> rispose con una strana espressione sul viso, << Questo però lo deciderà la pista domenica... Ora ho solo bisogno di una doccia >>.

Fece per allontanarsi, poi le rivolse un'ultima occhiata.

<< Hai fatto un buon giro, Fenice >> commentò, poi sparì nella saletta riunioni.

Irina guardò la porta chiudersi e si grattò la testa, senza sapere cosa dire. Poi si voltò verso gli schermi, dove venivano proiettati i dodici qualificati per la semifinale del giorno seguente.

C'era Felix, c'era Dimitri e c'era lei. E c'erano anche Boris e Jorgen.

Bene, erano al completo.

Sospirò.

Erano solo all'inizio, e si rese conto di essere già stanca.




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