Capitolo XII
San Francisco – Dieci mesi prima
Xander è nervoso, mentre cammina lungo il corridoio immacolato che lo porta all'ufficio di Howard McDonall; sente parlottare qualche impiegato, oltre le porte scure e quasi asettiche del Quartier Generale di San Francisco. A volte, quando si reca da quelle parti, si domanda come facciano quelle persone a stare sedute otto ore alla loro scrivania, a fissare un monitor e a picchiettare sulla tastiera... Probabilmente lui impazzirebbe dopo mezza giornata.
Colette, la segreteria del Vicepresidente, sta sorseggiando un caffè da un bicchierino di carta, quando lui arriva, il fascicolo dell'operazione su cui sta lavorando stretta sotto il braccio.
<< Agente Went >> lo saluta lei, << E' in anticipo... Il Vicepresidente è libero, può entrare >>.
Xander annuisce e bussa alla porta dell'ufficio di McDonall, mentre nella testa sa già cosa vuole il suo capo. E' nell'aria da tempo, e fingere di non saperlo non serve. Forse è addirittura sollevato, di poter discutere la questione faccia a faccia e senza inutili tira e molla.
McDonall, chino su un lungo rapporto scritto a computer, alza lo sguardo su di lui, i baffetti grigi rigidi sulla bocca diritta, il completo blu perfettamente stirato. Da quando lo conosce, non ha mai perso quell'aria affabile e professionale, così adatta al suo ruolo, eppure lui ha imparato a guardarlo con occhi diversi, negli ultimi anni.
<< E' un po' di tempo che non mi fa rapporto >> dice McDonall, senza nessun tono accusatorio nella voce, << E conoscendola non credo che sia perché non ha nulla da dire, o sbaglio? >>.
Xander si siede, appoggiando il fascicolo che si è portato dietro da Los Angeles sulla scrivania di legno scuro. Alle spalle di McDonall la finestra getta la luce del tramonto, illuminando lo schienale della sedia.
<< Non si sbaglia >> ammette, mentre McDonall chiude ciò che sta leggendo. Sulla copertina Xander vede il logo della polizia di Los Angeles.
<< L'ultima volta che è risultato così poco ligio al dovere è stato quando stava lavorando sullo Scorpione >> aggiunge il Vicepresidente, versandosi un bicchiere d'acqua.
Xander annuisce.
<< Caracas non è Los Angeles >> ribatte, aprendo il fascicolo, << Non posso rischiare di fare un passo falso, o troverete la mia testa in qualche sacco in fondo a un pozzo... >>.
<< Non avremmo mandato lei, se fosse stato facile >> conviene McDonall.
Xander fa una smorfia; mesi prima un affermazione del genere lo avrebbe reso orgoglioso. Ora che è stato a Caracas diverse settimane, capisce che avrebbe preferito che avessero scelto qualcun altro; non per il pericolo, a quello si è abituato, ma per ciò che ha trovato.
<< Che cosa ha scoperto? >> domanda McDonall. I suoi occhi chiari lo scrutano per qualche istante, come ogni volta in cui vuole informazioni.
<< Che le persone che stanno controllando il traffico di droga dal Venezuela agli Stati Uniti hanno molti soldi e godono della copertura della gente locale >> spiega Xander, lasciando che McDonall esamini il fascicolo, pieno di foto, schede, registrazioni, << Ma ho anche scoperto che sono persone uscite dal nulla >>.
L'uomo alza lo sguardo, perplesso. Xander sente un po' di tensione allo stomaco, quando un paio di foto sbucato dal plico.
<< Cosa significa? >>.
<< William Challagher aveva rapporti con il Messico e con tutta l'America Latina, quando era al comando a Los Angeles >> spiega Xander, evitando accuratamente di abbassare gli occhi sulla scrivania, << Quelli che trova lì sono tutti nomi nuovi, di cui non abbiamo mai sentito parlare ai tempi dello Scorpione >>.
<< Sappiamo che questa banda sta gestendo praticamente tutto il traffico di droga dell'America Latina, che hanno una rete forte e che sono riusciti a corrompere la polizia... >> ribatte McDonall, << Come è possibile? Non posso aver racimolato tutti quei mezzi, quelle conoscenze e quel potere in un paio di anni. E' un territorio difficile, sarebbero stati ostacolati da qualcuno... >>.
<< E' ciò che sto cercando di scoprire >> risponde Xander, << La mia copertura sta reggendo bene, credono davvero che io sia interessato a creare un corridoio di spaccio da Caracas a San Francisco... >>.
Xander si blocca all'improvviso; il Vicepresidente è un uomo che non si accontenta di rispose sommarie.
<< Nel fascicolo ci sono tutti i nomi >> aggiunge, << Uno per uno. Tutti quelli che al momento ho avuto modo di incontrare >>.
McDonall guarda le immagini, soffermandosi su alcune e saltandone altre. Xander tende in silenzio e si tende come una molla, quando il Vicepresidente si sofferma su alcune foto, che lui ha lasciato di proposito in fondo. Le domande saranno inevitabili, a un certo punto, ma spera vivamente che sia il più tardi possibile, e che quella storia rimanga tra le mura di quell'ufficio.
Alla fine, McDonall chiude il fascicolo e appoggia le braccia sulla scrivania, i polsini della camicia ben visibili sotto la giacca elegante. Lo osserva, e per un momento Xander pensa che abbia intuito qualcosa...
Come aveva ragione Irina, quando un giorno gli aveva detto, riferendosi a se stessa, che "Il passato era qualcosa di molto difficile da dimenticare".
<< Come si sta muovendo? >>.
<< Devo solo capire chi è al vertice della piramide >>.
McDonall sembra soddisfatto dalla risposta, ma Xander non si rilassa.
<< In passato sono stato scorretto, con lei >> dice, << Questa volta voglio essere più trasparente. Che ne dice di farsi affiancare in questa parte della missione da Irina? >>.
Ecco la domanda che Xander tanto teme.
Non ha la scusa che Irina non sia sufficientemente preparata; lo è, e i suoi successi come poliziotta ne sono la conferma. Non può nemmeno dire che è troppo pericoloso; Irina è stata in grado di portare a termine qualcosa come la Mosca-Cherepova, che non è notoriamente una gara facile. Non può neanche tentare la strada del "Irina vuole fare altro nella vita", perché le ore di straordinario che sta facendo come poliziotta la stanno facendo diventare decisamente ricca da permettersi anche una Ferrari...
In realtà, non c'entra niente la paura di metterla in pericolo, anche se c'è ancora.
Xander è un'agente dell'F.B.I. ormai da diversi anni, e ogni giorno che passa si rende sempre più conto che quello è un lavoro per pochi, per gente pronta a calpestare sentimenti e persone, pur di raggiungere il proprio scopo. Lo ha fatto per anni anche lui, ma mai come in questo momento capisce cosa vuol dire; Caracas gli ha riservato qualche sorpresa, qualche fantasma del passato, ed è questo che rende tutto più pericoloso, più difficile. Perché se quella storia centrasse con il suo lavoro, sarebbe diverso; in realtà, riguarda solo lui.
Se Irina venisse coinvolta, non sarebbe in pericolo la sua vita; sarebbe in pericolo la fiducia che lei ha verso di lui, una fiducia che ha già tradito una volta e che sta per tradire ancora. Sono mesi che è convinto che qualcosa tra loro non funzioni più, e non vuole rischiare di spezzare quell'ultimo sottile filo che ancora li lega.
E poi, Xander non si fida più di McDonall. Non come una volta, almeno.
<< No >> risponde solo, << Irina non è come me, o come lei. Non è capace di staccare la sua vita dal suo lavoro. Se diventasse un agente molto probabilmente ne uscirebbe distrutta. Non le faccia alcuna proposta, a meno che non sia lei a chiedergliela >>.
McDonall annuisce. Lo guarda, come a dire che sa che ha già fatto quel tipo di errore in passato, e lui ricorda che gli è costato caro... Ma questa volta è diverso; è stata Irina stessa a confessargli un giorno che non sarebbe in grado di rifare quello che ha fatto a Mosca. Vuole solo aiutarla, non toglierle la possibilità di fare qualcosa.
Non lo sa se è giusto, ma sa che lo sta facendo con uno spirito diverso, rispetto a quello che aveva due anni prima. Lo sta facendo per non costringere Irina a provare ciò che ha provato in Russia.
<< D'accordo agente Went >> conviene McDonall, spingendo verso di lui il fascicolo con le foto, << Ma la prossima volta, sia più sincero con me... Mi dica quali tra queste persone ha già incontrato una volta, nella sua vita >>.
Xander lo fissa, preso alla sprovvista, mentre il sangue gli si gela nelle vene. Ora ha la conferma che a Howard McDonall non si può nascondere nulla.
Lentamente si alza, raccogliendo il suo fascicolo, e annuisce.
<< Lo sarò già adesso >> dice, duro, << E' per questo che non voglio che Irina diventi un'agente: smetterebbe di avere una vita privata... E lei ha già dato e sta dando troppo. E' troppo sensibile, per fare quello che facciamo noi. Buona giornata >>.
Xander si volta e lascia l'ufficio, il fascicolo con le foto che pesa incredibilmente nelle sue mani.
La verità è che lui è fatto per quel lavoro, e lo sa.
L'unica a non averlo capito è Irina.
Ore 23.00 - Los Angeles, Manhattan Pub
"Nemmeno lo Scorpione si sarebbe messo in guerra con qualcuno che non conosce".
Irina sorseggiava il suo drink analcolico seduta al tavolo di una delle salette del retro del Manhattan, un pub nella zona di Dalton Beach, poco frequentato durante la settimana. Teneva davanti una cartina di Los Angeles, e continuava a pensare che forse aveva davvero bisogno di uno strizzacervelli.
Durante l'incontro con quel tizio di nome Jorgen, il giorno prima, non aveva pensato a quello che faceva, eppure non si pentiva di ciò che aveva detto. Più le ore passavano, più si rendeva conto che in quella città c'era qualcuno che voleva smontare il mito di William Challagher, aveva ammazzato Xander e voleva uccidere anche lei. Aveva bisogno di un'ulteriore motivazione, per sentirsi in guerra? E comunque, le persone colpevoli della morte di Xander erano le stesse che cercavano di creare una nuova Black List a Los Angeles.
Ci aveva pensato diverse ore, quella notte, ma aveva ancora troppi pochi elementi per capire. Doveva scoprire da dove arrivasse quel Jorgen, chi fosse esattamente e per chi poteva lavorare. Forse qualcuno dalla Russia?
L'unico sul quale era riuscita a fare qualche indagine era quel francese, Felix Moreau, perché il suo istinto non aveva sbagliato; tornando a casa qualcosa dentro di lei le diceva che quel nome non era nuovo. Era bastato cercarlo su Internet, per ricordare.
Felix Moreau, originario di Marsiglia, era diventato famoso una decina di anni prima, quando ancora venticinquenne si era distinto nel WRC, il campionato mondiale di rally, classificandosi primo al culmine di una carriera in rapidissima ascesa, fatta di incredibili successi nelle gare minori. Irina ricordava il suo nome, ne avevano parlato diverse volte in tv. L'anno dopo era sparito dalla circolazione; qualcuno diceva che la scuderia per cui lavorava l'avesse licenziato in tronco per via della sua scarsissima disciplina, e Felix sembrava aver terminato la sua incredibile parabola. Non si era più parlato di lui, ma ora Irina capiva che doveva aver lasciato il mondo delle gare di rally per quello delle corse clandestine. A Los Angeles, però, non si era mai visto; forse in Europa aveva una maggior fama.
L'ingresso di Spark, seguito a ruota da due ragazzi, interruppe il corso dei suoi pensieri. Irina si alzò, fece un cenno a Spark e guardò gli ospiti, che di lì a poco sarebbero diventati i suoi informatori personali. Li aveva già visti, e loro avevano già visto lei, e si riconobbero entrambi nonostante la penombra del locale.
Uno era un ragazzo di trent'anni circa, dai tratti affilati e gli occhi troppo vicini; teneva i capelli rasati ai lati, che gli davano un'aria ulteriormente aggressiva.
<< E' un bel po' di tempo che non ci vediamo, Fenice >> disse lui, neutro.
Casey Valaghan era un vecchio fornitore di pezzi di ricambio per auto dello Scorpione; William aveva comprato spesso da lui, perché diceva che era ben fornito e aveva solo roba di qualità. Irina non si era mai rivolta a lui, visto che alla sua auto aveva sempre pensato Max, e perché Casey non trattava ricambi per auto italiane.
<< Come te la passi? >> domandò Irina, stringendogli la mano con forza. Non erano mai stati in cattivi rapporti, anche se si erano sempre parlati poco.
Lui sbuffò.
<< Le cose andavano sicuramente meglio quando c'era lo Scorpione >> ribatté, << Almeno per me. Dicono che tu sia tornata per vendicare Challagher. Non sei tu ad averlo fatto arrestare? >>.
Era pronta a rispondere a quella domanda centinaia di volte, doveva esserlo per forza. Ovunque fosse andata, in qualunque posto si fosse presentata, le avrebbero rinfacciato il tradimento.
<< Ho fatto molte cose, ma so anche riconoscere gli errori >> rispose Irina seccamente, << Forse ho contribuito a far finire William dietro le sbarre, ma non sono stato io a ucciderlo >>.
Casey annuì, e Irina spostò lo sguardo sull'altro ragazzo. Era un tipo un po' in sovrappeso, con spessi capelli neri e il viso senza nemmeno un accenno di barba; i tratti erano simili a quelli di suo fratello, ma un po' più fanciulleschi.
<< Tuo fratello è ancora in carcere? >> domandò Irina a Scott Trevor, il fratello minore di Hanck, il ragazzo che era stato uno dei più fedeli allo Scorpione e che si era sempre occupato delle scommesse.
<< Mio fratello è stato ammazzato otto mesi fa >> rispose Scott, lo sguardo che non si staccava dal suo viso, ma il tono di voce intimidito.
Irina lo osservò, ricordando quando Hanck facesse lo stesso con William. Era nel loro sangue, fare i fedeli servitori. Con Hanck, Irina aveva sempre tenuto un po' le distanze, perché l'aveva sempre tenuta d'occhio per lo Scorpione, eppure si stupì nello scoprire che era dispiaciuta da quella notizia... Un altro pezzo del mondo della Black List che se ne andava.
<< Mi dispiace >> disse, << Tuo fratello era uno in gamba, anche se non andavamo d'accordo. William non faceva quasi mai gare, senza di lui >>.
Ci fu un momento di silenzio, nel quale ognuno sembrò pensare che c'era qualcosa di sbagliato, in quella situazione.
"Sì, qui non ci dovrei essere io. Ci dovrebbe essere William, o Dimitri, o chiunque altro".
Irina li invitò a sedersi al tavolo, la mappa di Los Angeles aperta sul tavolo e un foglio bianco appoggiato a destra. Stare in polizia le aveva insegnato a essere metodica: si era preparata, sapeva cosa dire e cosa chiedere.
<< Spark vi ha già spiegato perché sono tornata >> iniziò lei, stringendo la penna blu tra le dita, la luce soffusa che disegnava strane ombre sui volti, l'espressione di Spark imperscrutabile dietro la barba, << Quindi non starò a raccontarvelo di nuovo. Quello che mi serve, in questo momento, sono informazioni e persone fidate che le raccolgano per me. Mi servono persone che credano ancora in quello che ha creato lo Scorpione, e che non vogliono che un gruppetto di gente venuta da fuori ci ammazzi e cerchi di controllare la città. Spark è uno che gestisce gare, sta nel giro da un po' e sa ascoltare le voci; voi non siete pezzi grossi, ma avete la percezione di come stanno andando le cose, conoscete un po' di gente e un po' di gente conosce voi. Dovete dirmi quello che sapete, e aiutarmi a scoprire chi c'è davvero dietro a questa storia, perché io non ho nessuna intenzione di lasciargli la città, né il controllo delle gare >>.
Guardò i tre con insistenza, aspettando che dicessero qualcosa, ma nessuno parlò. Spark sapeva già tutto, quindi si limitava a stare in silenzio; Casey e Scott erano ancora perplessi, o sospettosi. Era difficile dirlo.
<< Voglio alleati, ma non sto dicendo che dobbiate farlo solo per la gloria >> aggiunse Irina, sapendo che una contropartita sarebbe stata necessaria, << Vi darò qualcosa in cambio, se riesco ad arrivare in fondo alla storia. Posso farti tornare ad avere un giro d'affari come ai tempi dello Scorpione, Casey, perché se mi riprendo la Black List, tu diventerai il fornitore ufficiale dei pezzi di ricambio per tutti i suoi membri; e tu, Scott, gestirai ogni singola gara dei miei piloti, e avrai il dieci percento delle scommesse... E tu, Spark, sarai il mio braccio destro in tutto e per tutto >>.
Irina tacque, mentre osservava i tre, silenziosi. Stava facendo tante promesse, promesse difficili da mantenere, soprattutto perché lei non mirava a tornare per davvero nella Black List, sicuramente non come intendevano loro. Non sapeva nemmeno lei quello che voleva, a parte trovare chi aveva ucciso Xander e chi voleva ammazzare anche lei, però era costretta a fare buon viso a cattivo gioco. Non aveva scelta: doveva convincerli di voler diventare lei per davvero la numero uno della Black List, e di essere pronta a prendersi le responsabilità e i doveri, un po' come aveva fatto William. Stava facendo esattamente quello che aveva fatto a Mosca: fingersi la donna dello Scorpione, fingersi più forte di quello che in realtà era, e fingere di volere vendetta. Di nuovo.
E per farlo, la prima cosa che doveva sapere era che la fedeltà si comprava anche con i soldi, con gli interessi e gli affari.
<< Le cose non potrebbero andare peggio di quanto già non vanno... >> mormorò Casey, << Ci sto >>.
Scott si strinse le mani, mentre rispondeva. Sembrava teso, forse intimidito, di fronte a lei. Era in grado di intimorire le persone? E da quando, che una volta non riusciva a spaventare nemmeno suo nipote Tommy?
<< Porterei avanti la memoria di mio fratello, così >> disse. Irina lo prese per un sì.
Spark non disse nulla, invece. Si erano già parlati, e Irina sapeva che lui avrebbe preso parte a quella cosa. Lo conosceva da poco, non si fidava ancora davvero di lui, ma fino a quel momento si era comportato coerentemente con lei, quindi aveva deciso di dargli una possibilità. Avrebbe comunque tenuto gli occhi aperti, perché aveva imparato a non prendere troppo alla leggera anche chi sembrava innocuo. .
<< Forse puà bastarmi semplicemente un'auto più potente >> disse alla fine Spark, sorridendo, forse per dare l'idea che non si svendeva del tutto.
Irina annuì. Attese che servissero loro qualcosa da bere, prima di prendere il foglio bianco e tornare a parlare. La saletta continuava a rimanere tranquilla, poco illuminata, ma iniziava a sentirsi della musica provenire dall'altra parte del locale.
<< Ditemi tutto quello che sapete di Jorgen >>.
<< Si chiama Jorgen Velasquez Fortena, è credo sia originario del Venezuela >> rispose Spark, come se non vedesse l'ora di snocciolare quelle informazioni, << E' un tipo violento, a quanto pare. Dicono che gli piace fare a botte, e se non sbaglio è bravo nella thai boxe... Ha fatto fuori un paio di ragazzi, durante una rissa in un locale. Viaggia perennemente armato. Del suo gruppo è stato il primo a comparire da queste parti, credo più o meno una decina di mesi fa... >>.
<< Che auto guida? >> domandò Irina.
<< Diverse >> rispose Scott, la voce che un po' tremava, come se ancora non fosse a suo agio, << Gira con una Dodge Charger RST bordeux, ma gareggia con una Koenigsegg Agera nera e arancione >>.
Irina lo guardò con un sopracciglio inarcato.
<< Stai scherzando? >> domandò.
Lui scosse il capo.
La Agera non era un'auto di lusso, era un'auto per pochissimi eletti. A livello di prestazioni e prezzo poteva competere solo con la Bugatti Veyron, e non era certo facile da reperire. Con quattrocento chilometri orari di velocità massima, il suo prezzo si aggirava intorno al milione e mezzo di dollari. Lei non ne aveva mai vista nemmeno una, dal vivo.
<< E' forte al volante? >> chiese, per smorzare lo stupore. << Anche se con un'auto del genere dubito che qualcuno possa batterlo... >>.
<< E' bravo, ma non credo lo sia quanto Challagher >> rispose Casey, quasi disgustato.
<< Quanto me? >> domandò Irina, osservandolo da sopra la mappa.
Casey gettò un'occhiata a Scott, indeciso.
<< Non lo so, sinceramente >> rispose alla fine, << Lui guida una hypercar con la quale chiunque con un minimo di esperienza nella guida potrebbe vincere, io ti ho vista sempre e solo al volante di una utilitaria italiana... E' difficile fare un paragone >>.
Irina sbuffò. Non era bastato guadagnarsi il terzo posto nella Black List, vincere la Mosca-Cherepova e diventare una sbirra, per far rispettare la sua auto...
<< Ok, è bravo >> convenne le alla fine, infastidita per il commento sulla Punto, << Altro di importante da sapere? >>.
<< E' lui che va in giro a cercare gente per la squadra che vogliono mettere su >> aggiunse Spark.
Irina appuntò le informazioni sul foglio bianco, sotto lo sguardo incuriosito dei tre.
<< Cosa dice per convincerli? >>.
<< Che sta formando una squadra di persone per creare un corridoio per il trasporto e lo spaccio di droga dall'America Latina fino a Los Angeles, passando per Las Vegas >> rispose Spark, rigirando il drink che teneva in mano, << Gli offre un lavoro pericoloso, ma ben pagato >>.
<< Ho notato che ha un tatuaggio a forma di torre, come la pedina degli scacchi >> disse lei, << Sapete qualcosa al riguardo? >>.
Spark e Casey scossero il capo; Scott invece sembrò illuminarsi. Era molto diverso da suo fratello Hanck.
<< Credo che non adottino dei soprannomi slegati tra loro, come fate voi della Black List >> rispose, << So che c'è un tizio che va in giro con il tatuaggio della pedina del cavallo... L'ho visto solo una volta, però. Forse vogliono una scacchiera, non una lista... >>.
Irina inarcò un sopracciglio, perplessa. Da quel punto di vista, forse erano stati più fantasiosi, rispetto alla Black List, sempre che quei particolari fossero legati uno all'altro, e non fossero una semplice coincidenza. Era ovvio, però: erano tutti pedine dello stesso gioco.
<< Quindi va in giro e cerca gente che voglia unirsi a lui... >> commentò Irina, << Fa gare? >>.
<< Sì, le gestisce un ragazzino con la faccia da cavallo >> rispose Spark, << Lo conosco, ci ho parlato. E' un tipo un po' viscido, ma è completamente indifeso... Deve girare sempre con un ragazzo di colore alto un metro e novanta, altrimenti rischia di essere fatto fuori molto in fretta >>.
Irina annuì, appuntando mentalmente che forse aveva individuato altri potenziali personaggi della scacchiera che si stava componendo nella sua testa. Tutto sommato, anche il mondo di Jorgen sembrava semplice: uno che comandava e un po' di gente che eseguiva.
<< E' di Moreau? Cosa sapete? >> chiese.
<< Probabilmente quello che sai già tu >> rispose Casey, << Che è stato un fenomeno dei rally, ma da quando è qui non l'ho mai visto gareggiare... >>.
<< Che auto guida? >>.
<< Al momento l'ho visto solo con una >> rispose Scott, << Una Nissan GTR Nismo nera >>.
Nella mente di Irina si illuminò un flash; aveva già visto quell'auto, più di una volta. Felix si era messo sulle sue tracce molto prima che lo facesse lei, allora.
<< E cosa fa qui? >>.
<< Non lo sappiamo >> rispose Spark.
Che fosse legato a Jorgen era evidente, anzi. Irina aveva avuto l'impressione, nonostante durante il loro colloquio avesse parlato poco, che la mente fosse proprio Felix... Magari aveva mentito, magari c'era lui dietro a tutto quello. Forse era lui che tirava le fila del gioco.
<< Sono stati loro a far fuori un po' di membri della Black List >> aggiunse lei, << Chi altro rimane, a parte me? >>.
<< Dimitri Goryalef, il Mastino >> rispose Scott, << E Vera Gonzalez, la Vipera >>.
Irina sentì un brivido percorrerle la schiena, quando sentì pronunciare il nome del Mastino, e fece di tutto per non dare a vedere che la cosa la turbava. Cercò di distrarsi con il fatto che aveva dimenticato che Vera fosse ancora viva. In realtà, non ci aveva proprio pensato.
<< Sapete se l'hanno contattata in qualche modo? >> domandò, << Il Mastino è vivo perché è irreperibile, ma lei? >>.
<< Non ne ho idea >> rispose Spark, << Ho chiesto in giro, ma nessuno sa esattamente che fine abbia fatto... Però sono sicura di averla vista parlare con Jorgen, una volta >>.
<< E' non è stata uccisa... Perché? >>.
Irina rivolse quella domanda più a se stessa, che agli altri. Poteva sperare di avere ancora accesso al portale della polizia per cercare altre informazioni su Vera, e magari riuscire a parlare con lei. Non si erano mai potute vedere, ma c'era stato un miglioramento nel loro rapporto, negli ultimi tempi, prima che lei venisse arrestata. Forse poteva incontrarla.
<< Queste sono tutte le informazioni che abbiamo? >> aggiunse.
Nessuno dei tre annuì, ma nemmeno negò. Irina guardò nuovamente la mappa di Los Angeles. Il foglio bianco che si era portata era pieno di appunti.
<< E' comunque qualcosa >> disse lentamente, << Da questo momento in poi, dovete solo tenere le orecchie aperte. Non vi chiedo di indagare, potrebbe essere pericoloso, ma ogni movimento, ogni nome, ogni faccia collegata a Jorgen e alla sua banda devono essermi riferiti. Qualsiasi informazione che mi può avvicinare anche solo di un passo a chi gli da ordini in questa banda potrebbe essere vitale. Nel frattempo, siete liberi di fare quello che volete e di dichiararvi sotto la protezione di Fenice >>.
Irina avrebbe voluto ridere di se stessa, in quel momento. La sua protezione? Non era mai stata in grado di badare nemmeno a se stessa, figuriamoci se poteva sperare di poter difendere altra gente, per di più nel loro ambiente... Si sentì quasi ridicola, nel pronunciare una frase del genere, ma doveva fingere di crederci. Doveva fingere più forza di quella che aveva.
Si alzò, porgendo ai tre la mano. Loro sembravano molto meno stupiti di ciò che aveva detto. Forse le credevano, forse le sue capacità di attrice li avevano convinti...
<< Mi avete fornito già delle informazioni, e di questo vi ringrazio >> aggiunse, << Ora: siete davvero con me? >>.
Tutti e tre annuirono, e le strinsero la mano con forza, per suggellare quello strano patto che avevano stipulato. Irina sentì l'apprensione crescere, ora che capiva di essersi presa le sue prime responsabilità.
Adesso erano i suoi protetti, e qualsiasi cosa fosse successa sarebbe stata affare suo.
Guardò andare via Casey e Scott, silenziosa e con un macigno nello stomaco. Era così che si era sentito William?
<< La gente parla di te, Fenice >> disse Spark, riscuotendola dai suoi pensieri, << Sanno che sei qui, sanno quello che stai facendo... Sanno che sei tornata tra noi... >>.
<< Non è questo che mi interessa >> lo interruppe Irina, quasi irritata, << Non dirmi che la gente crede in me. Sanno che sono una traditrice, sanno che ho fatto arrestare William Challagher... Ma io conosco la gente che ha fatto parte del giro dello Scorpione, e so che il denaro è l'arma più potete che ho a disposizione. Sono sempre stata un'estranea, da queste parti; non mi aiuteranno solo per la gloria, questo è certo >>.
Irina spostò lo sguardo sulla mappa.
<< Jorgen vuole uccidermi, me lo ha detto >> continuò << Ho bisogno di armi, e mi serve qualcuno che me le fornisca. Devo potermi difendere. Hai qualche nome? >>.
Spark annuì.
<< Sì >>. Prese il foglio di carta sul quale Irina aveva segnato i suoi appunti, e scrisse qualcosa, << Digli che ti mando io, è un amico >>.
Irina annuì, buttando giù l'ultimo sorso di birra. Si alzò, piegando il foglio degli appunti e mettendoselo in tasca; rivolse un'ultimo saluto a Spark e uscì dal locale, stringendosi nel giubbotto per via dell'aria fredda della sera.
Quando salì sulla Punto, però, si rese conto che non poteva fare finta di non esistere, e che doveva per forza farsi un'idea di quanto forte fosse Jorgen, o per lo meno come si comportasse durante le gare. Guardò l'orologio, la radio della polizia silenziosa, e decise di fare una deviazione verso Hermosa Beach, con la speranza di essere fortunata e riuscire a trovare una gara.
Era strano muoversi di notte, tra le strade quasi vuote e illuminate solo dalla luce dei lampioni, con la consapevolezza di essere l'unica, in quel momento, a far ancora parte della Black List. In quell'istante, lei era davvero la numero uno, la più forte. Sì, c'era ancora Vera, ma non correva più, o così sembrava. E poi...
Chissà dove si trovava il Mastino, in quel momento... Chissà cosa stava facendo, chissà se immaginava che Fenice aveva lasciato il suo posto di poliziotta per tornare a fare la pilota... Chissà cosa avrebbe detto, come l'avrebbe presa in giro... La sciocca Fenice che si cacciava di nuovo nei guai.
Aveva ancora diverse domande da fargli, e in tutti quei mesi passati da quando Dimitri era scappato, Irina ci aveva pensato molto, più di quanto fosse legittimo aspettarsi da lei. Erano domande che non avrebbero mai trovato risposta, anche perché non aveva idea di dove si trovasse Dimitri in quel momento, né come contattarlo. E comunque, era convita che il russo non le avrebbe mai risposto.
Si augurava solo che stesse bene, ovunque si trovasse.
Percorse le strade di Los Angeles fino a Hermosa Beach, dove il via vai di auto si faceva maggiore. Quando lavorava in polizia, ricordava che i piloti si ritrovavano in un grande parcheggio vuoto, a circa quattrocento metri dalla spiaggia, tra un centro commerciale e il centro sportivo. A volte le gare partivano da lì, qualche volta prendevano il via direttamente dalla spiaggia.
Forse poteva osservare la scena da un punto più lontano, maggiormente discreto, per non attirare l'attenzione di nessuno e non dare l'idea di voler piantare troppe grane, però Fenice non era più di quell'opinione. In passato, la discrezione era stata il suo segno distintivo, ma una volta era anche stata una semplice pilota agli ordini dello Scorpione; ora era lei stessa la propria padrona, e ogni ora lo capiva sempre di più.
Sapeva di rischiare tantissimo, eppure Irina era decisa a dare un'immagine di Fenice diversa da quella che l'aveva circondata in passato.
Si avvicinò al ritrovo di Hermosa Beach a ritmo sostenuto, incrociando più volte un paio di auto sportive, dirette probabilmente nello stesso posto. Notò l'occhiata di un paio di ragazzi che camminavano a passo spedito sul lungomare, e continuò a guardare nello specchietto retrovisore, sperando che la polizia non decidesse proprio in quel momento di svegliarsi da quel torpore in cui sembrava essere caduta.
Capì immediatamente la differenza tra Dalton Beach ed Hermosa Beach; qui, file di auto costose facevano bella mostra di sé, parcheggiate l'una di fianco all'altra, e la musica non era tenuta troppo alta. Decine di ragazzi si aggiravano nel parcheggio, sorseggiando i drink che serviva un piccolo chiosco su quattro ruote posizionato vicino all'ingresso, illuminato a giorno. C'erano ragazze con borse di marca sedute sul muretto destro dello spiazzo, che chiaccheravano tra loro, mentre i ragazzi entravano e uscivano dalle macchine parcheggiate: Porsche, Audi, Mercedes, Jaguar, anche una Lamborghini e una Aston Martin.
Con il motore al minimo, Irina entrò nel parcheggio, la Punto che procedeva quasi silenziosa e guardinga come lei. In un attimo, l'attenzione venne catalizzata su Fenice, che percorse tutto lo spiazzo fino in fondo, lentamente come aveva fatto quando era andata a Dalton Beach.
La Punto si fermò in disparte, sotto la luce di un lampione isolato, come a ribadire che non faceva parte di quel gruppo, ma che per andare lì non aveva bisogno di chiedere il permesso a nessuno. Spense il motore, e gettò un'occhiata intorno prima di scendere.
Jorgen e Felix non c'erano, però c'era un tizio dalla faccia cavallina accompagnato da un ragazzo di colore, vicino a un grosso Ford Ranger blu elettrico. La osservavano, guardinghi, probabilmente chiedendosi cosa ci facesse lì.
Irina scese dalla Punto, la tensione che saliva rapidamente nello spiazzo. Qui non era la benvenuta, lo percepiva dallo sguardo di alcuni, ma mostrarsi intimorita non le sarebbe servito.
Nessuno la apostrofò, nessuno le disse nulla, mentre Irina si allontanava dalla Punto e con aria disinteressata iniziava a esaminare le auto parcheggiate nello spiazzo. Vide una BMW M3, del modello più recente, e non riuscì a trattenersi dal ricordare la prima volta in cui aveva incontrato Xander. Passò oltre, osservata dalla gente lì intorno, e si fermò davanti a una Mercedes SL bianca cabrio, i fari a led accesi come occhi nella notte.
Un ragazzo lì vicino, con i capelli pieni di gel e una camicia dall'aria costosa sotto la giacca scura, la fissò con sospetto, mentre Irina passava la mano sulla carrozzeria dell'auto. Stava recitando una parte ben precisa, quella della padrona di casa che poteva fare quello che voleva, e il fatto che fosse una ragazza indifesa stava lasciando spiazzati tutti.
<< Quest'auto non è un'auto da gara >> disse lei, il dito che sfiorava la vernice intonsa, << E' solo un bel giocattolo... Lo Scorpione l'avrebbe usata per andarci al mare >>.
Il ragazzo si avvicinò, il labbro arricciato per il fastidio.
<< Posso batterti con quest'auto, ragazza >> ringhiò, e qualcuno si avvicinò.
Irina sorrise.
<< Nessun graffio, nessuna ammaccatura... Se sapessi guidare, non avresti scelto un'auto del genere >> ribatté, appoggiando la mano sulla capotte richiusa della macchina, << Dovresti sapere che le cabrio hanno una rigidità torsionale inferiore rispetto alle coupé... >>.
Nessuno disse nulla, anche perché Irina sapeva di avere ragione. Non era un meccanico, ma sapeva far correre le auto e sapeva sceglierle.
<< Quante gare hai vinto, con questa? >> continuò Irina, mentre sentiva dentro di lei crescere qualcosa che assomigliava molto all'adrenalina. Non sapeva che provocare la gente potesse essere così divertente...
Il ragazzo si avvicinò ancora di un passo, ma il tizio con la faccia da cavallo si avvicinò rapidamente, seguito dal suo scagnozzo di colore.
<< Che cosa sei venuta a fare qui, Fenice? >> domandò il ragazzino, con una vocetta stridula che a Irina fischiò nelle orecchie. Doveva essere alto più o meno un metro e sessanta, e a giudicare dalle braccia quasi scheletriche, non poteva pesare più di quaranta chili; il ragazzo nero, però, compensava tutte le sue mancanze: era grosso, muscoloso e dalla faccia decisamente poco rassicurante.
<< Non c'è nessun cartello di divieto d'accesso alle donne, in questo parcheggio... >> rispose Irina, soave. << E potresti presentarti, visto che conosci il mio nome >>.
Il ragazzino la guardò con sorpresa, colto alla sprovvista dalla risposta secca.
<< Sono Timothy Breen, e gestisco io le gare qui >> rispose, la voce stridula permeata da una nota di fastidio.
Irina lo guardò con disinteresse, spostando gli occhi sulla Porsche 911 verde bottiglia lì vicino.
<< Davvero? Lo fai nel tempo libero, quando esci da scuola? >>.
Stava superando il limite, eppure Irina si stava divertendo. Quella era casa sua, era libera di esprimersi come voleva.
"Hai visto, William? Sono diventata la mina vagante che volevi tu, la ragazza di strada in cui speravi mi trasformassi un giorno... Ti sarei piaciuta anche così?".
Timothy sembrò sul punto di rispondere in malo modo, ma il rumore di un motore potente, simile al ruggito di una fiera, costrinse Irina a guardare verso l'ingresso del parcheggio.
La Koennisegg Agera di Jorgen Velasquez si avvicinò con i fari a mandorla accesi nella notte, bassa e sinuosa come un felino. La vernice nera riluceva sotto i lampioni, delineando la carrozzeria squadrata, lineare, l'enorme alettone montato sul retro sagomato. Enormi cerchi da ventuno pollici, arancioni come le strisce ai lati della carrozzeria, completavano quella hypercar da milionari, come l'aveva definita Casey. Sotto il cofano, montava un motore V8 biturbo da 960 cavalli, in grado di farle toccare i 400 chilometri orari.
Era vero, era potente e veloce, ma Irina sapeva che bisognava avere una certa mano per guidarla e non schiantarsi alla prima accelerata, e se Jorgen era ancora vivo, significava che quella mano l'aveva.
Arrivò da solo, e parcheggiò vicino all'ingresso. Timothy la lasciò dov'era, lanciandole un'occhiata sprezzante, e raggiunse il suo capo mentre lei attendeva, sorvegliata a vista da un paio di ragazzi.
Timothy parlottò un po' con Jorgen, che voltò la testa dalla sua parte e la salutò alzando la mano, baldanzoso. Lei rispose, un finto sorrisetto disegnato sulle labbra.
Voleva vederlo correre, studiare il suo modo di muoversi, per capire quanto lo dovesse temere. Avrebbe voluto vedere anche Felix, ma lui non c'era.
Timothy disse qualcosa a tre ragazzi fermi a pochi metri da lui, che si voltarono e iniziarono a raggiungere le loro auto. Uno di loro era proprio quello della Mercedes SL, che salì in auto con una smorfia. Subito dopo Timothy tornò da lei, la faccia cavallina distorta in un ghigno.
<< Vuoi gareggiare, Fenice? >> domandò.
<< Mi prendi in giro? Questa è una gara per novellini, credi che non me ne sia accorta? >> ribatté Irina, fintamente disgustata, << Quei tre hanno preso la patente forse ieri mattina... Sono qui solo per guardare, e non dirmi che non posso farlo >>.
Il ragazzino sembrò improvvisamente indeciso su come trattarla. Forse non si era aspettato di trovarsi davanti una ragazza così secca nelle risposte.
<< Se provi a dare fastidio... >> iniziò.
<< Cosa fate? Mi uccidete? >> sorrise Irina, << Potete anche farlo, se riuscite a prendermi >>.
Timothy fece una strana faccia, si voltò e tornò verso la linea di partenza della gara, dove la Agera, la Mercedes SL e due altre auto, la Porsche 911 e una BMW M4 grigia, si erano posizionate in fila. Intorno a loro si era assiepato un capannello di persone, che attendevano l'inizio, eccitate.
Irina tornò lentamente verso la Punto, mentre la gente rivolgeva lo sguardo verso la gara. I motori si accesero con un rombo assordante, i ragazzi che iniziavano a gridare e incitare. Gli scarichi della Porsche fumarono, quando il pilota sfiorò il pedale dell'acceleratore, per far salire il motore di giri.
Una ragazza dai capelli neri e un abito giallo neon si piazzò al centro della strada, un fazzoletto nelle mani e gli occhi piantati sulle auto. Gridò qualcosa, poi diede il via.
Con un ruggito assurdo, la Agera schizzò in avanti con una progressione impressionante, lasciando sull'asfalto solo il nero degli pneumatici. Per un attimo, si videro solo le strisce arancioni disegnare una linea colorata nel buio, prima di sparire dietro l'angolo, le altre tre auto che arrancavano dietro.
A Irina bastò guardare la partenza, per capire che Jorgen era forte, ma non come poteva aspettarsi. Molto probabilmente, sapeva portare la Agera, riusciva a tenerla in strada, ma doveva essere poco sensibile. Da come era partito, con le ruote che fischiavano sull'asfalto, doveva essere un po' pensate nei comandi, il che voleva dire anche che poteva essere un po' maldestro. La potenza dell'auto compensava la sua poca agilità: sicuramente, in uno scontro corpo a corpo sarebbe stato in difficoltà.
Le sarebbe piaciuto sfidarlo, ma non era ancora il momento. Doveva avere pazienza e attendere l'occasione giusta, quando ogni tassello di quella storia fosse stato al suo posto.
<< Hai fegato, a farti vedere da queste parti... >>.
Felix Moreau sbucò alle sue spalle all'improvviso, e Irina si voltò a guardarlo, la Nissan GTR nera ferma a una decina di metri di distanza. Il francese sembrava molto più alto da vicino, e i suoi tratti più affilati; indossava una spessa giacca tecnica, le mani in tasca e gli occhi che brillavano di divertimento.
<< Dovete ancora decidere quando uccidermi, o sbaglio? >> ribattè lei, tornando a guardare la strada.
Felix si fermò di fianco a lei, le mani ancora in tasca. Irina si tese, sospettando che potesse avere un'arma nascosta nella giacca, ma lui alla fine non si mosse.
"Se dovessero uccidermi oggi, che fine stupida che farei...".
<< Non decidiamo noi >> rispose il francese, evasivo.
<< E chi, allora? >> ribatté Irina.
Felix non rispose. Si avvicinò alla Punto, osservandola con interesse; si soffermò sulle gomme, come se gli interessassero molto i cerchi in lega.
<< Dal vivo sembra ancora più piccola >> commentò, ma non sembrava ironico.
<< Hai gareggiato con un'auto francese, quando stavi nei rally >> ribatté Irina, << Perché ora guidi una giapponese? Voi francesi di solito siete patriottici... >>.
Felix le rivolse un'occhiata.
<< I giapponesi si addicono di più alla mia filosofia >> rispose, << Mi piacciono perché calcolano tutto. Anche le loro auto sono così: non c'è niente di superfluo, e non manca nulla di essenziale >>.
Irina lo fissò per un'istante, e si ritrovò a pensare che sarebbe stato un ottimo elemento per la Black List di William. Aveva carattere, aveva uno stile suo e sembrava capirne di auto.
<< Perché ti sei dato alle corse clandestine? >> domandò.
Felix passò una mano sul vetro posteriore della Punto, quasi la stesse accarezzando.
<< Noi piloti ci stanchiamo in fretta >> rispose senza guardarla, << E comunque, nelle corse clandestine ci sono più soldi e meno regole >>.
In lontananza, Irina iniziò a sentire il rumore del motore di auto che si avvicinano, e tornò a guardare verso il traguardo, mentre Felix si avvicinava nuovamente a lei.
La Agera arrivò per prima, ma venne seguita da quella che era la carcassa rotolante della BMW M4 grigia, ridotta a una palla di lamiere.
Irina rimase paralizzata, mentre l'auto, che forse aveva sbandato e aveva perso il controllo, continuava a rotolare per un centinaio di metri, mentre la gente lì intorno gridava, pezzi di vetro e acciaio che volavano in ogni direzione e quel rumore orrendo, di ferro trascinato sull'asfalto, che invadeva l'aria, facendo digrignare i denti a Irina.
La BMW si fermò con un clangore, sbattendo contro un palo della luce, con le ruote in aria e il tetto completamente schiacciato. Un paio di ragazzi corsero verso la macchina, dalla quale non uscì nessuno.
La Agera inchiodò con le gomme che quasi fumavano, mentre alle sue spalle arrivavano la Mercedes e la Porsche, con molto distacco, ma intere. Mentre la gente si muoveva concitata per il parcheggio, e qualcuno cercava di soccorrere il pilota della BMW, Jorges scese dalla macchina.
Anche da lontano, Irina si rese conto che rideva.
Rideva in modo sguaiato, senza freno, come se avesse appena assistito a una scenetta divertente, mentre intorno a lui si consumava un dramma, che Irina era certa, aveva causato lui.
Si voltò verso Felix, che osservava la scena con distacco, anche se sul suo volto sembrava balenare un lieve sorrisetto.
<< Spero solo sia morto sul colpo >> commentò.
Irina sentì il sangue gelarsi nelle vene, mentre capiva con chi aveva a che fare.
Senza dire nulla, si diresse verso la Punto.
Mise in moto e se ne andò, mentre nello specchietto retrovisore vedeva la carcassa della BMW iniziare a prendere fuoco.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro