Capitolo V
Mosca – Ore 20.00
Il freddo dell'autunno di Mosca investì Dimitri in pieno, quando scese dall'Hummer nero con il quale Emilian lo era venuto a prendere. L'aria umida e frizzante gli pizzicò le narici, ma riuscì a svuotare la sua testa e a farlo sentire un po' più a suo agio. Stiracchiò il collo ancora indolenzito dal lungo viaggio in aereo e chiuse la portiera, alzando lo sguardo sulla alta palazzina che apparteneva alla sua famiglia.
Erano mesi che non tornava a Mosca, eppure non sapeva dire se ne aveva sentito la mancanza. Era la città in cui era cresciuto, ma anche quella che gli stava sempre più stretta, ultimamente. Sicuramente rimpiangeva il fatto che lì era conosciuto, e nessuno lo fissava più di tanto per la sua cicatrice sulla nuca.
<< Boris vuole parlarti >> disse Emilian.
In quell'ultimo anno, la faccia sfregiata e consumata dall'acido di suo cugino sembrava leggermente migliorata, e Dimitri se ne rese conto solo quando lo guardò sotto la luce chiara della tromba delle scale del palazzo. Quell'impercettibile cambiamento doveva essere dovuto alla moglie, una ragazza conosciuta solo un anno prima di nome Helena, non particolarmente carina, ma di sani principi. Dimitri l'aveva vista solo al matrimonio, e l'aveva trovata una tipa adatta a suo cugino.
<< Non ora >> rispose, infastidito, percorrendo il vialetto di cemento, << Domani avrò tempo da dedicargli... >>. Era nervoso perché viaggiare con l'aereo privato di suo zio Boris non gli piaceva, anche se rendeva tutto più veloce: nonostante fosse suo parente, non si fidava pienamente di lui.
<< I Romanesko hanno iniziato a dare nuovamente problemi >> aggiunse Emilian, mentre lo seguiva.
<< I Romanesko sono sempre un problema >> lo interruppe Dimitri, << Doveva occuparsene Boris >>.
<< Non vogliono trattare con lui >> spiegò Emilian, seccamente.
Dimitri fece una smorfia, mentre l'ascensore si apriva e loro entravano dentro, improvvisamente riscaldati dall'aria calda dell'edificio. I Romanesko avevano ucciso suo cugino Gavriil, e cercavano di ottenere tutto il controllo dei traffici di San Pietroburgo; non volevano trovare un accordo, volevano solo che la Lince lasciasse loro campo libero in città, cosa che lui non voleva fare.
<< Aspetteranno >> disse solo.
Emilian non ribatté, perché sapeva che non avrebbe cambiato idea. Non era tornato a Mosca solo per incontrare capi famiglia o discutere di affari. Era tornato anche per capire chi lo voleva ammazzare, soprattutto per prenderlo piantargli una pallottola in testa, se era necessario. Prima però voleva accertarsi che tutto il resto fosse in ordine come sempre.
Con un sibilo, le porte dell'ascensore si aprirono, e Dimitri uscì sul pianerottolo. La porta dell'appartamento di sua sorella era chiuso chiave dall'interno, e lui dovette bussare. Attese qualche secondo prima di sentire la serratura scattare con un rumore metallico.
Il viso arrotondato di Vilena, contornato dai capelli castano ramati che l'avevano sempre contraddistinta, fece capolino dalla porta, gli occhi cerchiati di scuro e l'espressione sorpresa.
<< Dimitri! >> gridò, gettandogli le braccia al collo, in un gesto che lo infastidì. Vilena era pur sempre sua sorella, ma ultimamente non tollerava il contatto fisico con nessuno.
<< Stai bene... >> mormorò la donna, lasciandolo andare, << Non ti sentiamo da settimane... >>.
<< Se mi fosse successo qualcosa, lo avreste saputo da Emilian >> rispose neutro, mentre la porta dell'appartamento veniva nuovamente chiusa a chiave alle loro spalle, il calore della casa e l'odore di biscotti che gli arrivò alle narici, ricordargli l'atmosfera familiare e tranquilla di qualche anno prima.
Gli sembrò più o meno tutto come l'aveva lasciato: c'era solo qualche foto in più, appesa alle pareti. Il televisore era acceso e trasmetteva il telegiornale serale.
Nonostante tutto, Vilena continuava a rimanere con un'espressione preoccupata sul viso, e Dimitri sapeva il perché. Suo cugino doveva averle raccontato dell'agguato che aveva subito pochi giorni prima, che era solo l'ultimo di una serie... O forse, anche lei iniziava a comprendere che Mosca stava diventando una città sempre meno sicura, anche per donne e bambini. Il fatto che chiudesse la porta a chiave anche quando si trovava nel suo stesso palazzo, significava che si sentiva minacciata.
<< Yana e Sergey? >> domandò, mentre sua sorella faceva cenno ad Emilian di accomodarsi sul divano.
<< Sono in cameretta >> rispose Vilena, perplessa.
Senza aggiungere altro, Dimitri si diresse verso la stanza dei bambini, silenzioso come un'ombra. Erano mesi che non li vedeva, perché aveva preferito girare al largo dall'appartamento, anche se si era recato in Russia poche settimane prima.
La porta era aperta, e lui si fermò sulla soglia: trovò il piccolo Sergey seduto sul pavimento, su un tappeto bianco e blu, circondato da giocattoli e da un grosso peluche di un orso bianco, dono che gli aveva fatto al primo anno di vita. Ridacchiava, mentre cercava di far rimanere in mano all'orso una macchinina, ma il peluche non sembrava volerne sapere: il giocattolo continuava a cadere a terra con un tonfo impercettibile.
Dimitri lo osservò in silenzio qualche istante, notando il cambiamento dall'ultima volta che lo aveva visto: aveva i tratti di sua madre e gli occhi scurissimi di suo padre Iosif Ivahovic.
Dopo un attimo, le iridi del bambino si posarono su di lui, a fissarlo per qualche secondo incuriosito, segno che doveva averlo riconosciuto e si ricordava di lui. Con un po' di fatica si mise in piedi, e sgambettò fino in fondo alla cameretta, dove Yana era seduta di spalle su una scrivania di fronte alla finestra buia, una lampada a illuminare il disegno che stava facendo.
Sergey si appoggiò alla sedia, distraendo Yana dal suo lavoretto e costringendola a voltarsi.
Nell'ultimo anno e mezzo, sua nipote era cresciuta molto. A sette anni era una delle bambine più alte della sua classe, e una delle più brave. Il visetto era sempre paffuto e le guance rosa da bambola, ma i tratti si stavano facendo più affilati, molto più simili a quelli di Iosif che di Vilena. Indossava una tuta da casa viola e bianca, e i lunghi capelli biondi erano legati in una treccia stretta sulla nuca.
Yana non si mosse. Lo fissò con i suoi occhi azzurri e il pennarello stretto in mano, e un'unica domanda nello sguardo, una domanda che gli aveva rivolto ad alta voce solo una volta, a cui lui non aveva potuto fare altro che rispondere con la verità.
<< Dov'è Irina? >>.
<< E' tornata a casa >>.
Dimitri non le aveva mentito. Non aveva cercato una scusa per far comprendere a quella bambina il perché delle cose; Yana era sempre stata troppo intelligente per farsi raccontare frottole. Le aveva detto la pura verità, poco prima di fuggire dalla Russia per mezza Europa: chi era veramente Irina, di cosa avesse fatto a Mosca, e del fatto che era tornata a Los Angeles con Alexander Went. Quelle rispose avevano coinciso con il momento in cui Yana aveva iniziato a capire; aveva iniziato a comprendere di che mondo facesse parte la sua famiglia, di quanto suo zio fosse un criminale, di quanto lo fosse suo padre, di quanto lo fossero tutti quelli che la circondavano. Aveva iniziato a percepire il giusto e lo sbagliato delle cose, e aveva iniziato a farsi delle domande. Domande giuste, ma scomode.
Nessuno le aveva dato risposte, perché tutti sapevano che nessuna sarebbe stata giusta. Yana la risposta l'aveva trovata da sola, nella sua mente lucida e pulita di bambina.
<< Io non voglio essere come voi. Voglio essere come Irina >>.
Lo aveva detto il giorno in cui lo aveva rivisto con l'orecchio maciullato e i punti di sutura sul collo. Dimitri non l'avrebbe dimenticato, il suo sguardo. Da quel momento, il legame stretto che aveva sempre avuto con Yana aveva iniziato a sfaldarsi lentamente, ma lui era stato il primo a volerlo. Quella bambina e suo fratello avevano il diritto di crescere lontani dall'ombra di uno zio che era la Lince, lontani da corse clandestine, droga e soldi sporchi.
<< Zio... >> mormorò alla fine Yana, alzandosi e tenendosi alla sedia, come se potesse proteggerla da lui. << Sei tornato >>.
Una volta gli sarebbe corsa incontro; aveva smesso di farlo, un po' perché era cresciuta, un po' perché aveva iniziato a vederlo per quello che era e sapeva di essere: una mezza bestia.
<< State bene? >> domandò Dimitri a voce bassa.
Non si sarebbe avvicinato di più; era essenziale che continuasse a esserci una certa distanza tra loro, dovevano percepirlo. I tempi in cui aveva permesso a Yana di stargli accanto erano passati, ed erano stati un errore che l'avevano messa in serio pericolo.
Sergey lo guardava incuriosito, forse percependo la minaccia che rappresentava.
<< Sì... >> rispose Yana, osservandolo con aria dubbiosa, << Stavo facendo un disegno per la scuola... >>.
La bambina prese il foglio di carta e glielo porse. Dimitri lo prese, osservando il paesaggio marino che aveva ritratto: mancava di proporzioni, ma era abbastanza verosimile. Una fila di ombrelloni si stagliava su una spiaggia dalla sabbia chiara e il mare calmo, e qualcosa in quel disegno gli parve familiare.
<< Dobbiamo ricopiare questo >>.
Yana gli mostrò una cartolina, e solo allora Dimitri vide il nome della località: Dalton Beach, Los Angeles.
Qualcosa gli si mosse nello stomaco, quando ricordò quel bagno. Era appartenuto allo Scorpione, finché era esistita la Black List.
Ridiede il disegno a Yana e si abbassò all'altezza dei due bambini.
<< Sta venendo bene >> disse.
Toccò con la mano prima la testa di Yana, poi quella di Sergey, e senza aggiungere altro tornò in salotto, dove Vilena lo aspettava, parlottando con Emilian. Due bicchieri colmi di vodka liscia erano poggiati sul tavolino di legno nero, il volume del televisore abbassato e la notte nera di Mosca fuori dalle finestre senza tende.
Emilian gli porse un bicchiere, e con un segno di brindisi lo guardò.
<< Bentornato a casa >>.
Dimitri si limitò a rispondere con un sorrisetto ironico, prima di buttare giù la vodka tutta d'un fiato, senza quasi sentire l'alcool scendergli nello stomaco.
<< Hai mangiato? >> domandò Vilena.
<< Non ho fame >> rispose, << Iosif? >>.
<< E' a Mosca Centrale >> rispose sua sorella, << Doveva sistemare un affare con zio Boris >>.
Dimitri grugnì in segno di approvazione, poi fece cenno a Emilian di seguirlo. Dovevano parlare in privato, fuori dalla portata di orecchio di donne e bambini come avevano sempre fatto.
Il suo appartamento era esattamente come lo aveva lasciato: in ordine, pulito e con la pianta verde ancora in perfetto stato nell'angolo del soggiorno. Lui non ci aveva messo piede, ma qualcuno aveva fatto le pulizie, era evidente; sui mobili non c'era un filo di polvere e l'aria non sapeva di chiuso. Il fatto che qualcuno era entrato lì dentro senza il suo permesso lo irritò, soprattutto perché sospettava già chi fosse stato.
Gettò le chiavi sul tavolino e chiuse la porta, mentre Emilian si sedeva sul divano, appoggiando la pistola con la sicura sul ripiano di vetro. La luce bianca del soggiorno gettò sul suo volto deturpato una strana ombra scura.
<< Non si sentono al sicuro, qui >> proruppe Emilian, guardandolo in faccia.
Dimitri si sedette sull'altro divano, stirando il collo che gli dava ancora fastidio. Mentre lo faceva notò che anche il mancorrente di metallo che portava alla mansarda brillava per la pulizia.
<< Me ne sono accorto >> rispose, << E' evidente. Avete ricevuto qualche minaccia? >>.
<< No, ma il nervosismo è palese >> rispose Emilian, << E ora sembra che il figlio di Buinov voglia iniziare a entrare in affari con i Matveev... >>.
<< Ha diciassette anni >> ribatté Dimitri, con le sopracciglia aggrottate.
<< Appunto. Se è come suo padre, non ha il minimo rispetto delle nostre regole >>.
Dimitri sbuffò. Avrebbe dovuto uccidere quello stupido ragazzino mesi prima, quando avevano eliminato gli ultimi Buinov, ma la Lince non poteva permettersi di ammazzare ragazzini minorenni, o almeno era la regola che si era dato. Milad Buinov al momento non aveva alcun potere, era troppo giovane per prendre il controllo anche di qualche minuscola città, e soprattutto aveva pochi soldi. L'unica cosa di cui era dotato era un fortissimo senso di vendetta, e le minacce che gli aveva rivolto l'ultima volta che lo aveva visto lo confermavano; non era stato nemmeno grato che Dimitri lo avesse risparmiato... Ma il suo sangue non poteva mentire. Con Milad, esattamente come con suo padre, l'antica regola per la quale donne e bambini erano intoccabili poteva anche non valere.
<< Ti sono arrivate voci? >> chiese Dimitri.
<< Mi sono arrivati fatti >> rispose Emilian, << I Matveev hanno organizzato un giro di corse clandestine a Tula, a duecento chilometri da qui. E' giurisdizione nostra, quella città, lo sanno. Chiedono un pizzo per partecipare... La gente di Tula si lamenta del fatto che non è intervenuto nessuno >>.
Dimitri fece una smorfia, si alzò e recuperò una bottiglia di vodka dalla credenza. Riempì due bicchierini, e bevve il suo quasi senza nemmeno deglutire. Solo allora parlò nuovamente.
<< Sai qualcosa di quelli che hanno mandato tre tizi a uccidermi fino a Madrid? >> chiese.
Non stava cambiando argomento, stava collegando le due cose.
Chi non era dalla sua parte, lo voleva morto. Ma lo volevano morto anche alcuni di quelli che facevano parte della sua cerchia. Anche se il suo ruolo da Lince era stato legittimato, non lo credevano all'altezza, o forse molto più semplicemente agognavano il suo potere. Per riuscire a trovarlo a migliaia di chilometri da lì, doveva essere qualcuno con molta influenza e molti soldi...
<< No. Ma ho visto in giro la Krarakova, ultimamente >> rispose Emilian.
Sul volto di Dimitri si dipinse un'espressione divertita. Non aveva più visto Nina Krarakova da quando era stata arrestata insieme alla Lince, ma aveva saputo che anche suo padre era stato incriminato, e i mesi successivi li aveva passati in una cella del carcere femminile di San Pietroburgo. Lei però era una di quelle con i soldi e le conoscenze giuste, e con al fianco il miglior avvocato della Russia, tale Gregory Tallin, era riuscita a farsi rilasciare su cauzione. Negli ultimi mesi la causa contro di lei era andata avanti, ma quasi sicuramente si sarebbe comprata la libertà in qualche modo.
Poteva essere stata lei a mandare qualcuno a ucciderlo?
Forse. Non le era mai andato giù il fatto di essere stata rifiutata, ma anche e soprattutto l'essere stata incastrata.
Al di fuori della sua famiglia, non aveva mai detto esplicitamente che Fenice era venuta a Mosca per catturare la Lince, ma era evidente a tutti che lei fosse il punto centrale, nella caduta della Lince. Dopo il suo arrivo, molti russi e molti corrotti erano stati arrestati, e lei era stata la prima ad essere additata come colpevole. La posizione di Dimitri era stata compromessa nell'esatto istante in cui lui era arrivato a Mosca con Irina, ma questo lo aveva sempre saputo; il fatto era che non aveva messo in conto di ritrovarsi libero, una volta finita la missione. A quel punto, aveva dovuto prendere una decisione: cercare in qualche modo di coprire Irina, o mettere in chiaro che era una nemica.
Invece lui non aveva fatto assolutamente nulla: nessuna dichiarazione, nessuna frase, nulla di nulla. Aveva lasciato che ogni singolo russo decidesse da solo come classificare Irina: traditrice, infiltrata, alleata, nemica. Non aveva risposto a domande, non aveva permesso a nessuno di mettere in dubbio la sua autorità né la sua posizione. Non gli importava cosa pensavano, non quando almeno all'interno della sua famiglia Irina era vista come quella che aveva salvato Yana, quindi una persona da rispettare profondamente, indipendentemente dal fatto che aveva rischiato di farli arrestare tutti.
Dimitri si versò un altro bicchiere di vodka, che ingurgitò senza respirare. Era un po' più forte di quella roba che aveva bevuto quando era a Madrid, ma ci sarebbe voluta tutta la bottiglia per dargli alla testa, ma lo faceva sentire meno teso.
<< Credi davvero possa centrare la Black List? >> domandò Emilian.
Dimitri si passò una mano sulla nuca, sentendo la cicatrice prudere.
<< Molto probabilmente non centra nulla >> rispose lentamente, << Challagher è morto, e tutti gli altri piloti sono dietro le sbarre, e non hanno le risorse per assoldare qualcuno per farmi ammazzare. Con che scopo, poi? Vendicare lo Scorpione? Gli americani non sono così, sono fedeli solo al denaro, e il denaro di Challagher non esiste più. Forse qualcuno sta cercando di sviarmi, ma per saperlo con certezza devo avere più informazioni >>.
<< Ho mandato una vecchia conoscenza che vive a Las Vegas ha fare qualche domanda in giro >> disse Emilian, versando il terzo bicchiere di vodka, << Ci vorrà qualche giorno, per sapere qualcosa >>.
Dimitri annuì.
<< Parlerò con Boris, domani >> disse lentamente, << Forse lui potrà darmi qualche risposta più dettagliata >>.
Rimasero un momento in silenzio, bevendo insieme la vodka liscia e ascoltando il silenzio dell'appartamento.
<< Rimarrò qui solo questa notte >> disse Dimitri, a voce bassa, << La polizia ci impiegherà solo qualche ora a sapere che sono tornato a casa... Mi serve un posto sicuro in cui stare, e soprattutto lontano da Vilena e dagli altri >>.
<< Dove vuoi andare? >> domandò suo cugino, tirando fuori il cellulare.
<< Voglio uno degli appartamenti di fronte al Black Diamond >> rispose Dimitri, << So che sai a chi chiedere >>.
Emilian annuì. I palazzi davanti al Black Diamond erano alcuni dei più cari di tutta Mosca, e appartenevano a famiglie ricche e snob della città. Lui era un ricercato internazionale, e l'ultimo posto in cui avrebbero pensato di poterlo trovare era proprio nel centro della mafia russa e dei suoi locali.
Con il cellulare il mano, Emilian gli fece un cenno di saluto e lasciò l'appartamento. Lo osservò uscire, mentre si versava il quarto bicchiere di vodka.
Sapeva qual'era il problema. Tutti a Mosca volevano un capo che rimanesse sempre in città, non così compromesso come era lui con la polizia e i servizi segreti. E soprattutto, volevano qualcuno che volesse davvero essere la Lince.
Come più di dieci anni prima, a Dimitri non importava diventare la Lince, non importava accentrare il potere dei soldi nelle sue mani. Non gli importava di amministrare affari e gestire rivalità e faide. Non era suo padre, non era Daniel, non era suo zio Boris. Se ne era andato anche per quello, in passato.
Aveva assunto il ruolo per dovere. Era diventato la Lince solo per rimettere le cose a posto, per evitare altri disordini a Mosca, e per fare in modo che quello che restava della sua famiglia fosse al sicuro. Aveva rimandato fin troppo a lungo la scelta definitiva, ma ora non poteva più farlo. Doveva prendere il suo posto e rimettere le cose in ordine, anche se non gli piaceva.
Accese lo stereo, e allungò le gambe sul tavolino, mentre spostava lo sguardo sull'altro divano rimasto vuoto. Non gli piaceva tornare in quella casa; non più come una volta, almeno.
Improvvisamente, sentì bussare alla porta.
Sapeva chi era, ma sperò si trattasse di Yana.
Invece era Darina Pektrovic.
La ragazza, vestita con una calzamaglia nera e un abito grigio molto semplice, stava in piedi davanti alla porta con due asciugamani bianchi ripiegati tra le braccia. Lo osservava intimorita con i suoi occhi verdi, i lunghissimi capelli biondi che le scivolavano in onde morbide dietro le spalle fino a metà della schiena, le labbra sottili e rosee che mostravano un timidissimo sorriso.
<< Darina >> si sforzò di salutarla Dimitri.
La ragazza fece un cenno con il capo, in segno di rispetto e saluto. Doveva essere intimorita, e Dimitri lo sapeva, però nonostante tutto aveva trovato il coraggio di venire a bussare alla sua porta... Era certo che Vilena li stesse spiando dall'appartamento vicino.
<< Bentornato, Dimitri >> lo salutò, porgendogli i due asciugamani, << Ti ho portato della biancheria pulita. Le lenzuola sono tutte fresche di bucato, e la dispensa è piena >>.
Dimitri sapeva che era stata lei ad avergli tenuto l'appartamento pulito, durante la sua assenza, non aveva bisogno di chiederglielo. Avrebbe però chiesto a sua sorella Vilena perché le aveva dato le chiavi, quando era stato categorico sul fatto che nessuno dovesse entrare.
Prese gli asciugamani dalle mani di Darina, mentre lei abbassava lo sguardo. Era una brava ragazza, in fondo, ed era pur sempre la sua protetta.
<< Grazie >> disse a bassa voce, senza però lasciarla entrare, << Stai bene di sotto, o hai bisogno di qualcosa? >>. Era il massimo a cui poteva spingersi, in quel momento.
<< No, grazie, non ho bisogno di nulla >> rispose Darina, scuotendo il capo con i riccioli biondi che ne seguivano il movimento, << La tua famiglia mi sta trattando molto bene, e Yana è una splendida bambina. Prepariamo dei dolci insieme, una volta a settimana >>.
Darina era un'ottima donna di casa, Vilena lo aveva sottolineato molte volte. In realtà, non faceva altro che preparare da mangiare o tenere in ordine gli appartamenti, forse per sdebitarsi dell'ospitalità e della protezione, ma Dimitri trovava quella cosa irritante, soprattutto se invadeva i suoi spazi personali.
<< Non era necessario che ti occupassi del mio alloggio >> borbottò Dimitri, cercando di essere neutro mentre parlava.
Darina sorrise, mostrando un sorriso perfetto e bianchissimo.
<< Oh no, è stato un piacere >> rispose, << In qualche modo dovevo... >>.
<< Ripeto che non era necessario >> sottolineò Dimitri, con un'occhiata eloquente.
Il sorriso di Darina le morì sulle labbra, mentre la ragazza comprendeva l'antifona. Si strinse le mani e annuì.
<< Ok >> disse solo, poi aggiunse titubante, << Buona notte >>.
Dimitri grugnì una risposta e finalmente la vide sparire giù per le scale. Rivolse un'occhiata all'appartamento di Vilena, sapendo già che sua sorella lo avrebbe rimproverato per essere stato duro con Darina, ma sinceramente gli importava poco. Se aveva sperato che la lasciasse entrare, si era sbagliava.
Chiuse la porta e gettò gli asciugamani sul divano, irritato. L'idea che Darina si fosse aggirata nel suo appartamento, anche se con le migliori intenzioni, non gli piaceva. Se fosse stato per lui, quella ragazza sarebbe tornata a casa immediatamente, ma sapeva che Vilena non glielo avrebbe permesso.
Darina era la figlia di Bronislav Pektrovic, un noto e boss di Kovrov, a est di Mosca. Lo aveva conosciuto anni addietro, tramite suo zio Boris, e tutto sommato era un uomo abbastanza onesto, per i loro canoni, di cui si erano sempre fidati. Controllava la sua città molto bene, e non si intrometteva nei fatti degli altri; eseguiva gli ordini e non discuteva mai troppo.
Era stato per rinsaldare i rapporti con lui, che Dimitri aveva accettato di fare da Testimone di Giuramento alla figlia Dorina. La ragazza era fidanzata con un certo Tit Gavrilenku, figlio di qualche mafioso di San Pietroburgo, che Dimitri conosceva poco.
Nonostante gli anni, la pratica del Giuramento di Fedeltà era ancora molto sentita, tra le famiglie russe: era qualcosa che garantiva l'onore della coppia e il suo effettivo legame. Era una tradizione molto semplice in realtà, ma molto densa di significato: all'uomo si chiedeva in sostanza di giurare la propria fedeltà alla ragazza amata, di garantirle protezione e sostegno, e di portarla all'altare in tempi ragionevoli. Era un retaggio antico, quando i padri cercavano in ogni modo di proteggere la virtù delle proprie figlie di fronte a uomini che già erano normalmente dei criminali, e che garantiva alla ragazza il fatto di non essere abbandonata in chiesa.
Il Giuramento di solito veniva fatto di fronte a pochissime persone, molto spesso i padri dei due ragazzi, o qualcuno che ne faceva le veci, e il Testimone. Tutte le parole pronunciate erano vincolanti, e l'uomo era l'unico obbligato a rispettare il proprio Giuramento; se, senza un motivo più che giustificato e condiviso, il ragazzo non avesse tenuto fede alle proprie parole, il Testimone aveva il compito di ucciderlo.
Dimitri era stato il loro Testimone, ma non aveva mai immaginato di ritrovarsi a dover compiere il suo dovere. Due mesi dopo aver giurato, Tit era scappato dalla Russia perché era saltato fuori che il suo interesse verso Darina fosse solo legato ai soldi del padre, che ultimamente ne stava facendo molti. L'aveva sedotta fingendosi un principe nei modi, si era infilato nel suo letto per qualche settimana e poi se l'era data a gambe.
Era venuto a conoscenza della cosa da Emilian, e aveva contattato Bronislav, assicurandogli che avrebbe trovato Tit in tempi stretti, anche se non si trovava a Mosca. Ci aveva messo quattro settimane a rintracciarlo, nascosto nemmeno poi troppo bene in un vecchio appartamento nei bassifondi di Londra, e rischiando di farsi beccare dalla polizia inglese, l'aveva ucciso alla maniera dei russi, una maniera violenta ma commisurata al reato che aveva commesso. Aveva spedito la catenina d'oro che Tit portava al collo a Pektrovic e alla figlia, ed era tornato a viaggiare per l'Europa.
A quel punto, Bronislav gli aveva chiesto il favore di tenere Dorina nel suo palazzo per qualche tempo, perché temeva per la sua incolumità, dopo la vicenda. Tutti sapevano che il suo Testimone era stato niente meno che la Lince, e nessuno si sarebbe permesso di fare anche un solo commento su di lei, quando era ancora la protetta di Dimitri. Aveva accettato, ma lo aveva fatto solo perché Vilena aveva insistito molto; la presenza della ragazza lo innervosiva, perché sua sorella forse sperava che lui arrivasse ad avere qualche interesse per lei.
Sbuffò, mentre recuperava gli asciugamani e decideva di farsi una doccia.
Quella casa gli ricordava troppe cose, e troppe persone.
Ore 15.00 – Los Angeles, Stazione di polizia
<< Che cosa significa che Hiro Kawashima è stato trovato morto in un vicolo di Santa Monica? >> domandò Irina, il fascicolo dell'ex pilota clandestino appoggiato sulla sua scrivania, Eric Senderson che la osservava con un'espressione perplessa, ma mai quando la sua.
<< Significa quello che ho detto >> ribatté il capo del distretto, sorseggiando tranquillamente l'ennesima tazza di caffè freddo, << Sembra che qualcuno si stia divertendo a fare secchi i tuoi ex colleghi... >>.
Irina osservò il cielo plumbeo di Los Angeles, che minacciava pioggia, fuori dalla finestra dell'ufficio. Stava tenendo la conta, e si rendeva conto che quella città era diventata pericolosa persino per i suoi stessi criminali: nemmeno i piloti clandestini potevano andare in giro di notte tranquilli, a parte per la polizia, ovviamente.
<< E nemmeno questa volta c'è un indiziato... >> commentò lentamente, arrotolando il fascicolo che avrebbe dovuto sicuramente archiviare.
<< Niente impronte né indizi >> rispose Senderson, << Un colpo in testa e basta. Nessun testimone. Stiamo indagando, ma è ovvio che alla gente importa poco di quando i criminali si ammazzano tra di loro... In effetti, non è il primo pilota clandestino né l'ultimo che finisce ucciso >>.
Senderson aveva ragione, ma Irina si ritrovò a pensare che non aveva nessun senso, quello che stava accadendo: sia Kawashima, sia Whitman si erano fatti i loro anni di carcere, erano usciti, e la prima cosa che facevano era mettersi nei guai con qualcuno fino al punto da farsi ammazzare?
<< Ci sono piste? >> domandò, anche se sapeva già la risposta.
<< No >>. Senderson fece per uscire, poi le rivolse un'occhiata. << Comunque ho un paio di agenti che stanno indagando. Se scoprono qualcosa, ti faccio sapere? >>.
Irina lo guardò lasciare l'ufficio, poi rimase a fissare la scrivania, in silenzio. In effetti, a lei di tutta quella storia non doveva importare nulla; anzi, non le interessava davvero. Era curiosa perché in fondo quella gente era stata pur sempre il suo passato, e aveva conosciuto ognuno di loro personalmente. Era strano venire a sapere che erano morti.
Kawashima e Whitman... Entrambi della Black List, entrambi usciti dal carcere, ed entrambi ammazzati.
Poi un flash le passò alla mente. Max le aveva parlato di un tizio che era venuto a chiedergli qualcosa sui membri della Black List... Voci a cui lei non aveva dato peso, ma che forse avrebbe dovuto ascoltare.
Afferrò un pezzo di carta e una penna, e iniziò a scrivere uno a uno i nomi dei piloti della Black List.
10° Toro – Gregory Horne
9° Aquila Bianca – Brett Goldsmith
8° Cavallo Pazzo – Logan Milay
7° Vipera – Vera Gonzalez
6° Lupo Grigio – Robert O'Correll
5° Dragone – Hiro Kawashima
4° Cobra – Jim Whitman
La sua mano tremò, quando arrivò alla rosa della Black List, i primi tre posti, quelli dei piloti più forti.
3° Fenice – Irina Dwight
2° Mastino – Dimitri Goryalef
1° Scorpione – William Challagher
Rimase a fissare il pezzo di carta, gli occhi che scorrevano i nomi di quella lista che ormai non esisteva più da anni, ma che era rimasta nella storia di Los Angeles.
Automaticamente si alzò in piedi e raggiunse la pila di cartelle che aveva ancora da archiviare. Le sparse sulla scrivania e iniziò a cercare i nomi dei piloti della Black List.
William Challagher era morto, su quello non c'erano dubbi. Lei era diventata una poliziotta, ma tutti gli altri?
I suoi occhi indugiarono sul Mastino, Dimitri Goryalef, e un brivido le percorse la schiena. Da quando lei e Xander l'avevano lasciato scappare, non l'aveva più visto né sentito. Era ricercato in tutti gli Stati Uniti, non ci avrebbe mai rimesso piede e comunque non aveva modo di contattarlo. Il suo fascicolo non era nemmeno al dipartimento di Los Angeles, ma ben custodito al quartier generale dell'F.B.I., e su di lui non avrebbe avuto alcuna informazione.
Non riuscì a trattenersi e a non pensare a quei giorni passati in Russia, nel freddo di Mosca, gomito a gomito con lui, mentre iniziava a prendere le misure della sua nuova vita da agente speciale. Sperava solo che fosse ancora vivo, da qualche parte, e che non si cacciasse nei guai.
Tutti gli altri erano morti. Tirò una riga su ogni nome, e gli unici che rimasero in piedi furono due, a parte il Mastino: Fenice e Vipera.
Quasi le venne da ridere, rendendosi conto che le ultime due sopravvissute di quella lista di piloti maschilisti erano due donne. Una perché era riuscita a cambiare la sua vita con la redenzione, e l'altra... L'altra non le restava che scoprirlo.
Il fascicolo di Vera Gonzalez doveva ancora essere archiviato, ma era chiaro che c'era poco da dire su di lei, visti i pochi plichi: era stata arrestata con l'accusa di violazione al codice della strada, possesso di autovetture non omologate, corse clandestine e traffico di droga. Eppure, doveva essersi trovata un buon avvocato, perché non aveva fatto un giorno di carcere...
Sfogliò la pratica, rendendosi conto che Vera aveva usato la carta della violenza per fare pena alla giuria, e che... Per motivi di salute non era stata incarcerata. Le avevano solo riconosciuto gli arresti domiciliari e l'obbligo di firma.
Si erano sempre detestate, loro due. Vera aveva sempre anelato alla sua posizione nella Black List, e l'aveva sempre accusata di essere andata a letto con tutti i piloti, pur di raggiungere quel traguardo. Alla fine aveva riconosciuto le sue capacità, ma era stato troppo tardi: poco tempo dopo la Lista era stata smantellata e i tempi d'oro erano finiti.
Forse avrebbe dovuto segnalare a Senderson quel fatto; magari potevano sentire la Gonzalez, chiederle se sapeva qualcosa di tutta quella strana storia. Magari lei aveva visto Kawashima o Whitman, poco prima che venissero uccisi; magari poteva fornire loro anche solo un nome, o un luogo. Poi ripensò a quello che aveva detto Senderson: a nessuno importava della morte di un pilota clandestino, non quando in città c'erano problemi più importanti.
Sbadigliò, gettando un'occhiata all'orologio da polso: decise che per quella giornata aveva terminato, e che magari poteva fare un salto a casa a farsi una doccia e cercare di dormire un po', prima di tornare a fare l'ultimo turno di prova alla stazione radio. Era ancora indecisa se chiedere a Senderson di spostarla lì per un po'.
Riordinò tutto, poi tra le mani le scivolò un fascicolo verde, con un nome che le fece perdere un battito del cuore: Alexander Went. Il fascicolo cadde con un tonfo particolarmente pesante, ma forse fu solo una sua percezione, perché non si aspettava proprio di trovarlo lì.
Rimase immobile, fissando la cartellina verde, mentre sapeva già che l'unica cosa che avrebbe dovuto fare era prendere quel plico e metterlo nel posto più nascosto e lontano all'interno del dipartimento... Solo che non lo fece. Si abbassò lentamente e con delicatezza lo raccolse da terra e lo appoggiò sulla scrivania.
Conosceva a memoria tutto ciò che era successo.
Xander a bordo della Maserati in giro per Los Angeles mentre lei era con Jenny a scegliere l'abito da sposa.
Xander che rispondeva alla chiamata del dipartimento di polizia su una rapina.
La Maserati che partiva all'inseguimento, e che incrociava il blindato in fuga.
Xander che speronava il furgone e lo faceva uscire fuori strada.
I rapinatori che scendevano dal mezzo e aprivano il fuoco, freddandolo prima che lui riuscisse a contrattaccare.
Le indagini, gli arresti, il carcere per i colpevoli. Di loro conosceva solo i nomi: Jasper Gregson e Lionel Cabrera.
E poi il silenzio.
Non aveva mai avuto bisogno di leggere quelle carte, e farlo non avrebbe riportato Xander indietro. Però la mano di Irina sfiorò il cartoncino verde, mentre il cuore le batteva più velocemente, come se avesse paura di trovare lì dentro qualcosa che non si aspettava.
Lo aprì.
Era vuoto.
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