Capitolo IV
Los Angeles – Un anno prima
Xander guarda il medico in camice bianco sullo schermo della tv che si muove con aria annoiata lungo il corridoio di un ospedale, discutendo della relazione che ha con una delle infermiere con quello che sembra essere un collega di reparto. Ha smesso di seguire il filo del discorso, perché non ama quel genere di serie tv, ma non davano altro questa sera, così ha dovuto fare di necessità virtù.
Persino il divano inizia a diventare scomodo, quando arriva la mezzanotte, e Xander recupera il telecomando infilato tra i cuscini e inizia a fare zapping tra i canali, cercando di combattere il sonno e la noia. Si versa un po' di caffè ormai intiepidito e finisce sul telegiornale locale, dove un giornalista un po' stempiato sembra parlare in diretta da una delle spiagge di Los Angeles.
<< ... sappiamo per certo che l'unità speciale del dipartimento cittadino è stata allertata >> sta dicendo il tizio, il microfono storto in mano e alle spalle la strada deserta nera, solo un isolato lampeggiante a informare della presenza del posto di blocco, << Molto probabilmente l'inseguimento è iniziato pochi minuti fa, e sembra sia proseguito sull'autostrada. Non dovrebbero... >>.
In quell'esatto istante, Xander vede passare alle spalle del giornalista una Mercedes SL blu con strisce rosse a tutta velocità, le gomme che fischiavano sull'asfalto, i fari che illumina la carreggiata. Il tizio è costretto a fare un passo avanti per via dello spostamento d'aria.
Una frazione di secondo dopo, il rumore di una sirena assorda i passanti e il giornalista, e come una saetta bianca la Punto di Irina sfila a velocità folle, una velocità che nessuno tranne una pilota clandestina come lei potrebbe raggiungere tra le vie cittadine.
Il tizio stempiato ha il tempo di rassettarsi la cravatta e iniziare a commentare la scena in modo concitato, prima che le volanti della polizia passino rapide, nel tentativo di raggiungere le due in fuga.
<< Come potete vedere, abbiamo appena visto passare l'auto dell'agente speciale Irina Dwight >> continua il giornalista, mentre intorno a lui inizia a radunarsi una piccola folla di curiosi, << E' evidente che si tratta di un ricercato particolare, visto che è stata immediatamente allertata... >>.
Xander sente improvvisamente il bisogno di cambiare canale, e per un attimo stringe il telecomando con fin troppa forza: detesta il modo in cui i giornalisti si attaccano a qualsiasi particolare, pur di rendere più avvincente la storia che stanno raccontando. In sei mesi, da quando Irina è diventata operativa, l'hanno resa una specie di eroina, tanto che la gente la riconosce per strada, ma mai nemmeno una volta li ha sentiti ricordare ai telespettatori che ogni volta che Irina Dwight prende la sua auto ed esce in strada, rischia la vita e lo fa anche per loro, per rendere la città più sicura. O che fa orari impossibili, che la costringono a lavorare quando praticamente tutti dormono.
Però alla fine non cambia canale; sa che da qualche settimana il Dipartimento da la caccia a quel tizio della Mercedes SL blu, e che un paio di volte è riuscito a sfuggire a Irina. Il fatto che le fosse scappato aveva reso Irina un po' più nervosa del solito, negli ultimi giorni, perciò sperava che fosse la volta buona.
Xander si avvicinò alla finestra, le inutili parole del giornalista a fare da sottofondo alla sua serata solitaria. Avrebbe dovuto abituarcisi, eppure tutte le volte che vedeva uscire Irina dalla porta per andare a lavoro, dopo cena, gli si chiudeva qualcosa nello stomaco. Nemmeno il fatto che la vedeva andare via con il sorriso lo tranquillizzava.
Sono passati mesi dalla Russia, da quando Irina ha concluso la missione a Mosca in modo impeccabile, e da quando lui ha capito gli errori che ha commesso con lei, eppure qualcosa ancora stride nel suo animo, quando si ripete che Irina è una poliziotta. Nonostante tutto, non riesce ancora a lasciarla andare senza sentirla in pericolo.
E' troppo apprensivo, Irina glielo rinfaccia da mesi.
Infatti ultimamente ha capito che preferisce essere lontano, essere in missione da qualche parte, piuttosto che stare fermo in quel soggiorno ad aspettare.
<< Dalla regia mi dicono che l'inseguimento ha raggiunto la North Island Naval Air Station di Los Angeles... >> dice il giornalista, eccitato, << Ecco, forse abbiamo le immagini in diretta dall'elicottero... >>.
Xander si volta di scatto, proprio mentre del grande tv a schermo piatto compare la Punto bianca derapare violentemente lungo la banchina, chiudendo la strada alla Mercedes SL blu, che svicola a destra e si infila lungo un ponte di cemento, le navi merci che sfilano alla sua destra, buie e vuote.
La Mercedes accelera, mentre la Punto continua a starle attaccata al posteriore quasi fino a sfiorarla. A circa trecento metri la banchina si riapre per tornare all'interno del porto, ed è sicuramente lì che il pilota girerà...
La Punto accelera, spostandosi a sinistra, e la Mercedes cerca di staccarla. Un attimo, e il muso della Punto tocca il posteriore della SL, facendola sbandare...
Xander guarda la scena con il cuore in gola, perché la banchina non ha alcuna protezione e ci vuole pochissimo per far cadere le auto in mare... Sembra quasi un videogioco, ed è conscio che molto spesso è lui a essere protagonista di azioni del genere, ma si rende conto che vederlo dall'esterno fa tutto un altro effetto...
La Punto sfiora ancora la Mercedes, che con uno stridore di gomme sbanda e senza via d'uscita imbocca la banchina alla sua sinistra, finendo dritta dritta sul pontile di una nave cargo ancora carica a metà. La Punto la segue, inchiodando all'ingresso per bloccarle la strada.
E' fatta.
Irina ha vinto.
<< E' incredibile! E' incredibile! >> continua a gridare il giornalista, eccitato, << Lo ha preso! >>.
Xander cambia canale solo quando vede sopraggiungere le auto della polizia e circondare la Mercedes, mentre gli agenti scendono puntando le armi contro il pilota mentre lo costringono a scendere dall'auto.
Spegne la tv, perché non ha voglia di sentire la voce del giornalista storpiare i fatti e approfittare della notorietà di Irina per fare share. Stiracchia il collo e getta un'ultima occhiata alla finestra.
Pensandoci bene, avrebbe fatto meglio a uscire, quella sera. Una birra con Jess in qualche locale e quattro passi sul lungomare, e non si sarebbe annoiato tanto. O forse sì?
Per come erano andate le cose, probabilmente avrebbe rivisto Irina la mattina dopo, forse alle sei, forse alle sette, o l'avrebbe direttamente trovata nel letto a dormire.
Sbuffa. E' al giro di boa: ha due settimane di congedo, prima di partire per quella missione in America Latina di cui gli ha parlato McDonall. E' ha casa da sette giorni, e ha quasi terminato l'enorme fascicolo preparatorio che doveva leggere prima di partire, cosa mai successa prima. Di solito si limita a svogliargli, ma nelle lunghe serate in attesa di Irina ha avuto tempo da occupare.
Si dirige in camera da letto, recupera il fascicolo e si mette a leggere.
Dubita di riuscire a rimanere sveglio fino al rientro di Irina.
Ore 23.00 – Stazione di Polizia
<< Da questo pannello puoi seguire le segnalazioni dalle varie volanti. Vedi? Quando ti stanno chiamando la spia si illumina di giallo >>.
Francis Howart, il poliziotto che normalmente svolgeva il turno di notte alla radio, le indicò un grosso pannello nero, sul quale c'erano diverse spie spente, contrassegnate dal numero di volante a cui si riferivano. Un grosso microfono campeggiava al centro del tavolo, proprio davanti alla faccia di Irina.
<< Premendo questo entri in contatto con chi ti sta chiamando, ok? >>. Howart le mostrò un tasto quadrato rosso. << Tienilo premuto mentre parli... Il resto dovresti sapere come funziona, no? >>.
Irina annuì, incerta. Sapeva esattamente cosa succedeva dall'altra parte della linea, cioè nell'auto di pattuglia. Di solito la sua posizione era invertita, e non era abituata ad avere a che fare solo con una specie di radio... Le sembrò stranamente asettico, come lavoro.
<< Se le volanti hanno bisogno di rinforzi, o di qualunque altra cosa, puoi usare il telefono e comunicare con me, che sono di sotto. Io invece ti passerò le informazioni se riceveremo una chiamata ai centralini che richiede un intervento, ok? >>. Francis le indicò la cornetta di un vecchio telefono a filo, di quelli che sembravano usciti dagli anni ottanta.
<< D'accordo. Penso di poterci riuscire >>.
Howart le diede una pacca sulla spalla, e la lasciò sola nella piccola stanza semibuia. Una grossa lampada illuminava la scrivania, e l'orologio digitale della radio che tenevano accesa a basso volume lampeggiava di verde.
Si sentiva un po' a disagio, in quella situazione, e non sapeva bene il perché. Era come se le pareti della saletta le incombessero addosso, e che qualcuno la fissasse per esaminare il suo operato. In piena notte non c'era quasi nessuno nel Dipartimento, ma le sembrava di essere tutt'altro che sola.
"Sto diventando paranoica... A nessuno importa di quanto in basso io sia caduta. A me prima di tutti".
Poi Irina scoprì ben presto che le notti di Los Angeles non erano tranquille, non quanto lo erano state fino a sei mesi prima. Iniziò a ricevere un paio di chiamate da Howart che le chiedeva di mandare tre volanti a controllare lungo l'autostrada un tir sospetto, e un'altra a mettere fine a una rissa in un locale sconosciuto a nord della città.
Verso le tre di notte, anche se stranamente non aveva alcun sonno, fece una pausa di una decina di minuti, prendendo un caffè alla macchinetta e passeggiando nei corridoi bui della stazione di polizia stranamente silenziosa.
Mentre rimescolava il caffè di pessima qualità nel bicchiere di plastica, si rese conto che tutto sommato stare lontana dal suo letto vuoto le faceva bene: si sentiva sveglia e vigile, un po' come quando era stata per strada. Il fatto che il resto del mondo dormisse, che vivesse la propria vita tranquilla, mentre lei invece era in piedi, a consumare le proprie notti in quel modo, le faceva pensare che fosse giusto così. Era comunque un modo per fare del bene alla città, soprattutto quando lei non era più in grado di fare il lavoro che svolgeva prima.
Tornò alla sua postazione, portandosi dietro una bottiglietta d'acqua e alzando leggermente il volume della radio. Avrebbe finito il turno alle sette, quindi aveva ancora molto tempo da consumare.
<< Ehi Irina... >>.
Howart la chiamò a voce bassa attraverso la cornetta del telefono.
<< Sto per addormentarmi, ok? >> disse l'uomo con la voce assonnata, << Facciamo quattro chiacchere, ti va? >>.
<< Ok >> rispose lei, sorridendo. Lo trovava buffo in certi frangenti, una specie di Max un po' meno giovane e senza alcuna nozione di motori.
<< Allora, ti sta piacendo? >> domandò Howart, soffocando un altro sbadiglio.
<< Bè, non è male >> rispose lei, con una scrollata di spalle, << E poi non credevo di reggere così bene le notti in bianco >>. Ticchettò con le dita sulla scrivania, osservando l'orologio digitale che segnava lo scorrere dei minuti.
<< E' strano sapere che sei dall'altra parte dell'ufficio, e non per strada >> disse Howart, << Non ti avevo quasi mai vista qui, prima. Non ti manca stare la fuori? >>.
Se Irina ne avesse avuto ancora la forza, si sarebbe arrabbiata. Tutti le facevano le stesse domande, tutti pensavano di sapere cosa era meglio per lei, tutti credevano che dovesse per forza tornare a essere quella di un tempo. Nessuno le chiedeva davvero cosa la faceva stare male, ma tanto lei non aveva il coraggio di confessarlo.
<< No, non mi manca più >> rispose lentamente, mascherando il fastidio dietro un tono scherzoso, << E poi sai cosa si dice in giro... Che io abbia perso la mano, con le auto >>.
Howart sbuffò.
<< Lo sappiamo che non è vero >> ribatté, << Forse qualcuno ha detto che ai perso smalto, ma ho anche sentito dire che hai spremuto la Gallardo così tanto da richiedere un doppio cambio gomme, nell'ultimo mese... >>.
Irina sorrise, per la prima volta da un po' di tempo. Era vero, aveva usato la Lamborghini, ma erano mesi che non toccava la Punto: quella era sempre stata la sua anima, la sua vera compagna di lavoro. Era lei a identificarla come Fenice.
<< Non sono più una pilota clandestina. Ho terminato la mia... >>.
SI interruppe, sentendo il telefono del centralino squillare, dall'altra parte della linea. Ascoltò Howart rispondere, poi lo sentì tornare da lei.
<< Chiedono un paio di volanti a Dalton Beach >> disse, << Pare ci sia un cadavere >>.
Irina si fece dare l'indirizzo preciso, poi afferrò la radio e si sintonizzò sulla linea corretta.
<< Volante 4 e volante 6, convergete su Marina Ave >> disse, << Segnalano il ritrovamento di un cadavere >>.
<< Centrale, qui volante 4. Andiamo >> rispose l'agente di turno. << Ci vorrà una decina di minuti >>.
<< Volante 6, siamo sulla strada >> aggiunse l'altra coppia di agenti.
Irina strinse le labbra, e mentre aspettava di avere notizie dai suoi colleghi, si ritrovò a ticchettare nervosamente con le unghie sul piano della scrivania. Ogni tanto gettava qualche occhiata all'orologio, mentre ripercorreva con la mente le sue notti, quelle dove lei era dall'altra parte della linea.
Cercò di scacciare dalla testa il pensiero di quando quella era la sua vita, una vita quasi perfetta, dove tutto sembrava scorrere lungo binari dritti e facili, dove rischiare la vita non era più in peso, dove ogni cosa sembrava avere senso. Ora c'era qualcosa che lo aveva ancora?
<< Centrale, siamo sul posto >>.
La voce proveniente dalla radio la riscosse.
<< Agente Everet, descrivi il luogo >> disse Irina, mentre nella sua mente prendeva lentamente forma un'immagine. Due volanti della polizia, con i lampeggianti accesi a illuminare la notte, di fronte a...
<< E' un edificio vecchio, sono case popolari >> descrisse Everet, << E' tutto spento, sembrano esserci pochi appartamenti occupati... >>.
Il palazzone alto prese forma davanti agli occhi di Irina, come uno dei tanti che lei stessa aveva perquisito. Sentiva il silenzio nelle orecchie, l'atmosfera di disagio, di povertà che aleggiava costantemente in quel quartiere.
<< Altro? >>.
<< No, centrale >>. Irina sentì in sottofondo la voce di una donna che gridava, forse la stessa che doveva aver chiamato la polizia. << Aspetta... Deve essere la ragazza che ha chiamato la polizia. Entriamo >>.
<< Bene >>. Irina strinse nuovamente le labbra, perché lasciare la questione così non le piaceva. << Appena avete notizie, fate rapporto >>.
La comunicazione venne chiusa, e Irina rimase a fissare i tasti della radio, mentre aspettava di sapere qualcosa in più. Scosse il capo; era frustrante, ma tutto sommato capiva di non essere più pronta, ad affrontare la strada. E poi lei non andava in giro a sedare risse, a presidiare posti di blocco o a controllare i ragazzi fuori dalle discoteche, tanto meno aveva trovato cadaveri, nelle sue uscite. Lei aveva un solo compito: catturare i criminali quando scappavano, e semplicemente non aveva più voglia di farlo.
Ci volle più di un'ora, prima di risentire qualcuno. Nel frattempo, Howart venne da lei un paio di volte, a vedere come stava, portandole un caffè, e lei fece andare mettere fine a un'altra rissa a Redondo Beach dalla volante 1.
Alla fine, Everet si fece vivo nuovamente alla radio, nel momento esatto in cui Irina iniziò ad avere un po' di sonno.
<< Centrale, qui Everet >>.
<< Ti ascolto >>.
<< Abbiamo accertato che si tratta di omicidio con arma da fuoco, probabilmente hanno usato un silenziatore >> spiegò, asciutto, << Non ci sono segni di furto, né di scasso, ma qualcuno di colluttazione. La donna che ha chiamato la polizia ha riferito di non aver sentito la vittima dal pomeriggio di ieri, dovevano vedersi, così è passata da casa. Dice di essere la fidanzata. L'abbiamo posta sotto custodia cautelare, ma dubito che sia stata lei >>.
<< Avete notizie sulla vittima? >> chiese lei, curiosa.
<< Sì, è un uomo di circa trentacinque anni, americano. I documenti che portava addosso e la ragazza ci confermano che si tratta di Jim Witman >>.
Irina si sbloccò, mentre i suoi occhi rimanevano incollati ai tasti rossi della radio. Stupefatta, afferrò il microfono e sussurrò: << Ripetimi il nome, per favore >>.
<< Jim Witman. Lo conosciamo già >> ripetè Everet.
Irina rimase qualche secondo immobile, senza sapere bene cosa pensare. Witman era stato scarcerato, e di sicuro non era diventato un cittadino modello, nonostante fosse uscito in anticipo per buona condotta... Ma farsi ammazzare? Per cosa, poi?
<< L'area è sotto sequestro >> aggiunse Everet, << Rientriamo in centrale >>.
<< Bè, per essere la tua prima nottata, c'è stato un sacco di movimento, no? >>. Howart era appoggiato alla porta dell'ingresso, un sopracciglio inarcato, mentre Irina recuperava la sua bottiglia vuota d'acqua e la gettava nel cestino, alzandosi per andarsene.
<< Movimentata? Ho le gambe anchilosate... >> ribatté lei, uscendo dalla saletta, mentre sentiva di sotto le voci degli agenti che entravano per il primo turno.
<< Dai, due risse e un omicidio sono già qualcosa >> disse Howart, mentre la accompagnava lungo il corridoio, << E' poi l'hai gestita bene, no? >>.
Irina assunse un'espressione dubbiosa, mentre si infilava la giacca, sbadigliando. Cosa c'era da gestire? Bastava premere un pulsante, parlare e riferire. Non le sembrava così difficile.
<< Se lo dici tu... Ci vediamo stasera, giusto? >> domandò.
<< Sì >>. Howart si produsse in uno sbadiglio enorme, e fu la sua volta di inarcare un sopracciglio. << Ah, sappi che non ti abituerai mai alle notti in bianco, ok? >>.
<< Ok... >>.
Lo salutò e percorse le scale, diretta al pian terreno, quando passò davanti alla saletta degli interrogatori. Dentro, seduta di fronte a un Senderson perplesso, c'era una ragazza dai capelli rossi, con una spruzzata di lentiggini sul volto, che aveva un'aria familiare. Irina si fermò, osservandola per qualche istante, certa di averla già vista. Doveva essere la ragazza di Witman, e lei era certa di averla già incontrata anni prima, quando c'era ancora la Black List.
<< Aveva dei conti in sospeso con qualcuno? >> stava domandando Senderson, mentre la ragazza si asciugava le lacrime con un fazzoletto stropicciato, << Qualcuno che poteva volerlo morto? >>.
<< No >> rispose la ragazza, singhiozzando.
Senderson sembrò perdere la pazienza, e Irina capì che doveva essere lì già da un po'.
<< Avanti, sappiamo benissimo che sia tu che Witman avete dei precedenti penali non indifferenti >> ringhiò, << Non ha senso fare finta che stavate conducendo una vita da bravi cittadini americani... Non è il primo pilota clandestino che troviamo questo mese, e sinceramente non mi interessa molto del perché il tuo ragazzo si sia meritato una pallottola in testa, ma se c'è un pazzo che ammazza la gente, devo prenderlo, quindi devi dirmi se avevate qualche conto in sospeso con qualcuno, qualche affare andato male... >>.
La ragazza scosse nuovamente il capo.
<< La sera prima aveva fatto una gara, ma aveva perso >> rispose, << Non credo che... >>.
A quel punto, la rossa alzò lo sguardo e la vide. I suoi occhi vacui la fissarono per qualche istante, mentre anche lei la riconosceva, probabilmente. E in quello sguardo, per la prima volta da tanto tempo, Irina rivide il suo passato.
Senderson si sporse appena, per capire cosa stesse guardando la ragazza. Un attimo dopo, le sue labbra si piegarono in una mezza smorfia.
<< Agente Dwight... Vieni avanti, forse tu puoi aiutarci >>.
Lentamente, Irina si avvicinò alla porta, gli occhi della ragazza che non si staccavano da lei. Lesse dentro di loro prima la consapevolezza, poi il disprezzo.
<< Traditrice >> fu la sola parola che pronunciò la rossa, e Irina rimase in silenzio.
Per qualche istante, solo il silenzio fece da sottofondo a quella scena. Poi fu Senderson a romperlo, muovendosi sulla sedia.
<< Usa la tua lingua per aiutarci, non per insultare >> ribatté.
La rossa continuò a guardarla, e Irina sentì fremere qualcosa dentro di lei. Forse rabbia, per quell'insulto; forse dolore. Non lo seppe mai.
Senza staccare gli occhi dalle iridi vacue della rossa, Irina parlò.
<< Un pilota clandestino sconfitto non regola i conti in questo modo >> disse, << Non uccide a sangue freddo il proprio avversario. Se lo vuole morto, lo ammazzerà in una corsa di auto. Non c'entrano le gare, in questo omicidio, e lei lo sa meglio di noi >>.
Guardò Senderson, e lui alzò un sopracciglio.
<< Bene, quindi? >>.
<< Quindi Witman doveva aver fatto andare male qualche affare, tutto qui >> rispose Irina, poi si accorse dello sguardo del suo capo. Fremette e si allontanò. << Ma non è mio compito, fare indagini >>. Girò i tacchi e se ne andò, lasciando Senderson al suo interrogatorio.
Mezz'ora dopo, correva lungo la strada statale verso nord a bordo dell'Audi TT nera, le mani strette sul volante e lo sguardo fisso. La sua prima notte da addetta radio era stata piuttosto strana, e lei aveva solo una persona con cui voleva parlare, in quel momento.
Depositò sulla tomba di Xander un mazzo di fiori azzurri, il cielo chiaro della mattina più limpido del solito. Si abbassò sulle ginocchia e puntò gli occhi sulla lapide, sospirando.
<< Sono ridicola >> mormorò, << Sono ridicola Xander. Finché sei stato qui non ho mai voluto abbandonare la strada, e ora che non ci sei faccio esattamente quello che volevi: ho premuto il freno. Non trovi che tutto questo sia quasi comico? >>.
Solo il cinguettio di un uccellino lontano le rispose, mentre lei scuoteva il capo, un brivido che le correva lungo la schiena.
Era tutto sbagliato. Era sbagliato il fatto che lui fosse morto, e che le si trovasse lì a parlare da sola di fronte a una fredda pietra; era sbagliato il fatto che fuggisse dalla strada ma che nonostante tutto la strada la seguisse; era sbagliato il fatto che lei si sentisse in colpa, nonostante tutto quello che era riuscita a fare.
<< Perché tutto questo doveva succedere a me? >> domandò a voce bassa, << Perché? Non avevo già dato abbastanza? >>.
In quel momento, l'unica cosa che voleva fare era piangere, versare tutte le lacrime che poteva, sperando che ciò lenisse il suo dolore, eppure i suoi occhi rimasero asciutti. Non le sarebbe servito a niente. Non poteva fare altro che trascinarsi, sperando di poter dimenticare tutto, un giorno.
Si rimise in piedi e lasciò il cimitero, diretta a casa. Era assurdo come il sonno le fosse passato, come se non avesse mai lavorato tutta la notte. Tornò a casa solo per fare una doccia, cambiarsi e buttare nello stomaco qualcosa da mangiare, giusto per placarne il brontolio.
Forse avrebbe potuto trovare altro da fare, magari andare da Max, o fare un salto da Jenny, ma l'unico istinto che ebbe fu quello di tornare alla stazione di polizia e riprendere il suo lavoro di archivio. Quando Senderson la vide ripassare lungo il corridoio la fermò, sorpreso.
<< Che cosa fai qui? Non sei andata a dormire? >> le domandò.
Irina si scostò e gli rivolse un'occhiata.
<< Ho bisogno di fare qualcosa >> rispose seccamente, << Qualunque cosa, basta che io non stia ferma >>.
Tornò nel suo ufficio e prese possesso della scrivania, mentre Senderson la seguiva. Molto probabilmente doveva pensare che stesse impazzendo, che ogni giorno che passava la sua salute mentale peggiorava sempre di più, ma non le importava. Voleva solo togliersi dalla testa il pensiero di essere inutile e di non avere più nulla per cui valesse la pena di vivere.
<< Non ha senso quello che stai facendo >> la rimproverò Senderson, << Stanotte dovrai essere di nuovo qui, e dovrai essere in forma. Non voglio che ti addormenti sulla radio, ti è chiaro? >>.
Irina alzò lo sguardo sul suo capo, senza esserne minimamente intimorita. Adottava quel tono quando voleva essere molto, molto convincente, e lei aveva imparato cosa voleva sentirsi dire.
<< Stanotte sarò qui e sarò pienamente operativa >> rispose a voce bassissima, << Non arrecherò disonore al suo dipartimento facendomi trovare riversa sulla scrivania... Mi sono già resa ridicola a sufficienza >>.
Negli occhi di Senderson passò un lampo, un lampo che Irina non riuscì a decifrare. Sì, molto probabilmente stava impazzendo, e se ne stavano accorgendo un po' tutti. Viveva isolata, bloccata in una condizione da cui non riusciva a smuoversi, e non riusciva più nemmeno a gestire i rapporti umani...
<< Non ti fa bene tutto questo, Irina >> disse il suo capo, prima di lasciare l'ufficio e lei da sola.
Passò la sua mattinata a mettere a posto faldoni di carta, a protocollare cartelle e a trasportare dossier, tanto che a ora di pranzo non rimaneva più nessuna pratica di infrazioni al codice della strada arretrata nell'intero dipartimento di polizia. Si sentì soddisfatta solo quando almeno la sua scrivania tornò a essere libera dalla carta; a quel punto si infilò la giacca e fece per andarsene.
Solo allora, il telefono sulla sua scrivania squillò e lei rispose contro voglia.
<< Stai uscendo? >> domandò Senderson.
<< Sì >>.
<< Allora passa un attimo prima da me >>.
Irina raggiunse Senderson nel suo ufficio, trovandolo seduto dietro alla sua scrivania a fissare un plico di fogli, dubbioso.
<< Ho l'aggiornamento al tuo contratto >> disse solo.
Lei si avvicinò, e Senderson le porse la documentazione, con in cima il logo della polizia di Los Angeles.
<< Sarai inquadrata come impiegata amministrativa >> aggiunse, con una mezza nota di disgusto.
Irina lo guardò, inarcando un sopracciglio. Lo faceva apposta, a essere schifato; avrebbe continuato quella stupida tattica fino a che ci fosse stata la minima possibilità che lei potesse cambiare idea. D'altronde tutti sapevano quanto era stoico, quando voleva qualcosa.
<< Mi dia una penna, per favore >> disse Irina, tranquilla.
<< Dovrai riconsegnare la pistola d'ordinanza >> ribatté Senderson, mentre lei avvicinava la biro al foglio.
Irina gli rivolse un'occhiata. Con deliberata lentezza lasciò la penna sul tavolo, tornò nel suo ufficio, aprì il cassetto centrale della sua scrivania e tirò fuori la calibro 9. Un attimo dopo la posava davanti a Senderson.
<< Non potrai guidare la Gallardo >> aggiunse l'uomo, mentre Irina si accorgeva che la penna che aveva lasciato sul ripiano era sparita.
<< Lo so >>.
<< Non hai l'autorizzazione a fare nessun tipo di inseguimento >>.
<< Ne sono consapevole >> ribatté Irina, irritata, << Mi da quella penna, per favore? >>.
Senderson sembrò esitare, poi le porse la biro blu e Irina iniziò a firmare un foglio dopo l'altro, senza stare a guardare troppo le pagine. Erano settimane che voleva formalizzare quella cosa, mettere un punto fermo al suo ruolo in quel dipartimento e finalmente dover smettere di sopportare le frecciate di Senderson. Ora non poteva più rinfacciarle nulla.
Appoggiò la penna sul ripiano di legno e con soddisfazione guardò il suo capo.
Adesso la sua carriera da agente operativo era finalmente terminata.
<< Dove troverò un altro in grado di fare il tuo stesso lavoro? >> domandò Senderson, a voce bassa, come se finalmente anche lui si fosse rassegnato alla sua decisione.
<< Lei lo ha sempre detto: per prendere un criminale, ci vuole un altro criminale >> rispose Irina, ma nella sua voce non c'era alcuna nota accusatoria, nessun risentimento, << Forse ha ragione. Il mondo è pieno di criminali, magari ce n'è uno disposto a convertirsi e a diventare un poliziotto. O forse, molto più semplicemente, c'è un bravo agente da qualche parte che può sostituirmi. Il mondo è pieno di agenti meritevoli >>.
<< Forse non è così vero >> ribatté Senderson, << Ma ormai è fatta. Non credevo arrivassi a tanto, ma posso sbagliare anch'io. E' stato bello lavorare con te >>.
Irina annuì, e gli porse la mano in un gesto di pacificazione. Lui la strinse, ma nemmeno in quel momento si sentì più tranquilla: anche se aveva messo la parola fine alla sua carriera, qualcosa ancora in lei non andava.
<< Anche a me è piaciuto lavorare con lei >> disse.
<< Non mentire >> rispose lui, << Hai perso la maggior parte delle domeniche della tua vita, a causa mia >>.
<< Avrò tempo per recuperarle tutte >>.
Con un'ultima stretta di mano, Irina lo salutò e uscì dall'ufficio, il contratto tra le mani che sembrava pesare come un macigno.
Un ora dopo era in viaggio verso Oxnard, la TT che correva tranquilla lungo la superstrada, e suo padre Todd seduto al posto del passeggero, stranamente silenzioso.
Sapeva che avrebbe dovuto seguire il consiglio di Senderson e andare a casa a dormire, ma era certa di non riuscirci. Era andata a prendere suo padre e aveva deciso di andare a trovare Tommy, suo nipote. Erano settimane che non lo vedeva, e l'aveva sentito solo per telefono.
Si accorse di una certa tensione, nella posizione di Todd. Con la coda dell'occhio lo osservò, notando che sembrava essere ingrassato un po', e che la rosa di capelli mancanti sulla sua testa sembrava più ampia.
<< E' tutto ok? >> domandò.
<< Abbastanza >> rispose Todd.
<< Il lavoro? >>.
Todd sospirò, guardando fuori dal finestrino.
<< Il ristorante ha qualche problema >> rispose, << I clienti sono diminuiti... >>.
Irina superò un grosso camion con rimorchio.
<< Come mai? >> domandò.
<< Gira brutta gente ultimamente, da quelle parti >> rispose Todd, quasi sconsolato.
Irina sapeva che la zona in cui si trovava il ristorante dove lavorava suo padre, nei pressi di Inglewood, non era mai stata particolarmente chic o famosa per i locali alla moda, ma non c'erano mai stati nemmeno problemi di criminalità, almeno fino a che... Aveva lavorato lei.
Sospirò.
Possibile che in qualche modo tutto quello che stava accadendo in quel momento sembrava direttamente o indirettamente collegato a lei?
<< Mi dispiace >> disse lentamente, << Magari è solo una cosa passeggera. E' anche finita la stagione estiva... >>.
<< Sì, può essere >> si affrettò a dire Todd, come se si fosse improvvisamente reso conto che non voleva parlare di quell'argomento. << Tu, sul lavoro come sta andando? >>.
Con un'alzata di spalle, Irina gli raccontò delle sue nuove mansioni e della prova radio, cercando di fargli capire che era soddisfatta della sua condizione. Sapeva che suo padre era preoccupato per lei, che esattamente come tutti gli altri stava pensando che forse aveva bisogno d'aiuto, ed era anche quello che in qualche modo aveva rispettato il suo dolore meglio degli altri: non le aveva quasi mai chiesto di Xander. Forse ricordava troppo bene quello che lui aveva provato alla morte della moglie e della madre di Irina.
Gli era stata grata, per quello: un po' perché aveva contribuito ad anestetizzare il suo dolore, un po' perché, nonostante gli anni, Xander e Todd non avevano mai avuto un buon rapporto. Todd lo aveva sempre guardato con timore, e Xander aveva continuano a disprezzarlo, nonostante il profondo cambiamento che aveva messo in atto.
Xander non era mai stato incline al perdono, in ogni situazione, e lei lo aveva imparato.
Fu mentre uscivano dalla superstrada, che Irina notò una grossa Chrysler 300 grigio scuro seguire la TT lungo la corsia di decelerazione. Le saltò all'occhio perché aveva i vetri completamente oscurati, e lei aveva imparato che era illegale non lasciare a vista il volto del conducente. Se fosse stata in servizio, avrebbe dovuto fermarla.
La Chrysler svoltò a destra, mentre lei proseguì a sinistra, fino al centro di Oxnard.
Il Tommy che Irina trovò in piedi davanti all'ingresso ad aspettarla eccitato e fremente era molto diverso da quello che aveva lasciato settimane prima: sembrava incredibilmente cresciuto, con i capelli scuri diventati riccioli e gli occhi curiosi e illuminati. Però fu un balsamo per l'animo di Irina, che sentì la tensione scemare per un po', di fronte all'entusiasmo di Tommy per la scuola e il corso di calcetto che stava facendo.
<< Sai zia, l'altro giorno a scuola abbiamo fatto un tema >> le spiegò, mentre sotto gli occhi di Sally e Dominic, entrambi ingrassati ma decisamente sorridenti e tranquilli, << La maestra ci ha chiesto di raccontare di una persona della nostra famiglia... E io ho parlato di te! >>.
Irina sorrise, mentre le mostrava il quaderno dei compiti, e lei ricordava con quanta fatica avesse imparato a parlare; ora non stava zitto un attimo, forse per recuperare il tempo perduto.
<< Ho detto che fai la poliziotta, e che sei fortissima con le macchine! >> continuò Tommy, mentre mostrava i suoi progressi scolastici anche al nonno Todd, << E Samuel non mi credeva! E' vero che un giorno mi vieni a prendere a scuola con la tua macchina e gli facciamo fare un giro? Ha detto che sono un bugiardo, che... >>.
Deliziata, Irina ascoltò le chiacchere di suo nipote, rendendosi conto che aveva sbagliato a non venire a trovarlo più spesso, ultimamente: solo lui riusciva a distrarla in quel modo, a staccarla dal dolore sordo che non la abbandonava mai.
<< Forse un giorno ti verrò a prendere, ok? >> rispose Irina, sedendosi sul divano mentre Sally serviva da bere, << Però devi promettermi che continuerai ad andare bene a scuola, come stai facendo ora... A proposito, qual è la tua auto preferita? >>.
<< Non mi piacciono le auto >> rispose Tommy, con una scrollata di spalle, << Mi piacciono gli aerei >>.
Irina rimase di sasso, mentre Dominic le si sedeva accanto, la stempiatura sulla sua testa che si era fatta più ampia. Le diede una pacca sulla spalla, prima di scoppiare a ridere insieme a Sally e Todd.
<< Ti sembrerà strano, ma non ama le auto >> disse, << Per fortuna non ha ereditato il nostro gene. Il tuo gene >>.
Suo malgrado, Irina sorrise. Per certi versi, era contenta di quella cosa.
Almeno Tommy si sarebbe salvato dalle corse clandestine.
Spazio Autrice
Mi perdonerete, ma come state vedendo "l'avvio" di questa storia è un pò lungo, semplicemente perchè credo sia necessario delineare bene la situazione di ogni personaggio.
Qui, forse come qualcuno si aspettava, ritroviamo Xander, e non sarà l'ultima volta. Di lui devo raccontare ancora qualcosa.
Se avete voglia, lasciate un commentino, io sono qui per sapere cosa ne pensate.
A presto
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