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II



Che quella giornata sarà una merda, Manuel lo capisce prima ancora di scendere dal letto, con le occhiaie fino ai piedi e la vergogna per il modo in cui ha trascorso la notte precedente ancora attaccata addosso.

L'alterco del giorno prima trasformato in materiale per un lurido soliloquio con la sua mano potrebbe essere il punto più basso mai raggiunto e l'immagine è tanto fastidiosa da tormentarlo anche sotto la doccia gelata alla quale si costringe per svegliarsi del tutto.

Prova a cambiare il focus ma a Simone ci pensa pure mentre non riesce ad annodare la cravatta come fa ogni santa mattina o quando brucia la frizione della macchina appena messa in moto.

Si sente impazzire con quegli occhioni enormi fissi in testa, come tutte le situazioni in cui il piccolo ha cercato approvazione puntandoli nei suoi che invece non hanno sprecato mai nulla più di uno sguardo di sufficienza quando veniva bene e di disprezzo nel resto dei casi.

Non gliene frega nemmeno quando, per la prima volta in dieci anni, si presenta al lavoro in ritardo.
Che il percorso del bus non è più quello che ricordava, le fermate sono cambiate e lui si è ritrovato a piedi a diversi isolati dalla sede del Giornale a darsi dell'imbecille da solo.

Chicca, la fedele segretaria che lavora lì da tempo, a stento ha alzato la testa per borbottare un "'giorno" senza sentimento e nel solito bicchierino di caffè che gli lascia sulla scrivania non ha messo manco una zolletta di zucchero, offrendogli così una brodaglia amara e bollente che gli corrode gli intestini.

Manuel si imbroncia, la manda mentalmente a quel paese e - dopo un fugace sguardo verso l'ufficio di Balestra S. rimasto vuoto - striscia fino alla postazione della ragazza.

"Il caffè era amaro" esordisce col suo solito sorriso sghembo a cui sa che l'altra non riesce a resistere.

L'espressione rimane distaccata mentre continua imperterrita a battere a macchina dietro i suoi grandi occhialoni a punta dalla montatura pece.
"Ringrazi che non era avvelenato, signore."

Ecco, forse oggi il sorriso non è proprio la sua arma migliore.

Non è abituato Manuel a questa freddezza, né al silenzio che si protrae nel corridoio e interrotto solo dal cigolio meccanico dei tasti premuti.

Che a volte si è lamentato delle chiacchierate da un lato all'altro dell'ambiente fra Simone e la ragazza, rimproverando il primo per il suo perdere tempo sul lavoro e evitando lo sguardo severo della seconda dopo tali sfuriate.
Ma adesso - privato di quei dialoghi che erano diventati parte del suo quotidiano - pensa che alla fine non gli dispiacevano poi tanto.

Magari anche per lei è la stessa cosa.

"Che c'è? Te rode perché hai perso l'amichetto del cuore?"
E la domanda viene fuori malissimo, sia nei modi sia nei toni, Manuel se ne rende conto nel momento esatto in cui la pone e Chicca smette di battere a macchina per sollevare lo sguardo verso su.

Sfila le lenti con gesti ampi e cadenzati che servono solo ad alimentare il nervosismo dell'altro e lo fissa con una delusione negli occhi che lui raramente le ha visto.

"Proprio non ce sai sta cinque minuti senza fa il cretino."
Manuel lo sa che in fondo ha ragione, eppure ci rimane male lo stesso, che lei è una delle poche ad averlo protetto sin dal principio, quando era appena arrivato qui pieno di idee e energie, ma senza uno straccio di esperienza, in balia di una bestia di capo redattore che-

Gli occhi gli bruciano tanto che li spalanca.

"Io con Simone mi trovavo bene" continua a parlare Chicca non facendo caso alla sua crisi incipiente "mi piaceva perché mi ricordava te prima che il potere ti desse alla testa..."

Ci ha messo un mese e qualche giorno Manuel, ma finalmente è arrivato alla poco sorprendente scoperta di aver fatto a Simone le stesse identiche angherie che qualche stronzo negli anni addietro ha fatto a lui.

"...prima che diventassi tu lo stronzo."

Appunto.

Ha talmente tanta fretta di uscire dall'edificio, di infilarsi su un autobus sgangherato o correre a piedi, tutto pur di impedire a Simone di accedere in quella trappola dove lui stesso - comportandosi di nuovo da pezzo di merda - l'ha mandato, che all'inizio neanche si accorge del richiamo del direttore dal fondo del corridoio.

E' Chicca a farglielo notare, posandogli una mano delicata sul braccio e ridestandolo.
"Te conviene annà dar vecchio" mormora a denti stretti "sennò chi so sente."

E lui, come un condannato al patibolo ci va, perché "la questione è seria" e riguarda proprio il caso della ragazza uccisa di cui si occupa Simone.
Manuel ancora deve entrare bene nella stanza e già sente tanfo putrido di inchiostro e vergogna a corrodergli le narici.

Si appoggia sulla punta della poltrona del tavolo ovale, quasi che ad accomodarsi del tutto finirebbe per sprofondare senza possibilità di risalita su quella seduta che per tanto tempo gli è parsa qualcosa a cui anelare e che ora invece schifa con ogni fibra del suo corpo.

Il direttore spiega a lui e ad altri colleghi che la vicenda ha implicazioni più gravi di quanto possa sembrare.

La storia del comunistello capro espiatorio va spinta a tutti i costi - dice - adoperando ogni potente mezzo che la propaganda offre per convincere l'opinione pubblica e bisogna farlo in fretta, prima che il nome del vero assassino venga fuori.
Che ad una settimana dalle elezioni la Destra Nazionale non può proprio permetterselo di avere un omicida fra i suoi candidati.

"So che hai detto a quello nuovo di indagare per conto nostro" si rivolge poi a Manuel il quale nel frattempo vorrebbe solo vomitare "hai fatto bene a mandare lui, Ferro... credo sia l'unico a cui non spaccherebbero la testa" ride scambiandosi occhiate d'intesa con gli altri attorno al tavolo che annuiscono "anzi!, forse riesce pure ad ottenere qualcosa in più... con quel culo che ha, perfetto per-

Nessuno lo saprà mai per cosa lo è.
Prima che la frase giunga a compimento, Manuel si ritrova già in piedi e con il sangue del naso spaccato del vecchio porco sulla sua mano chiusa a pugno.

Sta ancora sentendo il dolore prendere possesso delle nocche, non più abituate ormai a questi gesti violenti, quando comincia a scappare dal grande ufficio come se ne andasse della vita.

Passa davanti la scrivania di Chicca e le rassegna le dimissioni più rapide della storia alle quali la ragazza replica con un sospirato "lo sai che verrò via con te, vero?" prima di informarlo cupa che "Hanno chiamato dall'ospedale qui vicino. Riguarda Simone. Lui è-"

E Manuel - coll'ansia ad intrecciargli lo stomaco - non la sta ascoltando già più e scappa a tutta velocità verso la meta designata.
Pensava di avere tempo, di poterlo fermare prima che fosse troppo tardi, ma a quanto pare non è così.

Si dà del coglione un numero esagerato di volte e immagina tutti gli scenari peggiori di questo mondo mentre sale le infinite scale della struttura per raggiungerne la sala d'aspetto.

La paffuta infermiera alla reception non vuole dirgli come sta il paziente di suo interesse e lui è a tanto così dal fracassarle una barella in testa quando un "Manuel?" riecheggia nel corridoio e gli paralizza le membra.

E' intero, in piedi ed è soprattutto vivo Simone che, con un brutto livido sullo zigomo sinistro e un polso fasciato, lo scruta perplesso.

In due falcate Manuel gli è addosso.

Lo stringe piano dai fianchi inaspettatamente morbidi, passando su per il busto, il collo e infine al viso bellissimo che avvampa al contatto.

"Ma che cazzo t'hanno combinato sti stronzi?" e - per colpa mia - pensa, ma non dice, muovendo con lentezza le nocche sul segno violaceo e gonfio come a poterlo cancellare così, sfiorandolo appena.
Simone scuote la testa leggermente, apre la bocca per replicare e-

"E me lo potevi dire che sei il fidanzato suo! Giovanotto io sono moderna... Non mi scandalizzo mica!"

La donna, da dietro il cunicolo in cui è stipata, mette poi su un'espressione divertita e Manuel al pensiero di esser stato preso per il ragazzo di Simone si sente onorato e immeritevole assieme.

"Bel fidanzato di merda te sei trovato, Balé..." mormora affranto fissandolo negli occhi "uno che ti manda a farti menare solo per scrive n'articoletto del cazzo! 'Nce se crede allo stronzo che so diventato... tu non dovresti manco guardarmi in faccia adesso per quello che t'ho fatto..."

Il groviglio di questi sensi di colpa in cui è incastrato fino a soffocare lo spinge quasi ad inginocchiarsi e implorare un perdono che mai ha sentito così necessario e voluto.

Simone lo ferma per tempo tirandolo per un braccio.

"Signore" sorride appena "mi dispiace deludere il suo ego smisurato, ma non dipende da lei se sono finito in ospedale stamattina..."
"...come no?"
"L'ha aperta lei la buca nella strada che mi ha fatto volare giù dalla bici?"
"La buca nell- no! Io non-"
"E allora non ha colpe" conclude sereno davanti alla faccia imbambolata dell'altro "ho chiamato in ufficio solo per avvisare Chicca."
"E- e il raduno? Quello degli estremisti?"

Un broncio adorabile si fa strada sul volto del più piccolo "io avrei evitato in realtà, ma se lei vuole che vad-"
"No! No!" e nell'urgenza di farglielo sapere, nel terrore ancora raggelante per quello che sarebbe potuto accadere, Manuel se lo preme addosso posando il viso sul suo collo niveo e iniziando a balbettare parole sconnesse.
"Signore se mi parla nella camicia non la capisco..." ridacchia provando senza troppa convinzione a liberarsi dall'abbraccio.

"Ho detto che sei un imbecille" chiarisce allora Manuel muovendo di poco la testa e ignorando le sue lamentele "quando hanno chiamato dall'ospedale mi veniva un pianto isterico: che in un mese con me non m'hai dato retta manco una volta... manco una!" e quasi gli cieca un occhio con l'indice che alza "ma giusto oggi dovevi cambiare idea e andare a farti corcà de botte da quegli esaltati!"

"E invece ha visto?" lo rassicura Simone stringendogli una mano "Anche stavolta sono stato disobbediente, signore..."

Manuel non lo sa se è il delirio del momento a farglielo immaginare o se davvero gli occhi enormi che ha davanti sono meno angelici di quanto crede, ma aggiunti al tono provocatorio della frase e all'espressione furbetta, sembrano comunicare una sola cosa.

"Questo- uhm... potrebbe essere un problema per te" ribatte con la voce più ferma che riesce a tenere "o no, Simone?"

E Simone, capo inclinato di lato e sguardo confuso, "beh no..." sussurra rimanendo vicinissimo al suo viso "le informazioni che servivano le ho avute comunque e l'articolo l'ho scritto."

Ah, l'articolo.

"Come- come le hai avute?" chiede allora cercando di distogliere gli occhi dalle labbra schiuse del piccolo e accantonare i pensieri impuri appena fatti.
"Per altre vie."

Una tonnellata di mattoni gli precipita sulla testa assieme a queste tre parole e se non fosse per la mano saldamente ancorata alla sua, avrebbe già lasciato la presa.

"L'avvocato dello studente è il mio migliore amico" spiega Simone, e lui - nello shock della notizia - torna perlomeno a respirare "gli ho fatto delle domande ieri sera e mi ha fornito una serie di dati che attestano chiaramente l'innocenza dell'assistito e la colpevolezza di un amico di famiglia che-"

La voce si incrina mentre porta gli occhi in quelli di Manuel che continua a fissarlo immobile.
"Ma lei queste cose le sapeva già, è vero?" domanda con una risata amara "lei-"
"Io l'ho scoperto stamattina!" e lo ripete due volte di fila perché vuole a tutti i costi che l'altro si fidi "l'ho scoperto quando quel vecchio de merda m'ha trascinato nel suo ufficio del cazzo per farmi la solita predica su cosa scrivere e cosa no... ero sconvolto quanto te e non ci ho messo niente ad andarmene da lì e venirti a cercare! Mi devi credere!"

"Cosa gliene importa se io le credo o no... tanto l'articolo non lo manderà comunque in stampa."
"Hai ragione su questo... non posso proprio farlo."
Tutta la luce che c'era negli occhi di Simone viene strappata via in un attimo e stavolta è lui a staccarsi per quanto Manuel provi a trattenerlo.

E' solo quando lo vede allontanarsi che comincia a sbraitare nel bel mezzo della sala d'aspetto "mi sono licenziato! Ecco perché non posso!" ammette esasperato "Li ho mandati a fanculo, lo capisci? Non mi interessava più stare là... volevo solo andarmene via con te!"

Simone in un attimo è tornato sui suoi passi.

"Con me?" ed è incredulo nel domandarlo "lei con me?"
"Si! Io con te..." ripete portandogli un palmo sul viso e carezzandolo ancora e ancora "e con le tue polemiche continue, l'ossessione per l'ordine, le mani grandi che mi mandano fuori di testa e questi occhi enormi e buoni che dal primo momento avevo già capito mi avrebbero incasinato..."
"Signore, lei-"
"Tu, dammi del tu per carità!" bofonchia "che ogni volta che mi chiami così lo so solo io cosa mi scateni..."

La risata imbarazzata che segue a questa confessione inattesa lo fa vergognare ulteriormente e sta già per scusarsi, ammettere con una timidezza che non gli è propria di aver esagerato, ma Simone non gliene dà tempo.

Con la mano che titubante scende di nuovo a stringere la sua e gli occhi bassi "perché io?" chiede insicuro "lei il primo giorno ha dett- tu, tu il primo giorno hai detto che sono troppo fissato con l'etica e che così facendo lì dentro non sarei arrivato da nessuna parte..."

"Appunto!" conferma Manuel prendendogli il mento che trema appena "lì dentro... In quel posto di merda nel quale sei arrivato come una manna dal cielo per tirare fuori anche me che stavo precipitando senza nemmeno accorgermene" confida puntando lo sguardo nel suo "Simone, io ti non posso promettere che quell'articolo vedrà la prima pagina di un quotidiano altrettanto seguito, ma farò di tutto per farlo diventare di dominio pubblico. A costo di dovermelo aprire io un giornale solo per portare te e la tua meravigliosa penna sopra. Va bene?"

E Simone annuisce, si stringe ancora di più a Manuel e decide di fidarsi, che tanto ha capito che l'altro se vuole qualcosa trova sempre il modo di ottenerla, solo spera stavolta con metodi puliti e legali.

L'articolo alla fine in stampa ci va lo stesso, presso un quotidiano non così noto, ma comunque in grado di creare lo scandalo necessario per smuovere l'opinione pubblica e influenzare le elezioni imminenti.

A Simone, che voleva solo rendere giustizia allo studente e onorare la ragazza, tutto ciò è interessato ben poco.

Di questioni del genere non ha più voluto saperne, se non come lettore di giornali meno schierati o come autore di vendutissimi saggi o romanzi politici per l'unica casa editrice alla quale ha deciso di votarsi.

Il profumo di libri nuovi che lo avvolge all'ingresso della Manuel&Simone associati lo fa sorridere immediatamente e le scale che conducono al primo piano le percorre due alla volta tanta è la fretta di arrivare.

Saluta con un abbraccio rapido Chicca che sta andando via e si infila silenzioso nella stanza socchiusa dell'editore il quale, testa bassa e capelli che sparano da tutte le parti, non si accorge della sua presenza.

Simone allora ne approfitta e - ritenendo il gesto estremamente simpatico - decide di sbattere l'anta con forza e guardare poi cosa succede.

All'altro quasi gli parte la sedia da sotto le gambe per lo spavento e, senza neanche alzare gli occhi, ha già capito chi è il cretino che si intrattiene con certi scherzi idioti.

"Sono tre anni che ti dico di smetterla con sta stronzata e non m'ascolti mai!" sibila infatti infastidito piegandosi poi a recuperare qualche foglio perso durante il brusco movimento.

Come se niente fosse riprende a lavorare ignorando Simone che, fermo contro la porta, si acciglia e sbuffa sottovoce.

Non era così che se l'era immaginata l'accoglienza di oggi.

E siccome non gli piace proprio quando le cose non vanno come vuole, pensa subito di ristabilire l'ordine.

Alla fine - riflette accostandosi alla scrivania sulla quale poi puntella i gomiti - il rimprovero ricevuto non è una tragedia.

Può sempre farsi perdonare.

"Mi dispiace se sono entrato così di soppiatto" mormora con un broncio prominente verso Manuel che adesso lo guarda con attenzione "non volevo disobbedire... signore."

L'attimo prima ammiccava al compagno che sgranava gli occhi sconvolto, quello dopo si ritrovava con la faccia premuta sul legno della scrivania, una mano a tenergli ferma la nuca e un'altra-
«sciaff»

"Secondo me volevi proprio..." e la voce per quanto ferma quasi non la sente sovrastata dal rumore degli schiaffi sulle natiche spogliate dai pantaloni a velocità inumana.

"Che devo fa con te Balé?" e lo dice come se manco stesse parlando con una persona, quanto più con un oggetto inanimato, privo di qualunque volontà propria a muoverlo.

Simone, lacrime in faccia e singhiozzi a mozzargli il fiato, questa totale inutilità e la conseguente vergogna che arriva a bruciargli pure l'anima, vuole provarla fin nelle viscere perciò "scopami" implora disperato finché la richiesta non viene accolta.

Si sente amato e usato insieme mentre scende col bacino ad incontrare i colpi secchi di Manuel e solo quando lo avverte liberarsi brutalmente dentro di lui riesce a fare la stessa cosa sul polso del compagno che ha proceduto a stimolarlo.

Poco dopo si ritrova con la schiena umida appiccicata ai pochi fogli sopravvissuti al massacro e due occhi caldi e premurosi che ne percorrono il corpo nudo per assicurarsi che sia ripulito a dovere.

"Ciao Manu" biascica lottando contro le palpebre che si abbassano pesanti.
"Ciao piccolo mio" è la risposta sussurrata che precede un lieve bacio sulla punta del naso.

La stanchezza sembra avere la meglio mentre Manuel lo manovra piano per prenderlo in braccio e trascinarsi così fino alla poltrona dove si lascia andare.

"Non dormire però amò, mh?" gli mormora all'orecchio "ci riposiamo solo n'attimo e poi torniamo a casa."
E Simone, con gli occhi ormai chiusi e il respiro più calmo, "...e se mi addormento che succede?" chiede.

"E se ti addormenti ti amo lo stesso" lo rassicura carezzando dolcemente i capelli.
"Davvero, signore?"
"Davvero Balé."






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nota dell'autrice:

ripresentarsi dopo due settimane di assenza con uno schifo del genere è troppo persino per me... me ne rendo conto e per questo vi chiedo umilmente scusa!

Vi farò sapere comunque se GianMaria Volonté dovesse venire in sogno a spaccarmi la faccia.
Ritengo che le probabilità che accada siano molto, molto alte.

Come sempre vi ringrazio dell'affetto - anche difronte a porcherie del genere - che non finisce mai di sorprendermi.

Grazie ovviamente anche alle mie tubere del cuore 🥔🥔🥔... vi amo! ♥️

Ciao! 🧚‍♀️

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