Prologo
Faceva freddo ed era buio. Pioveva a dirotto ed ero zuppa dalla testa ai piedi, tanto che il gelo mi arrivava sin dentro le ossa e al vuoto che avevo al posto del cuore. Il mio sguardo era assente, mentre guardavo oltre la bassa recinzione del ponte: giù nell'acqua torbida... Non sentivo niente, non provavo niente, solo buio. Un buio che mi avvolgeva come un manto oscuro, e inevitabilmente, s'impadroniva della mia anima. Un'anima tormentata fisicamente e mentalmente. Mi chiamavo.... Boh non mi ricordavo, sinceramente non sapevo più chi fossi, perché mi ero persa e non riuscivo più a trovarmi. Forse non ero nessuno, in fondo i miei genitori non mi volevano, non mi avevano mai voluta, quindi perché non sparire? Ero pronta, mi sentivo pronta e potevo farlo. Presi coraggio e scavalcai prima con una gamba, ritrovandomi a cavalcioni sul guardrail, poi feci passare anche l'altra, continuando a guardare giù, incantata dalla bellezza di quell'abisso che mi avrebbe finalmente salvata dal dolore. Mi alzai incerta e traballante, posando i piedi sul sottile strato di autostrada che rimaneva prima del precipizio, tenendomi con le mani sui bordi della ringhiera, poi le allontanai e guardai verso l'alto, dove la pioggia continuava a cadere indisturbata, come se si stesse facendo beffe della mia sofferenza. Riabbassai lo sguardo, ancora un po spaventata da ciò che stavo per fare, finché le sue parole taglienti non mi risuonarono nella mente in un'eco pieno d'odio che mi fece mancare il respiro per il dolore: perché non ti ammazzi e la fai finita e ti levi finalmente dalle palle, tanto non ti vuole nessuno... così mi aveva detto mia madre. Sorrisi rammaricata perché sapevo che aveva ragione e lasciai la presa... Inizialmente sentii un senso di vuoto allo stomaco e finalmente pensai che fosse giunto il momento della mia liberazione, poi però qualcosa mi afferrò violentemente il braccio e mi strattonò all'indietro, riportandomi miracolosamente sulla strada. Due braccia mi strinsero forte e una voce maschile sussurrò:<< Ma che diavolo ti è saltato in mente? Stai bene?>> mi girai e mi accorsi con stupore di essere ancora viva, fra le braccia di un ragazzo. Era bellissimo, gli occhi azzurri si stagliavano come pietre preziose sul viso pallido, stravolto dalla preoccupazione e dallo sconcerto. Lo guardai in silenzio, ero talmente intontita che non avevo neanche capito cosa mi avesse chiesto. Abbassai lo sguardo, colpevole. Lui mi mise due dita sotto il mento per farsi guardare, e io cedetti sotto la sua gentilezza, ritrovandomi a fissare due pozzi azzurri che cercavano di strapparmi dalle tenebre:<<Come ti chiami?>> disse. Io risposi in un sussurro:<<Non mi ricordo>>. Lui sembrò spiazzato dalla mia risposta, ma non gli avevo mentito, semplicemente non esistevo.
<<Cosa stavi cercando di fare?>> domandò poi. Io ci pensai su per un solo secondo e poi risposi:<<Cercavo di volare>>. Il ragazzo mi guardò in silenzio. Si alzò in piedi, continuando a guardarmi e per un attimo pensai che stesse per andarsene e lasciarmi sola, ma non lo fece. Mi allungò la mano e io la presi, tremante, lui la strinse e dolcemente mi fece alzare. Ci incamminammo mano nella mano, senza avere una vera meta. Rimanemmo in silenzio, ma non era imbarazzato, anzi era quasi confortante sentirmi per la prima volta così in sintonia con un'altra persona. Ad un tratto lui si fermò e mi rivolse uno sguardo di sincera gentilezza, poi mi sorrise, ed io rimasi incantata dalla sua bellezza. Aveva smesso di piovere, e dietro di lui si stagliavano i primi raggi dell'alba, che sembravano incorniciare il suo volto come in un dipinto, lasciandomi senza fiato. Quello che però riuscì ad arrivarmi fino al cuore e a farlo battere di nuovo furono le sue parole:<<Se passi un periodo buio, guarda verso l'alto e vedrai la luce delle stelle>>.
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