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Capitolo 9

||Samanta||

Il giorno dopo...

Mi alzai di soprassalto spaventando anche Clara che finì giù dal letto...il mio primo istinto fu quello di scoppiare a ridere e prenderla in giro, invece mi ritrovai a piangere e singhiozzare. Avevo fatto un sogno orribile sui miei genitori...la mia tortura più grande. Mia madre mi teneva ferma mentre mio padre frustava Clara con la cintura. Sarei riuscita a sopportare qualsiasi tortura, ma non potevo neanche vedere che facessero del male alle persone che amavo di più. Era orribile vederla piangere e gridare di dolore, anche se era solo un sogno. Avevo continuato disperatamente a chiedere loro di lasciarla stare, di smetterla, supplicandoli di picchiare me al posto suo...ma nulla, dalla mia bocca non usciva alcun suono. Alla fine lei era svenuta, sfiancata dal dolore. Singhiozzai più forte ricordandomi cosa avessi sognato dopo...Cameron era entrato nella stanza, sbucando dal nulla e gridando loro di lasciarmi stare. Mio padre si era avvicinato a lui con un coltello in mano. Io mi dimenavo, strillando come una pazza, ma mio padre l'aveva già colpito, infilandogli il coltello nel suo stomaco fino al manico. Sulla sua camicia bianca si allargò una macchia di sangue, ma lui non ci faceva caso. Lui guardava me, con odio, e le sue labbra dissero:<<È tutta colpa tua se io sono morto>>...e mi ero svegliata.
Clara mi si fece subito vicina. La sera prima avevamo litigato, ed ero talmente arrabbiata con lei da non averle rivolto la parola. Adesso però avevo un disperato bisogno di essere consolata, rassicurata. E lei lo fece. Mi abbracciò stretta, sussurrandomi parole dolci e io mi avvinghiai a lei con braccia e gambe per timore che mi lasciasse andare anche solo per un attimo. Dopo un periodo di tempo che parve interminabile, riacquisii tutto il mio inflessibile contegno, richiudendo a chiave le mie emozioni turbolente, in uno sgabuzzino ben nascosto nelle profondità della mia mente.
Mi staccai da Clara e scesi dal letto.
Guardai la sveglia ed esclamai:
<<Oh accidenti! Se non ci sbrighiamo faremo tardi!>> e sorrisi, indossando la mia solita maschera di finta gioia. Lei non aprì bocca, mi guardò con occhi sgranati per lo shock. Ovviamente non se l'aspettava, così come non se la beveva. I suoi occhi si fecero lucidi:<<Mi stai ancora chiudendo fuori...lo stai facendo di nuovo>> sussurrò prima di guardarmi con occhi supplichevoli. Abbassai lo sguardo, colpevole. Il suo volto s'indurì. Si alzò e sparì nel bagno come una furia, sbattendosi la porta alle spalle e lasciando l'eco del suo cuore infranto a rimbombarmi nelle orecchie. Aveva ragione, l'avevo fatto ancora. Era più forte di me. Non volevo essere debole, era una cosa che non mi potevo permettere. Detto così sembrava strano, ma era esattamente così. Odiavo che le persone vedessero quanto in realtà io fossi vulnerabile. Perché c'erano persone che ne avrebbero approfittato senza battere ciglio, facendomi soffrire. Questo non era il caso di Clara, di lei mi fidavo ciecamente, solo che era davvero difficile perdere un'abitudine così radicata in profondità...in pratica faceva parte di me.
Sospirai sconsolata e andai a prepararmi. Indossai dei leggins neri e una maglia larga, bianca con la scritta " no boyfriend....no problem". Misi i miei libri nello zaino e andai al piano di sotto, in cucina. Non avevo fame, quindi non mi preoccupai nemmeno di fare colazione. Indossai le mie vans nere ed uscii...A quanto pareva Clara era già andata via. Ci rimasi un po di merda, ma del resto era colpa mia perciò me lo meritavo.
Appena girai l'angolo i miei occhi s'incastonarono in quelli azzurri di lui. Il mio cuore fece una capriola ed iniziò a battere veloce quanto un treno in corsa Oh cazzo! Ma perché  è qui?! Oddio! Pensai andando letteralmente in panico. Non avevo proprio idea di come accidenti fare. Decisamente terrorizzata.
<<Ehi Sam>> mi salutò lui avvicinandosi.
<<Ehi...ehm...Cam. Come va?...che cos..come mai da...queste...ehm...parti?!>> dissi con voce stridula Dio, faccio davvero pena! Pensai indignata dalla mia stupida balbuzia. Sbuffai irritata e Cameron rise. Non riuscii a restare imbronciata, la sua risata era troppo contagiosa e risi anche io. Lui mi si avvicinò e mi abbracciò forte ancora scosso dalle risate:<<Eddai non fare il broncio>> disse. Io lo strinsi a me, soffocando le risate sul suo petto atletico. Aveva un profumo davvero buonissimo. Mi sentivo così rilassata nelle sue braccia...che mi lasciai andare, in un pianto isterico.

||Cameron||

Mi alzai prestissimo. Dovevo assolutamente prepararmi alla svelta se volevo farmi vedere da Samanta vicino a casa sua quella mattina con l'intento di accompagnarla a scuola come un vero gentiluomo. Volevo stupirla, lasciarla senza parole, e ci sarei riuscito. Presi il necessario e andai in bagno, facendomi una doccia veloce. Tornai in camera mia con addosso solo un asciugamano legato in vita. Sentii il mio cellulare vibrare, segno che mi era arrivato un messaggio. Lo presi e lo lessi. Era di Thomas e mi chiedeva se quel pomeriggio ero libero alle cinque per andare a fare le prove della band. Gli risposi di si e inviai il messaggio. Andai all'armadio e tirai fuori un jeans nero e una maglia grigia a maniche corte. Semplice e sportivo. Proprio come piaceva a me. Presi il mio zaino, praticamente vuoto, e andai in cucina a fare colazione con la mia famiglia. Sentii il profumo di crepes ancora prima di entrare nella stanza.
<<Cam!Cam!>> mi salutò Emily. Andai da lei e le diedi un bacio sulla fronte:<< Buongiorno principessa>> le dissi. Lei mi abbracciò stretto e io finsi di non riuscire a respirare:<<Accidenti che stretta ferrea!>> esclamai facendola ridere. Oltrepassai il bancone della cucina e baciai mia madre sulla guancia:<<Buongiorno mamma>> <<Buongiorno Cam>> rispose lei dolcemente. Presi posto accanto ad Emily che iniziò subito a raccontarmi tutte le sue novità con entusiasmo. Ascoltai tutto con molto interesse mentre mia madre rideva e scherzava...ero molto felice.
Finita la colazione uscii di corsa fuori, avviandomi verso casa di Sam.
Una volta arrivato davanti all'angolo andai a sbattere contro qualcuno. Pensai fosse Samanta e invece era Clara che aveva gli occhi lucidi:<<Dovresti andartene ora che puoi...ti farà solo soffrire. Non imparerà mai a darci fiducia. Non lo farà mai. Mai>> disse con diaperazione:<<Lascia perdere, prima di vedere come si distrugge piano piano...io non ce la faccio>> e se ne andò. Rimasi esterrefatto. Probabilmente avevano litigato, e doveva essere successo qualcosa di grave. Nonostante quello che mi aveva appena detto Clara, io non volevo lasciarla andare, perché era proprio quello a cui lei mirava. Cercava in tutti i modi di farci cedere per paura di aprirsi a noi, voleva prima vedere se l'avessimo abbandonata facendola soffrire. Aspettai finché non la vidi uscire. Immediatamente i nostri sguardi s'incontrarono, intrecciandosi come due calimite...era semplicemente stupenda. I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. La vidi subito agitarsi e sinceramente dovevo ammettere di essere anche io abbastanza nervoso...ok, ok, ero molto nervoso.
<<Ehi Sam>> la salutai decidendo di rompere il ghiaccio, dato che lei sembrava essere paralizzata dall'ansia.
<<Ehi...Ehm...Cam. Come va? Che cos...come mai da...queste...ehm...parti?!>> disse con voce stridula e sbattendo le lunghe ciglia almeno una ventina di volte...le avevo letteralmente mandato in tilt il cervello. Sbuffò irritata dal suo modo di parlare e io scoppiai in una fragorosa risata. La vidi cercare di tenere il suo tono imbronciato, poi non resistette più nemmeno lei e rise. Preso dall'attimo di euforia mi avvicinai a lei e l'abbracciai...era troppo divertente. Anche lei mi strinse a sé, immersa in quel divertimento...però era strana. Sentivo che in realtà non era felice...e come evocato dai miei pensieri la sentii piangere e ridere contemporaneamente, in maniera isterica. Iniziai a preoccuparmi:<<Ehi Samanta...che succede? Non fare così, non piangere>> le dissi accarezzandole i capelli. La strinsi di più a me e lei si accoccolò nel mio caldo abbraccio, piangendo sulla mia spalla, bagnando la mia maglietta di lacrime. Sembrava così debole, così fragile in quel momento.
<<I-io...non c-ci rie-sco...non ce la faccio più>> esplose. Le gambe le cedettero e io dovetti sostenere il suo peso. Dolcemente la feci sedere per terra sul marciapiede. Si portò le ginocchia al petto, nascondendovi il capo, come per non farmi entrare nel suo dolore. Sorrisi. Aveva ragione Clara, non sarebbe mai cambiata...questo però non significava dover rinunciare, infondo la speranza è sempre l'ultima a morire. Le presi il volto rigato di lacrime fra le mani e lo alzai dolcemente, così da incontrare il suo sguardo...rimasi quasi scioccato. Buio. Vuoto. Il nulla...è questo ciò che vidi nel suo sguardo. Non potevo e non volevo permettere che lei restasse in questo stato. Il mio prossimo obbiettivo era quello di riportarle il sorriso sul volto e avrei portato a termine la mia missione! Mi alzai di scatto prendendo le sue mani affusolate e tirandola su con me. Perse l'equilibrio e mi si appoggiò contro.
<<Bene dolcezza...oggi si salta la scuola!>> esclamai. Lei mi guardò dapprima con confusione, poi disse:<<No, devo andare...non posso saltare>> <<E invece salterai >> ribattei io prendendola per i fianchi e portandomela in spalla. Mi avviai verso casa mia, con lei che si dimenava come un'ossessa. Risi forte, facendo aumentare in lei l'irritazione:<<Mettimi giù brutto imbecille!>> esclamò Samanta...e io risi ancora di più.
Per fortuna casa mia non era molto lontana dalla sua, altrimenti la gente si sarebbe sicuramente lamentata di tutto il chiasso che faceva. Entrai senza dovermi preoccupare di essere visto da mia madre con una ragazza a mo' di sacco di patate, dato che era andata a portare la mia sorellina a scuola...avevamo la casa tutta per noi. Anche se come idea mi intrigava da impazzire, andai in garage e la misi giù. Lei incrociò le braccia, scocciata.
Io risi. Mi avvicinai alla mia bellissima moto, una Harley Davidson del '99. Montai in sella, girai la chiave e premetti il pulsante d'avviamento.
<<Allora dolcezza, dove ti porto?>> chiesi con voce dolce. Lei fece un sorrisino incerto e rispose:<<Non lo so...decidi tu>>. Le feci cenno di salire. Con titubanza si mise in sella e mi strinse le braccia intorno alla vita, portando le sue mani sul mio petto. Mi strinse la maglietta fra le dita e chinò il capo sulla mia schiena, affidandosi completamente a me. Io sorrisi felice. E partii. Guidai tranquillamente per le strade della città...non avevo la più pallida idea di dove portarla. Poi mi venne in mente il posto perfetto e sgommai in quella direzione, partendo come un razzo. La sentii fare uno strilletto eccitato e risi. Accelerai ancora e lei mi strinse più forte i fianchi con le cosce. Era bellissimo sentirla così vicina a me senza il bisogno di parlarle, né di fare altro. Semplicemente essere lì l'uno per l'altro, in silenzio. Un silenzio complice, condiviso. Un silenzio nostro.

||Samanta||

<<Eccoci arrivati dolcezza>> mi disse Cam aiutandomi a scendere dalla moto. Era stato un viaggio elettrizzante. Mi ero sentita libera. Il cuore pompava velocemente mandandomi brividi di eccitazione incredibili...probabilmente stavo diventando una drogata di adrenalina. I miei occhi si incantarono a contemplare il viso del giovane ragazzo accanto a me. Non mi ero mai sentita viva come in quel momento, nemmeno Clara era riuscita a farmi sentire così...non appena ripensai a lei, il mio sguardo s'incupì improvvisamente.
<<Ehi, che hai?>> mi chiese Cameron con premura, poggiando delicatamente due dita sotto il mio mento per farsi guardare negli occhi.
Lo osservai, intensamente. Rimasi senza fiato nel vedere la dolcezza con cui mi scrutava, cercando di capire il mio malessere e scacciarlo via, come un eroe. Il mio eroe. A quella constatazione sgranai gli occhi: inevitabilmente quell'angelo di nome Cameron White mi stava entrando dentro, rischiarando le mie tenebre con la sua luce. Il mio cuore fece una capriola nel rendersi conto che il mio nome era Black che significa nero e il suo White cioè bianco...io ero il buio e lui la luce. Io la luna, lui il sole. Così diversi, ma allo stesso tempo così uguali e indissolubilmente legati l'uno all'altro.
Tutto d'un tratto la realtà della mia schifosa vita mi colpì in pieno volto come uno schiaffo...e cazzo se faceva male. Non potevo permettere che lui facesse parte degli orrori della mia quotidianità,  lo avrei trascinato a fondo con me e non era ciò che volevo. Mi allontanai di fretta da lui:<<Samanta aspetta dove vai?>> disse seguendomi. Aumentai il passo fino a ritrovarmi a correre...poi mi fermai di colpo. Davanti a me si stagliava un meraviglioso giardino di rose. Rose rosse. Ero semplicemente stupefatta dalla bellezza di tale spettacolo. Cameron mi raggiunse e mi prese dolcemente per mano:<<Era qui che volevo portarti>> mi sussurrò all'orecchio. Ci avviammo mano nella mano dentro il giardino, passando sotto l'arco d'ingresso, pieno di rose. Il profumo era magnifico e intenso, mi riempiva completamente i polmoni di aria pura e fresca. Cameron mi guidò in una direzione ben precisa e io lo seguii senza esitazione,  perché era questo ciò che desideravo realmente: affidarmi a lui senza riserve. Lo feci. Ne avevo bisogno anche solo per un attimo. Lui mi portò fino al centro del giardino dove si stagliava una bellissima fontana circolare con attorno rose. Sulla superficie dell'acqua si trovavano una miriade di petali rossi.
<<Io faccio fatica ad aprirmi con le persone>> dissi di getto. Cameron rimase in silenzio, ascoltando le mie parole. Io continuai:<<Non voglio che gli altri sappiano cosa succede nella mia vita...la mia storia è terribile. Io non voglio che nessuno soffra a causa mia...e allo stesso tempo non voglio essere io a soffrire a causa di qualcun'altro>> lui mi osservò.
<<Come fai a sapere che è così?  Che tutte le persone ti faranno soffrire? Non siamo tutti uguali Samanta>> sussurrò dolce.
Ovviamente lui non poteva capire perché non sapeva. Non sapeva che se io non mi fidavo di nessuno era colpa loro. I tuoi genitori dovrebbero essere coloro che ti sostengono sempre, le tue ancore di salvezza quando il mondo ti sembra troppo spaventoso, le loro braccia dovrebbero essere la tua casa, le loro carezze dovrebbero essere delle rassicurazioni e la tua felicità dovrebbe essere la loro gioia. Io tutto questo non l'avevo e non l'avrei mai avuto. Come potevo io fidarmi degli altri, del mondo, se non potevo nemmeno contare sui miei genitori? Dovevo sopravvivere in quella giungla selvaggia da sola. La vita era questa è nessuno ti aiuta ad affrontare i problemi. Nessuno.
<<Io so che è così...si tratta di una mia convinzione>> risposi
<<Perché ne sei così convinta?>> chiese lui
<<Non posso contare su nessuno. Non ti aiuta nessuno quando ti trovi nella merda...prima o poi ti abbandonano tutti. L'ho passato sulla mia stessa pelle, per questo ne sono così convinta>> ribattei
<<Capisco il tuo punto di vista. Hai pura di soffrire ancora affidandoti alla persone, ma il punto Samanta è che non siamo tutti uguali. Io penso che dovresti tentare di trovare le persone giuste. Dare una possibilità a chi cerca di esserti vicino. Solo così puoi scoprire realmente se ne vale o meno la pena...soffrirai ancora? Sicuramente! Però troverai anche qualcuno disposto a non lasciarti...devi solo crederci>> mi disse. Io annuii, convinta dalle sue parole:<<Ho litigato con Clara per questo motivo... ma non voglio perderla>> sussurrai.
<<Allora diglielo...non lasciarla andare. Tienila con te>> rispose lui abbracciandomi. Era già la seconda volta che Cameron mi abbracciava e sinceramente non avevo alcuna intenzione di respingerlo:<<Anche tu, non te ne andare...resta con me...anche se solo come un amico...no-non andare via>> dissi di getto, e per la terza volta in quella giornata, piansi.
Cameron mi prese in braccio come una sposa e mi fece sedere sulle sue gambe in una panchina del giardino piena di rose. Avvolsi le braccia intorno al suo collo e inspirai a fondo il suo profumo nel tentativo di calmarmi. Cameron mi sussurrò:<<Non riuscirei mai a lasciarti andare>>. Mi accarezzò dolcemente i capelli.
<<Neanche se ti volessi solo come un amico?>>gli chiesi con voce infantile.
Lui sorrise e rispose:<<No, non ti lascerei comunque>>
<<Promesso?>> feci io porgendogli il mignolo. Cameron lo strinse delicatamente nel suo e ci sorridemmo, complici.

Buongiorno!😘...con questo ho finalmente completato il capitolo 9. Chiedo scusa se ci ho messo molto ma ho avuto un blocco😢 ora però è tutto a posto e sono piena d'ispirazione. Fino ad ora non è ancora successo un granché, ma non vi preoccupate da ora in poi succederanno veramente molte cose...mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate della mia storia: votate e commentate...Buona lettura❤

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