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Capitolo 4

||Samanta||

Ero lì...in piedi sul ponte.
Guardavo giù, verso quell'abisso, che mi chiamava a sé, incitandomi a lasciar andare.
Era così semplice in quel momento. Forse potevo volare.
E andarmene in un luogo migliore. Felice.
Mi lasciai andare e caddi.
L'acqua mi risucchiò nei suoi meandri e mi portò a fondo coi suoi tentacoli.
Avevo paura.
Morire non era liberatorio come pensavo.
Era buio e freddo.
Mi sentivo sola.
Tanto sola... e nessuno mi avrebbe salvata.
Stavo annegando.
I miei polmoni richiedevano disperatamente aria.
Aria che io non avevo.
Stavo per morire.
E non ero felice nemmeno così.
Volevo solo un po' d'amore.
Volevo solo che i miei genitori mi volessero bene, mi amassero.
Chiedevo tanto?
Chiedevo qualcosa di impossibile?
Evidentemente si.
Non avrei mai avuto la possibilità di avere una famiglia.
Di amare una persona.
Di avere dei figli.
Un futuro.
Tutto a causa loro.
Perché non mi volevano?
Come può un genitore, non amare la creatura che ha dato alla luce?
Non avevo più speranza di salvezza.
Ed ora ero qui: Sola, triste e...
Morta.

Mi svegliai all'improvviso, con le lacrime agli occhi. Scoppiai in un pianto silenzioso, carico di dolore.
Per fortuna era solo un sogno...un incubo anzi. Non ricordavo bene cosa avessi sognato. Solo che morivo annegata.
Negli ultimi due anni sognavo sempre di morire affogata...ma non sapevo perché.
Affogavo nel mio dolore e nella mia solitudine. Era pazzesco come una persona potesse soffrire talmente tanto da essere tormentata non solo di giorno, ma anche di notte, ininterrottamente.
Stavo impazzendo.
Sarei finita proprio come nel mio incubo. Mi sarei uccisa.
Dio quanto mi sentivo sola. Triste. Inutile. Invisibile. Falsa. Finta. Bugiarda. Ero solo una maschera di me stessa. Non ero vera  ero un mostro. Nascondevo a tutti il mio dolore, ciò che realmente provavo, creando di me l'immagine che volevo avessero, quando invece, io non ero affatto così. Affatto.
Mi alzai, psicologicamente stressata. Poi mi ricordai la giornata che avevo passato assieme a Clara e sul mio volto spuntò un sorriso. Era stata così dolce e sincera nei miei confronti, che non avevo potuto fare a meno di adorarla. Lei era diventata la mia ancora di salvezza. Era grazie a lei se riuscivo a restare lucida. A mantenere salda la mia identità: chi ero e chi vorrò essere. Le dovevo tutto. E pensare che fino a due giorni prima avevo rischiato di perderla per colpa mia. Mi si stringeva il cuore al solo pensiero di come l'avevo respinta. Si meritava molto meglio che un'amica piena di problemi psicologici, ma ero abbastanza egoista da tenerla stretta a me finché potevo. La mia mente continuò a dilagare, per ore forse. Ero presa da mille pensieri diversi, non ci capivo più niente. Ma la domanda che più di tutte premeva nella mia mente tormentata era: perché mia madre ieri sera non mi aveva fatto nulla? Perché non mi aveva "punita"? Dovevo forse aspettarmi qualcosa di molto peggio del dolore fisico? Questa tortura era ancora più estenuante. A questo punto avrei preferito mille volte che mi avesse picchiata o urlato spaventandomi a morte. Ma che avesse avuto una qualche reazione. Così era come la calma prima della tempesta... e questa improvvisa quiete non faceva che aumentare in me l'ansia. Il presagio che qualcosa di ancora più terribile potesse capitare. Solitamente avevo fiuto su questo genere di cose e a mio parere l'improvviso silenzio di mia madre era dovuto a qualcosa che stava escogitando.
Come evocata dall'inferno lei entrò nella stanza. I suoi occhi erano ignettati di sangue...aveva bevuto?  Cazzo pensai alzandomi dal letto e arretrando. Lei mi prese per un braccio, con una forza incredibile e mi trascinò fuori dalla stanza, mentre io le gridavo di lasciarmi andare e mi opponevo. Riuscii a liberarmi dalla sua presa, ma appena feci due passi nella direzione opposta lei mi afferrò saldamente per i capelli, continuando a trascinarmi giù per le scale verso.... la cantina. Il mio cuore si fermò. Era una stanzetta piccola, le pareti umide e strette. Ma soprattutto all'interno era buio come la pece. Gridai, scalciai, fregandomene del dolore al cuoio capelluto, ma non riuscii ad oppormi più di tanto quando lei mi girò il braccio dietro la schiena. Infondo il livido non era guarito del tutto e faceva ancora male...soprattutto col braccio in quella posizione.
Alla fine mi diede un calcio sulla schiena e io finii a terra...dentro la cantina. Mi girai velocemente e corsi verso l'uscita, incespicando. Lei chiuse la porta a chiave. Io ero ancora dentro....No!no! Oddio non è possibile!
<<Noooooo!>>Gridai con tutte le mie forze. Le lacrime uscivano copiose, mentre io mi precipitato alla porta continuando a gridare <<Fammi uscire!Fammi uscire brutta stronza! Sei un mostro!>> appena smisi di lamentarmi lei rispose:<<Sbaglio o te la sei cercata? Resterai qui per un po a riflettere sui tuoi errori...ciao ciao cara!>> cinguettò dopo. Ripresi a urlarle di tutto. Ma non mi stava più ascoltando se n'era andata. Mi aveva lasciata qui, al buio.... Iniziai a piangere, disperata e a gridare. Diedi calci e pugni alla porta in legno...forse potevo riuscire a romperla. La spintonai forte con la spalla. Una fitta si propagò da lì fino ad arrivare alla schiena. La ignorai e colpii ancora. Niente. Lo feci un'altra volta e poi un'altra. Continuai così ininterrottamente, per un'ora forse. Sapevo che era una cosa inutile e senza senso, ma non potevo fermarmi e aprire gli occhi,  perché avrei visto il buio della cantina e sentito l'odore umido di quel posto. Impazzivo al solo pensiero. Continuai finché un forte bruciore alla spalla non mi costrinse a fermarmi. Sentii un liquido scendere fino ad arrivare al braccio e poi alla mano. Sangue. Il mio. Riuscivo a sentirne l'odore, mescolato a quello del sudore e a quello stantio della cantina. Mi accucciai e rannicchiai accanto la porta, nascondendo la testa fra le gambe. La spalla pulsava, procurandomi l'emicrania. Piansi talmente tanto che dimenticai persino il motivo delle mie lacrime.

Ore 09:20
Oh mio Dio no! Ti prego dimmi che non è vero!. No non è possibile. Non devo preoccuparmi. Mia madre non lo farebbe mai. Non se sa cosa succede quando sono al buio. Devo solo star calma, devo stare tranquilla.
Di sicuro adesso verrà ad aprirmi.
Tra cinque minuti verrà.
Non mi lascerà qui.
Devo solo calmarmi.

Ore 11:45
Non verrà. È un mostro. La odio. Vorrei che morisse all'inferno. Lo meriterebbe per tutto questo. Non piangerò... non avrà la soddisfazione di sentirmi soffrire.

Ore 13:05
Sono talmente stanca. Ma perché tutto questo doveva capitare? Cosa ho fatto di male io nella vita? Sono una così terribile figlia? Ho sbagliato io? Forse si. Forse dovrei morire per ciò che ho fatto. Sono solo un peso per questo mondo. Chi è che mi vuole?... Clara!Lei mi vuole bene. Lei vorrebbe che io continuassi a vivere. Devo resistere per lei.

Ore 16:00
Anche Clara mi ha abbandonata.
Sono sicura che anche a lei, come tutti gli altri, le importi di me solo fino ad un certo punto.Forse dopo tutto quello che ha scoperto, ha deciso che non vuole più saperne. E se mi avesse abbandonata per davvero anche lei...che farei?

Ore 18:37
Qualcuno verrà. Lo so. È così. Non mi lasceranno qui. Non possono. E lei lo sa. Lo sa. Lo sa. Lo sa, lo sa, lo sa, lo sa. Continuai a ripetere nella mente come un mantra. Stavo impazzendo.

Ore 19:12
Perché? Perché? No, non ce la faccio.... mi sento scoppiare. È troppo buio, troppo freddo. Non vedo niente. Oddio no! Mi alzai e ricominciai a colpire la porta:<<Ti prego!Fammi uscire!...Per favore qualcuno mi aiuti...aiutoooo! >> urlai a squarciagola. Poi il campanello di casa suonò....

||Clara||

<<Clara hai studiato storia per domani vero?>> chiese mia madre appena entrai in cucina, verso le nove di sera. Mi era da poco arrivato il messaggio di Sam in cui diceva che era andato tutto liscio. Ero felice che non le fosse successo niente, almeno per quella volta. Ciò che mi aveva raccontato poche ore prima mi aveva davvero sconvolto. Non potevo credere che la sua famiglia fosse così. Che in quella dolce e carina signora, si nascondesse in realtà una pazza, che picchiava la figlia. Io mi chiedo perché. Una ragazza come Sam non esisteva. Lei era speciale. Era unica. Fantastica. La conoscevo praticamente da sempre ed era così felice. Riusciva sempre a tirarmi su di morale ogni volta che i miei genitori litigavano. Aveva una luce negli occhi che mi faceva sorridere... un giorno quella luce si è spenta all'improvviso. Anche se lei continuava ad essere sempre sorridente e spensierata, io vedevo che non era così.
Cenai assieme la mia famiglia e poi andai a guardare la tv.  Più tardi andai a dormire.
La mattina seguente, quando mi alzai, controllai subito se avessi ricevuto qualche messaggio da Sam... niente. Strano. Ero sicura di averle mandato un'altro messaggio ieri sera. Le avevo chiesto di scrivermi appena sveglia. Pensai. Ma non era nemmeno la prima volta che si dimenticava qualcosa, sbadata com'era. Mi alzai e iniziai a prepararmi. Poi feci lo zaino e andai a fare colazione.
<<Dove sei stata ieri sera fino a così tardi?>> mi chiese mia madre quando entrai:<<Ero con Sam.>> risposi io.
<<Davvero? È da tanto che non vedo quella ragazza, come sta?>> <<Bene>> risposi io. Non ero abituata a dire bugie a mia madre. Lei capiva sempre ogni situazione e mi dava degli ottimi consigli. Sam però mi aveva supplicata di non dire niente a nessuno e io avrei rispettato la sua richiesta anche se non ero della stessa opinione. Io li avrei già denunciati a quei pazzi. Uscii di casa il prima possibile, per evitare che l'interrogatorio di mia madre proseguisse,  sapeva essere davvero snervante quando ci si metteva. Sopratutto se le si parlava di fidanzati! Ecco perché lei non aveva mai conosciuto di persona i ragazzi che avevo avuto... li avrebbe legati ad una sedia, puntato una lampada negli occhi e avrebbe gridato sbattendo il pugno sulla scrivania:"Dimmi dov'è la tua banda!" . Era proprio da lei fare domande del genere a un ragazzetto di sedici o diciassette anni...poveri giovani. Mi veniva da ridere solo ad immaginare la scena.  Arrivai a scuola. Adesso avevo pittura assieme a Sam. Quando entrai non la trovai e cominciai a innervosirmi. Decisi di mandarle un messaggio. La lezione finì, ma Sam non aveva ancora risposto al mio SMS. Mi avviai alla porta per uscire dall'aula ma una mano mi fermò:<<Ehm scusami non è che per caso sai dirmi dov'è Sam?>> mi chiese una voce maschile. Mi girai e mi ritrovai davanti al tipo nuovo...Cameron se non sbagliavo. Era il ragazzo che guardava sempre Sam, io l'avevo notato. Era molto bello e si vedeva che aveva un'interesse per la mia amica. Sorrisi cortese e risposi:<<Mi dispiace ma credo che non verrà oggi>> <<Ah ok. Va bene, grazie.>> disse lui a disagio. Mi salutò e se ne andò. Probabilmente avevo preso da mia mamma perché avevo una voglia matta di fargli l'interrogatorio per sapere che intenzioni avesse con la mia Sam.
Andai in bagno decidendo di saltare l'ora di lezione se necessario. Dovevo chiamarla. E lei doveva rispondere. Altrimenti andavo a prenderla.
Squillò in eterno.
Non rispose nessuno.
E se le fosse successo qualcosa? Pensai scioccata. Non rientrai più. Uscii da scuola e andai a casa. Mia madre vedendomi rimase spiazzata:<<Come mai non sei a scuola?>> chiese. Poi vide la mia faccia e sbiancò anche lei:<<È successo qualcosa?>>. Mi sedetti sul ripiano della cucina. Tirai un sospiro tremante e le raccontai tutto. Per filo e per segno. Ogni dettaglio. Il suo sguardo, l'improvviso cambiamento dei suoi genitori, i suoi lividi e le sue cicatrici. Lei era più che scioccata. Non sapeva cosa dire. Come confortarmi. Come aiutarla. E nemmeno io. Poi le dissi che era tutto il giorno che provavo a chiamarla e non aveva risposto né ai messaggi, né alle chiamate. Anche lei si preoccupò e disse:<<Ok. Andiamo a prenderla.>>
Partimmo subito. Il tragitto in auto fu carico di un silenzio teso e ansioso.
Arrivate davanti la porta suonammo il campanello e la madre di Sam ci aprì:<<Oh ma da quanto tempo che non vi vedevo! Come state?>> disse subito. Era agitata. Si vedeva che era nervosa:<<In realtà io ero venuta a trovare Sam dato che oggi non è venuta a scuola mi sono preoccupata che non si sentisse bene>> risposi io con finto tono angelico, lasciandole intendere che la prendevo per il culo.
Lei arricciò il naso, come se l'avessi punta sul viso:<<Mi dispiace ma al momento sta dormendo>> disse... poi udii la sua voce:<<Claraaaa! Ti prego aiutami!>> il sangue mi andò al cervello. Irruppi in casa e presi la donna per la maglietta:<<Dov'è?>> le gridai in faccia.
Lei sorrise e disse:<<Nella cantina>>.
Il mio cuore si fermò, non riuscivo a credere che l'avesse fatto. Mi precipitai di corsa al piano di sotto. Trovai davanti a me la porta della cantina. Sotto il tappetino c'era la chiave. La inserii e aprii di scatto la porta. Davanti a me trovai Sam.
Era in lacrime, ragnicchiata su se stessa. Tutta sporca e con la spalla imcrostata di sangue e gonfia. Mi avvicinai a lei e la strinsi dolcemente a me. Tremava come una foglia. L'aiutai ad alzarsi, ma si reggeva in piedi a fatica, così dovetti salire le scale sostenendo il suo peso.
<<Oh mio Dio!>> esclamò mia madre quando ci vide. Prese Sam dall'altro braccio e mi aiutò a trascinarla fuori da quell'incubo.
Una mano gelida mi afferrò saldamente per il polso e mi tirò indietro <<Dove diavolo credete di portarla?>> disse la madre di Sam.
La guardai con disgusto e dissi:<<Ovunque lontano da lei>>. Mi liberai il polso e salii in macchina. Continuai ad abbracciare Sam che mi si era ragnicchiata addosso come se fossi la sua ancora di salvezza. E forse la ero. Ma anche lei era la mia.



Ciao a tutti! Questa è la prima volta che scrivo qualcosa alla fine di uno dei miei capitoli e sinceramente non so che cosa dire. Ho un po paura che questo capitolo non mi sia venuto un granché bene. Spero che la mia storia vi piaccia. Ho sempre voluto scrivere un romanzo con questo tema della violenza...anche se non so perché ahahah. Comunque mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate voi😊

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