18. "Ho solo bisogno di te"
Mi sveglio al suono del caffè che gorgoglia in cucina, un piccolo promemoria che Spencer è qui, a qualche passo di distanza.
Stamattina mi sento… tranquilla.
L’idea di avere lui al mio fianco è come una coperta calda in una notte d’inverno.
Alzo le coperte e mi trascino in cucina con ancora la mente un po’ annebbiata.
Spencer mi guarda con quel sorriso che gli viene naturale, un po’ assonnato, i capelli in disordine.
Mi porge una tazza di caffè bollente, e ci scambiamo un sorriso silenzioso, uno di quei momenti perfetti che non ha bisogno di parole.
Quando però apro la porta per uscire, trovo un foglio piegato con il mio nome, vergato in una calligrafia che non riconosco subito.
Lo tengo tra le dita come se fosse di piombo.
Lo apro, e le parole sono lì, chiare, taglienti:
”Pensavi che ignorandomi avresti risolto qualcosa? Non mi sono dimenticato di te. Non dimenticarti di me.”
Il mio stomaco si stringe, le mani cominciano a tremare.
Per un attimo resto lì, la porta ancora aperta, il respiro che si fa sempre più affannato.
"Cos'è?" domanda.
"N... Nulla"
Sento un’onda di panico avvolgermi, ma mi faccio forza e infilo il biglietto nella borsa, cercando di nasconderlo il più possibile, come se fosse un segreto pericoloso da tenere nascosto.
Spencer non deve sapere di questo.
Nemmeno JJ.
Nessuno.
Non voglio che questa storia si espanda come un fiume in piena e travolga tutti quanti.
Cammino fino alla fermata dell’autobus, le mani fredde che stringono nervosamente le spalline della borsa.
Ogni passo mi sembra più pesante.
Mi guardo attorno, sentendo lo sguardo di Harry su di me in ogni persona che passa.
Il viaggio verso l’ufficio è un’eternità, ogni volto sconosciuto che vedo fuori dal finestrino mi sembra minaccioso.
Sa dove abito, sa dove sono e sa come farmi paura.
Quando finalmente arrivo alla BAU, entro come una furia, la testa bassa, gli occhi fissi sul pavimento.
Non voglio incrociare lo sguardo di nessuno.
Non voglio domande.
Mi siedo alla scrivania, inspirando profondamente per calmarmi.
Ma la mente non smette di correre, e so benissimo dove va: ogni scenario immaginabile di Harry che mi osserva, che spia ogni mio passo, che conosce ogni mia mossa.
Provo a mettermi al lavoro, ma il cuore mi batte in gola.
I suoni attorno a me sono ovattati, e faccio fatica a concentrarmi.
Poi, all’improvviso, sento una mano forte sulla spalla.
Sobbalzo come se mi avessero appena dato una scossa elettrica e mi giro di scatto, ritrovandomi faccia a faccia con Morgan, che mi guarda perplesso, con un sorrisetto.
"Ehi, calmo, è solo il tuo amico preferito!" mi dice con un sorriso che ha sempre, quello che mi farebbe ridere in qualsiasi altra situazione.
Mi rilasso per un secondo, ma poi la mia mente si affolla di pensieri.
Il mio cervello ha già costruito una scena in cui Harry è davanti a casa mia, aspetta che io esca, e mi segue fino a qui, nascosto da qualche parte nell'ombra.
Scuoto la testa, cercando di liberarmi di questi pensieri, ma la paura ha messo radici.
"Senti, T/n, tutto bene?" mi chiede Morgan, il suo tono ora più serio.
Sembra aver notato che qualcosa non va, ma cerco di non tradire nulla.
"Sì, sì, tutto a posto!" Rispondo, forzando un sorriso che sa più di una smorfia.
"Non è che ti stai ammazzando troppo di lavoro, eh?" ride, dando una pacca alla mia spalla, ma il mio sorriso è ancora rigido, le parole mi si bloccano in gola.
Appena si allontana, mi appoggio allo schienale della sedia e chiudo gli occhi per qualche secondo.
Cerco di calmarmi.
Non posso continuare così, devo riuscire a lavorare, a essere lucida.
Ma il pensiero di quel biglietto, delle parole di Harry, mi tormenta.
Il suo controllo su di me è come una catena invisibile che stringe sempre di più.
La mattinata procede lenta, ogni minuto un piccolo ostacolo da superare.
I suoni dell’ufficio, i telefoni che squillano, le voci dei colleghi, tutto sembra troppo forte, troppo vicino.
Mi sforzo di concentrarmi, ma ogni volta che alzo lo sguardo, mi sembra di vedere Harry ovunque.
E’ come se fosse lì, nascosto, pronto a saltare fuori da un momento all’altro.
E ogni volta che il mio sguardo incrocia quello di Spencer, il cuore mi si stringe.
Lui non sa niente.
Non voglio che lo sappia.
Verso mezzogiorno, JJ mi raggiunge alla scrivania, una cartella di casi in mano.
Mi sorride con quel suo solito calore, ma noto una leggera preoccupazione nei suoi occhi "Tutto bene, T/n? Sembri un po'... distratta oggi."
Mi sforzo di sembrare normale, di riempirmi della sua energia positiva "Oh, solo un po’ stanca," mento, cercando di distogliere lo sguardo.
JJ mi studia per un attimo, poi annuisce, forse lasciando correre "Beh, cerca di riposarti. So che non è facile, ma sai che puoi parlarne, giusto?"
"Sì, lo so, grazie" Sento una fitta di colpa.
Forse dovrei parlarne, forse dovrei condividere questo peso che mi sta logorando.
Ma non voglio coinvolgere nessuno, non voglio che anche loro diventino vittime di questa follia.
Rimango lì, alla scrivania, i pensieri che continuano a girare vorticosamente, e cerco di ignorare l’ansia che si arrampica dentro di me come una maledetta pianta rampicante.
Ma non passa.
Anzi, sembra solo aumentare.
A metà pomeriggio, mi rendo conto che non riesco più a stare ferma.
Mi alzo e mi dirigo verso la sala relax, sperando che un po’ di aria fresca mi aiuti a schiarire la mente.
Ma quando sono nel corridoio, sento un rumore alle mie spalle.
Mi blocco, girandomi di scatto, ma non c'è nessuno.
Respiro a fondo, cercando di calmarmi.
"Cosa stai facendo a te stessa?" penso, mentre mi appoggio al muro per qualche secondo, cercando di riprendere il controllo.
Alla fine della giornata, quando tutti stanno cominciando a prepararsi per uscire, Spencer si avvicina alla mia scrivania con un sorriso dolce "Vieni, ti accompagno a casa" dice prendendomi la mano.
La mia prima reazione è quella di rifiutare.
Non voglio che si preoccupi più di quanto già non faccia.
Ma poi vedo la gentilezza nei suoi occhi, quel senso di protezione che ha sempre per le persone a cui tiene.
Mi sento egoista, ma alla fine annuisco, troppo stanca per discutere.
Durante il tragitto, Spencer parla di alcuni casi, mi racconta qualche aneddoto per distrarmi, e io apprezzo il suo tentativo di mantenere l’atmosfera leggera.
Ma mentre ci avviciniamo a casa mia, sento l'ansia montare di nuovo.
L'idea di tornare in quell’appartamento e di trovarci un altro biglietto mi spaventa.
Quando arriviamo davanti alla porta, inspiro profondamente e mi preparo al peggio.
Spencer sembra aver colto il mio nervosismo e mi guarda perplesso, ma non fa domande.
Apre lui la porta, facendomi passare per prima, e rimaniamo entrambi in silenzio per un attimo.
Il biglietto non c’è.
Nessuna minaccia scritta, nessuna frase inquietante.
Solo il vuoto e il silenzio della mia casa.
Respiro di sollievo, e finalmente riesco a rilassarmi un po'.
Spencer posa una mano leggera sulla mia spalla e mi sorride "Va tutto bene" mi dice piano.
Annuisco, e improvvisamente mi sento in colpa per avergli nascosto la verità.
Ma non posso dirglielo, non ora.
Non voglio che si preoccupi.
Così lo bacio.
Non è un bacio lento o dolce, non è uno di quei momenti in cui il tempo sembra fermarsi.
No, è un gesto istintivo, quasi disperato, come se avessi bisogno di confermare la sua presenza, di sentire che è qui davvero.
Lui si irrigidisce per un secondo, sorpreso dalla mia foga, ma non si ritrae.
Mi lascia fare, e lentamente le sue mani si posano sui miei fianchi, fermandomi con una delicatezza che mi fa quasi tremare.
Quando mi stacco da lui, i miei occhi trovano i suoi, e c’è un misto di preoccupazione e confusione nel suo sguardo.
"T/n" mormora, con quel tono morbido che usa solo quando sa che qualcosa non va davvero "Cosa succede?" mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Le parole mi muoiono in gola.
Non voglio parlare di Harry, non voglio tornare a quella paura che mi tiene sveglia la notte.
Ho solo bisogno di dimenticare, almeno per ora.
Mi sento il viso scaldarsi mentre rispondo piano, quasi un sussurro: "Ho solo bisogno di te, Spencer."
Lui mi studia per qualche secondo, i suoi occhi che mi osservano con quell’intensità che sembra scavarmi dentro, come se volesse leggere ogni pensiero nascosto, ogni emozione che sto cercando di reprimere.
Poi, senza dire altro, lo prendo delicatamente per mano e lo guido nella mia stanza.
La camera è immersa in una luce soffusa, e c’è un silenzio che sembra riempire ogni angolo.
Lui chiude la porta dietro di noi, e per un attimo ci fermiamo lì, vicini, i nostri respiri che si mescolano nel silenzio.
Spencer mi accarezza il viso con una dolcezza che mi fa sciogliere, e io mi sento finalmente libera di lasciare andare tutto.
Non ci sono parole, non ci sono spiegazioni.
Solo noi due, in un momento di calma che sa di libertà.
Quando ci sfioriamo, ogni paura, ogni pensiero svanisce.
Tutto il resto smette di esistere.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro