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3. Ritratto su tela

Giorno di prigionia numero due. Siamo alle solite.

Stessa routine tutte le mattine, mio fratello che mi fa infuriare, io che gli strillo contro e mia madre che ci insulta entrambi.

Sono seduta sul muretto fuori dalla scuola, le gambe incrociate e la musica sparata a tutto volume nelle orecchie. Non sono asociale, solo che ogni tanto ho voglia di ascoltare la musica e perdermi dentro di essa. Aidan aveva paura che dopo quel brutto episodio, non sarei più riuscita a riprendermi. E per i primi mesi era così, ero completamente sotto shock. Il mio morale si è risanato quando è arrivato Matt.

Si è trasferito qui a New York un anno fa, perché suo padre per via del lavoro, è stato spostato in una delle sedi della grande mela.

Il giorno che ci siamo conosciuti, penso che non riuscirò mai a dimenticarlo. Il deficiente mi ha quasi investito con la macchina, e per scusarsi ha voluto offrirmi un caffè, peccato che me lo abbia rovesciato addosso. Si era anche offerto di riaccompagnarmi a casa, ma gliel'ho vietato. Aveva già fatto abbastanza danni per quel giorno. Il giorno dopo a scuola l'avevo visto camminare per il corridoio, e l'istinto mi diceva di andare da lui. L'ho guardato negli occhi, quegli occhi color nocciola dove ci puoi leggere una trama più intricata di quelle di una serie tv, e la prima cosa che mi è uscita dalla bocca è stata "Amami". Mi ha guardato sconvolto rispondendomi "Curati".

Ogni giorno che passava, capivamo quanto ci facesse bene trascorrere del tempo insieme. Era impossibile evitarci, la curiosità che provavamo l'uno per l'altro, era troppo forte per potersi opporre. C'è chi sostiene che siamo una bellissima coppia, in molti in realtà credono che siamo fidanzati, ma non è così. Ci vogliamo un bene immenso, e siamo due semplici amici che condividono tutto.

In lontananza vedo arrivare Jess, cammina nella mia direzione con le cuffiette nelle orecchie ciondolando la testa a ritmo. Anche Matt e Connor stanno venendo da questa parte. Avvampo improvvisamente ricordando quel corpo tatuato in bella vista dalla finestra. Tolgo le cuffiette e le rimetto nello zaino, dopo di che saluto i ragazzi.

«Allerta stronza ore dodici», dice Jess a bassa voce.

Ci giriamo tutti verso Ashley. I suoi capelli biondi e riccioli ondeggiano da ogni lato, è stretta dentro una minigonna nera di semi pelle con sopra una camicetta rosa.

Si ferma di fronte a noi e ci mette in mano dei volantini, «Festa a casa mia ragazzi. Sabato sera», dice con quell'aria di superiorità.

«Devo vestirmi così per poter entrare?» indico i suoi vestiti.

«Così come?» si guarda come se fosse un abbigliamento normale da usare in una scuola.

«Lascia stare».

Si avvicina a Matt e gli mette una mano sul bicipite, «Matt, tu ci sarai vero?» ora ha sfoggiato la parlantina da gatta morta. Matt alza gli occhi al cielo e poi annuisce.

«Sai Ashley...» scendo dal muretto e metto lo zaino in spalla, «sarebbe un peccato se dicessi a mio fratello, che ci stai provando con Matt», finisco con un ghigno.

Lei stringe i pugni lungo i fianchi e fa un passo verso di me, lo sguardo assottigliato.

«Senti un po' Miss so tutto io, riuscirò a conquistare tuo fratello, che ti piaccia o no».

Scuoto la testa scoppiando in una grossa risata, «Quando sarò in punto di morte, sarò lieta di ricevere finalmente la notizia. Oh, non dimenticarti i confetti».

Fa un altro passo verso di me puntandomi un dito contro.

«Ashley?» la voce di mio fratello si sente ad una distanza ravvicinata. Lei spalanca le pupille e guarda dietro di me cambiando all'istante espressione.

«Aidan!» urla, per poi saltellare nella sua direzione. Mi giro e la guardo mentre tenta di abbracciarlo, ma lui le prende i polsi cercando di tenerla lontana, e nel frattempo guarda me con un sopracciglio inarcato. Sollevo le spalle con menefreghismo e mi avvio verso l'ingresso. Con Aidan non c'è mai stata molta fiducia, quindi anche se raccontassi la mia versione, crederebbe comunque a quella di Ashley.

Apro l'armadietto, ci infilo lo zaino, ed estraggo il libro d'arte e un quaderno per gli appunti, poi lo richiudo. Il braccio di Matt mi circonda le spalle.

«Baby mi sono dimenticato di dirti una cosa...» si passa l'altra mano nei capelli, «Josh mi ha invitato ad unirmi alla squadra di pallanuoto».

«E?» lo incalzo.

«E sabato voglio che tu assista alla mia prima partita», dice entusiasta.

«Non devi neanche chiedere», mi alzo in punta di piedi e gli stampo un bacio sulla guancia. Questo colosso è alto due metri!

Quando entro nella classe, resto un attimo bloccata sulla porta. I banchi e le sedie sono stati tutti accantonati in un angolo, e sono stati rimpiazzati da cavalletti con sopra una tela. Questa lezione potrebbe farsi interessante.

Prendo posto di fronte a uno dei cavalletti, e appoggio il libro sul tavolino accanto a me.

Mi guardo un po' in giro aspettando che la classe si riempia, quando noto Connor varcare la soglia.

Come i suoi occhi incontrano i miei, sorride leggermente per poi accomodarsi di fronte al cavalletto accanto a me. Un uomo sulla quarantina credo, fa il suo ingresso in aula seguito da alcuni studenti che ancora non erano entrati. Ha i capelli neri, gli occhiali da vista e una leggera barba.

«Buongiorno a tutti ragazzi. Io sono il professor Coleman, da oggi fino alla fine dell'anno sarò il vostro nuovo insegnante d'arte». Annuiamo un po' incerti. A quanto pare nessuno sapeva che il professor Sparke se ne fosse andato.

«Come potrete vedere, ho un modo diverso di insegnare. La lezione di oggi si basa sul disegnare qualcosa a vostro piacimento. Qualsiasi cosa o persona vediate in questa stanza che vi dia l'ispirazione necessaria a fare, secondo voi, un ottimo lavoro, riproducetela sulla vostra tela. È proprio da un disegno libero che si può capire che genere di artisti siete, e in questo modo conoscerò le vostre capacità».

Beh, il professor Coleman sa il fatto suo.

«Potete cominciare. Ricordate, qualcosa che vi dia l'ispirazione». Il professore si siede dietro la scrivania e ci osserva.

Do un occhiata in giro, passando in rassegna scaffali, libri, quadri, banchi, statue. Niente, non trovo nulla che mi ispiri. Passo in rassegna anche i compagni, non traendo ispirazione nemmeno da loro, finché i miei occhi si posano su Connor. È un bellissimo ragazzo non c'è che dire. I capelli corvini spettinati, la sua aria da duro e misterioso, le sue braccia tatuate, e quegli occhi... quei fottuti occhi marroni con quelle sfumature bellissime. In quel momento mi viene un idea, e con essa anche l'ispirazione.

Comincio a tracciare alcune linee guida leggere per fare le varie parti in proporzione. L'ho disegnato a metà busto cercando di non omettere nessun particolare. Prendo la tavolozza messa a disposizione dal professore, e seguo le linee fatte a matita con il colore nero, sfumandolo leggermente. Ero decisa a lasciarlo in bianco e nero marcando solo i contorni.

Dopo di che uso un marrone cioccolato, e con l'aggiunta di giallo ocra do un tocco di colore a quei bellissimi occhi. Per tutto il tempo passato a disegnarlo ho notato che mi ha lanciato parecchie occhiate. Forse si sentiva osservato.

Poso la tavolozza e do un ultima occhiata alla mia tela, facendo rimbalzare lo sguardo tra essa e Connor.

Bhe direi che sono soddisfatta!

Alzo una mano per indicare di aver finito. Il professore viene verso di me e si ferma al mio lato destro. Incrocia le braccia al petto, restando per qualche secondo ad osservare la mia tela ed anche lui butta qualche sguardo a Connor.

«Signorina...?»

«Roberts... Alison Roberts», dico dopo essermi schiarita la gola.

«Roberts, lei rientra sicuramente nel realismo. Mi piace l'idea delle sfumature con il nero, semplici ma che colpiscono. Ottimo lavoro».

Non appena il professore finisce la frase Connor richiama la sua attenzione per mostrare la sua tela. Si avvicina dietro di lui, e dopo aver dato un occhiata veloce, inarca un sopracciglio nella mia direzione. Aggrotto le sopracciglia confusa, non capisco perché mi ha guardata in quel modo. Gli rivolge più o meno le stesse parole che ha detto a me. Nessuno di noi può vedere il disegno degli altri, ma io sono curiosa di vedere quello di Connor.

Dopo due lunghe ore, il professore dice che possiamo andare, e chi non ha finito finirà domani.

«Tranne... voi due», fa rimbalzare l'indice tra me e Connor.

Aspetta che tutti gli altri studenti escano dall'aula e poi avanza verso di noi, che in questo momento siamo fermi in mezzo alla stanza.

«Allora, non mi sembra che vi siate parlati durante la lezione. Quindi, se non erro, dovete essere una coppia che si conosce molto bene».

«Professore mi scusi, noi non siamo...» non riesco a pronunciare la parola "Fidanzati". Il professore annuisce e cammina verso le nostre tele.

«Allora come mi spiegate questo?» prende entrambi i cavalletti dal retro e li gira bruscamente con la tela rivolta verso di noi. In quel momento, il mio cuore perde un battito. Connor ha disegnato me, lasciandomi in bianco e nero e dando solo colore ai miei occhi verdi.

Non ci posso credere!

Sbircio nella sua direzione, l'espressione annoiata, le mani in tasca, e non stacca gli occhi dalla mia tela. Del resto anch'io sono rimasta a bocca asciutta.

Sul volto del professore si forma una sorriso, come se si stesse divertendo a vedere le nostre espressione sconcertate.

«Non so come abbiate fatto ragazzi, sembra quasi telepatia».

Abbasso lo sguardo sulle mie converse bianche. In questo momento mi sento un po' in imbarazzo.

«Siccome sono buono...» continua lui, «A fine giornata, ci incontriamo qui», ci fa un occhiolino ed esce dalla stanza senza aggiungere altro.

Mi volto leggermente verso Connor, che ha ancora i suoi occhi puntati sulla mia tela. Senza dire nulla si volta e lascia la stanza, abbandonandomi sola con mille pensieri e domande. Sbuffo, prendo il mio quaderno e mi dirigo fuori dall'aula velocemente.

Cerco Connor tra gli studenti in corridoio, ma pare si sia già dileguato. In compenso scorgo Matt in fondo, è girato di spalle che sta parlando con qualcuno, ma non vedo di chi si tratta perché il colosso mi occulta la visuale.

Prendo la rincorsa, «Miller!» Si gira e si sposta di lato, per poi spalancare le braccia pronto ad accogliermi. Ma in quel momento vedo la persona con cui stava parlando.

Cazzo! È Josh!

Mi fermo di scatto facendo stridere la gomma sottostante delle converse. Il problema è che queste scarpe si sono bloccate di colpo, facendomi perdere l'equilibrio e cadere in avanti, spiaccicando così la faccia sui pettorali di Matt. Altro che atterraggio morbido, questo qui è un transformers.

«Cristo Matt cosa mangi a colazione? Pezzi di ricambio e metallo fuso?» appoggio i palmi delle mani sui suoi pettorali e mi spingo indietro.

«Sei tu che sei arrivata come un razzo».

Sento Josh sghignazzare, e per un attimo mi ero dimenticata della sua presenza. Potrei fare una lunga lista di tutte le brutte figure che ho fatto davanti ai suoi occhi, ma a quanto pare Josh sembra trovarle divertenti. Mi vede come il giullare di corte in poche parole.

Agito la mano con quel sorriso da ebete che mi esce ogni volta che lo vedo, e lui ricambia con un sorriso mozzafiato per poi andarsene. Matt mi guarda e alza gli occhi al cielo, «Riuscirai a combinare qualcosa con lui, prima della fine dell'anno?»

«No. Sei matto? Già non riesco a dire due parole, figurati ad un appuntamento cosa potrebbe succedere», metto le mani davanti alla faccia.

«Gli piaci anche tu, scimmietta».

Sbatto più volte le palpebre, «Chi te l'ha detto?»

«Dai si capisce, sei solo tu l'ingenua», ride mentre mi scompiglia i capelli. In quel momento Jess ci raggiunge con al suo fianco un ragazzo mai visto.

«Hey ragazzi, lui è Jake Ross, si è appena trasferito».

Ci scambiamo una stretta di mano. Il ragazzo ha i capelli mori, gli occhi marrone scuro e un fisico leggermente più magro di quello di Matt. Mi sorride, i suoi denti sono i più bianchi che io abbia mai visto.

A fine giornata recupero il mio zaino e mi dirigo verso la classe d'arte dove il professor Coleman mi sta aspettando. Ho un po' d'ansia. Busso leggermente e la voce del professore mi invita ad entrare. È seduto dietro la scrivania a sfogliare un giornale. Per fortuna, nessuna traccia di Connor.

«Signorina Roberts, prego si accomodi», mi indica la sedia di fronte a lui. Mi accomodo e resta a fissarmi per qualche secondo. «Volevo che lei avesse questo. È uno dei lavori più belli, e da come lo guardava, sembrava che volesse tenerlo», prende quella che mi sembra dalla forma una tela, ma è avvolta dentro una carta regalo. Probabilmente è così gentile da farmi tenere il disegno. Se così non fosse stato giuro che l'avrei rubato con l'impegno che ci ho messo.

Ringrazio il professore ed esco dall'aula, ma appena fuori mi scontro con qualcuno. E figurati se non è Connor. Mi guarda per un secondo dall'alto in basso, poi mi oltrepassa per entrare nell'aula.

«Baby!» Matt mi raggiunge e mi da un bacio sulla guancia, «Cos'hai lì?» indica la tela che ho in mano.

«È un lavoro che ho fatto stamattina. A quanto pare il professore ha deciso di farmelo tenere», sollevo le spalle.

«Ho sentito che c'è un nuovo professore d'arte», dice mentre mi mette un braccio intorno al collo per poi incamminarci verso l'uscita.

«Oh sì, è molto meglio del professor Sparke».

«Ma se usavi sempre un cupcake per corromperlo».

«Shhh non dirlo a nessuno, era il mio trucco segreto».

Matt mi attira a sé e mi da un bacio sulla nuca. In quel momento Connor ci sorpassa senza dire una parola.

«Hey Evans!» lo richiama Matt.

Connor si ferma senza voltarsi, «Scusate, ho un po' di fretta», riprende a camminare per andare verso il parcheggio. Anche lui ha in mano la sua tela.

* * *

Scendo dalla macchina di Matt, poi estraggo la tela che ho adagiato sui sedili posteriori. Do un occhiata verso la casa di Connor e lui è nel vialetto che sta facendo la stessa cosa. Saluto il mio migliore amico e mi dirigo verso l'ingresso.

«Sono a casa!» urlo mentre chiudo la porta con un calcio sbattendola un po' troppo forte.

«Alison!», grida mia madre.

«Scusa!» urlo di rimando, poi mi avvio su per le scale.

«Ferma un po' signorina».

Mi blocco sul terzo scalino e mi volto verso mia madre che è di fronte a me con le mani sui fianchi. «Che ho fatto stavolta?»

«Devi andare a portare i biscotti che ho preparato alla signora Collins».

«Ok. Dammi un minuto», dico salendo un altro gradino.

«Cos'è quello?» chiede curiosa fermandomi di nuovo.

«Il nuovo professore d'arte ci ha fatto fare un compito e ha deciso di farmelo tenere».

«Incartandotelo?» chiede inarcando un sopracciglio mentre osserva la carta regalo. Effettivamente nemmeno io capisco il senso di incartarlo. Forse per non farlo vedere agli altri studenti.

Sollevo le spalle, «Che ne so, probabilmente è pazzo».

«Posso vederlo?» continua lei.

Oddio no, dovrei mostrare a mia madre il ritratto di Connor? Comincerebbe con la raffica di domande. Chi è? Ti piace? Vi frequentate?

Ma conoscendola, so che non mollerebbe la presa finché non glielo mostrerò. Sbuffo e inizio a strappare la carta, ma non appena vedo il disegno, la tela mi cade dalle mani strisciando per quattro gradini e finendo ai piedi di mia madre.

Perché il professore mi ha dato la tela di Connor?

//Spazio autrice

Sto aggiornando velocemente perché i primi capitoli erano già pronti da qualche settimana. Fatemi sapere che ne pensate anche di questo. Un bacio. ❤️😘

-Erika-

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