capitolo 1
Il buio di questovicolo stretto mi limita la visuale, riesco a vedere solo una leggerasagoma scura parecchio lontana da me. Percepisco il battito del miocuore, sento pulsare le tempie e mi fa male il petto. Mi chiedo comeabbia fatto a finire in questa situazione orrenda.
"Alec?Alec dove sei?". La via voce dal tono preoccupato fa eco tra questestrette mura, ho paura. Ho paura come non ne ho mai avuta prima invita mia. Faccio dei piccoli passi, vagando nell'oscurità,tastando le mattonelle fredde e sporche di questo vicolo.
"Alec ti prego, nonfare scherzi". Spero non sia troppo tardi, anche se avverto unostrano presentimento da quando ho messo piede in questa stradina.
"Maddy fermati, èinutile. Ti prego lasciami da solo. Ti prego. Non voglio che tu miveda in questa situazione". La sua voce è più triste della mia.Inizio a camminare in direzione di quella sagoma sfocata che ormai sitrova a solo qualche metro da me.
"Alec per favore...".Le lacrime si ammucchiano negli occhi, rendendomi la visuale ancorameno chiara di quanto non lo fosse prima. Con la voce tremante provoa convincerlo: "Alec stai fermo, sto venendo da te. Ti pregoaspettami".
"Maddy... ti amoma..." fa un lungo respiro "Non puoi fare più nulla perconvincermi", anche la sua voce ha iniziato a tremare.
"Non è vero. Lo saiche stai commettendo un grosso sbaglio. Tu sei importante, per me seimolto importante". Non risponde ma riesco a sentire il suo respiroormai poco distante. Posso ancora convincerlo, non posso farmiscivolare tutto dalle mani proprio ora. Devo riuscirci per lui, perme, per noi due.
"Alec parla con me".Dico cercando di risultare il più calma possibile, continuando acamminare mentre una lacrima piena di dolore mi riga il viso.
"Scusa" sentosussurrare e subito dopo il rumore assordante di uno sparo riecheggiatra le mura.
"No!". Corro versodi lui, nel punto in cui è avvenuto lo sparo. La prima cosa che vedoè la macchia di sangue che si espande a grande velocità sulpavimento, macchiandomi le scarpe.
"Alec! Alec!". Miinginocchio vicino a lui.
"Alec dimmi qualcosa,ti preg-". La mia voce si spezza sfociando in un pianto sfrenato,come mai avevo fatto prima d'ora.
Alla fine è successo.
Non sono riuscita adaiutarlo.
Mi accascio sul suocorpo ormai senza vita, le lacrime scendono senza tregua e io sonosull'orlo della disperazione. Di fianco a me c'è la pistola,anch'essa macchiata di sangue. La prendo in mano riluttante,schifata da qual che è appena successo a causa sua. Senza pensarcidue volte la stringo tra le mani e la punto alla testa, sulle tempieche continuano a pulsare. Appoggio l'indice sul grilletto ed,esalato il mio ultimo respiro, premo. Non si sente nessuno sparo,solo il sordo "tic" del grilletto quando viene premuto. Abbassola pistola, provo a sparare di nuovo ma mi rendo conto che ha finitoi colpi. La guardo per poi lanciarla con rabbia, il più possibilelontano da me.
Aveva solo unproiettile.
Sapeva che l'avreiseguito.
Perchè?
"E' provenuto daqui lo sparo, ne sono sicura" dice la voce di qualcuno.
"Ci sono due ragazzilì a terra!" dice qualcun altro.
"Chiamateun'ambulanza, presto!" Una signora si avvicina a me e mi toccauna spalla,
"Avanti cara, vieni via" dice e mi porge la mano dopoaver visto il corpo di Alec.Non posso far altro cheafferarla.
L'aereo dovrebbe partiretra qualche minuto, chissà se gli aerei sono davvero in orario alcontrario degli autobus della mia città. Una vibrazione che parte dasotto i piedi mi fa capire immediatamente che il motore è statoacceso e che tra pochi minuti ci troveremo tutti sospesi in aria.L'aereo comincia a muoversi e guardo fuori dal finestrinoimmaginandomi cosa mi aspetterà all'arrivo. Un paese nuovo inItalia, nuove materie di studio, nuova scuola, o meglio dire college,e si spera nessun ricordo sgradevole.
"Ecco a lei, idormitori sono proprio dall'altra parte dell'Istituto, vuole essereaccompagnata da qualcuno?" Domanda la signora che si occupadella segreteria dopo avermi passato un foglio con varieinformazioni.
"No" prendogentilmente le chiavi che apriranno la stanza in cui trascorreròquesti anni distudio. Cammino lentamente per guardare e magari farmiuna prima impressione dei luoghi che mi circondano, sembra tutto cosìbello e tranquillo. È pieno di ragazzi che parlano e che sorridono.Distolgo lo sguardo non sentendomi degna di guardare una scena delgenere. Ho maledetto così tanto la felicità e chi riesce a provarlache ora non merito neanche di contemplarla da lontano. Prima dellapartenza mi ero ripromessa di cercare di guardare il mondo daun'altra angolazione, magari una prospettiva un po' piùottimistica ma senza la necessità di esagerare, però sonoconsapevole che sarà molto impegnativo e difficile. Raggiungo il miodormitorio e apro la porta, ci sono delle scarpe proprio in mezzo alcorridoio. Fantastico! Questo vorrà dire che sono in camera conun'altra ragazza, la signora alla segreteria non mi aveva avvisato.Entro in una stanza che trovo libera, dev'essere quella nonutilizzata dalla mia coinquilina. Non è brutta, forse poco spaziosama posso adattarmi; l'unica cosa che mi dispiace è la finestra, ètroppo piccola per i miei gusti, ma per il resto è alquantoaccettabile. Appoggio il giacchetto sul letto singolo, immaginavo chenon avrei trovato un letto di grandi dimensioni. Per prima cosa aprola borsa dove ho tutti i libri e li sistemo su delle mensole bianche,per fortuna ce ne sono molte e di questo non posso lamentarmi. Perfinire sistemo i vestiti e cerco un armadietto nel dormitorio dovemagari posso appoggiare le scarpe, che ovviamente non trovo.Controllo la lista dove mi sono segnata, qualche giorno prima dellapartenza, tutte le cose che ho e quelle che devo ancora comprare: mimancano un paio di libri scolastici. Decido di andare alla ricerca diuna qualche libreria, magari posso ordinare i libri lì. Prendo lozaino, ci infilo dentro il portafoglio con i soldi ed esco daldormitorio, spero di non metterci troppo tempo, sta già facendo buioe l'aria qui è più fredda di quanto mi immaginassi. Mentrepercorro il corridoio vedo molti ragazzi che mi osservano, pensavoche questo fosse il dormitorio femminile e invece non lo sembraaffatto. Mi sento parecchio a disagio a camminare con gli occhi ditutti questi ragazzi puntati addosso, sono molto tentata dichiedergli cos'hanno da guardare, ma mi trattengo per evitare difare brutte figure già dal primo giorno. Un ragazzo, quando glipasso di fianco, apre leggermente la bocca e questa cosa mi stadavvero, e dico davvero, mettendo a disagio. Magari ho qualcheinsetto mostruoso tra i capelli e non vogliono dirmelo per nonspaventarmi. D'istinto mi tocco i capelli con la paura di avereveramente qualcosa, solo dopo mi rendo conto di quanto sia ridicoloil mio gesto. Vago per la città cercando una libreria, ma non netrovo neanche una. In questa città per caso la gente non legge ehanno deciso di chiudere tutte le librerie e le biblioteche?
"Ti sei persa?". Michiede un ragazzo molto più alto di me, mi fermo a guardarlo.
"No". rispondo secca,non ho molta voglia di parlare con le persone in questo momento.
In verità io non vogliomai parlare con nessuno, sono molto riservata ed introversa, so dirisultare spesso antipatica e maleducata per questo mio modo di fare,ma il mio carattere sa il fatto suo.
"E perché è la terzavolta che passi di qui nell'arco di dieci minuti?". Mi sorrideimbarazzato e si tocca i capelli. Mi rendo conto solo ora del suoviso strano, è davvero brutto, anzi: bizzarro. Potreitranquillamente considerarlo uno scimmione per la sua altezza e quelcespuglio di capelli, ma questo pensiero mi fa sentire davvero unapersona sgarbata e con tanti pregiudizi.
"Mi stai controllando?".Chiedo un po' irritata, non voglio perdere tempo, sono stanca evoglio tornare al dormitorio per farmi una bella dormita.
"No, cioè... no! Volevosolamente esserti d'aiuto, mi sembravi in difficoltà. Scusa se tisono risultato scortese". Si mette di nuovo una mano tra i capellie sorride imbarazzato.
"E va bene". Ormai,visto che ci sono, posso farmi aiutare, "C'è una libreria daqueste parti?". Gli chiedo e non risponde, rimane incantato aguardare il vuoto.
"Ehi, sei vivo?". Glisventolo una mano davanti alla faccia per riportarlo in questo mondo,devo alzare il più possibile il braccio per fare questo gesto. Odioi ragazzi alti.
"Scusa, scusa. Stavosolo pensando. Non sono solito ad andare in libreria".
"Non mi interessavasaperlo". Le parole mi escono di bocca prima che possaaccorgermene. Il ragazzo mi guarda un po' interdetto, non volevoessere così scortese, sta solo cercando di aiutarmi.
"Okay... allora, la puoitrovare andando avanti fino alla terza via, poi gira a destra. E'abbastanza grande, dovresti vederla facilmente".
"Okay". Mi avvio versola libreria.
"Comunque prego!". Miurla mentre sono già abbastanza lontana da lui.
"Ah si! Grazie!". Glidico e gli faccio un pollice in su.
Per fortuna quel ragazzodi cui non so il nome, ma dalle sembianze di uno scimmione, mi hadato le indicazioni giuste e trovo la libreria abbastanzavelocemente. Tutto sommato non è così grande, anzi è piccola,spero solo che dentro regni la calma.
Siamo al primo capitolo di questa nuova storia, spero possa piacervi.
Al prossimo capitolo
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