Capitolo 9
Rhett
«Io ci ho provato, piuma», le sussurro accarezzandole la testa. «Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per non girarti intorno, per non cercarti e lasciarti libera. Ma non ci sono riuscito», inspiro profondamente, smetto di parlare e ascolto per un istante il suo respiro. Il suo odore, nel frattempo, raggiunge le mie narici sedando la strana sensazione che mi si è annidata sul petto in questi mesi di lontananza. Sono state poche le volte in cui ci siamo visti. Non c'è ancora stata nessuna proposta ufficiale. I nostri genitori non si sono più incontrati tanto spesso, in particolare Theodore Wild tende a tenersi alla larga dai Blackwell dopo la lezione che ha ricevuto; motivo per il quale i nostri incontri si sono limitati a qualche sporadico saluto in occasione di feste organizzate da altre famiglie.
«La verità è che sono un po' stanco. Non posso più sentire le cose a metà quando con te posso e voglio essere intero», scuoto la testa sentendomi nervoso. «Ti sembrerà assurdo. Non ci conosciamo nemmeno. Ma è quello che provo. Tu sei il mio solido incastro. Ne sono certo e sono disposto a dimostrartelo. Spero di avere almeno una possibilità».
Faye si agita nel sonno ma non si sveglia e non mi chiede di andarmene. Cosa che quasi sicuramente dovrò fare non appena avrà riaperto gli occhi e si sarà pentita di ciò che ha provato insieme a me.
Senza rendermene conto, l'avvicino ancor di più al mio petto e le bacio la tempia. Lei mugugna qualcosa, facendomi trattenere il fiato, poi si rilassa ulteriormente tra le mie braccia. Il suo è un gesto di fiducia inconsapevole che dà una spinta al mio cuore. Pertanto faccio lo stesso, abbassando un po' le mie difese.
Dopo un istante di calma però la sento che si irrigidisce e capisco che si è appena riscossa. Il peso della realtà le piomba addosso come una valanga e solleva la testa.
Non mi muovo e non allento la presa. Non ho fatto niente di male fino ad ora, nonostante le molteplici tentazioni e le occasioni mancate. Le lascio il tempo di metabolizzare, di ricordare e di scegliere se scacciarmi o meno.
«Scusa», mormora sbadigliando.
«Per cosa?»
«Mi sono addormentata come un sasso».
«Non preoccuparti», dico sempre più teso e in allerta. «Forse avrei dovuto lasciarti riposare e non trattenermi».
Faye, percependo la mia tensione, solleva la testa e scruta il mio viso con attenzione. «Mi stavi guardando dormire?»
«Vuoi la verità o una menzogna?»
«Verità».
«Stavo ascoltando il tuo respiro».
«C'è differenza?»
«Molta».
Inarca un sopracciglio. «Quale sarebbe?»
«Fai troppe domande».
Si morde il labbro e forse anche la lingua. La vedo in disputa con se stessa.
«Be', ne ho un'altra. Dato che sei rimasto, perché non hai dormito anche tu? Insomma, potevi lasciarmi qui a sbavare sul cuscino anziché sul tuo petto e andartene, ma non l'hai fatto».
«Non mi sarei mai perso un momento simile per farmi una dormita. E la tua saliva non ha mai raggiunto il mio petto. Non russi nemmeno. Sei posata e perfetta persino quando dormi. È stata una delusione, in un certo senso. Avrei voluto avere un dettaglio da poter usare contro di te».
Arrossisce ma non si scosta e non ribatte come farebbe chiunque se stuzzicato così. Forse non ha neanche notato il modo in cui i nostri corpi sono ancora a stretto contatto. L'unico gesto che mi rivolge è una lieve spinta.
Abbassa lo sguardo, poi solleva la mano e me la preme sulla guancia. Mi accarezza il viso percorrendo la mascella, il sopracciglio, il naso, le labbra. Crea una mappa completa del mio volto.
Ogni singola parte di me è soggetta alla delicatezza del suo tocco. Ma so già di non poter essere così egoista da chiederne ancora. Non posso neanche permettermi delle debolezze. Specie di fronte a lei. Non posso darle il potere di demolirmi usando ogni singola munizione che le ho fornito.
Dovrò seppellire tutto dentro, non lasciarmi sfiorare dal desiderio, dalla voglia di poter avere una vita piena di questa felicità che dura il tempo necessario alla mia anima di assorbirne quanta più possibile fino a diventare brama.
«Mi hai detto qualcosa mentre dormivo, vero?»
Potrei mentire e nascondermi dietro la solita maschera fredda ed egoista o prenderla in giro per l'ipotesi da romanzo rosa. Ma non voglio farlo. Non voglio nemmeno confessare e ripetere quello che è uscito dalla mia bocca. Pertanto rimando in silenzio, a suggerirle la mia intenzione di tacere sull'argomento.
Ancora una volta con il pollice si sofferma sul mio labbro inferiore. Mi abbasso e lei chiude gli occhi protendendosi, più che pronta a baciarmi.
Il suo respiro diventa rapido. Sono colpi che si riverberano nel mio petto.
È sempre agitata quando ci troviamo a stretto contatto. Ora so che la sua non è paura ma una forma di attrazione che riesce a celare mandandomi fuori di testa.
«Sei una tortura», le sussurro in tono dolce, quasi stucchevole alle mie stesse orecchie. Non sono mai stato così melenso e propenso a compiere qualsiasi azione o sacrificio per una ragazza. Con lei si ribalta ogni mia convinzione. Persino il mio istinto è sull'attenti e pronto a offrirle tutto ciò che chiede.
«Ma questo piacere, non posso rifiutarlo», mi chino in avanti facendo scorrere le labbra lungo il suo collo. «Nonostante sappia già che potrebbe farmi a pezzi».
Un brivido la coglie alla sprovvista e dalla sua bocca fuoriesce un suono che è come miele per i miei sensi.
«Rhett», ansima.
Chiudo gli occhi, mi avvicino al punto delicato sotto il suo orecchio e glielo succhio con l'intento di stuzzicarla e farle sentire quello che mi sta lanciando addosso.
Faye mi preme le mani sulle spalle, coinvolta dal desiderio. «Rhett», ripete e non c'è suono più dolce e peccaminoso per le mie orecchie.
«Chiedimi cosa voglio», mi sussurra a fior di labbra quando riporto il viso davanti al suo.
Le sue pupille sono dilatate e le iridi incredibilmente cristalline. Potrei affogarci dentro senza il diritto di salvarmi.
Le premo il palmo sulla guancia. «So bene cosa vuoi, piuma», replico mettendola a tacere sbattendo le labbra sulle sue.
A ogni movimento mi ritrovo a voler peccare. Le sue labbra sono calde, dolci. Sanno adattarsi alle mie, rispondere a ogni tocco con lo stesso bisogno.
Faye scivola sotto il mio peso e, inchiodata sul letto, ansima.
Mi sento così rovente che ho il timore di poter andare letteralmente in fiamme. Quando muove il bacino, un verso inarticolato mi sfugge di bocca. Faye lo riceve, lo assaggia e lo ingoia trasformandolo ancora in un bacio che mi eccita più del suo corpo seminudo e disteso sotto il mio.
Mi sto sentendo come un peccatore messo di fronte ai vizi che lo hanno condotto alla dissolutezza.
Le mie dita affondano sulla sua cute facendole reclinare la testa all'indietro, in modo da avere un maggiore accesso alla sua bocca. Non sono affatto delicato e non provo rimorso nel marchiarla.
Quando sono abbastanza soddisfatto da averla un po' scompigliata, mi tiro indietro, le sorrido e mi sdraio supino.
Uno dei due deve comportarsi da adulto responsabile.
Lei mi fissa stupita e ancora euforica.
Impreco quando le sue dita si posano sulla mia pelle e una scossa mi invade da capo a piedi. Continua fino ad agguantarmi il viso con sorprendente forza. Nel frattempo, con determinazione, si sposta sul mio corpo.
Le avvolgo le braccia intorno alla schiena e lei mi sfiora la punta del naso con il suo mentre si sistema a cavalcioni.
Non ho intenzione di bloccarla.
Spinto dal bisogno, mi sollevo sul busto e lei sussulta percependo l'erezione che tento di contrastare ormai da diverse ore. Le scosto i capelli dietro la spalla e gliela bacio risalendo lentamente verso il viso. La mia mano stringe la sua natica mentre con l'altra la tengo ferma per evitare che mi faccia impazzire del tutto.
Faye si agita e la fermo mordendole un capezzolo direttamente da sopra la stoffa del reggiseno che a malapena riesce a mantenere in una morsa il suo seno abbondante.
Muove la mano sul mio pettorale, saggiandone la solidità grazie alle estenuanti ore di allenamento e lotta.
Mi piace il modo in cui sta venerando il mio corpo, accettando i miei movimenti, le mie carezze, i miei baci.
Il contatto è piacevole, vibrante sotto la mia pelle. I brividi ci scuotono entrambi per la tensione che si staglia tra di noi in un crescendo allarmante.
Non ho nessuna idea di ciò che potrebbe succedere da questo momento in poi. L'unica cosa che so e a cui riesco a pensare, poco lucidamente, è a lei. Lei che mi fa sentire la parte intera del suo pezzo mancante.
«Siamo in rotta di collisione, Rhett», sussurra. «Ci stai riuscendo».
Le sfioro il collo inalando il suo odore. «A far cosa?»
«A far breccia qui», afferrandomi la mano la trascina sul suo petto. «Nonostante i miei tentativi, quando si tratta di te, inizia a essere importante».
Il cuore prende a battermi in maniera violenta. Le do un piccolo morso sotto l'orecchio poi risalgo e mi fermo a poca distanza dalle labbra che tanto bramo. Con la mano sul suo petto scosto la stoffa e le pizzico il capezzolo facendola contorcere e mugolare.
«Vorrei solo marchiarti e dimostrare al mondo a chi appartieni. Ma sono sicuro che non è così che funziona con te. Stare alla larga è un grosso problema e non ci riesco. Pertanto dovrai fingere di non sopportare il mio tocco, di provare disgusto. Oppure puoi raggomitolarti nel mio cuore. C'è spazio e puoi sistemarti come reputi necessario».
In parte ho appena ripetuto quello che le ho sussurrato e spero le basti a farle capire quanto sia serio il mio interesse.
La mia bocca si riappropria della sua trasformando il bacio da lento a impetuoso. Assaporo senza vergogna, chiedendo di più.
In questo istante non ho il pieno controllo, non riesco nemmeno a ricordare il motivo che mi ha spinto a venirla a trovare dopo averla seguita a lungo e aver registrato ogni suo passo, ogni gesto. Dopo aver allontanato da lei ogni possibile minaccia.
Se lo sapesse, dubito continuerebbe a ricambiare con lo stesso desiderio. Perché avrebbe la conferma del mostro che sono quando si tratta di ottenere quello che voglio. Quando si tratta di lei.
«Il modo in cui mi guardi... mi fa impazzire, piuma».
«Forse è perché mi sento come cera. Mi riscaldi e mi fai sciogliere». Non appena lo dice arrossisce ma non sembra pentita della confessione.
Mi abbasso e assaporo ogni centimetro di pelle esposta. Lo faccio come se fosse il mio ultimo pasto, la mia ultima bevuta, il mio ultimo giorno su questa terra che sarebbe arida senza di lei. Lei che ha dentro un mondo pieno di sogni e quella parte vuota in attesa d'esser riempita d'amore.
«Devo andarmene».
Le sue dita serrano la presa sulle mie braccia. Lentamente risalgono verso il mio collo e dopo un istante mi ritrovo con le sue braccia avvolte intorno e il suo viso a distanza di un solo respiro a raggiungermi, a riscaldarmi e a tentarmi.
Cazzo.
Chiudo gli occhi. Impreco ancora mentalmente cercando un appiglio per non barcollare e infine precipitare.
«I tuoi fratelli non hanno chiamato».
«Non l'avrei usata come scusa. Ma sarei dovuto correre da loro se fosse successo qualcosa».
Sottinteso: la famiglia viene al primo posto.
«Ma non è successo».
«No. Non è successo».
«Quindi... rimani».
Il modo timido con cui mi sta parlando mi fa rilassare e fa anche sbocciare qualcosa nel profondo che mette radici inestirpabili.
Le accarezzo una guancia. «È una minaccia?»
«Può darsi».
Vedo le sue labbra muoversi per trattenere quel sorriso che mi riserva sin dal primo istante.
«Da quando sei così minacciosa?»
«Da quando sei salito sul mio letto?», mi fa il verso.
Nascondo un sorriso spostandomi con la testa nell'incavo del suo collo. Inalo il suo odore vanigliato inebriandomi e prendendomi qualche attimo per trovare una risposta che non la faccia irrigidire o scappare.
«Io, invece, scommetto che è successo quando ti ho spogliata».
«Ti sei fermato allo strato superiore».
Cosa significa quel sorrisetto? Sta cercando di flirtare? Sa o ha la minima idea dell'effetto che potrebbe avere su di me?
Le afferro i fianchi e la tiro giù. Allineandomi al suo corpo la inchiodo al materasso e attorciglio i pollici intorno alla stoffa.
«È questo quello che vuoi? Che ti strappi le mutandine? O magari stai immaginando la mia bocca percorrere il tuo ventre fino a cibarsi della tua...»
«Rhett!», mi interrompe tutta rossa tappandomi la bocca con una mano. «Non ho detto niente del genere. Stavo solo...», sbuffa. «Mi dispiace. Io non sono sfacciata e non so che cosa mi succede quando siamo soli. Non ho mai fatto niente del genere. Insomma, non ho mai avuto nessun contatto intimo con altri».
Il pensiero di lei con un altro basta a farmi serrare la presa sulla sua carne fino a lasciarle la mia impronta.
«E non ne avrai. Sarò l'unica persona che toccherai, che guarderai, che bacerai e che scoperai».
Sbatte le palpebre. «Rhett, ne abbiamo già discusso», prova a ribadire il concetto, a respingermi.
«Quello era prima di tutto questo, piuma. Prima che ti baciassi e tu ricambiassi. Prima che ti spogliassi e ti toccassi. Ti avevo detto come sarebbero andate le cose. Adesso inizi a crederci?»
Si morde il labbro inferiore prima di annuire, tenendo lo sguardo basso.
Premo due dita sotto il suo mento facendole sollevare la testa. «So che abbiamo un patto. Intendo onorarlo, ma a una condizione».
Posso percepire il modo in cui il suo corpo entra in tensione e il suo cuore palpita in fretta.
«Quale sarebbe?»
«Devi smettere di respingermi. So che hai il timore che uno dei due si farà male. Ma siamo già in una situazione che prevede solo dolore. Rendiamo un po' più piacevole il tempo che ci resta».
Non batte ciglio per un interminabile minuto. Sono sul punto di chiarire il concetto ma lei si schiarisce la gola. «Ho anch'io una condizione. Non voglio che ti inginocchi lì davanti a tutti».
Apro la bocca per parlare e farle presente che seguirò il copione scritto da mio padre, ma sembra decisa a mantenere la sua posizione al riguardo.
«Se devi farlo, non essere teatrale o finto. Puoi... che ne so, chiamarmi in disparte e essere naturale per quanto possibile? Non voglio tutti quegli occhi puntati addosso o pieni di aspettativa mentre devo fingere di non saperlo. In fondo sarà la mia unica proposta di matrimonio».
Rifletto sulla sua richiesta. Un po' lo comprendo il suo bisogno. «Posso farlo», cedo. «Ho carta bianca?»
Lei inspira e annuisce. «Bene, abbiamo un patto».
Mi avvicino. «Dovremmo suggellarlo».
«Come?»
Mi abbasso e premo le mie labbra sulle sue.
Quello che non le dico è la ragione di tanta fretta. Ma la sua protezione viene prima di qualunque altra cosa al mondo. Persino prima della mia famiglia.
💛🪽
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro