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57 - Magica notte

Bruno si chiuse la porta della camera alle spalle, il suo cuore batteva ancora forte nel petto. Troppo forte.

Poggiò la schiena contro il legno duro e fece un profondo respiro, chiudendo gli occhi. Che diavolo gli era preso?

Non era nel suo carattere agire in maniera tanto impulsiva, farsi prendere dalle circostanze, farsi trasportare tanto.

Abbandonò anche la testa contro la superficie dietro di lui e il contatto con essa provocò un sordo rumore.

Il profumo di Cecilia continuava a tornargli nella testa.

Diede un nuovo colpo alla porta con il capo.

Il contatto delle sue dita con la pelle morbida della ragazza non voleva abbandonarlo.

Ancora una volta, batte la testa.

Ma per quante volte ripetesse quel movimento, la sensazione del loro bacio non voleva lasciare la sua mente.

Che fine aveva fatto il suo autocontrollo?

Bruno sbuffó sonoramente, non aveva idea di come avrebbe affrontato Cecilia al loro prossimo incontro, ma di una cosa era certo: doveva allontanarsi da lei.

Si staccò dalla porta e si avvicinó al letto, cadendo su di esso come un peso morto. Non aveva sonno ma doveva svuotare la testa, così premette il pulsante di accensione della piccola televisione che aveva in camera. Qualsiasi cosa l'avrebbe aiutato a distrarsi.

Carmela corse veloce per attraverso le stanze della grande casa di campagna, il cuore le martellava nel petto e il respiro era sempre più corto, sul volto aveva stampata l'apprensione.

Giunse davanti alla porta del salotto e, con un movimento deciso, la spalancò.

Davanti a lei apparve una stanza arredata in stile antico con vecchi quadri alle pareti e divani in velluto. Dalle immense finestre filtrava la luce del sole che andava a posarsi direttamente sul mobiglio e sull'unica figura presente, in piedi sul pregiato tappeto persiano.

"Gonzalo!"esclamò lei con voce stridula per l'emozione.

L'uomo, che le dava le spalle, lentamente si girò verso di lei e, quando la vide, sulle sue labbra spuntò un sorriso.

"Carmela" sussurrò con tono dolce, osservandola con tenerezza.

"Ti è tornata la memoria?" chiese lei con un misto di angoscia e speranza.

Lui non le rispose ma si avvicinó a lei, la avvolse tra le sue braccia e la baciò sulle labbra.

Carmela si lasciò andare a quelle sensazioni conosciute che le erano tanto mancate e una lacrima sfuggì dal suo occhio atterrando tra le loro labbra unite.

Finalmente era tornato il suo Gonzalo.

"Smettila di seguirmi Paulina, io non voglio stare con te" si lamentó José camminando lungo il corridoio della grande casa in campagna.

"Non sono le parole che ho sentito quella magica notte" replicò lei seguendolo con passo sostenuto.

"Sai bene che non erano rivolte a te" rispose lui, fermandosi davanti a una grossa porta di legno.

"Io ho sacrificato la mia vita per te" si lamentò lei con astio "ho finto la mia morte per te"

"Non te l'ho chiesto io" si giustificò lui, poggiando una mano sulla maniglia della porta chiusa, aprendola poi con un movimento secco.

"Perché non capisci il mio amore?" domandò con disperazione Paulina mentre calde lacrime scendevano sul suo viso.

José ammutolì vedendo la scena davanti a sé, Carmela e Gonzalo si stavano baciando nel mezzo del salotto e fu come se un coltello si fosse conficcato nel suo cuore.

Con un'espressione di dolore, continuando a tenere gli occhi su di loro, mormorò: "Perché io amo Carmela"

Nella stanza calò un certo silenzio, quando José sentì uno strano rumore alle sue spalle e, subito dopo, la voce di Paulina risuonò chiaramente nelle sue orecchie.

"Se non puoi amare me" disse con rabbia, puntando contro di lui la canna di una pistola "non puoi amare nessuno"

Prima ancora che qualcuno dei presenti potesse realizzare quanto stava accadendo, un colpo partì dall'arma carica, diretto verso il petto di José.

Quest'ultimo, allo stesso momento, reagì alla situazione e si buttò in avanti per fermare Paulina. Il proiettile lo mancò per un soffio, lo superò e continuò dritto lungo la sua traiettoria, raggiungendo il bersaglio sbagliato.

Un attimo dopo Carmela giaceva sul tappeto persiano in un lago di sangue.

Il sole giunse quel mattino attraverso la finestra e si depositò nella stanza di Cecilia trasmettendo il suo calore, nonostante fosse ancora stagione invernale.

La ragazza giaceva sul letto supina, lo sguardo era ancora sconvolto e sognante. Di fianco a lei il diario della madre aperto, le lenzuola ancora intatte.

Non aveva praticamente dormito, aveva avuto paura che, quanto successo sul tetto, potesse essere solamente un sogno. Perciò aveva evitato di addormentarsi.

Nella mente ricordava ancora tutte le sensazioni, aveva percepito la loro unione, sapeva che lui aveva provato le sue stesse emozioni, lo aveva intuito dal modo in cui le sue mani erano rimaste ancorate alla sua pelle.

L'aveva intuito dal modo in cui l'aveva guardata. L'aveva intuito dalla passione che aveva messo nel loro bacio.

Non si era immaginata nulla, stavolta. Ne era quasi sicura. Tuttavia, la maniera nella quale era scappato subito dopo, le lasciava quel piccolo dubbio che minava la sua sicurezza.

Sembrava spaventato.

E adesso anche lei lo era. Aveva paura di lasciarsi andare al sentimento che provava per lui, aveva paura di poterne soffrire.

Oltrettutto non aveva idea di come si sarebbe comportato lui al prossimo loro incontro. In realtà non aveva idea nemmeno di come si sarebbe comportata lei.

L'unica certezza che aveva, era che ogni bacio di cui aveva sentito parlare nelle canzoni, ogni bacio che aveva visto alla televisione, ogni bacio di cui aveva letto nei romanzi, non era nulla a confronto di quello che c'era stato tra loro.

Tuttavia i giorni successivi, a scuola, non ci furono occasioni per incrociare Bruno, non lo vide nemmeno sull'autobus e, se da un lato ne fu sollevata perché rivederlo le creava estremo imbarazzo, dall'altro lato si scoprì delusa.

Ma cosa si aspettava? Che lui la prendesse tra le braccia e la baciasse una volta ancora? Che le dicesse di amarla e di voler stare con lei?

Neanche nei suoi sogni più reconditi poteva sperare in una cosa del genere. Eppure qualcosa c'era stato. 

Cecilia doveva forse dimenticarlo? 

Proprio mentre era assorta in questi pensieri, camminando lungo il corridoio alla fine delle lezioni, la ragazza sentì una voca alle sue spalle e, subito, il suo cuore si mise a martellare come un trapano. 

"Ehi, ballerina" la chiamò Bruno, avvicinandosi a lei.

Cecilia ci mise qualche secondo a girarsi verso la sua direzione e, quando lo fece, lo guardó velocemente e poi portò lo sguardo verso il basso. 

"Stai bene?" le chiese lui, tentando di stemperare la tensione che percepiva tra loro.

"Sì" sussurrò lei mentre tentava di trovare il coraggio per alzare gli occhi.

"Possiamo parlare un attimo?" domandò ancora lui, portandosi una mano dietro al collo con fare tranquillo.

Dentro la testa di Cecilia ci fu una vera esplosione che mandò in corto circuito qualsiasi razionalità e l'ultima traccia di sicurezza che era rimasta. La ragazza si limitò ad annuire piano e rimase in attesa che lui continuasse.

Bruno però non aveva intenzione di affrontare un argomento tanto delicato nel mezzo di un corridoio, così le afferrò una mano e disse: "Non qui"

Il contratto tra le loro dita riacesse nella ragazza ogni ricordo di quella sera, il viso le si arrossò immediatamente, il respiro si bloccò e fu un miracolo se i piedi obbedirono al suo comando di muoversi. 

Bruno la guidò verso una delle aule ormai vuote e, una volta dentro, le lasciò andare la mano. Si schiarì la voce e si guardò intorno, quasi fosse a disagio pure lui.

Cecilia, nonostante lo stato di confusione nel quale si trovava, colse quel segnale come un allarme e un minimo di lucidità tornò a farsi strada dentro di lei.

"L'altra sera" cominciò con voce un po' roca "sul tetto, io..."

La ragazza, che si trovava di fronte a lui con lo sguardo ancora rivolto verso il basso, riuscì a sollevare un poco la testa e sbirciare la sua espressione.

Nei suoi occhi non colse nulla di positivo ma un certo senso di colpa. Non era sicura di voler ascoltare il seguito, ma lui non le lasciò il tempo di pensare.

"Io non avrei dovuto baciarti" concluse lui con sicurezza "mi dispiace" aggiunse poi. Rimase fermo un poco, aspettando che lei reagisse in qualche modo, ma Cecilia era ancora bloccata. Allora Bruno fece per voltarsi e andarsene, aveva detto quello che doveva dire, continuare avrebbe creato solo altri problemi.

Proprio mentre stava per allontanarsi da lei, qualcosa dentro Cecilia si mosse e, prima che lei potesse rendersene conto, la sua mano si allungò e si strinse intorno la maglietta di Bruno, bloccandolo.

Lui si fermò e girò la testa un poco verso di lei, proprio mentre Cecilia doveva: "A me non è dispiaciuto"

Doveva essere impazzita. Dire una cosa del genere, a lui poi!

Doveva essere impazzita per forza.

Bruno si mise nuovamente di fronte a lei, fece un respiro profondo e, guardandola negli occhi, disse con rammarico: "Non dovresti provare qualcosa del genere per uno come me. Finiresti per soffrirne. Io so pensare solo a me stesso" 

Il respiro di Cecilia si fece debole, i suoi occhi si spalancarono e dovette fare un grosso sforzo per trattenere le lacrime.

Bruno rimase a fissarla ancora un attimo, nel suo sguardo c'era determinazione ma anche una certa sofferenza. Senza aggiungere altro, diede le spalle a Cecilia e lasciò la stanza.

La ragazza abbassò lo sguardo con gli occhi lucidi, portò una mano verso la catenina con il suo nome che era ancora avvolta intorno al suo collo e, con un sussurro disse: "Non è vero, non pensi solo a te stesso"

Tuttavia, sapeva che era troppo tardi. 

L'aveva perso.

Ciao a tutti! Scusate il ritardo con questo capitolo ma ho avuto una serie di problemi che mi hanno portato via tempo. Piano piano ci stiamo avviando verso la conclusione di questa storia, anche se non ho ancora idea di quanti saranno i capitoli che usciranno ancora. Non pochi però (penso).

Intanto, arrivati fino a qua, prima di tutto vi ringrazio e poi, vorrei fare un sondaggio: a quanti piace alla follia la telenovelas spagnola che ogni tanto appare? 





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