51 - Al vento
Entrambi stavano guardando davanti a sé, assorti nei loro pensieri, quando Bruno ruppe la tensione: "Non riesco mai a parlare con lui"
Cecilia fermò il dondolio e lo osservò stupita, non avrebbe mai immaginato che lui volesse sfogarsi. Con lei poi.
"Tuo padre?" sussurrò timidamente lei, per assicurarsi di aver capito bene.
Bruno continuò a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e annuì mentre buttava fuori una folata di fumo dalla bocca.
Lui" ricominciò a dire, scuotendo un poco la testa "ritiene importante solo l'apparenza, il giudizio delle altre persone. Non gli interessa nulla di come si sentono i suoi figli" quest'ultima frasi la pronunciò con rancore.
Cecilia realizzò che stava parlando più con sé stesso che con lei, aveva solo bisogno di esternare tutto e lei era capitata per caso. Nonostante questo, si sentì felice perché lui si stava confidando.
"Per tutta l'infanzia non ha fatto che ripetermi come vestirmi, come parlare, come nascondere il mio daltonismo. Per me il verde e il marrone sono lo stesso colore, che problema c'è?" il tono della sua voce si stava infervorano, il modo in cui si portava la sigaretta alla bocca era sempre più brusco, ma gli occhi erano ancora puntati verso l'orizzonte.
"No" bisbiglio timidamente Cecilia, sentendosi un po' intimidita "non c'è nessuno problema" ma le sue flebili parole si persero nell'aria.
Lui non parve averle sentite, anzi continuò con voce più decisa: "E anche adesso si permette di dirmi che sport devo praticare, che scuole devo frequentare, che facoltà dovrò affrontare"
Bruno buttò la sigaretta per terra e spense il mozzicone con una scarpa, osservandolo per qualche secondo, ancora perso nei suoi pensieri.
"Sono stufo" sussurrò poi, a fior di labbra.
"Anch'io" mormorò Cecilia, quasi in automatico, lo sguardo rivolto verso il mozzicone spento.
Improvvisamente si sentì osservata e spostò la sua attenzione verso destra, sobbalzando poi.
Bruno la stava fissando con occhi tanto intensi da togliere il fiato. Per qualche secondo rimasero in silenzio. Forse lui si era appena ricordato della presenza di Cecilia. Forse lei non aveva ancora realizzato la risposta che gli aveva dato, ma quando il suo cervello riuscì a riconnettersi con la sua lingua, si affrettò a balbettare : "Cioè, non sono stufa di te"
Una volta pronunciate quelle parole però, si accorse di quanto ardite fossero e avvampò. La sua bocca si mosse nel tentativo di recuperare, dimenticandosi della sua timidezza: "Anch'io sono stufa del giudizio delle altre persone"
Lentamente portò la sua attenzione alla porzione di polso che era rimasta scoperta sotto il maglione, a quelle piccole macchie visibile che andavano a cospargere anche il dorso delle sue mani.
Istintivamente Bruno seguì la direzione del suo sguardo, ma rimase in silenzio.
"Ho sempre cercato di convincermi che non mi importasse nella di quello che pensano gli altri di me" riprese a dire lei, muovendo nervosamente i piedi " ma in verità, mi importa. Vorrei non fosse così, eppure mi importa"
"Anche a me importava" le rispose Bruno, provocando un piccolo movimento nelle spalle di Cecilia e un battito in meno nel suo cuore "finché non ho capito che preferivo fosse il contrario. Ho fatto in modo che per gli altri fosse importante il mio giudizio. Solo con lui non ci riesco" commentò Bruno, riferendosi sempre al padre.
Era evidente che il rapporto tra loro fosse teso da molto tempo.
"Come?" domandò Cecilia, sbirciando la sua reazione "come hai fatto?"
Bruno piegò la testa di lato e studiò la ragazza per qualche secondo, soffermandosi in particolare sulle macchie sui suoi polsi.
Cecilia si rese conto della direzione dei suoi occhi e si affrettò ad abbassare le maniche del maglione per nascondere le sue imperfezioni. Era un movimento istintivo.
"Dirlo sembra facile" spiegò lui mentre un'espressione dolce prendeva posto sul suo viso "so che non è così in realtà. Ma, per prima cosa" continuò, allungando una mano verso Cecilia "devi smetterla di vergognati di te stessa"
Con un tocco delicato avvicinò le sue dita al polso della ragazza e spostò la manica del maglione verso il gomito, rivelando la pelle di lei.
Le guance di Cecilia si fecero molto calde, forse per quel contatto insospettato, forse per quell'improvvisa fragilità.
Era rimasta senza parole, così si limitò a sollevare il viso verso di lui e trovò quello di Bruno sportò nella sua direzione, fin troppo vicino.
Bruno piantò i suoi occhi in quelli di lei, le dita ancora strette intorno al suo polso esile, i capelli di lei che emanavano un dolce profumo di papaya, le sue labbra così invitanti.
Per una frazione di secondo, il ragazzo ebbe l'istinto di sporgersi ulteriormente verso di lei e assaporarle, tuttavia qualcosa che affiorò dalla sua mente, lo bloccò prima che potesse fare una qualsisia mossa.
Era paura.
Paura di rendersi troppo vulnerabile con quella ragazza che lo intrigava più di quanto avrebbe mai voluto ammettere.
Doveva fermarsi.
Con la stessa calma con cui si era avvicinato, si allontanò da lei, lasciandola frastornata e trafelata.
Cecilia aveva avuto l'impressione che l'aria intono a loro si fosse caricata di una qualche sensazione, simile a quella che aveva provato la notte di Halloween, ma forse si era semplicemente sbagliata. Come era successo quella volta.
Bruno si raddrizzò sull'altalena e tentò di alleggerire l'atmosfera chiedendo: "Vengo sempre qua quando voglio stare solo. Di solito non c'è nessuno" fece una pausa e tornò a guardarla curioso.
"Cosa ci facevi qua sola?" chiese poi, abbandonando le braccia in mezzo alle gambe.
Cecilia stava ancora tentando di rimettere insieme ogni pezzo del suo cuore, esploso per tutte le emozioni provate in quelle poche ore, perciò rispose senza pensarci: "Volevo gridare al vento"
Bruno si voltò a guardarla con un'espressione confusa: "Gridare, dove?"
Cecilia realizzò quello che la sua bocca aveva detto e le sue guance si colorarono ulteriormente, tuttavia non aveva nessuna buona bugia che la aiutasse: "Al vento"
Sulle labbra di Bruno si formò un sorriso divertito: "Perché?"
Ogni volta che credeva di averla inquadrata, di aver capito il suo comportamento bizzarro, lei lo stupiva con qualcosa di nuovo.
La ragazza deglutì indecisa se continuare o restare in silenzio. In qualsiasi caso, sarebbe risultata strana.
"Perché sono successe tante cose. Con Emma, con mio padre, con Carola e..." lanciò una rapida occhiata a Bruno che la stava ancora studiando e proseguì sottovoce: "... con te"
Il sorriso di Bruno, suo malgrado, si accentuò, ma lei non se ne rese conto, tanto era immersa nel suo panico.
"E, gridare al vento, aiuta?" chiese Bruno, stuzzicandola un po' per testare la sua reazione.
Lei non trovò il coraggio di guardarlo ma annuì con convinzione.
Il ragazzo tornò a fissare l'orizzonte davanti a sé, senza aggiungere altro. Dopo un breve momento di silenzio si alzò dall'altalena, facendola cigolare e mosse qualche passo per allontanarsi.
Cecilia allora sollevò la testa, convinta che lui se ne stesse andando, un po' sollevata, un po' delusa.
Ma Bruno si incamminò nella direzione opposta rispetto a quella che lei si sarebbe aspettata e raggiunse il limite del parco vicino alla collina, fermandosi di fianco a una delle panchine che davano sul panorama della città.
Con un movimento lento che catturò la totale attenzione di Cecilia, Bruno raddrizzò la schiena, allargò le spalle, sollevò le braccia e portò entrambe le mani ai lati della bocca, formando come un cono.
Poi senza alcun preavviso, lanciò un forte grido verso il vuoto, liberando i polmoni.
Cecilia rimase immobile a osservarlo, rapita da ogni suo gesto, dalla sua bellezza, dal suo coraggio, dalla sua sicurezza.
Subito dopo aver gridato, Bruno abbassò le braccia e si lasciò andare in una risata genuina. Poi si voltò verso Cecilia e la guardò con uno sguardo interrogativo.
"Non mi raggiungi?" domandò con voce allegra "è stata una tua idea"
Cecilia tentennò e l'alternativa di girarsi e scappare si fece strada nella sua testa ma, la frase che gli aveva detto poco prima Bruno, le risuonò nella testa.
Devi smetterla di vergognati di te stessa.
Doveva smetterla. Davvero.
Si alzò velocemente prima che la sue mente le facesse cambiare idea e raggiunse il ragazzo vicino al limite del parco.
Guardò prima lui, poi davanti a sé e poi ancora Bruno.
Lui le fece un cenno di incoraggiamento, portò nuovamente le mani intorno alla bocca e si preparò per lanciare un nuovo grido.
La prima volta l'aveva fatto per divertimento, per sorprendere Cecilia ma, quando aveva finito di buttare fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, Bruno si era reso conto che era realmente liberatorio. Che funzionava.
Tutta la frustrazione che aveva provato fino a poco prima era sparita, si era dispersa nel vento, come quando prendeva a pugni il sacco da boxe, si sentiva libero.
Dalla gola di Bruno esplose un nuovo grido che rimbombò nel silenzio. Cecilia imitò i suoi movimenti e portò entrambe le mani ai lati della bocca, chiuse gli occhi e provò a urlare, ma ne uscì una sbiadita imitazione.
Quando riaprì gli occhi, notò che Bruno la stava fissando deluso, un moto di orgoglio si fece strada dentro di lei, non voleva vedere quell'espressione sul suo viso, non se doveva essere rivolta verso di lei.
Si rimise in posizione, prese un profondo respiro, ripensò al loro bacio era era stato fantastico e le aveva incasinato il cuore. Ripensò alle lacrime di Carola, che l'avevano ferita e le avevano incasinato la testa. Ripensò a tutti i tormenti di Emma, che le avevano incasinato la vita, a tutti gli sguardi delle persone che giudicavano la sua pelle ma soprattutto, ripensò alla considerazione che lei aveva di sé.
Devi smetterla di vergognati di te stessa.
Tutte quelle sensazioni si mischiarono dentro di lei, formarono come un groviglio che si incastrò nella sua gola. Improvvisamente non c'era più il parco, non c'era più Bruno, non c'erano più la terra e nemmeno l'orizzonte.
Cecilia gridò con tutto il fiato che aveva dentro i polmoni e lasciò che quel groviglio attraversasse la sua gola e fuoriuscisse dalla sua bocca, verso il nulla.
Le emozioni belle, quelle brutte, quelle tristi e quelle felici, lasciò che ogni cosa attraversasse il suo corpo, disperdendosi poi nell'aria e, quando finì di gridare, rimase solamente la leggerezza.
E il profumo di vaniglia.
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