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39 - Jolly

"Carmela" gridò Almunda irrompendo nella stanza d'ospedale della donna, la quale stava cullando teneramente la figlia neonata tra le braccia. Quando sentì il suo nome pronunciato con tanta foga, si allarmò e sollevò lo sguardo preoccupata.

"Gonzalo si è svegliato!" continuò poi la donna, mostrando all'altra un sorriso felice.

Carmela dovette sedersi sul letto per evitare di cadere, tanto fu il sollievo, le gambe le tremavano e la voce le era mancata in gola.

Almunda si avvicinò a lei e le poggiò una mano sulla spalla, nel tentavo di confortarla, poi aggiunse: "È nella stanza 305 al piano inferiore, vai da lui"

Carmela sollevò gli occhi su lei e vide la sua espressione di comprensione, si rialzò in piedi con il cuore che iniziava a battere più forte, rimise la figlia nella culla e si avviò verso la porta.

"Puoi guardarla per qualche secondo?" domandò all'altra, accennando alla bambina. Almunda si limitò ad annuire e si avvicinò alla culla mentre Carmela correva fuori lungo il corridoio e raggiugneva in poco tempo l'ascensore.

Chiamò il pulsante e aspettò qualche secondo ma ci stava mettendo troppo ad arrivare e lei non aveva tempo da perdere, così si guardò intorno, individuò le scale e si lanciò verso esse.

Scese i gradini due alla volta con il fiato corto e percorse il corridoio del piano inferiore con un certo affanno. Quando giunse davanti alla stanza 305, si fermò qualche instante prima di entrare. Doveva trattenere le lacrime, doveva mostrarsi forte, doveva stare vicino all'uomo che amava.

Aprì la porta, entrò nella stanza e lo vide, seduto sul letto con la testa rivolta verso la finestra illuminata dal sole. Si avvicinò con un sorriso che si fece sempre più grande, man mano che notava quanto fosse buona la sua salute. Aveva qualche contusione sul volto, una fascia sulla testa e un braccio rotto, ma era sveglio e vigile.

"Gonzalo" esclamò all'orlo delle lacrime anche se si era ripromessa di non piangere. L'uomo sentendosi chiamare, si voltò verso di lei e la vide avvicinarsi velocemente a lui e chinarsi per abbracciarlo con sollievo.

Rimase in silenzio finché lei non si staccò da lui e piantò i suoi occhi nei suoi.

"Sono così felice che stai bene" disse Carmela, trattenendo un singhiozzo.

L'uomo la osservò per qualche istante con un'espressione confusa e poi chiese: "Scusa, ma chi sei?"

La pubblicità di una nuova auto che sfrecciava tra le montagne innevate interruppe quel momento carico di mistero e Cecilia strinse i denti e soffocò un verso di frustrazione. Ogni volta che guardava quella telenovela, finiva per arrabbiarsi sul finale. Non poteva aspettare sempre l'episodio successivo per capire quale fosse il seguito.

Si alzò dalla sedia della sua scrivania e si lasciò cadere sul letto mentre il buio della sera faceva irruzione dalla finestra.

Era stata tutto il giorno chiusa in casa, troppo imbarazzata per mostrarsi a qualcuno, persino a Carola. Si erano scambiate dei messaggi, quindi non credeva che Bruno le avesse raccontato nulla, ma non voleva correre nessun rischio. E sicuramente non voleva incontrare il ragazzo in questione. Piuttosto avrebbe preferito vivere per sempre nella sua stanza, mangiando avanzi e riguardando all'infinito la telenovela spagnola.

Come aveva potuto bere tanto da arrivare a togliersi la felpa e ballare davanti a tutti? Come aveva potuto salire sulla sua schiena e cantare al suo orecchio?

E poi perché una canzone tanto strana?

Prese il cuscino e se lo portò sul viso, soffocando un grido che si liberò dalla sua gola. Ripose il cuscino al suo posto e fece dei profondi respiri.

Gli occhi le caddero sul diario della madre che giaceva sul suo comodino. Lo prese e aprì alla pagina ormai conosciuta, la calligrafia precisa della madre, eccezione fatta per quella T che lei scriveva come fosse una croce. E che Cecilia aveva cominciato a imitare da quando andava alle elementari. Scorse la lista, superando i punti già cancellati e si fermò sul primo libero: ballare in mezzo a una folla.

Lo osservò per diverso tempo, pensierosa. Ballare, effettivamente aveva ballato. In mezzo alla gente anche.

Ma poteva veramente dire di averlo fatto lei? Poteva forse cancellarlo?

Le pareva fosse una specie di imbroglio, quella che si era scatenata in pista non era veramente lei, ma era la Cecilia ubriaca.

Forse, se non avesse avuto tutta quella timidezza dentro di sé, sarebbe stata davvero quella Cecilia, ma non era questa la realtà. Voleva cancellare quel punto dalla lista consapevole di averlo superato con le sue sole forze, senza nessun aiuto, senza nessuno stratagemma, con la consapevolezza di ciò che stava facendo.

La sera precedente non aveva avuto la consapevolezza nemmeno del luogo in cui si trovava, figurarsi di quello che stava facendo. 

Decise di non cancellarlo.

Uscì dalla sua stanza e raggiunse la cucina dove trovò suo padre intento a cucinare la cena, era rivolo di spalle, stava cercando di girare qualche pietanza in una pentola che pareva schizzare troppo olio, quindi stava incontrando qualche difficoltà.

"Ti serva aiuto, papà?" domandò Cecilia, avvicinandosi a lui con cautela.

Sergio la rivolse una breve occhiata prima che uno schizzo di olio finisse sul suo dito facendolo trasalire.

"Sono ancora arrabbiato per ieri sera" sentenziò mentre prendeva un coperchio e lo poggiava velocemente sulla pentola pericolosa.

Cecilia trattenne una smorfia, non sembrava che la loro cena stesse procedendo come previsto, tuttavia decise di sorvolare e rispose: "Ti ho già chiesto scusa"

"Non basta" dichiarò deciso l'uomo, incrociando le braccia al petto dopo aver rivolto uno sguardo duro alla figlia.

"Ti ho scritto un messaggio per avvertirti che stavo tornando" cercò di giustificarsi lei, mettendosi sulla difensiva.

"Sei tornata troppo tardi, meriti una punizione" ribatté Sergio, cercando di mantenere un certo contegno, nonostante l'occhiata di paura che rivolse alla pentola quando iniziò a fare strani rumori.

Cecilia rimase con gli occhi fissi su di lui, non era abituata a questo tipo di atteggiamento da parte del padre. Capiva il suo punto di vista, ma insomma, era capitato una volta soltanto, poteva perdonarla.

"Una punizione?" ripetè con tono lamentoso "sei ingiusto!"

Sergio spalancò gli occhi sorpreso, voleva quasi dirle che non importava e che era felice che si fosse divertita, ma era pur sempre una ragazzina e lui doveva educarla nel modo che riteneva più opportuno, così annunciò: "Vai in camera tua"

Cecilia lo fissò interdetta, il tono che aveva utilizzato il padre era così deciso che non riuscì a replicare nulla, abbassò le spalle sconfitta e girò su sé stessa per tornare verso camera sua.

Sergio la osservò camminare, ormai aveva dimenticato la cena sul fuoco, l'unico suo pensiero era la figlia che stava tornando tristemente verso la sua stanza. 

Chi voleva prendere in giro? Il suo cuore era troppo tenero per permettere una cosa del genere. E poi la figlia era rimasta chiusa in camera tutto il giorno, non era il caso di rispedircela dentro.

"Aspetta" esclamò allora, allungando anche una mano verso di lei, che era quasi arrivata a destinazione.

Cecilia si fermò e si voltò verso di lui in tempo per sentirlo aggiungere: "Hai un jolly"

La ragazza corrugò le sopracciglia confusa e ripetè: "Un jolly?"

Sergio vagò con lo sguardo pensieroso, non era preparato per quella conversazione, così stava improvvisando, come quando nel pieno della notte lo chiamavano dal pronto soccorso per gestire una qualche emergenza.

"Sì" dichiarò allora "il jolly discoteca"

Cecilia lo guardò di traverso sospettosa e domandò: "E cosa sarebbe?"

"Un jolly che ti permette di saltare questa punizione" spiegò l'uomo con un certo orgoglio per aver trovato quella soluzione.

Cecilia pareva ancora confusa, ma aveva intuito che il padre non voleva punirla veramente, cercava solo di essere un buon genitore, anche se la ragazza lo considerava già tale.

"Allora lo uso" disse lei, stando al suo gioco e tornando verso la cucina, con un mezzo sorriso sulla faccia.

Sergio si rallegrò e fece per riprendere i fornelli, quando un dubbio gli saltò alla mente, proprio come il coperchio che aveva cominciato a gorgogliare minaccioso.

Spostò nuovamente la sua attenzione sulla figlia e aggiunse: "Ma vale solo per la discoteca"

Cecilia lo osservò questa volta divertita, notando il suo annaspare e rispose: "Chiaro"

Sergio parve rilassarsi, ancora una volta provò a concentrarsi sulla cena ma un nuovo pensiero lo distrasse. Si voltò verso la figlia e specificò: "Vale una volta soltanto, però"

Cecilia non riuscì a trattenere una breve risata e ribatté: "Va bene. Già usato quindi"

Sergio annuì questa volta convinto, guardò i fornelli, sollevò il coperchio con una smorfia, lo ripose e domandò: "Pizza?"

Cecilia sorrise e confermò: "Pizza"

Mentre stava seduta al tavolo da pranzo in cucina, osservando con tenerezza suo padre ordinare le pietanze al telefono, Cecilia non potè fare a meno di pensare che forse la vita le aveva dato poche carte buona da giocare, ma era anche vero che, tra quelle poche carte buona, c'era un jolly. 

Ed era suo padre. 

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