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20 - Margherite


Carola aveva vissuto tutto la giornata in attesa della festa di quella sera e, finalmente, era giunto il momento. Si era lavata i capelli e aveva usato la piastra per renderli più lisci del solito. Si era messa l'eyeliner con precisione e un buono strato di mascara. Aveva passato un po' di gloss trasparente sulle labbra, si era osservata allo specchio: un vestito nero che le arrivava un sopra al ginocchio, collant semitrasparenti dello stesso colore, stivali con la suola alta, giacca di pelle e un paio di collane che le pendevano dal collo.

Sperava di attirare l'attenzione, non di tutti, solamente di una persona, ma sapeva che non le avrebbe mai rivolto lo sguardo che bramava. Cecilia era una ragazza pura, innocente, si capiva dai suoi occhi che non aveva alcuna esperienza, non solo con l'amore, con le persone in generale.

Carola non voleva spaventarla, non voleva farla fuggire da lei, perciò sapeva di dover andare con calma. Molta calma. 

Puntò i suoi occhi nel riflesso allo specchio e in essi trovò un pensiero che aveva tentato di nascondere: non voleva spaventare Cecilia, ma non voleva neanche spaventare sé stessa. Non voleva arrivare al punto di temere l'amore, perciò doveva stare attenta.

Scosse la testa per cancellare quei pensieri troppo profondi per una serata di festa, afferrò cellulare e soldi, infilandoli nella tasca del giubbotto e uscì dalla sua stanza.

Mentre si avviava verso l'ingresso di casa sua, salutando la madre che sedeva sul divano intenta a guardare la televisione, si ritrovò affiancata dal fratello che stava seguendo la sua stessa direzione.

"Ehilà" la apostrofò lui, mimando un saluto militare con la mano e ammiccando un sorriso.

Carola si limitò a fargli un cenno con il capo senza nemmeno tirare fuori le mani dalle tasche, tanto che Bruno dovette chiamare lui l'ascensore, anche se si trovava più lontano dal pulsante.

Il loro riflesso si dipinse sullo specchio quando le porte si aprirono e permisero loro di entrare. Bruno si passò una mano tra i capelli per spostarli dalla fronte, guardò verso il basso e si rese conto che una delle stringhe delle sue scarpe da ginnastica era slacciata, così si chinò per sistemarla.

Carola seguì con gli occhi i suoi movimenti, notando come si fosse vestito meno sportivo del solito, un paio di jeans chiari che gli calzavano sulle gambe, una maglietta bianca che si intravedeva sotto il maglione leggero grigio e una giacca di pelle consumata.

Per la maggior parte del tempo, il fratello girava con pantaloni della tuta e magliette di varie squadre di basket, sport che praticava durante le medie, ma che aveva interrotto. Si limitava a esserne un accanito tifoso.

"Hai intenzione di cogliere tante margherite, stasera?" lo prese in giro lei, accennando al suo abbigliamento. Ovviamente non alludeva ai fiori, ma alle ragazze. 

Bruno finì di allacciare la scarpa e, quando tornò a raddrizzarsi, un sorriso divertito era spuntato sulle sue labbra.

"Forse" rispose enigmatico, fissando lo sguardo in un punto indefinito davanti a sé. Un lampo di furbizia passò nelle sue pupille e, dopo essersi chinato leggermente verso la sorella, le sussurrò all'orecchio: "E, tu?"

Carola lo fulminò con un'espressione severa, sapeva che la stava deridendo, sapeva che lui aveva già compreso ogni suo sentimento, gli era sempre bastato uno sguardo per capirla.

"Solo una, in realtà" decise di ribattere a tono la ragazza, sollevando il mento per darsi un contegno.

Bruno tornò con la schiena dritta mentre le porte dell'ascensore si aprivano e, proprio mentre imboccavano il corridoio che portava all'ingresso dell'edificio, le domandò: "E lei, lo sa?"

Carola gli schioccò un'occhiataccia come per intimarlo di smetterla, ma ciò che ottenne da lui fu una testa scossa e un sospiro affranto.

"Ci arriverò, prima o poi" concluse lei, oltrepassando il portone d'ingresso con stizza.

Bruno la seguì con tranquillità, ma sul suo viso si poteva notare un velo di preoccupazione, che lo portò a domandare, a voce bassa: " Prima o dopo averti fatto del male?"

Ma non fu sicuro che la sua voce avesse raggiunto sua sorella, perché lei non accennò a rallentare, né a voltarsi, giunse sul marciapiede illuminato dai lampioni e si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno.

Cecilia non era ancora arrivata e la speranza che si facesse vedere, iniziò a vacillare nel cuore di Carola. Bruno la superò, guardando dritto davanti a sé, le mani infilate nelle tasche dei jeans.

Una ragazza che distava qualche metro da loro, lo vide e gli fece un cenno con la mano, correndogli poi incontro.

"Ciao" lo salutò con un sorriso smagliante sulle labbra dipinte di rosso. Era appariscente e sembrava piuttosto spigliata, il genere di ragazza con cui solitamente usciva Bruno.

"Ciao, Margherita" ricambiò il saluto Bruno, allargando la sua bocca in un sorriso malizioso.

La ragazza dai lunghi capelli rossi che si arricciavano in tanto boccoli curati, spalancò gli occhi indignata e incrociò le braccia sul seno abbondante, ribattendo acida: "Mi chiamo Sara!"

Carola fissò il fratello sconcertata, non capiva mai se fosse serio e davvero non gli importasse nemmeno il nome delle ragazze con cui usciva, oppure se fosse uno scherzo continuo.

A giudicare dalla reazione del ragazzo però, immaginò fosse la seconda opzione. Bruno si lasciò andare in una risata profonda mentre poggiava un braccio intorno al collo della rossa, facendole nuovamente tornare il buonumore.

"Lo so, Sara" disse, scandendo con precisione il nome dell'amica "stavo scherzando" si voltò brevemente verso la sorella e le fece un rapido occhiolino, prima di allontanarsi lungo il marciapiede.

Mentre si avvicinavano alla piazza della città, il centro del festival dei fiori, le luci intorno a loro si fecero sempre più intense, i profumi più specifici, le voci più forti. 

Lungo le vie erano disposte tante bancarelle che vedevano ogni tipo di oggetto, liquido o cibo che fosse in qualche modo correlato con i fiori. Di ogni genere, di ogni colore, di ogni dimensione.Sopra le loro teste correvano fili dai quali pendevano ghirlande, composizioni, mazzi di fiori, una musica leggera e allegra passava tra loro e un dolce profumo impegnava l'aria.

Sara non aveva fatto che parlare per tutto il tempo, raccontando dettagli della sua vita amorosa, commentando qualche bancarella, salutando qualche amica ogni tanto. Bruno invece non era stato molto partecipe, ancora immerso nella conversazione avuta con la sorella poco prima. Non riusciva a spiegarsi come lei potesse innamorarsi così facilmente, soprattutto dopo tutta la sofferenza che questo sentimento le aveva sempre dato. Soprattutto sapendo che si stava incasinando in un amore non corrisposto, perché la ragazza in questione non sembrava così innocente.

Come poteva aprire il suo cuore ancora ferito con così tanta noncuranza, non si preoccupava di romperlo in mille pezzi?

Come poteva proteggere sempre gli altri, ma non pensare mai a sé stessa? Doveva forse essere lui a farla ragionare? O doveva semplicemente lasciare che seguisse la sua strada?

Troppe domande lo turbavano e nessuna risposta lo aiutava a comprendere quale fosse il bivio da imboccare.

Improvvisamente Bruno, sentì la voce squillante della ragazza che era di fianco a lui, domandargli qualcosa e guardarlo con curiosità.

Lui la osservò come risvegliandosi da un'altra dimensione e, finalmente, mise a fuoco la situazione in cui si trovava: stavano camminando per una via meno trafficata della altre, ma comunque molto illuminata, tuttavia Bruno non aveva la minima idea di quali fossero le parole che erano uscite dalla bocca di Sara.

Corrugò le sopracciglia confuso e si grattò il collo con una mano, come era solito fare quando si trovava in difficoltà per qualcosa.

Sara intuì che non aveva capito quanto gli era stato chiesto, così ripetè: "Quanti ne ho?"

Bruno la fissò ancora più confuso e dalla sua bocca uscì: "Di cosa?"

La ragazza sospirò un po' irritata e spiegò: "Di tatuaggi"

Bruno pensò subito che non gli interessava proprio niente di quanti tatuaggi avesse quella ragazza, ma non voleva sembrare scontroso, perciò incurvò leggermente le labbra e provò: "Tre?"

Sara gli restituì uno sguardo sconvolto, l'aveva appena detto e lui aveva comunque sbagliato!

"Quattro" esclamò risentita, incrociando nuovamente le braccia al petto e rivolgendo la sua attenzione alla via davanti a loro.

Bruno sollevò le spalle come a sottolineare che la cosa non lo interessava ancora ma sulla sua bocca il sorriso si fece più marcato mentre replicava: "C'ero quasi"

Non appariva per nulla dispiaciuto per aver perso tutto il discorso della sua accompagnatrice e non sembrava nemmeno che volesse rimediare in qualche modo.

Sara si fermò improvvisamente nel mezzo della loro camminata e si voltò verso di lui: "Mi stavi ascoltando?"

Bruno si soffermò accanto a lei con aria pensierosa, stava valutando se farla felice oppure essere sincero. Infilò le mani nelle tasche della giacca, riportò gli occhi davanti a sé e riprese a camminare tranquillamente mentre rispondeva: "No"

La ragazza rimase qualche secondo immobile, non era la reazione che si aspettava, non credeva che avrebbe ammesso così apertamente che non le importava nulla di lei. Sbuffò frustrata ma, dopo un attimo di esitazione, decise che non importava neanche a lei. Lo raggiunse saltellando e poggiò una mano sul braccio di lui, commentando con una risata: "Sei uno stronzo"

Bruno sapeva di esserlo. Bruno voleva esserlo. Bruno doveva esserlo. Perché nella sua vita, aveva imparato che, se colpiva per primo, era pronto per schivare il contraccolpo. 


Care mie lettrici, ben ritrovate! Lo so che ancora non conoscete bene Bruno, quindi forse è prematuro chiederlo, ma sono curiosa di sapere chi tra i miei personaggi maschili preferite, Bruno compreso. Forza, forza, rispondete!

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