Capitolo 31
Per la seconda volta aprii gli occhi in un luogo oscuro e sconosciuto: provavo dolore in tutto il corpo e la mia mente era annebbiata e confusa.
Ahia...
A fatica mi sedetti sulla gelida pietra scura e mi feci un rapido esame: non avevo né fratture né ferite gravi, ma solamente lividi e graffi.
Meno male...
Dato che stavo relativamente bene, prestai tutta la mia attenzione alla caverna dov'ero caduta, ma pareva un luogo anonimo e privo di qualsiasi attrattiva. La luce che lo illuminava era fioca e non capivo da dove potesse provenire.
Oltre a me non c'era nulla: mi trovavo al centro di una grotta silenziosa, senza alcuna possibilità di uscire da lì.
Non vidi, infatti, aperture o pertugi che potessero fungere da vie d'uscita: ero in trappola e non sapevo che fare.
Per un interminabile momento, rimasi seduta a terra, tremante ed incerta, a fissare le pareti rocciose in cerca di un qualsiasi indizio potesse essermi utile.
Ora basta!
Non posso rimanere qui in eterno!
La mia piccolina aveva bisogno di me.
I miei amici avevano bisogno di me.
Il mio compagno aveva bisogno di me.
Mio padre aveva bisogno di me.
Ed io non potevo arrendermi.
《Maledizione!》esclamai, furiosa, dando un calcio alla roccia e, ovviamente, guadagnandoci un alluce dolorante.
Niente.
La pietra era scura e liscia, priva di imperfezioni od aperture: una cosa praticamente impossibile.
《Come diavolo esco io da qui?!》gridai, impotente e frustrata.
《Ti arrendi?》domandò una voce fioca, ma potente, allo stesso tempo.
Mi girai, pronta a fronteggiare qualsiasi nemico mi si parasse di fronte, però, alle mie spalle, non trovai nessuno.
Ma che...?
《Ti stiamo aspettando...》disse un'altra voce, più melodiosa e delicata della prima.
《Chi sei?》chiesi a voce alta, compiendo un giro su me stessa per perlustrare l'area, ma, ancora una volta, non vidi nessuno.
《Avvicinati...》Un sussurro, troppo intrigante per opporsi, mi condusse dall'altra parte della grotta.
Camminai lentamente e con circospezione, però, non accadde nulla di strano o minaccioso.
In men che non si dica, mi ritrovai di fronte alla roccia scura che fungeva da parete e rabbrividii per il terrore.
Non era più liscia.
Allungai una mano per sfiorare quegli avvallamenti e, con orrore, compresi che, quello che stavo toccando con dita leggere e tremanti, era, in realtà, un volto umano.
《Ma cosa...?》balbettai, inorridita e col cuore gonfio di paura.
《Non ci hai salvati...》mormorò quella voce, risuonando forte e potente nel pesante silenzio che avvolgeva la caverna.
Lentamente, riuscii a mettere a fuoco quel viso ed arretrai istintivamente di qualche passo.
Non può essere...
《Ma... Non...》farfugliai parole incomprensibili e senza senso mentre, con orrore sempre più crescente, mi rendevo conto che quel volto, appena accennato, apparteneva ad una persona a me molto cara.
《Nadja...》Il suo nome sgusciò fuori dalle mie labbra in un sussurro spezzato.
Le lacrime iniziarono a scorrere senza sosta lungo le mie guance per poi raccogliersi sul mento prima di cadere a terra, senza produrre alcun rumore.
D'altronde che suono possiede la sofferenza più pura?
《Come... No... Non puoi essere tu...》Allungai nuovamente la mano verso di lei quando i suoi occhi si aprirono di scatto: non erano azzurri e limpidi come il cielo primaverile.
Erano solamente orbite vuote e scure senza un briciolo di vita.
《È tutta colpa tua...》Dalle sue labbra, immobili e serrate, uscì un mormorio di tenebra: oscuro ed accusatorio.
《No! Io...》esclamai, in preda al panico.
Non poteva essere lei...
《Ci hai abbandonati...》Un altro sussurro, stavolta maschile, attirò la mia attenzione ed il mio sguardo saettò verso sinistra.
《Anche tu...》singhiozzai, portandomi una mano alla bocca, nel vano tentativo di attutire il mio dolore.
A qualche metro di distanza da me, incastrato nella roccia, scorsi il volto del compagno di mille battaglie, quello che volevo disperatamente superare in bravura e tecnica, quello che, alla fine, si era arreso al suo cuore ed aveva creato una famiglia assieme alla mia migliore amica.
Lee, così come Nadja, non possedeva occhi, bensì orbite prive di calore ed umanità.
《No... Io... Non è... possibile...》
Tremando ed incespicando, arretrai di qualche passo, allontanandomi da quell'orrore.
Non riuscivo a credere ai miei occhi.
I miei amici non potevano essere...
《Mi fidavo di te...》Un'altra voce, più profonda e saggia, si unì a quelle di Nadja e Lee, in una cantilena malefica e tremenda.
Girai la testa verso destra e lo vidi: il volto dello Sciamano, il viso di mio padre, fuoriusciva dalla parete rocciosa come una maschera malconcia.
《No... padre...》mormorai, scivolando a terra, in preda allo sconforto ed alla sofferenza.
Come una bambina spaventata, serrai gli occhi e nascosi il volto fra le mani per non vedere più quel...
Non sta succedendo davvero...
Loro non possono essere...
《È colpa tua... Solamente tua...》
Al suono di quella voce, nuova e sconosciuta, alzai la testa di scatto e scandagliai con lo sguardo la caverna, in cerca del suo possessore, ma non trovai nessuno.
Eravamo solamente io ed i miei amici... morti.
《Chi c'è?》gracchiai, in modo poco convincente, con voce arrochita dal pianto.
Come riposta ricevetti solamente una risata: malefica, profonda e denigratoria.
《Fammi uscire, maledetto!》gridai, al limite della sopportazione, alzando di scatto in piedi, pronta a dare battaglia a chiunque mi si fosse parato di fronte.
《Sciocca...》
Appena quella voce sinistra pronunciò quell'unica parola il pavimento su cui poggiavano i miei piedi, il solido pavimento di roccia, scomparve.
In senso letterale.
Un secondo prima ero furiosa e combattiva, il secondo dopo stavo precipitando nuovamente in una voragine tetra e gelida.
Non ebbi neppure il tempo di gridare che fui inghiottita dalle tenebre.
Quando mi risvegliai ebbi una brutta sorpresa.
Non mi trovavo, infatti, in una grotta oppure su un ponte sospeso, bensì in mezzo al nulla: ero sola, immersa in una distesa infinita d'acqua gelida e leggermente torbida. Aveva, infatti, un colore opaco e grigiastro come se fosse inquinata.
La cattiva notizia era che non potevo respirare altrimenti sarei morta affogata: iniziai, quindi, a scalciare come una forsennata per guadagnare la superficie, ma, per quanto potessi nuotare velocemente, non riuscivo ad emergere.
Il che poteva significare una cosa soltanto: ero nei guai.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro