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5

Quando Eliezer si era separato da Gloria, quel pomeriggio poco prima di Natale, era certo che non l'avrebbe mai più rivista. Quel pensiero gli faceva male al cuore e aveva tentato con tutto se stesso di soffocarlo, di relegarlo in un angolo della propria mente, di convincersi che avrebbe fatto meglio a superare in fretta la cosa perché se anche Gloria avesse voluto vederlo di nuovo – e nonostante le emozioni provate quel giorno, Eliezer non avrebbe scommesso un soldo su quell'eventualità – lei era comunque umana: sarebbe morta in un battito di ciglia, secondo i suoi standard di drago.

Ovviamente Eliezer aveva capito ben poco di Gloria, e cioè che quella donna era tanto ostinata quanto chiacchierona.

Eliezer era seduto su un prato a Villa Borghese, un paio di giorni prima di Capodanno, invisibile come sempre: a occhi chiusi prendeva dei profondi respiri dal naso, annusando l'aria. C'era odore di pioggia, e lui si augurò che facesse abbastanza freddo perché ci fosse anche un po' di neve. Amava la neve – le distese innevate della Siberia e quelle ghiacciate dei Poli erano gli unici luoghi in cui non si fosse sentito fuori posto, mimetizzato com'era con le sue scaglie bianche in mezzo al bianco – e avrebbe voluto averne intorno qualche fiocco senza dover volare altrove.

Era immerso in questi pensieri quando sentì un rumore di passi e una voce stranamente familiare.

«Eliezer?» chiamò la voce. «Eliezer, lo so che sei qui. Non chiedermi come ma lo so. Forse è un sesto senso, o magari ho sviluppato un superpotere! Qualcuno potrebbe aver messo un siero per incrementare le mie capacità mentali, in quel cappuccino. O magari mi hai fatto un incantesimo...»

Eliezer sospirò. Anche se non ne avesse riconosciuto la voce, quel fiume di chiacchiere non poteva arrivare che da una persona. Si decise a tornare visibile e aprì gli occhi, in attesa.

«Eccoti, finalmente!» sbottò Gloria quando lo trovò. «Potevi anche darmi un indizio su dov'eri!»

«Ero certo che i tuoi superpoteri ti avrebbero guidata molto meglio di me» la prese in giro prima di rendersi conto di quello che stava facendo: stava scherzando. Aveva appena fatto una battuta.

Gloria sedette accanto a lui sull'erba. «Allora, Elie, ti sono mancata?»

Il drago arrossì. Quella donna era sfacciata in modo incredibile, e questo lo mandava in confusione ancor più della sua semplice presenza.

«Io... cosa... perché?» farfugliò.

«Prendi fiato, Elie» lo rabbonì Gloria. «Ti stavo solo stuzzicando un po'!»

La donna scoppiò a ridere tenendosi lo stomaco, mentre gettava indietro la testa e il cappello di lana scivolava via, lasciandole liberi i capelli biondo scuro. Eliezer si scoprì a fissarla e si sentì come se stesse volando: provava lo stesso senso di libertà, la stessa euforia in fondo allo stomaco, insieme a qualcos'altro che non sapeva identificare.

Gloria si buttò di schiena sul prato e tese una mano verso di lui. «Mi fai compagnia?» chiese. «Visto da qui, il cielo è bellissimo».

Eliezer si sdraiò e sbirciò il cielo riflesso negli occhi di Gloria. Aveva sempre pensato che il posto più bello da cui guardare il cielo fosse il cielo stesso, ma non ne era più tanto sicuro.

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