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Capitolo 24

Era passata una settimana.
Il caldo si faceva più forte, le nausee erano diminuite e io avevo un appuntamento con la dottoressa Lina.

Mentre io e Ciccio facevamo colazione, parlammo di nostro figlio: le cose da comprare, la cameretta da preparare... Ma tutto era limitato dal fatto che non sapevamo il sesso del bambino.
Fu così che iniziammo a giocare con i nomi, e dopo vari battibecchi e disguidi arrivammo ad un accordo: se fosse stata femmina l'avremmo chiamata Carmen, se invece fosse stato maschio l'avremmo chiamato Francesco, come il papà di Salvatore.
Poi iniziammo a prepararci per andare dalla dottoressa.

Quando arrivammo, la dottoressa Lina ci fece subito accomodare.
-Allora Enia, come si sente?- mi chiese.
-Meglio, le nausee sono meno frequenti.. Comunque mi chiami Enia, non sono poi così vecchia.- gli dissi facendogli l'occhiolino. Lei rise.
-Oh cara, lo so. Solo che sono abituata ad essere molto formale con le mie pazienti.. Comunque ci proverò, Enia.-
Io le sorrisi e lei prese a spalmarmi un gel sulla pancia. Poi mi fece un'ecografia e me ne stampò una copia che io conservai molto accuratamente.
-Bene- disse -Sei ufficialmente al primo mese di gravidanza.-
Io le feci un sorriso un po' timido e lei inarcò le sopracciglia.
-Sai, non ti ho mai parlato di un aborto.. Ma siamo ancora in tempo, se vuoi, anche se personalmente lo sconsiglio.- disse.
-No dottoressa, non c'è bisogno che ne parli con noi perché non abbiamo nessuna intenzione di uccidere la nostra creatura- ribatté Salvatore che era stato zitto per tutta la durata della visita. Io lo guardai un po' male per il tono con cui si era rivolto alla dottoressa, e notai che aveva la mascella serrata e i pugni stretti. C'era sicuramente qualcosa che non andava.
La dottoressa non si scompose e, ignorando Salvatore, guardò me.
Io le annuii semplicemente, d'accordo con Ciccio. Lei mi sorrise dolcemente e mi diede l'appuntamento per il mese successivo.

In macchina il silenzio era assordante così mi decisi a parlare:
-C'è qualcosa che non va? Perché ti sei rivolto così male con la dottoressa?-
-Perché pensava che fossimo dei mostri. Io non voglio uccidere nostro figlio.- disse staccando una mano dal volante e posando la sul mio grembo.
-È un argomento delicato, ma è suo dovere parlarne con noi come con qualsiasi altra coppia- cercai di giustificarla io.
Salvatore non mi rispose, continuava a prestare attenzione alla strada.
-So che c'è qualcosa che non va, e so anche che non c'entra la dottoressa Lina.- gli dissi.
Lui si accigliò e fece un mezzo sorriso.
-Mi conosci così bene- disse.
Gli feci un debole sorriso anch'io e continuai a guardarlo in cerca di spiegazioni. Lui sospirò:
-Sono preoccupato. Perché quando partirò sarai sola.. Chi si prenderà cura di te? Chi ti starà vicino?-
Beh, aveva ragione. Ma non poteva rinunciare.. Non gliel'avrei permesso.
-Beh, potremmo dirlo a Giulia.. E anche a Maria e David. Non sono poi così sola- lo rassicurai.
-Hai ragione! Lo diremo a loro.- disse.
-Se non ti dispiace vorrei dirglielo io, più in là- gli chiesi ma la voce mi si incrinò un po'.
-Perché?-
-Beh, sai.. I primi mesi sono i più pericolosi.. Vorrei aspettare almeno fino al terzo mese, dove le probabilità di avere un aborto spontaneo sono molto più basse. Sai, non voglio illudere nessuno, e tanto meno noi.- dissi sospirando.
-Hei, non succederà mai niente di tutto questo. Comunque se sei più serena e più felice così, faremo come hai detto tu.- mi disse dolcemente mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e accarezzandomi il lobo.
Io gli sorrisi e lo baciai.

Il cellulare di Salvatore suonò all'improvviso facendoci trasalire.
Eravamo appena arrivati a casa e io mi buttai sul divano.
Non capii con chi stava parlando Salvatore ma lo vidi irrigidirsi e corrugare la fronte.
Terminò la chiamata e mi guardò preoccupato. Mi si contorse lo stomaco.
-Il 18 Settembre partirò- annunciò.
Sentii una fitta al petto e la delusione salirmi fino alla bocca.
Sembrava un tempo lontano, erano solo gli inizi di giugno, ma sapevo che sarebbe arrivato presto, molto presto.
-Dove ti portano?- fu tutto ciò che riuscii a dire.
-A Roma, alla sede. Poi non lo so, probabilmente in Tunisia.- disse abbassando lo sguardo come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.
-Ma.. In Tunisia sono in procinto di guerra, o no? Non è rischioso?- gli chiesi tutto d'un fiato.
-Beh si.. È per questo che ci andiamo. Comunque no, non c'è pericolo.- cercò di rassicurarmi ma non ci riuscì.
Abbassai lo sguardo sui miei jeans e sentii i miei occhi inumidirsi. Lui si avvicinò a me, mi alzò il mento così da guardarlo negli occhi e mi disse:
-Promettimi di non piangere. Andrà tutto bene.-

***

Erano passati tre mesi.
Era arrivato il momento, e io non volevo crederci. Ci trovavamo alla stazione. A breve Ciccio sarebbe partito e io non volevo lasciarlo andare.
Lui continuava a sussurrarmi parole rassicuranti e sembrava molto convincente.
-Enia, quando ritorno ci sposeremo.. Già ti vedo vestita di bianco e la piccola Carmen a farci da damigella. Tu sarai bellissima e io sarò il ragazzo più felice del mondo.-
Gli sorrisi e ci baciammo teneramente, poi si mise in ginocchio e mi baciò la pancia.
L'ultima chiamata del treno.
Mi diede un ultimo bacio e salì sul treno. E io ero lì, a guardare l'unico uomo della mia vita andare via da me.
Mi ero promessa di essere forte. Lo avevo promesso a me stessa e anche a Ciccio ma fu proprio quando lo vidi allontanare che una lacrima mi rigò il viso.

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