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Capitolo 15

Erano le 17:55 quando arrivammo nell'ufficio, se così si vuol chiamare, di Donato. Era impegnato con una ragazza così ci accomodammo fuori per aspettare. Era proprio come me lo ricordavo. Le pareti grigie e le sedie marroni. Stop.
Alcune mie ex 'colleghe' mi salutarono e mi chiesero come stavo. Mi davano l'impressione che loro sapessero il motivo della mia visita, e questo mi mise in ansia.
Nelle ultime ore era passata, e adesso eccola qui.

La ragazza era appena uscita. Ci siamo, ora o mai più.
Entrai nell'ufficio stringendo la mano di Salvatore e chiudemmo la porta.
Donato ci sorrise e si alzò.
-Ciao Enia- disse e mi baciò le guance. Poi si rivolse a Ciccio...
-Oh, che piacere. Salvatore Ricciardi. L'altra sera non abbiamo avuto l'onore di presentarci..-disse porgendogli la mano -Sono Donat...-
-So chi sei!- tagliò corto Salvatore, con tono brusco e non strinse la mano di Donato, come se fosse infettata o sporca.
Donato però ci sorrise e tutti e tre ci accomodammo.
-Allora Enia, siamo qui perché ti ho detto che avevo bisogno di parlarti.. ed è vero- disse.
Io annuii e strinsi la mano di Salvatore che ricambiò la mia stretta.
-Bene, innanzitutto volevo scusarmi con te perché mi sono comportato male e ne sono molto dispiaciuto.-
Salvatore fece un sorrisetto ironico e io calai la testa come per dire "accetto le tue scuse".
Donato continuò:
-Enia, io non so davvero come comportarmi. Tuo zio è venuto tre volte questa settimana chiedendomi di te, e quando io gli ho detto che non facevi più questo mestiere insistette per sapere il tuo indirizzo..-
Io sgranai gli occhi e lui proseguì -Ovviamente non gli ho detto nulla, ma penso che sia una cosa grave.. Cioe, so bene che tu eri una delle mie migliori ragazze ma penso che il suo comportamento sia esagerato. Vorrei solo sapere cosa ne pensi al riguardo.-
Non sapevo che dire, ero come senza parole, e mi accorsi che trattenevo un respiro.
-Non so che dirti. Io non voglio sapere nulla di lui e la sua insistenza non fa altro che aumentare il rancore e l'odio che sento nei suoi confronti. Ti ringrazio per non avergli detto dove abito, e anche per avermene parlato.- ammisi.
-Enia, penso sia più grave di quanto pensi. Era così arrabbiato che io non gli avessi dato alcuna risposta, che prese una mia ragazza e la picchiò.- disse.
Il mio cervello era in tilt. Ma cosa diavolo voleva ancora?
Donato mi fissava e per la prima volta da quando lo conosco, vidi nei suoi occhi un accenno di preoccupazione.
-Grazie Donato, davvero.- dissi alzandomi.
Lui si alzò e Salvatore fece lo stesso.
-Per qualsiasi cosa, Enia, io sono qui.- aggiunse e sembrava sincero.
Sapevo che era un uomo abbastanza potente ma non volevo rivolgermi a lui, per nessun motivo.
Lo salutai e uscii dal suo ufficio, e dietro di me Salvatore che era stato in silenzio tutto il tempo ed il suo sguardo era diventato cupo.

Il viaggio sembrò più lungo del previsto, trascorso in totale silenzio poi era ancora più terribile.
Salvatore non aveva emesso un fiato per tutto il tempo e la cosa mi faceva male. Sapevo che avrei rovinato tutto, sapevo che era meglio stare lontani... Eppure eccoci qua.
Io lo amavo, l'ho sempre amato e adesso? Cosa sarebbe successo?

Arrivammo a casa e in totale silenzio andai nella mia, o meglio nostra, camera da letto. Lui mi seguì e si sedette mentre io prendevo un paio di jeans e una felpa blu dall'armadio.
-Beh, che c'è?- chiesi infastidita dal modo in cui mi guardava e dal fatto che non si era nemmeno degnato di chiedermi come stavo, anche se non lo sapevo neanch'io.
-Non posso più guardarti?- chiese, quasi triste.
-Si, puoi. Ma non in quel modo. Era proprio questo che volevo evitare.- dissi acida.
Si alzò e mi si avvicinò.
-Intanto ti calmi.- disse e per la prima volta da quando eravamo insieme, ebbi paura.
-Come posso calmarmi dopo ciò che è successo? Dopo quello che ha detto Donato? Dimmi come faccio.- quasi urlavo.
-Devi calmarti perché non hai motivo di essere così nervosa ok? Lui ti vuole, è chiaro. Ma non ti avrà. Ti ho fatto una promessa ricordi? E la manterrò, fosse l'ultima cosa che faccio!- esclamò.
Rimasi a bocca aperta. Non sapevo cosa replicare, ero davvero sconvolta ma anche felice per le sue parole.. In fondo erano belle parole.
Sentii le lacrime rigarmi il volto mentre mi ripetevo di non piangere.
-Non piangere. Non c'è ne motivo. So che hai paura, e ti dirò una cosa.. Anch'io ho paura. Perché se riuscisse a portarti via da me io non saprei più cosa fare. Ma ti darò una certezza: non accadrà. Non permetterò a quel verme schifoso di toccarti nemmeno con un dito.- aveva la mascella contratta e le mani stringevano in un pugno.
-Grazie- fu l'unica cosa che riuscii a dire tra le lacrime.
-Non ringraziarmi..- disse -Non c'è ne motivo. Voglio solo che tu sia al sicuro e che stia bene..- ammise, i suoi occhi mi guardavano e sembrava come se volessero dirmi qualcosa, ma questa volta non furono i suoi occhi a parlare.. ma le sue bellissime labbra si mossero.
-Ti amo, Enia.- disse - Ti amo da quando avevo 12 anni e tu 10. Ti amo da quando ti ho regalato il mio bracciale. Ti amo da sempre, e ti amerò.. Per sempre.- disse.
Non riuscii a trattenere le lacrime. Lo gettai sul letto e iniziai a baciarlo con foga. Facemmo l'amore quella sera, sussurrandoci "Ti amo" tra un gemito e un altro.

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