Capitolo 12
-Cosa sta succedendo qui?- chiese gelido.
Non poteva succedere, non doveva succedere! Cosa gli avrei detto? Cosa avrei fatto? Ma soprattutto... Cosa avrebbe fatto lui? Mi avrebbe lasciata a marcire proprio mentre mi stava salvando.
"Cosa cazzo faccio?"
Lo fissavo senza dire una parola, mentre lui avanzò e chiuse la porta.
Si sedette sul divano e il suo sguardo passava da me a Donato.. Senza capire.
-Penso dovresti dargli delle spiegazioni- disse Donato con un ghigno.
"Fottuto bastardo!"
-Va via- dissi impassibile.
Donato mi fissò con aria interrogativa, facendo finta di non capire.
-Va via!- gli urlai contro.
-Va bene, va bene. Vado. - si alzò e fece per andarsene... Poi continuò -A presto, Enia.- e andò via.
Non potevo credere che l'avesse fatto.
Giuro, lo avrei ucciso con le mie mani.
In quel momento il mio cellulare vibrò ed era Donato che mi aveva scritto un messaggio:
Da Donato.
Spero di rivederti al lavoro, altrimenti racconterò tutto al tuo caro Salvatore. ;)
Lo uccido. Davvero. Come può ricattarmi così? Ci penserò più tardi, ora dovevo risolvere la questione con Salvatore che mi guardava e aspettava una mia spiegazione.
Sentivo i suoi occhi verdi fissi su di me.
-Allora?- fu lui a rompere il silenzio.
Ma io non sapevo cosa dire, non sapevo da dove iniziare...
Non gli risposi e aprii un cassetto dove vi era una bottiglia di Jack Daniels.
Da quando Salvatore abita qui da me ne ho sempre una a casa.
Presi un bicchiere ma mi scivolò e cadde a terra, rompendosi.
-Fanculo!- borbottai.
Aprii la bottiglia e bevvi, due grandi sorsi. La mia gola bruciava un po' ma mi piaceva.
-Ma che ti prende?- mi chiese Salvatore irritato. Irritato per cosa? Perché ha trovato un uomo in casa mia? Perché gli nascondo alcune cose? Perché ho rotto il bicchiere? Perché?
Sono io ad essere irritata non lui.
Bevvi un altro sorso ma questa volta Salvatore mi strappò via dalle mani la bottiglia e la poso sul tavolo.
Mi si avvicinò e mi accarezzò il viso.
-Enia, parlami. Sai che a me puoi dire tutto- il suo tono era calmo e gentile.
Come lo era stato negli ultimi quattro giorni, e io non volevo rovinare tutto questo.
Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso.
-Promettimi che non te ne andrai mai, che nonostante tutto starai sempre con me.- la mia era quasi una supplica e lui annuì.
-Promettilo!- urlai.
-Lo prometto! È ovvio che lo prometto! Non scapperò via da te, noi staremo sempre insieme.- tentò di rassicurarmi.
Era arrivato il momento.. il momento che volevo non arrivasse mai.
Ma era giusto che lui sapesse.
Lo feci accomodare sul divano, ma io rimasi in piedi.. Non potevo stare tranquillamente seduta mentre le immagini del mio passato riaffioravano.
-Senti, ti racconterò tutto ma non interrompermi. Appena avrò finito potrai dirmi tutto ciò che pensi.- dissi.
Lui annuì e io proseguii..
-Innanzitutto, penso avrai capito che quell'uomo fosse Donato.- aspettai che mi confermasse ciò che avevo appena detto e infatti annuì. Bevvi un sorso di Jack Daniels e continuai..
-Ricordi chi mi portò in orfanotrofio? Fu mio zio, Giuseppe, unico mio parente tra l'altro, all'età di due anni.
Quando arrivasti tu io ne avevo quattro ma penso ricordi che mi veniva a prendere tutti i sabati per stare un po' con lui..- Salvatore annuì e io proseguii
-Non l'avesse mai fatto. Ogni volta mi faceva tanti regali e mi ripeteva sempre quanto fossi bella, e io ingenua com'ero, pensavo mi dava tutte quelle attenzioni perché mi voleva bene.. Mi sbagliavo! Avevo dieci anni, quando mi prese con forza e mi sbatté sul letto.
Poi si mise su di me e prese a spogliarmi. Io mi dimenavo e lui mi colpiva, per farmi stare buona.
Finché poi, mi violentò.
Sembrava un animale, non il mio caro zio che mi voleva bene.- Mi fermai. I ricordi facevano male e io ripresi a piangere. Salvatore mi guardava attentamente, senza dire una parola. Bevvi un altro sorso e continuai.
-Fu da quel giorno che io non volevo più uscire il sabato con lui. Perché ogni volta era sempre più cattivo e continuava a ripetermi che io servivo solo a quello e che era quello il mio destino. Già da allora io capii che il mio lavoro era quello della prostituta. Fu lui a farmelo capire. Poi un giorno non tornò più e io iniziai una 'nuova vita'. Incontrai Donato che mi propose di lavorare con lui, e beh.. Un giorno si incuriosì e io gli raccontai tutto. Adesso mi ha ricattata, ha detto che se non riprendevo il mio lavoro ti avrebbe detto tutto, ma ho preferito farlo io.- conclusi. Lo guardai e i nostri occhi si unirono.
Mi fissava attentamente senza proferire parola e le mie lacrime scorrevano sempre più.
-Parlami Ciccio, per favore.- lo supplicai.
Ma lui rimaneva impassibile. Passarono diversi minuti, poi parlò.
-Perché non mi hai mai detto niente?- mi chiese.
-Perché è il mio passato e lo odio. E poi ero sicura, e lo sono anche adesso, che mi avresti lasciata da sola.-
Mi prese un braccio e mi fece sedere sulle sue gambe. Mi strinse forte.
-Come puoi pensare che io possa giudicarti? Come puoi pensare che io tu lasci andare solo per il tuo passato?- mi chiese.
-Ho paura.- ammisi.
-Non devi avere paura, non di questo. Io voglio solo il tuo bene, e spero che tuo zio sia morto perché se lo trovo, gli taglio le palle e me le metto come collana!- esclamò arrabbiato.
-No, non è morto. È andato a cercarmi da Donato e gli ha detto che mi vuole parlare. Io non voglio aver nulla a che fare con lui. Lo odio e non voglio vederlo!-
-Non succederà, non preoccuparti. Non riuscirà a toccarti nemmeno con un dito, ci sarò io a proteggerti.-
Lo strinsi a me e lui ricambiò la stretta.
Le lacrime continuarono a scorrere sul mio viso e lui le asciugava con dolcezza.
Dopo un tempo che sembrò un'eternità mi chiese:
-Come ha fatto ad entrare?- riferendosi a Donato.
-Mi ha procurato lui questa casa, e probabilmente aveva una copia della chiave.- dissi io, ripetendo le parole che Donato mi aveva detto poco fa.
-Bene, domani cambieremo la toppa.- disse serio, poi si addolcì -Ora andiamo a fare una doccia, è tardi e dobbiamo andare a dormire.- sorrise.
Sorrisi anch'io e lo seguii in bagno.
Ci spogliammo e ci lavammo reciprocamente, scambiandoci dolci baci e tenere carezze.
Ci accoccolammo sotto le coperte, mi strinse forte e io mi addormentai sul suo petto.
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