Capitolo 27.2
Secondo un proverbio giapponese, recitato una volta da mio nonno per un bicchiere spruzzato d'argento rovesciato sulla sua tovaglia preferita, l'acqua colata a terra dai bambù non si può recuperare. Non la si può seguire, mentre si disvela nelle trasparenze della sua non forma; non la si può fermare.
Avevo biglie di ghiaccio sul collo, e pepite di fuoco nell'addome, quando le dita ferme del ragazzo si riaprirono, scendendo delicatamente insieme alle mie sulla pelle asciugata da lui, sotto la stoffa della maglia che ricadeva in morbide pieghe.
Intercettai il suo sguardo, nel momento in cui lui le sottrasse, facendole scivolare dalle mie, e qualcuno entrò nella stanza, accorgendosi dell'allagamento aromatico che partiva dal ripiano dei vasi fino a estendersi dentro di me.
Elias era una cortina nera senza plenilunio, i suoi torrioni portanti di pietra erano ancora rabbuiati e negavano un passaggio, rendendo impossibile trovare una mappaluna, ma i suoi occhi non avevano smesso di instillare onde limacciose nei miei, anche quando erano sfuggiti per salutare Emma.
«Hai portato il lago di Monte Isola a Firenze.» scherzò su di lui la mia amica, aggiungendo interrogativi al silenzio che l'aveva preceduta, osservando il rimescolio continuo di una piena di sensazioni confluire in una chiazza larga ai nostri piedi.
«Ho fatto male.» disse solo lui, rispondendo con lo stesso tono elusivo, nelle sue iridi fluide un idioma che non ero in grado di decifrare, girandosi a riunire uno a uno i rami di Calicanto che aveva irruentemente messo in disordine, quelli stessi che lui riteneva sbagliati. «Servono degli stracci.»
Non riuscii a spostarmi, a pensare, a fare qualunque gesto il lavoro richiedesse, ero come irrigidita su uno spiombo di un mare che si gonfiava in altezza mentre mi ossessionavo a vederlo salire di livello dominato dall'occhiata sfuggente del ragazzo.
Alcuni petali gialli sembrarono non voler lasciare il suo palmo, vi restarono nascosti, affossati sulle sue linee della vita, forse nella speranza di potervi far parte. Invece, lui li lasciò cadere al bordo del vaso, quando lo ebbe raddrizzato nella sua posizione originale, senza curarsi più di loro, rifiutandoli.
«Vado io.» si rese di aiuto Emma, uscendo dalla stanza, adesso eccessivamente piccola per contenere uno sciabordio come quello che avvertivo, trasparente, nell'aria costretta, nei vestiti bagnati, nel corpo lucido.
Elias rigirò gli occhi su di me, notte estirpata delle sue Pleiadi, abbassandoli di nuovo al mio fianco, con lenta disarmonia, e fu come se il mio naso fosse appena stato chiuso dall'acqua, come se la mia testa fosse stata spinta in quel gorgoglio che partiva da lui e sommergeva ogni cosa, e di me non fosse rimasto altro che una soffocata colonna di bollicine.
Liquida, scorrevo con lui nel suo movimento oculare sempre più basso, fino alla scivolosità che aveva dato al pavimento e a noi due, in un imperituro disequilibrio.
Il cuoio nelle scarpe, il crivello nello sguardo, una presenza come un amuleto dagli specchi annacquati.
«Non avrei dovuto.» si amareggiò, accorgendosi di aver invaso il nostro modo di relazionarci, rivoltandolo con il salire vorticoso di litri di trasparenze che ci sfidavano a sopravvivere. «Ma...»
Il suo tono di voce si affievolì in un calare di vespro, fino a spezzarsi in un solido silenzio, parole votate al nulla, come opali nobili ritirati in una cassa sigillata.
Cercavo di nuotare, trattenendo il fiato, mi agitavo in un'agonia che aveva la fragranza di Calicanti scossi e rigettati, ma Elias non mi tese una mano per tirarmi fuori, si riavvicinò, invece, con intenzioni poco chiare, fino a sfilare il nebbione temporalesco dei suoi occhi nei miei, pronto a scaricarsi in una precipitazione di ruggine e fulmini.
Lo lasciai fare, impossibilitata a respirare, attendendo altra acqua portata da lui che mi avrebbe annegata, o trasformata in un'onda gonfia di desiderio e risentimento.
Ero addossata al ripiano, schiacciata all'indietro dalla forza della sua occhiata, se si fosse piegato ulteriormente in avanti, avremmo rischiato di buttare giù non uno, ma tutti i vasi, rompendo i rami gialli d'Inverno in un bagno di spore e profumi.
La parlantina di Emma con sua madre, che si facevano sempre più nitide, lo distrassero, invertendo qualsiasi pensiero avesse avuto su di me; arretrò di nuovo, girandosi a riprendere la giacca, ora sottobraccio.
Evitò di starmi vicino come prima, e anche se non capivo il motivo della sua rapace ambivalenza, mi sembrò di poter resistere alla sottrazione di ossigeno, di poter scalciare fino a risalire per esigere una boccata libera.
La mia amica arrivò alla soglia con due stracci e scope, accompagnata dalla nostra superiore, che squadrò prima il ragazzo, poi me, e solo dopo, il fluire splendente che si espandeva per terra, insinuandosi fin sotto la mobilia, permeando le fessure.
«Volevi parlarmi, vero, Elias, prima di... questo?» chiese la Berti, rivolgendosi a lui con una morbidezza e un'accortezza che non ero abituata a notare nei nostri confronti. «Hai bussato in un momento impegnativo, stavo gestendo una chiamata per un buon ordine che vorrei assolutamente prendere. Ho saputo che hai atteso una decina di minuti fuori dalla porta, mi dispiace, ma è andata per le lunghe, e ancora non ho concluso l'accordo come speravo.»
«Sì, quando può.» disse soltanto lui, voltandomi le spalle per andarle incontro, la singolarità di un airone nero, e io mi sentii in difetto ad aver creduto che fosse passato subito da me, appena tornato dal viaggio.
«Ora posso, vieni pure.» lo esortò la donna, fermandosi a guardare Emma che mi si affiancava, porgendomi uno straccio e una scopa, e tenendo i restanti per sé. «Mia figlia si è offerta di aiutare ad asciugare qui.»
La fissai, scuotendo dolcemente il capo, pensando che non sarebbe stato un obbligo della mia amica, eppure lei voleva esserci per me, e forse pure per Elias, per il quale ogni tanto mi era parso avesse una certa attenzione; lei mi sorrise, colpendo con leggerezza il mio manico con il suo.
«Iniziamo, Ester.»
✴
Se mio nonno fosse ancora in vita, paragonerebbe il ragazzo a un Shishi Odoshi, a quella canna di bambù che trasferisce l'acqua nelle conche in un tempio d'Oriente, muovendosi ciclicamente in verticale da una estremità all'altra. Il suono secco della canna che colpisce la pietra allontana sempre gli animali dalle coltivazioni, le protegge. Shishi Odoshi in italiano significa "spaventare i cervi".
La conversazione tra Elias e Lisa si protrasse per più di un'ora, nessuno dei due uscì dalla stanza in cui si erano chiusi, per un tempo che mi parve poco assorbente, non riuscendo a prosciugare neanche una goccia di quell'inebriante allagamento che si era formato nel mio petto, nei miei pensieri.
Mi accorsi che avevano finito quando il ragazzo mi passò davanti, incrociando i miei occhi con una pressione oscura che mi attrasse e repulse, smuovendo l'acqua che aveva fatto filtrare in me, e al contempo solleticando la mia spina dorsale con un graffio di calore.
Diede il cambio a una collega per preparare alcuni caffè, dedicandosi a mettere una quantità di prelibata polvere dentro il portafiltro per macinarla, e nell'attesa non mi guardò neanche una volta, nonostante io, in qualche insidioso modo, lo cercassi.
La pelle del suo viso indurito, così ostinato, aveva il pallore di un osso di luna, in contrasto con i suoi ciuffi come fini strisce di pizzo nero; la visione di quel ragazzo era il richiamo scordato eppure malioso di un liutaio in una Bottega che appariva quasi anonima.
Per una consegna a un tavolo, mi ritrovai fianco a fianco con lui, e quando alzandomi sulle punte per prendere un vassoio da uno scaffale, Elias si allungò al posto mio da dietro, il cuore rischiò di farmi piegare su me stessa da quanto batteva.
Avrei voluto tirarmelo fuori dalla cassa toracica, per farlo smettere di farmi sentire così a disagio, per farmi spegnere ogni distruttiva e insensata emozione, che aveva il potere di fagocitare tutto quanto in un morso buio di desideri.
Sentii il suo corpo tendersi dietro il mio, la sua stoffa ancora umida e profumata sfregarmi nel movimento di prendere quello che mi serviva, e io pensai che avremmo dovuto cambiarci entrambi prima di tornare a lavorare, che avremmo potuto farlo insieme, negando subito dopo l'odioso pensiero.
Il soffio del suo fiato tra i miei capelli mi arrivò all'orecchio, quando si abbassò per posare tra le mie mani l'oggetto in alluminio, come un incensiere di fluttuanti e stordenti fumi.
Mi sfuggì un mugolio, socchiudendo gli occhi, proprio quando lui si ritirò, lasciandomi in solitaria nelle droganti sensazioni del suo strusciante e inaspettato contatto.
Il ragazzo si allontanò da me per servire un cliente che lo aspettava, portando con sé una intera loggia di distorte frequenze nell'acqua ribaltata in cui mi stava facendo affogare con il suo ritorno.
Emma occupò il suo posto, arrivandomi vicina con una controllata e sofferta andatura, e tirandomi un lembo di maglia per avere la mia attenzione, mi fece sollevare lo sguardo dalle primule che stavo scegliendo per il vassoio.
«Lo hai saputo?» mi domandò, con l'aria contrita di chi non riusciva a darsi pace, a continuare le sue attività come se niente fosse.
«Saputo, cosa?» replicai, ricambiando la sua occhiata in un modo sconcertato quasi quanto il suo, e avrei potuto scommettere di vedere le sue labbra schiudersi a causa della sua esitazione.
«Elias se ne va.»
✴
Liquore bruciante giù per la gola, tossire, tossire fino a espellere ogni goccia infuocata, fino ad esaurire il fiato e a sentire i polmoni contrarsi. Liberarsi, privarsi di forza e finire accasciata a deglutire fiamme.
La Berti ci chiamò tutti nel laboratorio creativo, forse pensando che fosse il luogo meno formale e rigido per riportarci con chiarezza una decisione che mi aveva appena arso le corde vocali, ingrossandosi a spolpare e polverizzare le mie viscere in un doloso incendio.
Era presente pure lui, pietra focaia, silenzioso piromane, a guardare in basso, come se sapesse di essere colpevole per aver preso il ruolo di un duro falegname che segava il passato in trucioli, in una sbarrata officina.
«Non avrei mai voluto darvi questa notizia, ma non ho potuto fare nulla per contrastare una volontà che mi è stata fatta presente con sincerità e convinzione, oggi.» iniziò la madre della mia amica, sospirando come se una parte importante di lei fosse stata messa alla prova e pesantemente sconfitta. «Elias mi ha comunicato di volersi licenziare.»
«Mi dispiace tanto.» si fece sentire Emma, esprimendo quel senso di smarrimento che io avevo interiorizzato, senza ancora poter prendere per vero o accettare.
Lo fissai, sperando di trovare in lui qualcosa che mi potesse far capire che era una bugia di cattivo gusto, che ci avrebbe ripensato, ma il ragazzo mi evitò, facendomi contorcere di un acuto dolore dall'interno, che mi fece tremare le ginocchia.
Faceva male, talmente tanto che non riuscivo a capire più chi ero, che cosa stavo facendo in quel posto di lavoro, quanto trasparente ero diventata a causa sua.
Mi chiesi se fosse stata una decisione improvvisa, oppure se fosse stata programmata da tempo, e se sì da quanto. Mi strappai di dosso ogni ricordo di una sua parola confortevole, di una sua frase su di me e la mia luce, ogni sua condivisione a Monte Isola, tutto.
Mi spogliai della sua dolcezza, della sua fragilità, della sua profondità, ne feci un groviglio confuso di bulbi da richiudere in un sacco per riportarli indietro.
Ero esacerbata per lui, stremata per le fitte che non mi davano neanche la possibilità di rattristarmi, solo di subire lo strazio di un vuoto che mai avrei pensato di patire per una sua scelta.
Sarei tornata giornalmente dai soliti fiori del nostro negozio, ma loro non sarebbero più stati gli stessi senza Elias, avrebbero perso lacrime di diamante e ombre di cielo glaciale, come li avrei persi io.
La canna di bambù ha appena colpito la sua pietra, tenendo lontani tutti.
Buona domenica! Eccoci arrivati a un nuovissimo snodo della trama, che ho faticato a scrivere, perché i cambiamenti, seppur nella carta e non nella realtà, creano in me resistenza, e qui stiamo parlando di Elias *__* In questo capitolo, Ester ha preso piena coscienza della sua lenta attrazione per lui, venendone 'acquaticamente' soggiogata, ma allo stesso tempo ha dovuto fare i conti con un taglio netto voluto da lui, che sta per rivoluzionare tutto ciò a cui si era abituata. Vi aspettavate un'azione simile da parte di Elias? Spero che il capitolo, nella sua particolarità, vi sia piaciuto! Fatemi sapere nei commenti o nei messaggi privati che cosa ne pensate. Il prossimo si chiamerà: Capolinea (detto tutto ahaha). A presto!
[Info: Il licenziamento così da parte di un collega è una situazione che ho vissuto in prima persona, e posso dirvi che è stato proprio spiacevole, considerando che mi aveva taciuto fino a quel momento la sua intenzione e l'ho scoperto solo quando l'ha annunciato il mio capo.]
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