Capitolo 20.2
«Scenderà la pioggia.»
Sulle nostre teste, il rosso sfumava nell'arancio e poco più in là in un rosa pallido, un tramonto pastello sopra Fiesole, omaggio di una giornata di sole e coriandoli.
«Come fai a dirlo, nonno?»
«Ho visto un ragazzo piangere dietro la chiesa. Non avrei dovuto vederlo, di solito non passeggio a quell'ora, ma mi sono trovato lì.»
«Lo conosco?»
«Sì, certo, ma rispetto il suo momento e non farò il suo nome.»
Lasciò che il silenzio s'insinuasse tra me e lui come aria in una crepa, protettore di un segreto, la sofferenza di qualcuno non distante da noi, che serpeggiava all'ombra del campanile, e strangolava.
«Perciò pioverà?»
«Puoi starne certa.» rispose, mettendomi un ruvido scialle sulle spalle. «Quando un ragazzo piange, tutto il cielo piangerà con lui.»
«Farai piovere, Elias.» dissi, chinandomi sulle ginocchia, questa volta davanti a lui, in modo che nessuno oltre a me potesse vedere le sue lacrime.
E subito avvertii la mano di mio nonno che mi avvolgeva in uno scialle immaginario, la schiena coperta dalla sua premura, in attesa che il cielo inasprisse i suoi colori. Lui era lì con noi.
Vi era argento liquido negli occhi neri del ragazzo, forse la stessa metallica tonalità che aveva visto Dario quella volta, e che non lo aveva abbandonato fino al tramonto, alla morte del sole.
«Piovere?»
«Mio nonno ti avrebbe detto così.» proseguii, avendo ora uno sguardo di fumo e dubbi a cui dover spiegare il mio ricordo.
La malinconia si fece largo nel mio petto, quella di un tempo che era stato nostro, mio e del nonno, e che ora non lo era più.
«Lui non è mai veramente morto, sai?» mi sentii di confidargli, a bassa voce. «È ancora nel respiro della nonna, nel telescopio che i miei genitori non hanno buttato, nelle risate che echeggiano nel cortile dove leggeva sempre il giornale.»
«E nelle frasi sulla pioggia che a volte ti capita di dire.» concluse Elias, poggiando il palmo della mano a terra per far leva su quello e protendersi.
«Sì, anche.»
Lasciai che il ragazzo avvicinasse il viso al mio, i residui della pittura azzurra ancora sulla guancia, annacquati dalle gocce che al sole parevano argentee, e un fiotto di emozione mi piovve addosso, come se il cielo avesse già iniziato a versare le sue lacrime.
«Tenevi tanto a lui.» parlò, lasciando che io guardassi i suoi occhi commossi più da vicino di quanto non avesse mai fatto prima d'ora.
«Sì.» risposi, con un palpitio scostante, cercando di decifrare lo sguardo obliquo che aveva Elias. «Non è vero che sono solo i desideri e il vento a non finire mai.»
Tutto ha una fine.
Tutto eccetto...
«E cos'altro sarebbe perpetuo per te, sentiamo?», domandò, senza escludermi come aveva fatto invece sul terrazzo del residence.
«Quello che ci lasciano le persone.»
✴
Non mi ero ancora spinta così in là a piedi. Non in quella direzione, almeno. Avevo seguito una stretta strada in salita che non avevo visto prendere a nessuno, né del corso né di passaggio.
Sola con il lago.
La pausa non durava a lungo, ma mi ero presa lo stesso del tempo per camminare, per fiancheggiare l'insenatura di roccia e acqua.
Se riflettevo su Elias, ripensando a come gli avevo aperto uno spiraglio su quella che ero, sul mio passato, la mia andatura accelerava, e il mio respiro pure.
Più tardi avrei dovuto continuare il Nontiscordardimé con lui, ma non ero pronta. Forse non lo era neanche lui, perché implicava donarsi a me.
La via iniziò una discesa, sembrava condurmi direttamente nel lago; man mano che la percorrevo, la vista delle colline e dell'Isola di Loreto mi riempiva gli occhi.
Proseguii fino a trovarmi in un prato incolto, ombreggiato da grandi alberi, che finiva in una distesa di sassi e terriccio lambita dall'acqua.
Sembrava una spiaggia, forse frequentata da pochi in estate, ma ora lasciata a sé stessa; la natura ne aveva fatto quello che voleva.
«Mi hai detto di non seguirti.» udii una voce alla mia sinistra, distante, ma non abbastanza da non riconoscerne la provenienza. «Eppure sei arrivata fino a qui.»
Mi voltai, scioccata dalla presenza di quel ragazzo che mi aveva preceduta, isolandosi come volevo fare io. Era seduto su uno scoglio sotto un albero, una decina di metri più avanti in una posizione laterale, l'Iseo prostrato ai suoi piedi, a cercare di sfiorarlo con timidi rivoli sulla terra sabbiosa.
Il suo occhio blu era attraversato da un'ombra, virava allo scuro, pareva essere stato immerso nel lago e non essere più riuscito a risalire dal suo fondale, mentre l'altro aveva lo stesso identico colore delle foglie di quel salice piangente che gli sfioravano la schiena.
«Zeno.»
Avevo scelto una strada a intuito, mi ero lasciata guidare dal mio istinto, non riuscivo a riprendermi dalla sorpresa di aver trovato lui.
Mi avvicinai, e anche se il ragazzo non mi guardò mentre lo feci, ostinato a preferire l'acqua a me nonostante potesse ferirlo in egual modo, risentii le stesse emozioni della prima volta che lo avevo visto e...di quella in cui era stato in me.
Il ricordo della nostra notte era ancora dietro le mie palpebre, vivido e intenso, come il nero per cui avevo rinunciato a lui.
Mi bloccai, lo scoglio su cui vegliava come un marinaio biondo era a pochi passi da me, eppure non riuscivo ad andare più avanti di così, ero impedita dalla mutevole bellezza di Zeno, che relegava perfino la natura di Monte Isola a un mero contorno.
Non scese dalla roccia per me, ma quando notò che non mi muovevo più, mimò un sospiro e smise di ignorarmi.
«Non sei con testa bruna, vero?»
«No.» risposi, scuotendo il capo. Il nomignolo che aveva usato per Elias aveva un accenno di noia.
«Meglio.»
Rimasi a guardarlo in silenzio; trovarci uno di fronte all'altra in quel luogo appartato era giusto e insieme sbagliato.
«Non ci sarebbe posto per lui quassù.» aggiunse, guardandomi in un modo che mi fece smettere di respirare all'istante. Allungò una mano nera verso di me. «Sali?»
«Io...non so...»
«Se preferisci star lì, fai pure, ma in quel caso sarò io a scendere.»
I battiti mi rimbombarono nelle orecchie, si presero tutto il mio corpo, tanto che per un attimo mi parve di non essere nient'altro che un cuore pulsante.
Sollevai un braccio, consapevole che le nostre dita si stavano per toccare di nuovo, e da quel contatto non avrei potuto salvare né lui né me.
«Ti sei decisa.»
Il ragazzo chiuse la mia mano nella sua, e mi tirò a forza sullo scoglio, aiutandomi a salire fino a lui. Non riuscii più a pensare, avevo la mente vuota, eravamo tanto, troppo vicini, protetti dalle foglie del salice che pendevano intorno a noi buttandosi nell'acqua.
Le dita della sua mano si posarono sulla mia guancia e premettero un poco, prima di allontanarsi. Zeno si guardò con disappunto e fastidio, l'azzurro della pittura contro il nero dei suoi polpastrelli sembrava sparire, inghiottito.
«Lo sai, vero, che non conta chi sia il lui?» domandò, e io capii subito a che cosa si riferiva. «Alla magia non importa se è uno che conoscerai, o se lo hai già conosciuto. Non bada neanche a quanto io possa tenere a te, o tu a me. Lei avanza, all'avanzare dei tuoi sentimenti d'amore per qualcuno.»
«Mi stai dicendo che il tatuaggio a cui sei legato fa schifo e perciò anche se ti evito per il tuo bene, tu non puoi vincerlo? Bé, grazie per la precisazione.»
Il ragazzo alzò le spalle, e mi sorrise, come si sorride quando si sa che ogni momento può diventare ancora più buio di quello che lo precede.
«Visto quanto ti sei divertita a farti dipingere dal tuo collega, ho pensato servisse precisarlo.»
«Ah, c'entra lui, allora.»
Avrei potuto scostarmi se solo lo avessi voluto, Zeno stava piegando il viso sul mio con voluta lentezza, per darmi la possibilità di capire, di scegliere, ma io non mi mossi. Attesi, fremetti, fino a quando non sentii le sue labbra sulla mia guancia, e la punta della sua lingua, che insisteva su una sola linea.
Il petto mi doleva da quanto il cuore stava scalciando, impaurito, eccitato.
«In questo momento, voglio solo toglierti ogni traccia di azzurro dalla pelle.»
Io sto sentendo il ritorno di Zeno, ma giusto un pochino eh :-D Questo capitolo si divide in due, abbiamo visto entrambi i boys, non posso parlare per quello che hanno lasciato ognuno di loro a voi, ma posso dirvi la mia esperienza. La prima parte con Elias mi ha messa alla prova, ho scritto alcune righe di quelle con le lacrime agli occhi, perchè non solo ho sfiorato un argomento a me caro, ma ho detto qualcosa del nonno di Ester ripensando al mio che è morto di vecchiaia nel 2009. La seconda parte su Zeno, invece mi ha ispirata, non la smettevo più di scrivere ahaha. Fatemi sapere cosa ne pensate voi nei commenti! Noi ci rivediamo domenica prossima. A presto
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