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Il tavoliere dei Re


Entrai a mezzogiorno in un negozio di antichi oggetti lavorati a mano, nella città senza tempo di Granada. La porta fece tintinnare un campanello arrugginito e lasciò entrare i rintocchi di una campana lontana, mentre le pale di un ventilatore graffiavano la gabbia metallica dov'era contenuto. Tolsi il cappello di paglia, mi passai una mano tra i capelli sudati e mi introdussi con un "hola" che mi raschiò la gola secca.

Intorno a me scaffali impolverati ospitavano un'infinità di oggetti che sembravano provenire da epoche passate.

Su un tavolo di legno intarsiato, che fungeva da bancone una coppia di vecchi giocava a carte, senza prestare attenzione ai turisti. Indisturbati, sorseggiavano caffè.

Claire mi raggiunse dopo pochi minuti mentre vagavo con gli occhi tra quelle meraviglie. Sentendo il campanello della porta mi voltai e la vidi rossa in volto. Appena entrata si tolse lo zaino dalle spalle e la macchina fotografica dal collo.

"Dei bambini giocavano alla rayuela e ho scattato alcune foto."

"Rayuela?"

"Mais oui. Il gioco del cielo e della terra." Disse con un forte accento francese.

"Non ci hai mai giocato quando eri piccolo?

Feci uno sguardo perplesso. Lei spostò un pezzetto di plastica collegato ai circuiti della macchina fotografica sulla modalità on e tutto mi venne in mente quando lo schermo si illuminò.

"Ho capito. Si chiama campana quel gioco!"

Il tintinnio all'entrata avvisò l'ingresso di un altro visitatore. Ci girammo, ma non riuscimmo a vedere i suoi occhi, coperti dal cappello di pelle.

"Buenos dias." Disse senza ricevere attenzione.

Si avvicinò al bancone e posò entrambe le mani cariche di anelli sul tavolo. Solo allora la coppia di anziani proprietari del negozio smise di giocare e si girò in direzione del nuovo arrivato.

"Possiamo aiutarla?" Disse la vecchia sdentata sorridendo.

"Ho ricevuto una cartolina. Diceva di recarmi in questo posto. Sto cercando Antoniette."

Il vecchio posò le carte sul tavolo e guardò l'uomo con uno sguardo bambino.

"Antoniette sta dormendo al cimitero. Era molto malata. Ci dispiace." Disse con tatto.

"E' uno scherzo?"

"Il cimitero è dietro la chiesa. Può controllare."

L'uomo si tolse il cappello e guardò di lato. Con molta calma si voltò verso la coppia e sospirò.

I due vecchi lo guardarono sorridendo con pazienza.

"In questa cartolina c'è scritto che voleva lasciarmi un'eredità, possibile?"

"Prima di morire ha parlato di un'eredità da consegnare ad un uomo se si fosse fatto vivo."

"Vero, ti ricordi il nome del ragazzo cara?"

"No, l'aveva ripetuto almeno una decina di volte." Disse sorridendo e prendendo la tazza di caffè.

"Peccato, non ricordiamo il suo nome."

"Richard Fontes?" Suggerì l'uomo.

Il volto dei due vecchi s'illuminò.

"Esatto, come sai il suo nome?"

L'uomo colpì la faccia con la mano e la trascinò lungo il volto accarezzandosi la barba incolta. Emerse con un sorriso finto.

"Perché è il mio nome."

"In tal caso questa cassetta ti appartiene." Disse la donna prendendo un oggetto impolverato da un cassetto del tavolo. Ci soffiò sopra e la polvere volò in tutte le direzioni.

Io e Claire allungammo il collo per vedere quale fosse il contenuto della scatola. L'interno decorato con lunghe figure triangolari nascondeva un sacchetto di pelle. L'uomo l'aprì ed estrasse una collana intagliata formata da numerose palline di legno e due dadi passati con il filo da parte a parte.

"C'è altro?"

"Questa lettera." Disse il vecchio passandogli una busta.

Lui la lesse mentalmente. Posò la busta sul tavolo, si aggiustò il cappello sulla testa coprendo gli occhi e uscì.

"Tenetevi pure tutto quanto." Disse chiudendo la porta e facendo suonare la campanella.

I due vecchietti si rimisero a giocare a carte lasciando la busta e la scatola aperta. Io e Claire ci guardammo, complici.

Ci avvicinammo al bancone e osservammo la lettera. Era scritta in spagnolo e aveva sbavature in ogni parte.

"Cosa c'è scritto?" Chiesi curioso.

Claire, che conosceva bene lo spagnolo lesse a voce alta.

"Mio caro nipote ti lascio in eredità il tesoro più grande. Questa scatola è la plancia di un gioco antichissimo chiamato il tavoliere dei re. Ogni parte di questo gioco rappresenta un' unità di tempo. Quando si possiede il tempo allora questo diventa un ottimo alleato nelle sfide della vita. Fanne tesoro e usalo con saggezza. Zia Antoniette."

Guardammo bene la scatola e riconoscemmo il gioco.

"Backgammon." Sussurrai.

"Dodici punte da ogni lato, le ventiquattro ore. Trenta pedine, il mese. Bianco e nero, il giorno e la notte. Le facce opposte del dado danno sempre sette, la settimana." Dedusse Claire.

Notammo solo in quel momento una cosa strana. I due vecchi si guardavano negli occhi ma non stavano giocando a carte. Un sorriso beato e lo sguardo fisso, ma non avevano mai mosso una mano per pescare una carta o posarne una. Forse rallentavano il loro tempo, guardandosi.

Ci allontanammo lentamente e lasciammo quel posto non voltandoci più indietro.

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