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Prologo

Una stanza avvolta dalle tenebre. Un silenzio assordante che riempie le orecchie di voci ingannevoli.

Quattro metri quadrati di puro terrore.

Dopo trenta secondi ti abitui. Dopo settanta secondi il battito accelera. Dopo un minuto cerchi a tentoni la porta, un muro, qualsiasi cosa a cui poterti aggrappare.

Rumori indistinti. Qualcuno è inciampato sui suoi stessi passi.

Di nuovo silenzio.

Una luce si accede, che quasi cadi indietro di nuovo per quanto è abbagliante. Un'esigua porzione di pavimento viene portata alla luce, come gli archeologi fecero a suo tempo con la tomba di Tutankhamon.

Ci si slancia, si abbraccia questa nuova terra promessa come se fosse l'unica ragione di vita.

Una volta dentro i suoi confini si ragiona sul da farsi, su come affrontare l'oscurità che ci separa da fuori, dal mondo esterno, da casa. Per il momento ci si rallegra della precaria calma riconquistata.

Nello specchio di luna una giovane fanciulla era caduta. Raggi di sole aveva per capelli e rosa pesca la pelle vellutata, ma lo sgomento attanagliava i suoi occhi e il corpetto ricamato era strappato in più punti.

La sottana di seta pregiata era dispiegata a raggiera sul pavimento e sembrava la corolla di uno splendido fiore, di cui la ragazza era il pistillo dorato. La giovane osservava tremante il grande buio che si stagliava davanti ai suoi occhi.

Un movimento nell'ombra la fa sussultare. Non è più sola in quello spazio a lei estraneo, ma quasi preferirebbe esserlo di nuovo. Il nuovo venuto si aggira furtivo attorno a lei senza farsi riconoscere.

Lo sconosciuto è una forma indistinta. Appare. Scompare. Quasi sembra danzare sulla sottile linea che divide la realtà dall'immaginazione.

La ragazza sempre più spaventata riformula la domanda, ma non le viene data risposta.

Una voce questa volta umana comincia a sciogliere una dolce cantilena.

Soffia, soffia vento

sulle chiome dorate

neve imbianca

le candide dame

Ora nella stanza non ci sono solo lei e lo sconosciuto. Altri sono saliti sul palcoscenico. Queste comparse non hanno forma, non hanno volto. La giovane percepisce la loro presenza. Li sente respirare, alzare un braccio, tossire, muovere un passo.

Mary Thompson

dice che lei morirà

per la troppa viltà

La filastrocca continua a risuonare nella stanza, eco di mondi lontani persi nel tempo e nello spazio.

«Cosa volete?» grida la fanciulla.

Lei è bella, lei è premurosa

lei è amata, lei è corteggiata

un, due, tre

sai dirmi tu, lei chi è?

Non appena il canto finisce la luce si spegne, per poi riaccendersi di nuovo poco più in là. La superficie illuminata questa volta però non è sgombra, un tavolino rotondo occupa gran parte dello spazio.

La giovane si avvicina più per paura di venire inghiottita dall'oscurità che per curiosità. Un vassoio d'argento è disposto sopra un drappo damascato rosso. Il riflesso della luce sul piano metallico le dà fastidio agli occhi, perciò si porta una mano alla fronte. Nonostante questo può vedere benissimo il piccolo ovale azzurro, che vi si trova sopra.

Non un battito di ciglia sfugge al suo controllo. Non è sorpresa, ora finalmente conosce il suo dovere. Le figure attorno a lei si muovono, la circondano. Lei non si accorge di niente. Esistono solo lei e quel piccolo pezzo di cielo.

Dal suo passato ritorna lo spettro della sua colpa.

Mary Thompson

dice che lei morirà

per la troppa viltà

Afferra la capsula. La sua mano è ferma, lo sguardo vuoto. Fissa l'infinito davanti a sé, mentre porta la mano alle labbra color cremisi e inghiotte.

Ha fatto la sua mossa.











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