Capitolo ventiquattro
Mancava venti minuti alle tre e la scuola stava chiudendo i battenti per quel giorno. Il laboratorio di teatro aveva posticipato le prove generali dello musical al mercoledì successivo, perché la protagonista si era slogata una caviglia. Nessuno si aggirava per i corridoi, se non qualche povero studente costretto a far fotocopie per conquistare una misera B+. Ora che l'impianto di riscaldamento era spento, le temperature erano calate rapidamente a eccezione della sala caldaie.
Il nostro ribelle preferito se ne stava seduto su una brandina malconcia, che produceva un rumore infernale ogni qualvolta si cambiava posizione. Di tanto in tanto lanciava un occhio ai monitor sulla scrivania, in caso si fossero fatti vivi ospiti indesiderati, ma per la maggior parte del tempo leggeva svogliatamente un libro.
La frontiera scomparsa di Luis Sepúlveda recitava la copertina. Lo aveva trovato in uno scatolone nello stanzino delle scope. Era ingiallito dal tempo e le pagine erano tutte arricciate a causa di qualche lettore maleducato. Non leggeva quasi mai, un po' per mancanza di tempo, un po' perché spesso e volentieri si addormentava alla seconda pagina. Questo libro però prometteva bene. Si era sbellicato dalle risate nel punto in cui l'autore raccontava quando da ragazzo suo nonno lo portava a orinare sulle porte delle chiese.
«Ciao Angus» disse Rogue salutando il certosino grigio, che era appena saltato sul materasso bitorzoluto.
Il gatto lo osservò attento, mentre girava la pagina, ma non fece un passo verso di lui. Rorgue aveva provato ad accarezzarlo varie volte, nondimeno l'animale si era sempre sottratto alle sue attenzioni. Mangiava gli avanzi di cibo che il ragazzo gli teneva da parte per lui dentro una ciotola e dormiva sul suo cuscino, infischiandosene dei rimproveri che gli venivano rivolti.
Come ogni gatto che si sente gatto fino in fondo, provava scarso interesse per le questioni dell'umano che viveva con lui, si limitava ad analizzarne i comportamenti senza dare alcun giudizio. Era il miglior compagno di stanza che si potesse desiderare.
Da quando si era trasferito nel locale caldaie della Bladeswood High School, la vita di Rogue era migliorata di colpo. Non era un reggia, ma si stava comodi. E innanzitutto era finalmente libero. Non c'erano telecamere a controllarlo ventiquattro ore su ventiquattro come al laboratorio, né tanto meno le guardie del Colonnello che lo sorvegliavano a vista. Poteva fare quello che voleva, quando voleva senza rendere conto a nessuno.
Con un po' di fatica era riuscito a rendere quelle quattro pareti ammuffite abitabili, tanto da non sembrare più le stesse. Aveva sistemato un pesante tavolo da lavoro tra i due boiler di ferro, che occupavano gran parte della stanza.
Aveva fatto arrivare la corrente elettrica dai piani superiori attraverso un'intricata rete di cavi, a cui aveva collegato diversi monitor e le attrezzature per le analisi. Per il resto si arrangiava con un piccolo fornello da campeggio.
Al suo terzo tentativo era riuscito a riparare il lavandino, che comunque aveva continuato a perdere, ma almeno ora l'acqua che ne usciva non aveva più quell'inquietante color blallo. Poi era comparso Angus e quel seminterrato era diventato casa.
I minuti passavano tranquilli, Rogue si era appoggiato al muro con la schiena per lasciare il posto ad Angus che si era accomodato sul cuscino. Il gatto però non si mise a dormire come al solito, ma rimase in all'erta con le orecchie dritte e il muso rivolto verso la porta.
«É aperto» gridò Rogue all'improvviso al vuoto.
Dopo una manciata di secondi si sentì un cigolio metallico e lo sportello in lamiera della sala caldaie si aprì lentamente. Misha rimase sulla soglia d'ingresso senza però entrare nella stanza. Portava il solito bomber azzurro e un paio di pantaloni grigi di felpa. Rogue lo guardò perplesso, aveva un'espressione stranamente greve in volto. Il ragazzo chiuse meccanicamente il libro e si alzò dal letto facendo cigolare le molle del materasso.
«Che succede? Forza, dimmi qualcosa, invece di startene lì imbambolato» disse Rogue avanzando verso l'entrata.
Misha non rispose, ma si limitò a fare qualche passo, mantenendosi sempre al di fuori del tenue bagliore del unico neon dello scantinato. Due occhi gialli osservavano la scena dall'alto di una cassetta della frutta. Angus era scappato via non appena aveva percepito che qualcuno di estraneo era entrato nel suo regno.
«Li ho uccisi, io li ho uccisi tutti» mormorò Misha di punto in bianco.
La confessione fece seguito a una serie di singhiozzi strozzati.
Rogue sbarrò gli occhi allarmato e visibilmente a disagio.
«Qualunque cosa tu abbia sentito noi non c'entriamo niente...» cominciò a dire il ragazzo, ma fu interrotto dal serbo.
«Gli ho mangiato il cervello e ora mangerò anche il tuo!» disse alzando le braccia e sbattendo di denti tra di loro in una chiara imitazione di uno zombie.
Rogue lì per lì rimase senza parole, poi allontanò con una manata l'amico rimproverandolo severamente.
«Spostati, scemo! Mi hai fatto quasi venire un colpo a causa dei tuoi scherzi idioti!» disse Rogue visibilmente imbarazzato.
Misha si accasciò su una vecchia poltrona sfondata, tenendosi una mano sulla pancia per le troppe risate.
«Dovevi vedere la tua faccia, eri terrorizzato a morte. Non mi sono mai divertito tanto in tutta la mia vita» disse il serbo ridacchiando.
«Veramente spassoso» replicò Rogue con tono acido, visto che le gli sghignazzi dell'amico non accennavano a chetarsi.
Prese uno dei vetrini che erano appoggiati al bancone e si mise ad analizzarlo al microscopio senza degnarlo più di uno sguardo.
«Non metterti a fare l'offeso Rog, era solo uno scherzo» replicò il ragazzo biondo, ma l'amico si limitò ad un alzata di spalle.
Ritenendo di non poter riparare al danno a parole, Misha si alzò per andare a prendere una delle birre che Rogue teneva in un piccolo frigo assieme ai campioni di sangue.
«Fai come se fossi a casa tua, prego» commentò Rogue aspramente, «Che ci fai da queste parti comunque?».
«Glup snositi ! Non mi sorprende che tu abbia così pochi amici. Oggi sono il fattorino personale di Thunder e sono venuto per recapitarti un regalo di natale da parte sua, anche se a Natale mancano ancora diversi mesi. Non mi ha voluto dire cosa contenesse» concluse Misha con tono lagnoso.
«Dunque?» disse Rogue ruotando quel tanto la sedia girevole per trovarsi faccia a faccia con il biondino.
«Dunque cosa?»
«Questo pacchetto dove si trova?»
«Non serve essere così aggressivi, ecco a lei My lord» disse il serbo lanciando all'altro un piccolo involucro fatto di fogli di giornale.
Rogue scartò velocemente il pacchetto. Nella mano aperta rimase solo un cellulare ultimo modello dalla cover rosa brillantinata.
«Carino, dove l'hai comprato?» chiese Misha ridendo sotto i baffi.
«Non è mio, scemo»
«Allora di chi è?» chiese il serbo sempre più interessato.
Ora si era rigirato sulla poltrona con le gambe che puntavano verso l'alto e guardava l'amico sottosopra.
«Come stanno andando i tuoi esperimenti al laboratorio? Ci sono risultati?» chiese Rogue per sviare il discorso dal cellulare.
Misha era il chimico del team che il Colonnello aveva formato per sviluppare un nuovo tipo di farmaco, che avrebbe migliorato le prestazioni psico-fisiche dei soldati in combattimento. Si chiamava Bezamilfenilacedrina Et20, per gli amici BEt20. Non era altro che un composto a base di benzedrina, che Misha combinava con acido fenilacetilico e altre sostante, che Rogue aveva sentito nominare solo di sfuggita a lezione di chimica di base.
Il serbo era stato da subito attratto dall'idea di sperimentare una nuova sostanza, spingersi al di là delle frontiere fino allora conosciute. Tuttavia il percorso del sapere è costellato da errori e fallimenti. I test sulle cavie avevano dato quasi sempre esiti positivi, non si poteva dire altrettanto per gli esseri umani.
Sebbene le dosi somministrate fossero un decimo di quello che avrebbero poi composto il prodotto finale, il risultato era parso incerto e il successo ancora in là da venire. Emicranie persistenti, eruzioni cutanee sparse per tutto il corpo, ipertensione e ostruzione delle vie cardiovascolari erano solo una parte dei sintomi, che presentavano i pazienti a due giorni dall'inizio della sperimentazione.
Rogue contravvenendo agli ordini del Colonnello aveva interrotto bruscamente il suo studio, per paura di causare danni irreparabili. Purtroppo alcuni soggetti avevano sviluppato una fulminea dipendenza al farmaco, che li aveva spinti a sottrarre dal laboratorio alcuni campioni durante una falla del sistema di sorveglianza. Così almeno aveva riferito il Colonnello in seguito, dal momento che né Misha né Rogue erano presenti al momento del furto.
Il farmaco ancora ad uno stadio primario e ormai fuori controllo, era stato copiato con mezzi rudimentali e immesso nel mercato della droga. Era divento subito popolare tra i giovani, la chiamavano Blue Skull .
Come aveva previsto Rogue, le prime vittime non tardarono ad arrivare. Il ragazzo di Betany ne era un chiaro esempio. Soltanto lui e Thunder erano a conoscenza di questi recenti sviluppi. Il Colonnello era stato chiaro: niente di quello che stava avvenendo al di fuori del laboratorio doveva giungere alle orecchie di Misha, ne andava dell'intera operazione.
«Niente di nuovo sul fronte occidentale. Grazie a dio, TD mi ha assegnato questo incarico. Non ne potevo più di rimanere segregato in laboratorio» disse Misha contando le macchie di muffa sul soffitto. «Non fraintendere, amo il mio lavoro. C'è qualcosa di assolutamente tranquillizzante nel gorgoglio di un composto portato a ebollizione e non hai idea di quanto sia eccitante osservare le reazioni in atto tra due componenti, ma... » .
«Ma anche i grandi geni hanno bisogno di un attimo di pausa, giusto?» concluse per lui Rogue con tono compressivo.
Misha lo guardò con due occhioni pieni di affetto e gli sorrise.
«Sei fortunato tu, a essertene andato da quella prigione» disse mestamente.
«Non credere che qui sia tanto meglio. Non è il mio passatempo preferito stare alle calcagna di due ragazzini capricciosi» borbottò Rogue.
«Ma sei libero e ci sono le ragazze. Quella biondina, Dido mi pare che si chiamasse, sembra molto carina, e simpatica anche» osservò il serbo.
«Non capisco di cosa tu stia parlando» replico l'amico rigirandosi per riprendere il suo lavoro.
«Dico solo che sembra esserci del tenero fra voi» puntualizzò Misha, «mi sto sbagliando forse??»
Dal momento che il ragazzo non proferiva parola, Misha gli andò vicino e cominciò a guardarlo con insistenza.
«Nel modo più assoluto» si affrettò a dichiarare Rogue in todo sbrigativo
Il serbo lo studiò ancora per qualche minuto prima di rispondere.
«Meglio così» disse infine.
«Perché? Hai intenzione di farti avanti?» chiese Rogue.
Misha si limitò a un'alzata di spalle.
«Se anche fosse, ci sarebbe qualcosa di male?»
Rogue detestava chi rispondeva ad una domanda con altra domanda, era un privilegio che riservava solo a se stesso. Soffocò il moto di stizza che gli stava salendo alla bocca e cercò di mantenere un tono neutro e disinteressato.
«Certo che no, tuttavia mi sembra una scelta azzarda. Intrecciare rapporti interpersonali con amici o parenti dei soggetti analizzarti potrebbe compromettere l'intera ricerca. Se fossi in te chiedere al Colonnello prima di agire» concluse Rogue freddamente.
«Il Colonnello, sempre e solo il Colonnello! Non sapete dirmi altro tu e Thunder. Sono stanco di essere trattato come un burattino e dovresti esserlo anche tu» sbraitò il serbo, gesticolando.
Rogue non sapeva cosa rispondere. Non si era mai posto questo problema, faceva quello che gli diceva di fare, punto e basta. Disobbedire sarebbe stato inconcepibile, non dopo tutto quello che il Colonnello aveva fatto per lui. Prima di conoscerlo viveva in uno scantinanto assieme ad altri tre ragazzi scappati di casa, non aveva di che vivere e sua madre era scomparsa chissàdove insieme agli ultimi soldi rimasti. Il Colonnelo era stato la sua salvezza.
«No, mai» rispose deciso Rogue.
Misha scosse la testa esasperato e se ne andò. Rogue rimase solo nella stanza.
Il lavoro nonostante tutto stava procedendo bene. Dylan e Jason non avevano manifestato alcun sintomo persistente, non ancora almeno. Quegli strani scoppi d'ira gli davano da pensare. Prese un altro vetrino e con una pipetta vide positò due gocce di reagente per analizzarla. I parametri erano stabili, doveva essersi sbagliato.
Indietreggiò e si massaggio le palpebre con le dita. Aveva bisogno di dormire qualche ora, prima di riprendere il lavoro. Senza rendersene conto si tastò il labbro nel punto in cui Dido l'aveva morso la sera precedente. Sorrise. Quella ragazza era imprevedibile.
Improvvisamente sgranò gli occhi sbalordito. "E se fosse..." pensò. Riavvicinò l'occhio all'oculare del microscopio. Ed eccole lì, proprio come aveva immaginato. Delle piccole cellule blu elettrico si stavano dividendo per mitosi. Rogue le osservò per diversi minuti. Poi come si erano riprodotte le cellule scomparvero.
Angolo autrice
Ciao a tutti spero vi sia piaciuta la storia fino a qui. Due piccole note per capire meglio il testo.
Glup snositi, letteramente dal serbo significa "scemo di un orso" (traduzione piuttosto libera, accetto correzioni ^^).
BEt20 è un farmaco che non esiste se non nella mia testa. Somiglia molto alla Meth, infatti ho guardato un articolo di Vice su Breaking bad per capire un po' il lessico usato.
Per quanto riguarda l'ultima pare, non sono molto ferrata in biologia. Ho guardato un po di articoli, ma la mia testa è dura a capire. Se qualcuno fosse più esperto e ritenesse il paragrafo errato, me lo faccia sapere.
Un abbraccio
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