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Capitolo sette

Isabel era seduta sul divano con una piccola montagna di pacchetti regalo proprio davanti a lei, aveva già cominciato a scartarli ed ora alla sua destra giacevano nuovi di zecca un i-phone nuovo, un braccialetto di swarovski e due o tre boccette di profumo.

Intanto che l'amica apriva l'ennesimo cofanetto di trucchi, Dido ripensò a Carter, l'incontro con quel ragazzo l'aveva inquietata moltissimo. I suoi modi così gentili erano soltanto una facciata, questo Dido l'aveva capito perfettamente, solo non riusciva a comprendere perché tra tutti i partecipanti alla festa avesse scelto proprio lei per mostrare com'era veramente.

Cercando di non farsi notare, lo scrutò di sottecchi: il ragazzo aveva riguadagnato il suo posto dall'altra parte della stanza e se ne stava addossato al muro, tranquillo. Non riusciva a vederlo bene in volto, perché qualche genio aveva spento le luci.

Improvvisamente fece qualche passo avanti, uscendo così dal cono d'ombra. Ammiccò nella sua direzione con un ghigno beffardo. Assomigliava a Puck di Sogno di una notte di mezz'estate, o al Goblin di Spiderman. Possibile che solo lei riuscisse a scorgerne la natura maligna e crudele?

Si stava aggiustando nervosamente i capelli dietro alle orecchie, quando Cleo la raggiunse prendendola sotto braccio.

«Ci siamo quasi» gongolò soddisfatta, un'infantile eccitazione le colorava il viso.

Isabel infatti stava ormai scartando l'ultimo dei suoi regali e tra poco sarebbe toccato a loro. Prima di entrare in scena però Dido prese da il bicchiere colmo di birra dell'amica e lo bevve tutto d'un sorso.

Cleo non riuscì nemmeno a sgridarla, perché la bionda l'aveva già trascinata di fronte a Isabel. Le consegnarono la borsa sigillata con il nastro adesivo, che la festeggiata accolse con un'occhiata sospettosa.

«Aspetta un attimo prima di aprirlo, vorrei dire due parole» disse la bionda.

Dido prese di tasca dei bigliettini colorati e cominciò a leggerli. Non amava parlare in pubblico, soprattutto quando era nel mirino di un potenziale maniaco. Carter non la perdeva d'occhio un secondo, come se non esistesse nessun'altro nella stanza.

«Signori e signore attenzione, sapete tutti perché siamo riuniti qui: la nostra cara Izzie compie finalmente anche lei sedici anni».

Un applauso si alzò dalla platea, e anche qualche fischio.

Dido riprese il discorso: «Abbiamo pensato che per quanto la giornata fosse già di per sé speciale, volevamo renderla ancora più speciale. Così abbiamo organizzato una specie di gioco, che spero vi divertirà».

Le parole di Dido furono seguite da un'altro scroscio di applausi, mentre Isabel la guardava sempre più perplessa.

«Prego assistente, proceda pure».

Cleo dopo aver fatto il saluto militare, si affrettò a porgere alla rossa una bottiglia di vino bianco e dopo che lei l'ebbe presa lo fissò saldamente alla sua mano con il nastro adesivo.

«Ma cosa state facendo?» esclamò indispettita Isabel, ma Dido senza prestarle troppa attenzione proseguì con il suo discorso.

«Allora il gioco consiste nel prendere un oggetto dalla borsa e poi rispondere alla domande che ti porremo, noi chiaramente sappiamo quali sono le risposte. Se non risponderai correttamente, o se ometterai dei particolari, o se ci metterai troppo a rispondere, dovrai bere dalla bottiglia. Hai capito le regole?» chiese con tono professionale Dido.

«Perfettamente, capo» rispose senza esitazione Isabel.

«Pesca nella borsa allora!» replicò la bionda con tono imperioso.

Isabel introdusse la mano nella sporta tentennante, e dopo poco ne tirò fuori il paio di mutande da nonna con la scritta in rosso "Bitch!".

«Prima domanda: di chi sono queste mutande e come le hai avute?» chiese Dido.

Sembrava uno di quei conduttori di quiz televisivi a premi.

«Oddio, ma sarà passato un secolo» replicò Isabel arrossendo.

«Rispondi ad alta voce e paga pegno» decretò Dido imperiosa.

Isabel fu ben contenta di buttare giù un lungo sorso di vino, prima di vuotare il sacco.

«Era il periodo della vita in cui io e Di venivamo spedite regolarmente dai nostri genitori a Camp Walden, il campeggio più scadente di tutta la costa Est» cominciò a raccontare Isabel.

«Dico solo due cose: zanzare e canzoncine cantante attorno al fuoco alla Tutti insieme appassionatamente. E sarebbe già bastato così per renderlo il posto più orribile del mondo, ma non poteva mancare il nostro incubo quotidiano: Lorna Caplan, la direttrice del campo»

«Questa zitella inacidita maniaca del fitness odiava tutti i ragazzi in generale, ma per me e Di aveva una sorta di predilezione. Ogni volta che ci trovava alzate oltre all'orario del coprifuoco, ci faceva fare cinquanta giri attorno al campo di notte. Ci odiava letteralmente, e non vi sto qui a dire quanto l'odio fosse ricambiato. Ad ogni modo una sera io e Di abbiamo deciso di vendicarci, ci siamo intrufolate nella sua stanza e...»

Dido si ricordava perfettamente cosa era accaduto dopo: si erano divertite a rovistare tra la sua biancheria, fino a quando non avevano trovato il paio di mutandoni più brutti che aveva. Il mattino dopo sventolava al posto della bandiera del campeggio, così che tutti lo potessero vedere.

La bravata era costata cara alle due amiche, i loro genitori erano stati chiamati e due ore dopo erano in macchina dirette verso casa. Quell'estate l'avevano passata in punizione, senza mai poter uscire dalle proprie stanza, perlomeno però non avevano più messo piede a Camp Walden. 

Mentre Izzie stava finendo di raccontare l'episodio, Dido si accorse che tra la folla si era aggiunto un ragazzo con una maschera da scheletro sul volto e il cappuccio della felpa calato sulla testa. Lì per lì non diede molto peso, ma quanto notò che altri tre ragazzi avevano la stessa maschera cominciò a pensare che ci fosse qualcosa di molto strano.

Passi uno, due poteva essere ancora una coincidenza, ma al tre la puzza di bruciato si sentiva anche da un miglio di distanza. No, c'era assolutamente qualcosa che non quadrava e Dido era certa che centrasse con l'allampanato enigmistia, che le regalò per la milletrecentocinquantesima volta un'altro dei suoi sorrisi beffardi.

Dido fu richiamata all'ordine da uno scroscio di risate, che era seguito alla fine della storia di Isabel. Cleo infatti come pianificato aveva messo in testa alla festeggiata a 'mo di capello il paio di mutande della Caplan e ora Izzie si stava scolando il vino brindando alla sua dignità perduta. Pescò nuovamente nella borsa, doveva essere qualocsa di assolutamente rivoltante vista la faccia schifatissima che fece la ragazza. 

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