Capitolo sei
Un ragazzo la stava fissando dall'angolo opposto della stanza. Era attorniato da un gruppo di ragazzi, ma sembrava non fare troppa attenzione a loro. Anche quando questi cercavano di fare conversazione, si limitava semplicemente a qualche cenno di assenso. Il suo solo e unico interesse sembrava essere diventata Dido.
La salutò alzando la bombetta verde, che aveva in testa. La ragazza si guardò attorno confusa: non ricordava di averlo mai visto prima d'allora, ed era certa di conoscere almeno di vista tutti gli invitati della festa.
«Chi è quello?» disse Cleo raggiungendola.
Per quel giorno doveva essere arrivata al limite d'idiozie, che poteva ascoltare da un ragazzo con più muscoli che cervello.
«Non ne ho idea, è la prima volta che lo vedo in vita mia» replicò Dido, prendendole dalle mani il drink che stava sorseggiando.
«È carino, e comunque sembra avere un cervello pensante per lo meno» commentò la mora sbuffando.
Sicuramente si stava riferendo alla sua precedente conquista, ma Dido non aveva voglia di ascoltare le sue lamentele al momento.
«Macché carino e carino, è super inquietante invece. Mi sta ancora fissando?» chiese Dido ansiosa, dopo essersi nascosta dietro alla libreria lì vicino.
«Direi proprio di si e oh... »
«Che cosa? CLEO, vuoi dirmi che sta succedendo?»
L'amica infatti si era fermata con la bocca aperta mezz'aria, come se qualcuno avesse staccato la corrente all'improvviso.
«Si sta muovendo... viene verso di noi. Beh, sarà meglio che vada» disse la ragazza e fece per andarsene, ma la bionda non glielo permise.
«Tu non te ne vai da nessuna parte! Non so se hai capito, ma quello potrebbe essere un maniaco, un serial killer, un pazzo criminale» disse Dido strattonandola per la giacca.
«Chi sarebbe il pazzo criminale?» chiese una voce profonda alla sua destra.
Dido alzò lo sguardo e si ritrovò davanti proprio allo sconosciuto con la bombetta.
«Nessuno, o per meglio dire tutti, mai visti così tanti Jocker in tutta la mia vita!» rispose Cleo per entrambe.
Lo sconosciuto si limitò a sorriderle di rimando. Sotto alla giacca leggera verde scuro indossava una camicia a fantasia sui toni del viola e un paio di pantaloni scuri. Sembrava un gentiluomo d'altri tempi con quel fazzoletto rosa riposto nel taschino e il bastone da passeggio.
Nessuno parlava, nessuno sembrava avere qualcosa da dire, finché Cleo, liberatasi dalla presa dell'amica, se la svignò con una scusa, lasciandola sola con il suo spasimante.
«Che scemo, non mi sono ancora presentato! Io sono Carter, tu?» chiese il ragazzo.
«Dido» rispose la bionda picata.
«Ciao Dido» la salutò Carter sfoggiando un sorriso disarmante.
Ora che era più vicino la ragazza si accorse che aveva un occhio diverso dall'altro. Quello di sinistra era grigio e verde, mentre quello di destra azzurro ghiaccio. Dido non sapeva quale guardare, e il tutto era reso ancora più difficile dal fatto che il ragazzo la fissava intensamente. Che avesse intenzione d'ipnotizzarla?
Dido scosse la testa come a voler scacciare questo pensiero e si costrinse a volgere lo sguardo da un'altra parte. Bevve tutto d'un fiato il super alcolico che aveva rubato a Cleo, che le andò di traverso e si ritrovò a tossire fragorosamente.
«Tutto bene?» chiese il ragazzo avvicinandosi pericolosamente al suo viso e appoggiandole una mano sulla schiena come per rassicurarla.
Dido si scostò precipitosamente da lui imbarazzata. Lui le sorrise ancora una volta, le parve che quasi la stesse prendendo in giro con quella finta aria di superiorità e quel naso arricciato. La barbetta incolta poi lo faceva sembrare molto più vecchio di lei. Forse lo era.
«Scusa, ma quanti anni hai?» chiese Dido tanto per cambiare discorso, al che Carter rise di gusto.
«Si vede che sono vecchio, eh? Ho diciannove anni» rispose il ragazzo.
«E come mai ti sei imbucato a una festa di liceali?» domandò la ragazza con un velo di malizia.
Il ragazzo aspettò qualche secondo prima di rispondere.
«Sono qui per tenere sotto controllo qualcuno» bisbigliò guardingo.
«Sei un poliziotto?» chiese Dido esterrefatta.
«No, niente del genere, anche se non mi dispiacerebbe»
«Chi stai controllando?»
Carter si limitò battere il proprio bastone contro la bombetta, che aveva disegnato sopra un grande punto interrogativo.
«L'enigmista non risponde ai suoi stessi indovinelli» affermò beffardo, ma la ragazza era tutt'altro che disposta ad assecondarlo nella sua pazzia.
Lo guardò perplessa e disse «Sono stata io a farti una domanda, non tu. Come può essere un tuo indovinello?»
«Io, tu, che importanza vuoi che abbia. Le vere domande della vita sono altre. Chi siamo? Da dove veniamo? Perché siamo qui?» rispose l'altro enigmatico.
Mentre parlava, il ragazzo cominciò ad accarezzale il braccio. Dido sentì il suo corpo fremere sotto il suo tocco delicato, fin troppo delicato per un ragazzo. Dido si ritrovò di nuovo con le spalle al muro senza sapere cosa fare. Carter aveva preso totalmente il controllo della situazione, e la ragazza era consapevole che se non avesse fatto qualcosa all'istante non sarebbe più riuscita a liberarsi dal suo incantesimo.
«Te l'ha mai detto nessuno che non è carino alitare in faccia alle persone?» replicò Dido sprezzante.
Diavolo, aveva dato aria alla bocca senza riflettere come il suo solito. Eppure Miss Neeman le raccomandava sempre di contare fino a venti prima di dire o fare qualsiasi cosa. E lì si trattava solo di combinare un po' magnesio e cloruro, in modo da non far saltare in aria la scuola, non di trattare con uno psicopatico.
Carter la fissò per un momento impassibile, prima di riprendere con toni fin troppo gentili il discorso.
«E a te l'ha mai detto nessuno che le bambine saccenti non piacciono a nessuno?».
Un brivido le scese lungo la schiena. Quella sembrava più una minaccia che una semplice domanda retorica. La faccenda si stava facendo alquanto pesante. Dido si guardò intorno disperata, ma nessuno sembrava badare a loro.
Tutti erano troppo preoccupati a riempirsi il bicchiere, o a ballare tra loro per accorgersi del dramma che si stava svolgendo a pochi centimetri di distanza. D'altra parte la loro doveva sembrava una normalissima conversazione tra due che voleva flirtare un po'. Anche se avesse gridato non sarebbe servito a niente, la musica era troppo alta.
«Che succede qui? Qualche problema?»
Freddy si era avvicinato così silenziosamente ai due che nessuno lo aveva sentito arrivare. Aveva la fronte aggrottata e l'aria decisamente seria, non sembrava molto contento di trovarli così vicini l'uno all'altra.
«Stavamo solo chiacchierando amico, rilassati» rispose con tono pacato Carter, per nulla sorpreso che uno sconosciuto lo stesse letteralmente folgorando con lo sguardo.
«Io non sono amico tuo» rispose freddo il ragazzo, la mascella contratta per la rabbia.
«Scusa, volevo solo essere gentile» gli sorrise Carter incoraggiante.
"No, Fred non credergli, è una bugia. Ti prego, Fred" pensò Dido.
Il ragazzo sembrò titubare per qualche secondo, le mani che fino a quel momento aveva tenute strette a pugno si rilassarono, e le spalle si ammorbidirono. Ma fu solo per qualche secondo. Frederick doveva aver ricevuto il messaggio telepatico di Dido, perché allontanò con forza Carter con una mano, mentre con l'altra attirò a sé la ragazza.
«Vallo a fare con qualcun'altra allora, questa è già occupata» disse duro.
Carter alzò le mani in segno di resa e girò sui tacchi. Freddy lo osservò, mentre si allontanava, e non distolse lo sguardo, finché il ragazzo non scomparve nel mare di folla.
«Tutto bene, Di?» chiese preoccupato Freddy, riservandole uno dei suoi sguardi da cucciolo abbandonato, le labbra carnose dischiuse in un'espressione affranta.
Dido si sentiva strana: era felice di essere stata salvata, ma aveva difficoltà a comunicarlo al ragazzo come se l'incontro con Carter avesse prosciugata tutte le sue energie. Si abbandonò contro il petto del ragazzo, che inspirò profondamente. Dido sentiva il suo cuore battere velocemente sotto alla camicia inamidata.
«Se ti ha fatto del male, vado lì e lo picchio, sai che posso farlo» continuò Freddy brusco, dal momento che la ragazza evitava ancora di rispondergli.
Caro, dolce, tenero Freddy, come avrebbe fatto a quell'ora se non fosse stato per lui. Stare fra le sue braccia, così forti e accoglienti, la faceva sentire protetta e al sicuro. Ma era meglio non esagerare. Non voleva essere fraintesa e la loro amicizia era troppo importante per lei, per essere rovinata così. Dido si scostò da lui e il ragazzo parve risentirsi.
«Grazie Fred, ma veramente non credo che ce ne sarà bisogno. Ora vado, credo sia arrivato il momento dei regali».
Dido diede un ultimo sguardo al ragazzo, che era visibilmente deluso dalla sua decisione, prima di raggiungere il centro della festa.
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