Capitolo otto
La "vendetta di compleanno", come Dido l'aveva soprannominata, stava procedendo come da programma. L'idea era quella di rivelare alcuni dettagli scandalosi della vita di Isabel, niente di serio ma che avrebbe imbarazzato l'amica quel tanto da non farle più desiderare di metterla in vendita. Per questo motivo Dido aveva bisogno del maggior numero di persone in sala.
C'era stata qualche fuga al piano superiore ma non si trattava che di una o due coppiette bisognose di qualche momento d'intimità. Il resto degli invitati era concentrata in salotto, dove ognuno a suon di spintoni cercava di farsi largo tra la folla per vedere per primo cosa avesse pescato questa volta la festeggiata e quale terribile peccato dovesse ora espiare.
Tra le dita magre e ben curate Isabel teneva un paio di enormi baffi finti stile imperatore d'Asurgo o zar di tutte le Russie.
«E cosa ci dovrei fare con questi?» chiese perplessa.
«Che domande, te li metti» replicò Dido trattenendo a stento una risata.
«Te lo puoi anche scordare, bevo quanto vuoi ma questi non li metto ti dico!» esclamò la rossa spazientita, lanciandole la strisciolina di peli sintetici.
Isabel accavallò le gambe e distolse lo sguardo. Dido non riusciva proprio a sopportarla quando cominciava ad assumere quell'atteggiamento da diva, neanche fosse Blair Waldorf e loro dei poveri plebei di Brooklyn.
«Che peccato! Ed io che speravo che ci deliziassi con la tua perfetta imitazione del signor Sullivan» disse Dido ironica.
Il signor Sullivan era il decano del Saint Rose High School nonché loro docente di storia e filosofia. Era conosciuto dal corpo studentesco più per la sua pessima abitudine a sputacchiare in faccia agli studenti in prima fila, che per le sue dissertazioni su Kant.
«Dovremmo pensare a qualche altra penitenza non trovate?» disse Dido solleccitando il pubblico.
La folla rispose con entusiasmo a quella domanda e ci fu un gran confusione perché chi non lo aveva fatto in precedenza tirava fuori il proprio telefono per filmare la scena.
Isabel era furibonda, il suo viso era un maschera di rabbia mista a terrore: il non sapere cosa stava per accadere la stava letteralmente uccidendo.
Dido si sentì tirare per un braccio: era Cleo.
«Cos'è questa storia? Quelli non erano nel programma» chiese la mora stizzita.
«Rilassati Chica, ho voluto fare solo un piccolo cambiamento per rendere tutto più interessante. Reggimi il gioco, ti prego» la supplico Dido.
Dopo un attimo di esitazione Cleo annuì.
«Mi faccia dare una occhiata a questo bel visino signorina» disse andando incontro a Izzie, che lusingata non si accorse di ciò che l'amica aveva in mano.
«Ahi!» trillò la rossa.
Ora sotto al bel nasino alla francese di Isabel spuntavano due bei mustacchi neri. Anche con quegli obbrobri di plastica nera riusciva a conservare tutto il suo charme. Sorrise maliziosa ad un gruppetto di ragazzi lì vicino, che Jason rimise al proprio posto in un attimo.
«Ecco, li ho messi anche se non ne capisco il motivo, non sarà per ... no, non può essere, vi supplico no!» piagnucolò con una vocetta stridula.
La bionda le lanciò un bacio prima di rivolgersi nuovamente al suo uditorio.
«Sto per rivelarvi uno dei più scabrosi e oscuri segreti di Isabel Hastings...» disse con fare cospiratorio
. «...qualcosa di così scioccante che non riuscirete nemmeno a crederci...».
Pendevano letteralmente dalle sue labbra.
«... che si impossesserà di voi e vi perseguiterà nei vostri incubi per sempre».
Stava un po' esagerato, ma come nei trucchi di magia è più l'attesa dell'evento che l'evento stesso che rende il trucco straordinario.
«La verità è che...».
Era arrivato il suo grande momento, la sua rivincita per tutte quelle volte che Izzie la faceva fuori posto, come un pesce fuori dall'acqua. Tutte quelle volte che aveva riso dei suoi modi infatili, i suoi voli di fantasia, i sogni ad'occhi aperti.
Inaspettatamente però si bloccò. Tra la miriade di flash accesi riuscì a distinguere anche da quella distanza un ghigno malefico. Carter le stava sorridendo, ma questa volta non c'era alcuna traccia di derisione, bensì di compiacimento e plauso.
«La verità è che Isabel Hastings ha...»
Le parole le morirono in gola. Si guardò indietro, Isabel ora aveva una faccia inorridita, le mani premute davanti alla bocca: aveva capito cosa stava per dire l'amica ed era nel panico più totale. Non l'aveva mai vista così vulnerabile, la popolarità era tutto per lei e se le fosse venuta a mancare, come era probabile che accadesse, ne sarebbe uscita distrutta. Nello stesso momento in cui questo pensiero fece breccia nella sua mente, capì che non sarebbe mai riuscita veramente a tradire la sua migliore amica. «... adora James Franco coi Baffi».
Nessuno riuscì a parlare per qualche minuti, poi un moto di disgusto si alzò dalla platea. Dido non rimase sorpresa che così poche persone rimanessero deluse dalla sua rivelazione, ma forse era meglio così. Se solo avessero anche solo sospettato la verità, sarebbe accaduto il finimondo.
Il fatto che Isabel Hastings si depilasse i baffetti, sarebbe stata la rovina sociale nonché la fine della sua relazione con Jason. Quel bellimbusto cervello di gallina non avrebbe sopportato dieci secondi di essere preso in giro per la sua ragazza barbuta. Izzie le mimò un grazie, a cui lei rispose con un "spero che ti serva da lezione".
«Cleo prendi tu in mano la situa, vado a farmi un giro» disse porgendole il blocchetto di bigliettini.
«Aspetta, che succede? Non ce la posso fare da sola, DI!» le gridò dietro, m a ormai la ragazza si era già allontanata da lì ad una velocità sorprendente.
Dido aveva bisogno di pensare e di prendere una boccata d'aria. Si diresse verso l'uscita, ma un braccio le sbarrò a strada. Carter si era materializzato al suo fianco e la stava inchiodando con i suoi occhi glaciali.
«Devo ancora decidere se la tua amica sia fortunata ad averti come confidente, o soltanto stupida» commentò Carter dubbioso.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando» disse Dido freddamente.
«Io credo di si, ma non ti preoccupare se ti senti sola puoi sempre venire a piangere sulla mia spalla» replicò sbattendo le ciglia e facendole la boccuccia.
Era stanca di stare a sentire quel viscido maiale, si liberò dalla stretta con uno strattone e senza dire una parola se ne andò.
Chi diavolo credeva di essere quel Carter? Con che coraggio la trattava in quel modo, neanche fossero amici? Dido non riusciva più a trattenere la rabbia, e non appena raggiunse il portico cominciò a camminare come una pazza avanti e indietro al portone d'ingresso della casa di Isabel.
E poi cosa aveva voluto dire con quel "Devo ancora decidere se la tua amica sia fortunata ad averti come confidente, o soltanto stupida"? A ripensarci ricordava di averci colto una nota di sarcasmo.
Che lui sapesse? Era sicura che Izzie avesse rivelato solo a lei la storia dei baffetti, nemmeno Cleo ne sapeva nulla. Ad ogni modo come aveva fatto a intuire che aveva intenzione di spiattellarlo davanti a tutti proprio in quel momento?
Che avesse la capacità di leggere nella mente delle persone come il dottor Xavier? Ammesso e non concesso che fosse dotato di qualche potere soprannaturale, perché si interessava tanto ad un litigio tra adolescenti?
«Dio quanto è snervante!» strepitò la ragazza incapace di trattenersi oltre.
L'ultima cosa che avrebbe voluto era che quell'altezzoso damerino occupasse in maniera così totalizzante la sua mente.
«Spero di non essere io il ragazzo in questione» esclamò una voce sommessa alle sue spalle.
Dido sobbalzò spaventata e si voltò nella direzione da cui era pervenuta la voce. Era stata così presa dai suoi pensieri, che non si era accorta che qualcun'altro oltre a lei era fuggito dal chiasso dalla festa. Dall'altro lato della veranda un ragazzo se ne stava appoggiato alla ringhiera in legno fumando una sigaretta.
Era passata l'ora del tramonto già da qualche ora, il giorno si era arreso a una notte buia e tenebrosa. Almeno sembrava che avesse cessato di piovere per il momento. Fatta eccezione per le luci che provenivano dall'interno della casa, la veranda era totalmente all'oscuro e Dido faticava a distinguere i contorni delle cose.
«C-come?» riuscì a balbettare Dido, la testa totalmente in confusione.
«Quello che ti ha fatta arrabbiare così tanto» spiegò tra una boccata e l'altra.
«E chi ti dice che sia un lui?» rispose secca riuscendo finalmente a far funzionare di nuovo l'articolazione mandibolare e incrociando le braccia.
«Se ti sto dando fastidio, basta dirlo e me ne vado» replicò il ragazzo assumendo la stessa posa.
Si guardarono l'un l'altro in cagnesco per cinque secondi, poi all'improvviso Dido fece un profondo sospiro di rassegnazione.
«No figurati, sono io che sto andando fuori di testa. Se c'è qualcuno che se ne deva andare quella sono io, scusa» disse la ragazza.
Trovava l'unica persona al mondo che riusciva ad essere ancora gentile con lei, e gli sbraitava contro. Cinque punti a serpeverde! Il ragazzo sconosciuto non aggiunse altro, la sua scorta di pazienza doveva essersi esaurita e dopo aver alzato le spalle come a dire che non era necessario, ritornò a fumarsi la sua sigaretta in santa pace. Ma ormai la curiosità di Dido si era risvegliata dal suo letargo e doveva assolutamente scoprire chi fosse quel ragazzo.
Le tavole in legno del pavimento scricchiolarono sotto al suo peso, mentre gli si avvicinava. Doveva aver preso la pioggia perché la felpa che aveva indosso sembrava fradicia e anche i capelli erano bagnati. Si chinò in avanti per vedere meglio chi si celasse sotto al cappuccio, quando il ragazzo si voltò di scatto verso di lei sorprendendola in quella posa assurda.
«Vuoi?» le chiese gentilmente, porgendole un pacchetto di sigarette rollate a mano.
Dido tentennò per qualche secondo: da una parte stava esultando perché lo sconosciuto non si era reso conto delle sue vere intenzione, e dall'altra stava soppesando l'offerta. Aveva fumato solo altre due volte nella sua vita ed era sempre finita con lei che rischiava di morire soffocata. Ma come si dice non c'è due senza tre.
Ne sfilò una dalla confezione e se la poggiò sulle labbra fini in attesa. Lo sconosciuto si frugò nelle tasche per qualche secondo prima di tirare fuori un accendino d'acciaio con uno strano disegno stampato sopra. La molla scattò e il tenue bagliore illuminò il viso del giovane. Per poco la sigaretta non le cadeva di bocca per la sorpresa.
«Tu...» riuscì soltanto a dire la ragazza, la bocca impastata per la sorpresa.
Davanti a lei c'era il ragazzo che il giorno prima l'aveva baciata prima di fuggire con una bici rubata.
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