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Capitolo diciannove

Erano da poco passate le nove di sera e un vento gelido spirava da ovest tra i cespugli perfettamente geometrici di Milford Hill. Nuvole grigie coprivano il cielo, minacciando una pioggia, che tardava ad arrivare. Le luci fredde dei faretti del giardino illuminavano i volti dei nostri protagonisti, che se ne stavano impalati davanti al portone di casa Lafferty. Se qualcuno tra i vicini si fosse affacciato alla finestra proprio in quel momento li avrebbe potuti scambiare per delle statue estremamente realistiche, ma pur sempre delle statue. Era risaputo che Mrs Lafferty aveva gusti quantomeno discutibile in fatto d'arte.

Da quando quello spregevole ragazzo le aveva messo gli occhi addosso inchiodandola a terra, Dido aveva smesso di respirare, o almeno quella era la sensazione che aveva avuto. I capelli ricci e bagnati a causa dell'umidità, che c'era nell'aria, le si erano attaccati alla fronte e avrebbe tanto voluto farsi una doccia calda, invece di stare fuori con solo una felpa a proteggerla dal freddo autunnale. Sapeva di avere una faccia da idiota, ma non poteva farci niente. La bocca dalle labbra sottili rimase socchiusa in una perfetta "o", mentre i grandi occhi color acquamarina si dilatarono fino all'inverosimile senza che lei potesse farci niente.

Al contrario i tre nuovi venuti non erano per niente sorpresi di trovare una ragazza attaccata al muro di una casa non sua, come un gatto farebbe con il ramo di un albero. Anzi sembrava quasi che si aspettassero di trovarla lì. Il ragazzo che si chiamava Misha le si avvicinò e con un sorriso a trentadue denti le disse:

«Eccoti qui mio amore, mio unico sole. Come ho fatto a vivere senza di te per tutto questo tempo»

Staccò poi con difficoltà la mano destra della ragazza dalle assi di legno del muro, a cui si era saldamente aggrappata con le unghie, e se la portò alle labbra, guardandola con ardore. Ma cosa stava facendo? Era forse impazzito? Nessuno che non forse un arzillo signore di mezz'età faceva ancora il baciamano di quei tempi. Per quanto il biondino fosse carino, non voleva che nessuno, tantomeno uno sconosciuto con l'abitudine di forzare le proprietà altrui, le lasciasse la sua saliva sulla pelle. Avrebbe tanto voluto tirare via la mano, ma il ragazzo la teneva tenacemente tra le sue e non c'era modo di liberarla da quell'inconveniente.

Dido distolse lo sguardo piena di vergogna, quando le labbra del biondino indugiarono un po' troppo sul dorso della sua mano, come a voler stamparci sopra un'impronta indelebile del suo passaggio. Almeno non fu un bacio bagnato. Fatalità volle che gli occhi della ragazza incontrassero quelli del suo acerrimo rivale. Rogue si stava godendo la scena, trattenendo a stento una risata che altrimenti sarebbe scoppiata fragorosa e incontrollata. Dido alzò un sopracciglio coma dire: "Ma ti pare il caso? Io vorrei sotterrami, morire all'istante e tu te la godi, uomo insensibile". Rogue sembrò afferrare il messaggio e fece per intervenire, ma Thunder fu più veloce di lui. Il messicano se ne era rimasto in disparte per tutto quel tempo, lo sguardo basso e cupo.

«È meglio se lasci libera la mano della signorina, Casanova, sennò gliela consumi. Lo scusi Miss, nel suo paese sono un po' all'antica e adorano questo genere di smancerie» disse Thunder passando un braccio attorno alle spalle di Misha, costringendolo a mollare la mano della ragazza. «Deve ancora imparare che qui siamo in America e che le Miss sono abituate ad essere indipendenti e padrone di se stesse, non hanno bisogno che uno sporco bulgaro le baci sulla mano per essere considerate attraenti» concluse ossequioso e Dido ebbe la certezza che la stesse prendendo per i fondelli.

«Mi spiace averti dato quest'impressione, non era mi intenzione offendere nessuno» replicò la ragazza freddamente. «D'altra parte non ho chiesto io che un teppistello da quattro soldi invadesse il mio spazio vitale»

«Cosi mi spezzi il cuore principessa» mugolò il serbo tristemente, mentre Rogue emise un fischio d'ammirazione.

«Si deve vedere proprio un bel panorama da sopra quel piedistallo» disse il ragazzo con tono strafottente, avvicinandosi pericolosamente a lei.

Ci mancava solo che intervenisse "lui" per concludere il quadretto. Con che coraggio le rivolgeva la parola dopo che aveva passato tutto il tempo a ridere di lei sotto i baffi. Dido distolse lo sguardo indignata e cominciò a osservare la finestra a ghigliottina di casa Lafferty con estrema attenzione. Rogue le scostò una ciocca di capelli biondi dagli occhi, e si inumidì le labbra. Neanche a farlo apposta a Dido le si colorarono le gote di un rosso acceso e la ragazza si sentì avvampare. Era sicura che fosse l'essere accerchiata dai tre ragazzi più alti e minacciosi che avesse mai visto a scatenarle quella reazione, e non il contatto che si era venuto a creare tra lei e Rogue. Con uno sforzo di volontà disumano si costrinse a guardarlo negli occhi. Non poteva dargli a vedere che le sue azioni aveva una qualche influenza su di lei e sul suo comportamento.

«Vorrà dire che ti spedirò una cartolina» disse Dido sfidandolo. «Caro Rogue, il sole splende e il mare tace, di sopportarti non sono capace»

Rogue non sembrava per niente intimorito dal tono sprezzante della ragazza, socchiuse le labbra morbide e lasciò che i loro nasi si sfiorassero per un tempo che a Dido parve infinito. Aveva intenzione di baciarla si o no? Dido stava cominciando a innervosirsi. Quel suo temporeggiare sembrava un'ulteriore affronto alla sua persona e non aveva intenzione di continuare con quella sceneggiata un minuto di più. Si alzò sulle punte dei piedi, perché il ragazzo era più alto di lei di diversi centimetri, e gli morse il labbro inferiore con ferocia. Rogue cacciò un urlo e indietreggiò di qualche passo, massaggiandosi la bella bocca con le dita della mano.

«Così impari» sputò fuori la ragazza come a voler giustificare quel che aveva appena fatto.

Non aveva fatto a tempo a dire queste parole che due mani le si chiusero attorno ai polsi, costringendola a tenere le braccia dietro alla schiena. Misha aveva approfittato di quel momento di distrazione per aggirarla e coglierla di sorpresa. Dido cominciò a dimenarsi come una forsennata, ma a nulla valsero i suoi tentavi di divincolarsi dalla stretta del serbo. Rogue sorrise soddisfatto: l'avevano incastrata per bene.

«Cosa avete intenzione di farmi, mostri!» fu l'unica cosa che riuscì a gridare prima che una mano tatuata le chiudesse la bocca.

Thunder le si piantò a pochi centimetri dalla faccia e Dido poté notare quanto fossero profondi e cupi i suoi occhi color del mogano.

«Non ci piace il latte, riccioli d'oro» disse Thunder.

«Parla per te» replicò Misha contrariato, ma il messicano non sembrava dell'umore per assecondare i suoi giochetti.

«Voglio sapere che cosa sai. Diccelo e ti lasceremo in pace» disse Thunder in tono ostile, che si caricò sempre più aggressività di fronte al mutismo della ragazza. 

«Da dove salti fuori, ragazzina? Chi ti manda? Cosa cerchi?»continuò quasi urlando per la rabbia.

Dido aveva constatato a suo tempo nella cantina di casa Hastings, quanto potesse essere potenzialmente pericoloso il ragazzo, e non desiderava testare sulla propria pelle i suoi colpi mortali. Anche se sperava vivamente che in quel caso Rogue, o forse più probabilmente Misha, sarebbe intervenuti a difenderla. Non sapeva cosa legasse quei tre, ma era certa che non fossero tutti e tre della stessa pasta. La stretta del serbo sui suoi polsi era leggera, quasi avesse paura di farle del male, e sudaticcia. Se la ragazza avesse voluto, si sarebbe potuta liberare già da tempo, ma si sentiva molto più sicura con Misha alle sue spalle. Il serbo le comunicava un senso di calma e serenità, differentemente da Rogue, che con ancora visibili sul labbro le impronte dei denti di Dido, le lanciava messaggi contrastanti.

«La professoressa mi ha detto di consegnare dei compiti di spagnolo a Jason, ero passata a portarglieli»rispose velocemente.

Thunder non sebrava che stesse ascoltando veramente le sue parole. Teneva la testa piegata di lato così che la ragazza non sapeva se aveva detto la cosa giusta o meno.

«Perché ci seguivi?»

«N-Non so di cosa tu stia parlando»

Thunder ringhiò e si prese la testa tra le mani.

«Perché vi ostinate a mentirmi? Sto parlando anche con te, Rogue? Da quanto conosci questa ragazza?»gridò il messicano.«Non provare a inventare qualche balla, che non sono dell'umore»

Rogue colto di sorpresa, non rispose. Quando Thunder gli si fece avanti con intenzioni poco rassicuranti e cominciò a gridargli nelle orecchie, assunse una posa da soldato sull'attenti, ma dalla sua bocca non uscì una parola.

«Credi che non sappia quando cerchi di fregarmi? Ricordati che ti conosco fin troppo bene. Credi che non mi sia accorto di come la guardi? Dei tuoi giochetti di questo pomeriggio? Io so sempre tutto, TUTTO!»

La faccia di Rogue era totalmente inespressiva, aveva perso la sua solita aria insolente. Thunder si aggirava tra i presenti pronto alla rissa e Dido sperava, anzi pregava, che avvenisse il prima possibile, così da poter sgusciare via indisturbata a chiamare i due agenti di sorveglianza. Non capiva come mai non fossero ancora accorsi ad arrestare quei tre delinquenti. Probabilmente stavano ancora cenando con coca cola e patatine davanti alla tv e non avevano alcuna voglia di alzare il loro grasso fondoschiena dalle poltrone girevoli, su cui si trova. Se solo avesse avuto con sé il proprio telefono, avrebbe potuto chiamare la polizia.

«Allora mi vuoi rispondere?»

Thunder continuava a torchiare Rogue, ma questi tergiversava, rispondendo in modo evasivo alle sue domande e omettendo gran parte delle informazioni sul suo rapporto con Dido. Questo tuttavia irritò ancora di più il messicano, che stavadefinitivamente perdendo la calma. Aveva cominciato già da diversi minuti a emettere un rantolo roco, che non prometteva niente di buono. Prima che Thunder sfracellasse la mascella dell'ex-amico, Didò s'intromise nel discorso.

«Aspetta! Ti dirò io ciò che vuoi sapere. Io e Rogue siamo ...» urlò.

Il volto era una maschera di terrore e il cuore batteva mille volte al secondo. Quando il messicano si girò verso di lei, le si formò un groppo in gola e non riuscì più a proseguire. Era difficile mentire, quando sai che la persona di fronte a te potrebbe massacrarti di botte all'istante e che non puoi difenderti in alcun modo. Dylan era stato molto coraggioso a tener testa a quei criminali sabato sera.

«Allora? Tu e Rogue siete cosa?»

«Amici d'infazia, l'ho visto a una festa diversi giorni fa e gli ho chiesto il numero, ma non me l'ha voluto dare. Si vede che non gli piaccio» disse tutto d'un fiato.

«Gli piacciono solo se sono già impegnate» ringhiò Thunder, distogliendo all'istante lo sguardo dalla bionda per riportarlo su Rogue, che per tutta risposta alzò le mani in sengo di resa.

Dido era certa che questa volta non si sarebbe fermato solo alle parole. Proprio in quel momento un cellulare squillò. Thunder cercò d'ignorarlo, ma la musichetta di Indiana Jones si fece sempre più insistente, finché il ragazzo non prese il telefono dalla tasca del giubbotto e lo spense. Non si portò però l'apparecchio all'orecchio, doveva essere stata una sveglia. Lesse velocemente un messaggio e poi si rivolse ai compagni con l'umore mutato tutto d'un tratto.

«Abbiamo perso fin troppo tempo qui, svigniamocela prima che arrivino» disse serio e i due compagni annuirono.

In un battibaleno Dido fu liberata e i tre ragazzi si catapultarono in direzione della camaro nera, che era già pronta per partire. La ragazza ancora sconvolta per gli ultimi avvenimenti li rincorse.

«Cosa sta succedendo? Chi sta arrivando?» chiese Dido a nessuno in particolare.

«La polizia, ragazzina.È meglio se te la batti anche tu, finché sei in tempo» le rispose Misha, che stava salendo alla guida, ma fu spintonato indietro da Thunder, che prese il suo posto.

«Non è giusto» mugolò il serbo facendosi da parte

«Cosa avete rubato?» domandò la ragazza indicando il borsone che Rogue, stava mettendo al sicuro nel bagagliaio.

«Fai troppe domande, riccioli d'oro. Comunque è come ha detto questo cane russo, meglio se te la svigni e ti dimetichi di noi» disse Thunder.

«Ma io...» replicò interdetta la ragazza, ma fu presa per le spalle da Rogue.

I grandi occhi del ragazzo si fissarono nei suoi e Dido potè finalmente vedere di che colore fossero. Non erano marroni, come aveva sempre pensato, ma nemmeno chiari. Era come se qualcuno avesse mischiato tutti i colori dell'arcobaleno insieme e fosse venuto fuori una delle sfumature di grigio più brutte di tutta la terra. Avrebbe voluto trovarli orribili, e lo avrebbe fatto se fosse stata qualsiasi altra persona, ma quel ragazzo la portava a rivedere tutti i suoi canoni di bellezza in fatto di uomini. Rogue scosse la testa.

«Niente ma, fai come ha detto Thunder. Lo so che non sembra una persona affidabile, ma sa il fatto suo. Ora vai a casa, dovresti esserci già da un pezzo»

Dido lo guardò senza sapere cosa dire. Sentì una rabbia cieca e incontrollabile saliere dentro di lei, come quando in prima media Ashley Emerson le aveva riso in faccia perché giocava ancora con le bambole. Ancora oggi se ci ripensava si rodeva il fegato per non averle tirato uno schiaffo in faccia a quel tempo.
«Per chi mi hai presa? Non sono una bambina di cinque anni che puoi comandare a bacchetta, come piace a te. Ora mi dici perché diavolo siete qui e che cosa sono le pastiglie che avete dato a Dylan e Jason!» disse Dido, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che il ragazzo le tappò la bocca con una mano

«Shh, zitta!» le sussurrò Rogue all'orecchio. «Non è opportuno tirare fuori questa storia adesso. Un giorno te lo dirò»

Si sentì qualche bestemmia partire dall'interno dell'abitacolo in direzione dei due ragazzi. Rogue le diede un buffetto sulla guancia, prima di fiondarsi sul sedile posteriore della camaro nera, lasciando la povera Dido sul ciglio della strada a tormentarsi le mani per la rabbia.

Rogue l'aveva trattata come una bambina capricciosa, che non sa quando è il momento di frenare la lingua. Diede un ultimo sguardo a casa Lafferty prima di mettersi al volante della sua mini rossa. Qualcosa era accaduto dentro quelle quattro mura, qualcosa che aveva tutto a che fare con lo scatto d'ira di Dylan di quella mattina. Forse Jason era morto dopo l'assunzione di quelle strane pasticche e loro si erano dovuti liberare del cadavere. No, a ripensarci il borsone era troppo piccolo per contenere i resti di un corpo umano. Peccato! Però in La finestra sul cortile l'assasino taglia la moglie a pezzi, forse avevano fatto la stessa cosa. Le venne un conato di vomito ripensandoci e scacciò quest'assurda idea dalla sua testa. Si era appena messa sulla carreggiata, quando una sirena della polizia la raggiunse.

«Accidenti a te, Rogue, a te e ai tuoi stupidi amici. Salve agente, qual buon vento la porta?»


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