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12.

Arrivammo finalmente alla grotta. Sentimmo un rumore provenire dal carro e ci guardammo sospettosi.
David avanzò cautamente verso l'asse mentre io lo guardavo a distanza, aprì il retro e lo sentì ridere.

<<Allora?>> Chiesi.

Si spostò di lato per farmi vedere <<Secondo te che può essere?>>
Mi avvicinai osservando attentamente e vidi una cesta oscillare e sbattere contro le assi di legno.
<<Sylver deve averlo messo lì dentro prima di raggiungerci.>> Disse David entrando e sollevando il coperchio.
Lo zibellino fece forza sulle braccia e rotolò fuori correndo, per modo di dire vista la sua poca agilità, nella mia direzione.

<<Povero cucciolo.>. Dissi sorridendo mentre l'animale si metteva su due zampe muovendo le due anteriori congiunte.

Passò mezzogiorno e si fecero in fretta le tre. Sylver e Liz arrivarono in quel momento. La rossa aveva il lembo del mantello sollevato e in esso sembrava vi fosse qualcosa.
David in parte sollevato, in parte deluso dal comportamento della rossa che era sparita per una mattinata facendoci restare con l'ansia e la paura, non le rivolse la parola fino a sera.
Lei cercò di farsi perdonare mostrando le numerose noci raccolte, si avvicinò al carro e lascio che queste rotolassero dal suo mantello. Non ci disse il motivo della sua assenza anche se probabilmente quella frutta secca era già una spiegazione e né io né mio fratello le raccontammo dell'accaduto.
Sylver tranquillo, ma non molto allegro ci sollecitò a sbrigarci per riprendere il viaggio e verso le quattro le ruote del carro stavano già solcando nuovi terreni.
Quella volta fui io a insistere per guidarli. Sapevo che non era un compito adatto alle donne, ma non mi interessava minimamente di un'idea creata da una società così bigotta.
Per fortuna nessuno tra i miei compagni di viaggio ebbe molto da ridire così l'ebbi facilmente vinta.
In realtà non durò molto il nostro percorso. Il sole tramontò pochi minuti dopo. Amavo le stagioni fredde, ma il fatto che alle cinque e mezza fosse già buio, mi destabilizzava parecchio.
Iceville era ancora lontano e noi avevamo già perso molto tempo...

<<Quanto dista il prossimo villaggio da qui?>> Chiesi mentre i ragazzi sistemavano le lanterne da attaccare ai lati del carro per farci un minimo di luce.

<<Ancora tanto.>>

Degluttì, dopo l'esperienza che avevo avuto con il lupo nella foresta, l'ultima cosa che volevo era fare un altro incontro simile nel bel mezzo della notte.

Diedi un colpo di redini a Frost per fargli aumentare il passo, ma venni ripresa da David.

<<Non possiamo andare più veloce. Il carro pesa e le ruote non reggeranno così come Frost.>>
Sospirai frustrata. Ci toccava viaggiare di notte?

<<Vuoi il cambio pulce?>> Chiese mio fratello.

<<No, voglio solo arrivare in un luogo sicuro il prima possibile.>> Risposi rabbrividendo per il calo di temperatura improvviso.

<<Mi potreste passare il mio mantello?>> Chiesi voltandomi leggermente, trovando solo Sylver sveglio.
Mi voltai immediatamente sentendo le guance arrossare, non capivo il perché del mio comportamento, forse mi aspettavo di trovare Liz sveglia al suo posto o forse nel chiedere il mantello mi era venuto in mente il ricordo della sera precedente... Fatto sta che David se ne accorse subito nonostante il buio e si voltò lui stesso a prendermi l'indumento.
Me lo adagiò sulle spalle dandomi un lieve colpetto al braccio che non mi aiutò affatto.
Cercai quindi di distrarmi tirando fuori il primo argomento che mi venne in mente <<Che libro stai leggendo?>> Chiesi approfittando del fatto che David avesse come al solito un libro sulle gambe.

<<Delle vecchie favole per bambini.>> Rispose lui passando una mano sui fogli ingialliti.

<<E vedi con questa luce?>> Domandai.

<<Sinceramente? No.>> Ridemmo entrambi.

Fu solo verso le due di notte che arrivammo in una piccola cittadella.
Sotto insistenza di David alla fine gli avevo ceduto il posto alla guida, lui d'altronde era più esperto di me e il buio non lo infastidiva più di tanto.
Dunque dicevo... Arrivammo a Volterrimus, nel silenzio più profondo. Il rumore del carro e lo scalciare di Frost erano gli unici suoni udibili visto l'orario e tutte le finestre erano oscurate. Le uniche luci provenivano dalle poco lanterne che si incontravano per strada.

<<Dove ci fermiamo?>> Chiesi a bassa voce, quasi con la paura di rompere la quiete che ci circondava.

<<Non vedo locande.>> Disse mio fratello.

<<In questo luogo le locande chiudono a mezzanotte.>> Ci comunicò Sylver alle nostre spalle <<L'unica soluzione è fermarci vicino al piccolo parco in fondo alla strada.>>

Mi voltai a guardarlo <<perché non ci siamo fermati prima allora?>> Chiesi.

<<Qui non si rischia l'attacco dei lupi.>> Disse nell'esatto momento in cui David fermò la carrozza.

Tornai a guardare il paesaggio. Il così detto parco altro non era che un pezzo di terreno recintato ove al suo interno vi erano diversi alberi d'arancio.

<<Ricordo una leggenda sugli alberi di arancio.>> Dissi sorridendo per scendere poi dal carro.

I due ragazzi fecero lo stesso, mentre Liz proseguiva il suo riposo.
<<È stata una delle tue prime letture.>> Specificò mio fratello avvicinandosi all'albero.
<<Voi la conoscete?>> Domandai a Sylver che scosse leggermente la testa mentre infilava le mani nelle tasche dei pantaloni.

<<Si dice che molto tempo fa, in un'isola circondata dal mare cristallino, vi fossero numerosi alberi da frutta che ogni estate offrivano i loro frutti in dono ai bambini. Tra questi però ve ne era uno, dalle meravigliose foglie perennemente verdi che non riusciva a produrre neanche dei piccoli fiori. Un giorno però accadde che le stelle si accorsero di lui e compassionevoli lasciarono cadere della polvere sulla sua chioma, così che ogni inverno da quella notte, l'albero riuscisse a produrre dei meravigliosi frutti arancioni da donare ai fanciulli anche nel periodo invernale.>>

David finì e staccò un'arancia dall'albero più vicino, la tirò in aria afferrandola poco dopo, la guardò ruotando la mano, poi me la lanciò.

<<Per questo l'arancia viene spesso associata ai momenti lieti della vita, come le nozze o una gravidanza.>> Aggiunsi prendendo al volo il frutto.

<<Una leggenda bizzarra.>> Disse il bianco intento a guardare il frutteto.

<<Ma affascinante, ammettetelo.>>

<<La parte affascinante di questi alberi arriverà non appena inizierà a nevicare.>> Disse sollevando il volto al cielo privo di stelle.

<<Speriamo di non vederla presto allora. Una nevicata in questo momento ci bloccherebbe qui per chissà quanto tempo.>> Aggiunse David tornando verso il carro.

Sylver dal suo canto non rispose, rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto, lo fissai pochi secondi e notai che stava indossando il mantello che gli avevo donato. Mi incamminai verso il carro sorridendo lievemente e raggiunsi David e Liz.

Il mattino seguente un chiasso tremendo mi sveglio provocandomi un terribile mal di testa che non andò via fino all'ora di pranzo.
Liz era già uscita, così come Sylver, mentre David stava ordinando alcuni indumenti in base alla pregiatezza della stoffa.
<<Buongiorno.>> Mormorai sbadigliando subito dopo.
<<Ben svegliata Elys. Dovresti aiutarmi a sistemare i capi, fuori si sta svolgendo il mercato. Potemmo approfittarne per vendere i nostri articoli.>>

Annuì ancora assonnata. Allungai le braccia e goffamente uscì dal carro.
<<Vado a cercare una sorgente prima, necessito di un bagno per svegliarmi.>> Dissi senza aspettare risposta incamminandomi alla cieca per le stradine del villaggio.
Al solito mi affidai come una deficiente al mio, inesistente, senso dell'orientamento finendo per perdermi.
Il paesino di giorno cambiava completamente volto, le strade erano molto affollate, le persone chiacchieravano allegramente tra di loro e notai che molti abitanti si dedicavano alla falegnameria, tagliando e incidendo graziosi oggetti dalle forme più bizzarre.

<<Signorina>>

Proseguivo ammirando i vari lavori ed ero talmente presa dalle numerose meraviglie che non feci caso alla voce.

<<Signorina>> qualcuno mi sfiorò il braccio. Mi girai notando un uomo sui quarant'anni, in carne e con pochi capelli grigi sulla nuca.

<<Parlate con me?>> Chiesi sbattendo le palpebre.
Non capivo il motivo per cui mi avesse fermata.

<<Sì. Aspetti un attimo qua.>> Corrugai la fronte mentre l'uomo spariva dentro un negozietto, Vudaìs. Era un nome che mi risultava familiare, ma che non riuscivo minimamente a ricordare dove lo avessi sentito.

Lo vidi ritornare con qualcosa tra le mani.
<<Prendete questo.>> Mi afferrò la mano lasciando ricadere al suo interno qualcosa di freddo come il metallo.

Quando tolse la sua mano della mia vidi una medaglietta biconvessa con la parte superiore realizzata in legno e sopra incisa una V in corsivo.
La guardai per un attimo, poi guardai l'uomo che sorrideva <<No. Non posso.>> Cercai di restituirla, ma invano perché questo si spostò ritraendo la mano.
<<Mi dispiace, ma non ho abbastanza monete per accettarla.>> Dissi cercando di convincerlo a riprendersela.

<<Non ve la sto vendendo. Ve la sto regalando.>> Disse lui.
La cosa non mi convinceva minimamente, chi mai avrebbe regalato un suo articolo a uno straniero che molto probabilmente non avrebbe più rimesso piede in quel negozio?

<<Per quale motivo?>> Chiesi.
L'uomo sollevò le spalle.
<<Quando vi ho vista passare la mia mente vi ha associata a questo medaglione. Ogni articolo che realizzo ha come scopo quello di trovare la persona adatta a custodirlo e questo è quello adatto a voi.>>

Più parlava più mi confondeva. Non capivo il significato delle sue parole... Ok anche noi per realizzare capi e corredi pensavamo a cosa potesse stare meglio alle persone, ma non li regalavamo a chiunque incontrassimo per strada solo perché l'idea che potesse calzargli a pennello ci piaceva.

<<Insisto, non posso accettare. Voi vivete di questo, perché regalare il frutto del vostro lavoro?>>

L'uomo guardo alle mie spalle e il suo sorriso si espanse.
<<Che sta succedendo?>> Sentì dire.
Mi voltai trovando Sylver alle mie spalle.

<<Anche per voi c'è qualcosa!>> Lo strano uomo corse nuovamente dentro il negozio lasciandomi con il medaglione in mano.

<<Aspettate!>> Lo seguì entrando dopo di lui.
Nell'aprire la porta sentì un leggero tintinnio, sollevai la testa e vidi tre piccoli cilindri d'acciaio collegati a dei fili e appesi al soffitto, nel mezzo di essi una conchiglia che all'aprirsi della porta sbatteva contro i cilindri producendo l'insolita melodia.
Guardai il negozio. Al suo interno vi erano un enorme quantità di libri disposti in grandi mensole e al centro della sala un espositore con degli oggetti intagliati.
Pensai che a David sarebbe piaciuto moltissimo il posto in cui ero capitata.
<<Tutti questi libri sono in vendita?>> Chiesi dimenticando il motivo per cui ero entrata e avvicinandomi a leggere i titoli sui dorsi.
<<No signorina, vendo solo gli oggetti che vedete esposti al centro della stanza.>>

Sentì di nuovo l'affare d'acciaio suonare e vidi Sylver entrare.
Mi osservò, poi si spostò verso il bancone.
<<Ma se vuole può prenderne qualcuno in prestito.>> Sentì dire.
Ero tentata, lo ammetto, ma scossi la testa e mi avvicinai al bianco, mentre l'uomo tornava nella stanza con un cofanetto grande quanto una mano.
Guardò intensamente il ragazzo negli occhi, ma Sylver diventato serissimo fissava solo l'oggetto.
L'uomo tornò a guardare l'oggetto, sollevò il coperchio in legno scuro rivelando al suo interno una chiave di ferro dal manico elaborato e impreziosito da una piccola gemma bianca.
Guardai incuriosita appoggiandomi al bancone, aspettando la reazione di Sylver.
Ma l'uomo non aveva terminato.
Prese la chiave chiuse il cofanetto e lo capovolse. Sfilò un asse rivelando una fessura. Infilò la chiave e la ruotò.
Sentimmo un clic. La mia attenzione adesso era completamente rivolta a quell'oggetto.
La base si mosse. L'uomo sollevò quello che si rivelò un coperchio.
Sylver vacillò. All'interno vi era una boccetta argentata con una primula elegantemente incisa e un tappo di vetro.

<<Dove lo avete preso?>> Chiese Sylver. Lo guardai, la sua espressione era incomparabile, sembrava avesse appena assistito a una manifestazione paranormale.

<<È bella vero?>> Chiese l'uomo sollevando l'ampolla con la mano tremante.
La guardò malinconico <<È un regalo che ricevetti in uno dei miei viaggi, me lo diede un nobiluomo per sdebitarsi, vi assomigliava molto.>>

Guardò il bianco passandogli l'ampolla. Sylver la prese immediatamente.
<<E con tutta la confezione mi sembra che si addica molto a voi.>>
L'uomo passò lo sguardo su di me <<Così come il vostro medaglione signorina, quando lo conoscerete meglio scoprirete un lato dell'oggetto celato alla stragrande maggioranza delle persone.>>

<<Chi era l'uomo di cui parlate?>> Chiese Sylver stringendo l'ampolla.

<<Purtroppo non ricordo granché, sono passati... Circa vent'anni da quando lo vidi. Ricordo solo che aveva dei capelli bianchi come i tuoi, legati e su una mano, non so più quale delle due fosse, aveva una voglia nera.>>

Sylver cercò di mantenere la calma, ma lo vidi irrigidire i muscoli del volto.
<<State bene?>> Gli chiesi.
Lui posò l'ampolla sul bancone e l'uomo la ripose al suo posto richiudendo tutti i compartimenti con cura.
<<Prendete.>> Disse sollevando il cofanetto e offrendolo al bianco.

<<No.>> Rispose lui secco.

<<Come no? È fatto per voi...>> Sylver non lo ascoltò, si girò e uscì dal negozio.

Rimasi un attimo a guardare la porta. Cosa era successo? Sembrava interessato all'ampolla.

Sospirai tornando a guardare l'uomo che dispiaciuto fissava l'ingresso.

<<Beh, anche io sono costretta a rifiutare il suo dono. La ringrazio per...>>

Posai il medaglione sul bancone e l'uomo spostò immediatamente lo sguardo su di me, posando una mano sulla mia e premendola sopra il medaglione.

<<No signorina. Ascoltatemi, questo medaglione vi appartiene, così come il cofanetto a quel ragazzo. Prendeteli entrambi, ve ne prego.>>

La situazione iniziava a seccarmi, perché a Sylver non aveva detto nulla e su di me stava facendo così tanta pressione?

<<Perché insistete tanto?>> Chiesi perdendo il tono cordiale e tornando seria.

<<Vi sono capitate cose strane ultimamente o sbaglio?>> Chiese.

Mi ritrassi spaventata. Come faceva a saperlo?

<<Nulla che possa considerarsi fuori dalla norma.>> Mentì.

<<Quindi per voi viaggiare con due stranieri dai colori identici alle volpi che vi perseguono è normale?>>
Sentì il respiro mancarmi. I colori delle volpi... Una rossa, l'altra bianca... No. Non poteva essere vero. Era fuori da ogni logica. Non potevano avere dei collegamenti Sylver e Liz con le volpi.

<<Io... Voi come...>> Sentì la gola seccarsi.
Tutto ciò era assurdo, come sapeva delle volpi quel vecchio?

<<Prendete questi oggetti e proteggeteli, non voglio altro in cambio. Il destino mi ripagherà a tempo debito, non temete.>>

Non del tutto sicura strinsi le dita intorno al medaglione.
Non sapevo se potevo fidarmi, ma sembrava sapere più cose lui che io sull'ultimo periodo della mia vita.
<<Così brava.>> Tolse la mano dalla mia e avvicinò il cofanetto.

<<Posso sapere il vostro nome?>> Chiesi mentre sfioravo la superficie del legno con le dita.

L'uomo si avvicinò alla porta, la aprì invitandomi ad uscire.
<<Vudaìs signorina Elys.>>
Uscì con gli oggetti in mano, osservandolo mentre sorridendo chiudeva la porta.
Elys... Come sapeva il mio nome?!

Guardai la strada alla ricerca di Sylver, ma non lo vidi. Legai il medaglione al nastro in vita stringendo bene il nodo in modo da non perderlo e tenni il cofanetto tra le mani, rimpiangendo il fatto di non aver portato con me il mantello con le tasche.

Girai l'angolo arrivando ai piedi di una struttura.
Sentivo delle voce dei bambini, mi avvicinai e attraverso il cancello li vidi giocare con una palla di stoffa e delle corde.
Sembravano felici, eppure non rivedevo in loro la stessa felicità che avevamo io e i miei fratelli da piccoli.
Vidi vicino al portone, all'interno del cortile, un cesto di arance, poco più in là notai una figura familiare. Liz era in mezzo a loro e stava scherzando con i bambini.

<<Liz.>> Provai a chiamarla sollevando il braccio per farmi notare, ma i bambini facevano molto rumore e la mia voce venne coperta.

Vidi solo allora una suora avvicinarsi a lei, le prese le mani e le sorrise. Iniziarono a parlare e io capì, quello doveva trattarsi di un orfanotrofio.

Il pallone di stoffa rotolò vicino ai miei piedi. Una bambina dai meravigliosi riccioli biondi si avvicinò nel suo vestitino borgogna dai ricami bianchi dall'orlo fin troppo lungo.

<<Salve!>> Esclamò fermandosi all'improvviso e imitando un piccolo ma tenerissimo inchino.
Mi abbassai sulle ginocchia.
<<Ciao piccola.>> La salutai mentre lei prendeva il pallone e correva di nuovo verso i suoi amici.

Guardai gli indumenti degli altri bambini, erano tutti messi male, cuciti alla meno peggio e alcuni strappati.
Pensai a quello che era successo con l'uomo poco prima e mi venne un'idea. Tornai al carro a passo veloce ignorando David alla disperata ricerca di aiuto e presi gli indumenti più piccoli che avevamo.

<<Elys! Dove vai?>> Chiese quando mi vide uscire con le stoffe.
Sollevai i capi <<Torno tra poco.>> Mi voltai notando il bianco ai piedi di un albero di arance.
Guardai il carro, poi di nuovo lui e mi avvicinai.

Lo affiancai.
<<Venite.>> Dissi continuando a camminare per addentrarmi nel frutteto.
Lo sentì seguirmi, quando fummo a tre alberi di distanza dal carro, mi sedetti a terra posando i vestiti accanto a me sull'erba asciutta.
Sfilai l'ago dal capo più in alto e infilai il filo mentre facevo segno al bianco di sedersi.
Sylver non protestò.
Si sedette al mio fianco e mi osservò mentre accorciavo le maniche e stringevo i vestiti.
<<Conoscevate già il cofanetto di quell'uomo?>> Chiesi guardandolo di sbiego.

Non rispose. Sollevò la testa appoggiandosi al tronco e chiuse gli occhi. Ne approfittai per prendere il cofanetto e posarlo tra me e lui, quindi ripresi il mio lavoro passando l'ago tra le trame dei tessuti.
Ripensai a ciò che mi aveva detto Vudaìs e sospirai.
Le volpi, Sylver e Liz, erano veramente collegati?
Se così era, sentivo di doverne sapere di più.

Sylver riaprì gli occhi, lo vidi guardare il cofanetto.
<<Perché lo avete preso?>> Mi chiese.

<<Sarebbe complicato da spiegare.>> Risposi sconsolata appuntando la prima manica.
Tirai il filo per staccarlo e spostai la camicia in modo da afferrare l'altra manica senza problemi.

Prese il cofanetto e lo rigirò tra le mani esaminandone ogni lato.

<<Avete mai visto una volpe?>> Chiesi a quel punto.

Il bianco si fermò, aprì il coperchio e tirò fuori la chiave.

<<Voi avete mai visto un tizio che vi regala degli oggetti di valore senza nessun motivo apparente?>> Chiese di rimando.

Mi fermai posando la stoffa sulle mie gambe e mi voltai a guardarlo.

<<Avete visto o no una volpe?>> Chiesi.

<<Ne ho viste molte di volpi.>> Aggiunse rimettendo al posto la chiave <<Anche qui in questo villaggio>> Chiuse di scatto il coperchio <<e voi non potete di certo essere definita tale.>>

Non so perché ma quelle frasi mi risuonarono come un insulto, stava sottolineando che non ero furba?

Ripresi il lavoro.

<<Non potrei mai paragonarmi a una volpe, non temete. So di non essere furba, agile, elegante e furtiva come loro, ma non era ciò che intendevo quando vi ho chiesto se avete mai visto una volpe. Tuttavia non mi interessa realmente sapere la risposta.>>

Aveva volontariamente fatto finta di non comprendere il significato della mia domanda e per me era già una risposta sufficiente. Vudaìs aveva ragione, Sylver aveva qualcosa a che fare con almeno una delle volpi e capire quale non era così arduo, seppur le prove fossero ancora troppo scarne.

Proseguì in silenzio con il bianco al fianco che lentamente si assopì.
Ormai i suoi pisolini improvvisi non mi stupivano più, avevo capito che comunque il suo non era sempre un sonno profondo, restava spesso in dormiveglia con i sensi in allerta.

Quando ebbi finito ripiegai tutti gli indumenti e li sistemai.
Il bianco riaprì gli occhi, poi li richiuse.
Sospirai e mi incamminai verso l'orfanotrofio.

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