CAPITOLO 54
TYLERS' POV
"Che cosa pensi di fare Spencer?"Mi domanda incrociando le braccia sul giubbotto antiproiettile.
"Lasci a me l'operazione?" domando sorpreso.
"Chiedimelo un'altra volta e cambio idea."
Mi passo le mani tra i capelli, cercando di calmarmi.
"Facciamo irruzione. Ognuno dei nostri uomini entra in una delle camere, sbatte fuori i porci che ci sono dentro, copre le ragazze e le porta fuori. Poi si vedrà." Sospiro, sperando che gli vada bene.
Annuisce. "Io prendo la cinque tu prendi la uno."
Si allontana e richiama a se la sua squadra e stessa cosa faccio io.
"Io cerco Ryan e Amanda." Dico a Jason prima di dare il segnale di entrare.
È un attimo e tutti i nostri uomini sono dentro. Gli uomini scompaiono rapidamente dalla mia vista, entrando d'assalto nelle camere o salendo le scale. Io continuo verso la mia direzione.
Proseguo nel corridoio per svoltare a sinistra e buttare giù la porta dell'ufficio privato di Ryan.
Sono pronto a sparare, quando davanti a me mi ritrovo solamente un ciccione in compagnia di una rossa mezza nuda che non ha chiaramente nessuna voglia di stare lì.
Alla mia vista alzano entrambi le mani e la ragazza, a differenza del panzone, sembra contenta di vedermi, riconosce che io sono dalla parte dei buoni.
"Raccogli la camicia." Dico all'uomo puntandolo con il mitra.
Lui continua a stare fermo, ma quando avanzo leggermente si affretta a fare ciò che gli ho detto.
"Ora dalla a lei." Gli ordino per poi rivolgermi alla ragazza. "Mettitela ed esci."
Afferra rapidamente la camicia e ci lascia da soli.
"Bene, ora. Dov'è Ryan?"
Visto che non ricevo nessuna risposta, lascio andare il mitra e mi avvicino di scatto a lui, afferrandolo per la cravatta slacciata che ha ancora al collo.
"Riformulo. Dove cazzo si trova il tuo capo?"
"Senti amico io non-"
In un battito di ciglia lo posiziono a novanta sulla scrivania per poi mettermi dietro di lui. "Non sono tuo amico, quindi se non vuoi che ti ficchi la canna del mitra su per il culo ti conviene rispondermi."
Inizia ad agitarsi e a farneticare. "Okay okay! Sono partiti questo pomeriggio ma non so dove siano andati, io sono solamente un sostituto di una-"
Lo interrompo, strattonandogli con forza i capelli. "Lui e chi altro?"
"Lui, un'uomo e una delle puttane che sono qui dentro. Una stra figa da urlo con cui ho prov-"
Un brutto presentimento mi scuote.
"Descrivi lei, non cosa ci hai fatto!"
"Bel culo, corpo tonico, capelli lunghi castani, pelle abbronzata, gambe eterne. Ah! Sulle spalle aveva una grande cicatrice, ma non so cosa le sia stato fatto."
Ingoio con fatica la saliva. "Come si chiamava?"
"Non non ricordo, qualcosa tipo Samantha, Sam-"
"Summer..." dico d'un fiato, sperando che non sia un sì la risposta.
"Ecco si, quello! Cazzo non me la scorderò mai- Aaah cazzo fai?!" Cade a terra, dopo che gli ho piantato una gomitata sulla spina dorsale.
Cerco di mantenere la calma, devo mantenere la calma.
"Alzati." Lo tiro su per un braccio e lo scorto verso il gruppo che si è riunito all'ingresso.
"Allora?" Non appena mi vede, Jason mi piomba davanti, con un taglio al sopracciglio.
Mi passo una mano tra i capelli, ormai già in disordine e scuoto il capo.
"Che significa? Dove sono Ryan o Amanda?! Dov'è mia figlia?" Mi urla addosso, zittendo tutti intorno a noi.
Non ne posso più del suo atteggiamento, come se fosse lui l'unico a stare male.
"Non lo so Cristo! Ryan ha deciso di portarla all'asta, non la troveremo mai più! Le aste si tengono nei posti più inimmaginabili-"
Mi blocco quando alza una mano davanti al mio viso.
"Dammi pistola e distintivo Spencer."
Il mio cuore perde un battuto, incredulo. "Che cosa?"
Tende una mano verso di me, per chiarire meglio ciò che mi ha ordinato.
"Perché?!"
"Non voglio pappemolli nella mia squadra. Non sai dirmi dove si trova mia figlia e non fai nulla per scoprirlo? Bene, sei fuori."
Le mie labbra prendono la forma di un sorriso sornione.
"Non, non ho fatto nulla?" Guardandolo dritto negli occhi, inizio a slacciarmi il giubbotto antiproiettile, per poi buttarlo ai suoi piedi insieme al mitra. Poi passo alla pistola e il distintivo, sbattendoglieli sul petto. "Sai benissimo di star facendo un errore a sbattermi fuori." Gli sibilo ad un palmo dal viso, per poi uscire da lì.
****
Mi rigiro le chiavi tra le mani, indeciso se entrare o meno.
Dovrei essere da Steffy, ma il mio tasso di alcool nel corpo è leggermente alto per guidare fin da lei.
Continuo a guardarle, con un sorriso amaro, fino a quando strappo il nastro giallo della polizia e inserisco la chiave nella toppa.
La porta scatta, aprendosi in un piccolo spiraglio.
Prendo un respiro ed entro.
Richiudendola lascio alle mie spalle tutto il resto del mondo, entrando nel nostro.
Da quanto l'hanno portata via da me non ero più entrato qui, nel nostro appartamento.
Nell'aria aleggia ancora il suo profumo.
"Sono a casa!" Urlo posando le chiavi sul piccolo mobiletto, nella vana speranza di sentire un "Amore sono in cucina." o un "Arrivo subito amore!", ma anche qualsiasi altra parola andrebbe bene, anche un insulto.
Cammino piano, osservando ogni particolare che ricordo a memoria, ma come se fosse la prima volta che lo vedo.
Raggiungo la nostra camera da letto.
Il letto è in disordine e un sorriso nostalgico prende forma sul mio viso ricordando cosa avevamo fatto l'ultima volta che lei era ancora qui con me.
Mi siedo sul suo lato del letto e prendo il suo cuscino, stringendolo tra le mie braccia ed inspirandone il dolce profumo.
Poi qualcosa che luccica sul comodino, illuminato dagli ultimi raggi di sole, cattura la mia attenzione.
Lascio il cuscino e mi sporgo verso il piccolo mobile.
Lo afferro e quando ce l'ho in mano noto che è un ciondolo. Sbatto le palpebre, cercando di schiarire la mia vista offuscata dall'alcool, per vederlo meglio.
E' la croce di Ankh che le aveva regalato suo padre.
Da una parte non mi capacito del perché sia qui dato che non la toglieva praticamente mai, ma dall'altra ne sono felice perché almeno posso portare con me un suo ricordo.
Il suono del campanello interrompe i miei pensieri.
Non ho voglia di vedere nessuno, quindi credo proprio che chiunque sia o aspetterà all'infinito o capirà che non deve rompere i coglioni e prenderà la saggia decisione di andarsene.
Anche se mi incuriosisce sapere chi è dato che l'appartamento è sottoposto alle indagini della polizia e quindi non ci dovrebbe entrare nessuno qui, nemmeno io.
Stringo il ciondolo in una mano e mi alzo molto lentamente visto che la testa mi gira già abbastanza, quando il campanello riprende a suonare ininterrottamente, perforandomi i timpani.
Raggiungo la porta imprecando e la apro senza guardare chi sia dallo spioncino.
Appena vedo chi ho davanti a me, una rabbia accecante s'impossessa di me, facendomi prudere le mani.
"Che diavolo ci fai. Tu. Qui?" Mormoro a denti stretti.
Sta per fare un passo verso di me quando, vedendo la mia espressione ci ripensa.
Prende un lungo respiro.
"Ascolta Tyler, sono qui per Summer, devi-"
Le mie mani d'impulso si stringono attorno al suo collo, impedendole di proseguire con ciò che volevo dirmi.
Dai suoi occhi scuri iniziano a scendere delle lacrime copiose e alza le mani in segno di resa.
Mi fermo ad osservarla per un attimo.
Il suo viso è scavato, è molto più magra di prima, nei suoi occhi regna il vuoto totale, la paura.
Mi stacco subito da lei, facendola cadere al suolo.
Inizia a tossire, portandosi una mano alla base del collo.
MI passo una mano tra i capelli. "Non volevo." È il massimo delle scuse che riceverà da me.
"Ne hai tutto il diritto." Mormora barcollando, rialzandosi a fatica. "Posso entrare?" chiede speranzosa.
Ci penso su parecchio, prima di scansarmi e lasciarle spazio per entrare.
"Come facevi a sapere che ero qui?" Le chiedo chiudendo la porta a chiave.
"Ti ho seguito." Si sposta i capelli biondo ossigenato su una spalla e prende un respiro prima di riiniziare a parlare. "Stavo tornando alla Tana, così la chiamava Ryan, quando ho visto che avevate fatto irruzione. Ho aspettato fino a quando non ho visto uscire degli uomini, quando poi sei uscito anche tu. Mi sei passato davanti con l'auto e ho deciso di seguirti. Sono stata fuori dal locale ad aspettarti per poi seguirti di nuovo fino a qui." Termina la frase guardandomi dritto negli occhi.
Mi appoggio alla parete, di fronte a lei e la fisso a mia volta. "E con questo? Cosa dovrei capire Amanda?"
"Che magari visto che sono venuta qui è perché voglio salvare Summer anch'io e mettere in carcere quel lurido bastardo."
Una risata sarcastica abbandona involontariamente la mia bocca.
"Quindi fammi capire, prima la attiri nella trappola cosicché il lurido bastardo, come lo hai definito tu, non che tuo ragazzo, la possa rapire, violentare, torturare e far prostituire. Ma ora tu la vuoi salvare. Beh mi pare davvero-"
"Finiscila Tyler, tu non hai la minima idea di quello ho dovuto passare." Mi interrompe, alzando la voce e venendo verso di me.
"Sono bella ma non come Summer, ho un bel fisico ma non come Summer, ho un carattere interessante ma non come Summer, non poteva scopare lei, quindi violentava me. Da quando l'ha vista per la prima volta non se l'è tolta dalla testa, era ossessionato da lei. Sono quasi tre anni che sto con lui, due dei quali li ho passati a sentirmi inutile, non appropriata a questo mondo, ad essere insultata e abusata da lui e dai suoi amici, quando voleva divertirsi un po'. Due anni in cui sono stata continuamente paragonata a lei."
Porta ora la sua attenzione su di me, incrociando le braccia al petto e cercando di trattenere le lacrime. "E allora cosa fai? Inizi a pensare che visto che vieni trattata ripetutamente così forse, in fondo in fondo, te lo meriti. Inizi a vestirti da troietta, a truccarti tanto, a fare la vocina sciocca e a fare la stupida per essere accettata. Inizi a farti scivolare le cose addosso, ti arrendi e ti sottometti a quello che loro vogliono. Fai finta che quello che ti viene detto non ti tocchi minimamente, ma questo punto non sono riuscita a ricoprirlo. Dentro di me è maturato un odio enorme nei confronti di tutti, soprattutto verso Summer."
Prende un bel respiro e poi continua. "Quindi, quando si è messo in testa l'idea di rapirla ero eccitata all'idea, da far schifo pure a me stessa, lo ammetto. Quando finalmente l'avete presa ero felice perché almeno avrebbe avuto lei per il resto della sua vita, avrebbe abusato di lei ed io avrei avuto la possibilità di scappare da tutto ciò. Ma quando mi sono resa conto di tutto, ho iniziato a farmi schifo. Mai avrei creduto di diventare come lui."
I singhiozzi bloccano il suo doloroso sfogo.
Mi spiace per quello che ha passato, ma ciò non giustifica quello che ha fatto.
"So che queste non sono delle scuse-" afferma dando voce ai miei pensieri. "Ma devo ricordarti che anche tu sei coinvolto nel suo rapimento. Ma non voglio litigare ora, piuttosto, voglio darti una mano."
Incrocio le braccia al petto, staccandomi dal muro. "Non si può fare niente. Ryan la venderà all'asta. Non la troveremo mai più, le aste sono impossibili da localizzare."
Un piccolo cenno di sorriso prende forma sul suo viso. "Per questo sono qui. Ho detto io a Ryan di venderla."
Il mio viso diventa una maschera di odio e rabbia. Sto per urlarle addosso, quando allunga le mani verso di me, facendomi capire di lasciarla finire.
"Ma sono stata io a decidere l'asta a cui farla partecipare, quindi so dove possiamo trovarla." Fa una piccola pausa. "L'ho fatto apposta per portarla via di lì. Se facciamo in tempo riusciamo a portarla in salvo, altrimenti non sarà servito a niente." Mormora abbassando lo sguardo.
Non ci posso credere la ritroveremo.
Potrò stringerla di nuovo tra le mie braccia e non lasciarla andare mai più.
"Muoviamoci." Le dico in tono perentorio, afferrando le chiavi della macchina dalla mensola e facendole cenno di uscire.
****
Dopo circa un'ora di interrogatorio Amanda viene lasciata uscire dalla piccola stanza, con i polsi ammanettati ed un poliziotto a scortarla.
"Lascia, la porto io." L'uomo mi guarda male per un attimo, ma poi capisce che non deve rompere i coglioni e se ne va.
La porto verso una delle celle del dipartimento, in silenzio.
Dopo aver chiuso la porta, mi fermo a guardarla. "Lo sai vero che adesso rimarrai dentro per un bel po'?"
Annuisce, ravviandosi delle ciocche dietro le orecchie.
"Perché non l'hai lasciato quando eri ancora in tempo?" Le chiedo, appoggiandomi alle sbarre.
Un sorriso amaro prende forma sul suo viso. "Perché nonostante tutto io lo amavo. E poi, io non avevo la fortuna di avere così tante persone che ci tenessero a me." Una lacrima scivola solitaria sulla sua guancia.
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