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Ognuno di noi ha un proprio desiderio sessuale. Può essere più o meno spinto, strano, particolare, alcune volte anche assurdo. Delle volte si riesce a realizzarlo, altre volte rimane solo un sogno. E se si riesce a esaudire il desiderio, non sempre le aspettative corrispondono alla realtà.
Ci si immagina una scena che ci eccita particolarmente e poi quando si è lì a recitarla, non è come l'avevamo pensata. Può essere più bella o magari è solo una delusione e tutta l'idea che ci eravamo fatti in testa scompare magicamente. Come quando si vede il trailer di un film che ci sembra spaziale, si corre al cinema e si scopre che è una cagata mondiale.
C'è chi immagina di fare un'orgia, chi di farlo a tre con due donne, qualcuno sogna cose che sono fuori dal mondo, almeno a mio gusto personale, come sadomaso, bondage, dominazione o anche solo feticismo. C'è chi si immagina di farlo con la propria madre o il proprio fratello. A me il solo pensiero fa vomitare.
Il sogno erotico di Patrick era di essere l'unico uomo in mezzo a tante donne. Immaginava di scoparsele tutte per poi schizzare il suo sperma su di loro inginocchiate davanti al suo possente cazzo.
Almeno così raccontava. Anche se il suo cazzo non aveva nulla di possente. Era lungo il giusto e piuttosto sottile. E anche un po' storto. E la peluria rossiccia lo rendeva quasi ridicolo. Ma lui se ne vantava come se fosse stato il miglior cazzo del mondo.
Glielo vedevo spesso, dato che stava sempre a menarselo. Almeno un paio di volte al giorno. Diceva che doveva tenersi in allenamento per quando sarebbe uscito.
- Così non verrò come un coniglio la prima volta che mi farò una puledra. - diceva convinto.
Ma io sospettavo che gli piacesse proprio masturbarsi, non era una questione di tenersi in esercizio.
All'inizio la cosa mi imbarazzava molto, poi con il passare del tempo non ci facevo più caso. Rientravo in cella con lui che si stava masturbando e lo salutavo come se stesse leggendo una rivista o facendo un solitario a carte. Vedere certe cose, le prime volte può dare disagio. Poi rientra tutto nella routine.
Anche io avevo un sogno erotico. Penso sia stato sempre quello, fin da quando ero piccolo. Fin da quando avevo conosciuto Theo.
Volevo farlo a 4 con lui e due bellissime ragazze.
Sarebbe stata una cosa fichissima pensavo. Io e lui, due stalloni che facevano sesso nella stessa camera con due ragazze splendide e molto porche.
Immaginavo di scoparne una mentre l'altra veniva presa da Theo. Poi ci scambiavamo le ragazze e ricominciavamo il gioco.
Ne avevamo anche parlato delle volte. Fantasticavamo insieme e ci masturbavamo, raccontandoci quello che avremmo voluto fare.
In più io ero anche piuttosto curioso. Volevo sapere come scopava Theo. Se era bravo, se era dolce o rude, se andava veloce o piano, se affondava i colpi fino in fondo, se veniva tanto. Cose così insomma.
Lo so forse può sembrare una cosa strana, ma era il mio sogno erotico, almeno quando ero adolescente.
In prigione mi masturbavo anche io ovviamente. E mi immaginavo di farlo a 4 con Theo.
Non ero un segaiolo come Patrick, ma dovevo in qualche modo sfogarmi sessualmente.
E per quanto riguarda il mio desiderio, avrei dovuto aspettare di uscire dal carcere prima di poterlo realizzare.
Pensavo sarei uscito di lì ancora vergine. Se, come aveva detto il mio avvocato, fossi uscito nel giro di due anni, avrei potuto farlo a 18 anni. Se avessi dovuto aspettare tutti e cinque gli anni, non avrei fatto sesso fino ai 21. Essere vergini a 21 anni era una tragedia nella testa di un sedicenne. Avrei perso i migliori anni della mia vita per una stronzata fatta in un momento di pazzia totale.
Durante la notte, mentre tutti o quasi dormivano, mi ritrovavo a pensare a quello che avevo combinato. Rivedevo nella mia mente la rapina, io che entravo dentro il negozio, la fuga della commessa, gli agenti che mi sbattevano faccia a terra e mi mettevano le manette con le mani dietro la schiena.
E poi i momenti del processo. Le testimonianze dei poliziotti e della commessa. Gli sguardi duri della giuria popolare. Solo una signora di mezz'età sembrava compatirmi un po'. E poi la sentenza del giudice. Io in piedi ad ascoltarla mentre le gambe sembravano essere diventate di gelatina. Il cuore a mille battiti al secondo e la sensazione di dover svenire. Il momento più difficile della mia breve vita.
Perché l'avevo fatto? Me lo chiedevo anche io. Forse per dimostrare di essere un uomo. Forse per un gesto di ribellione. Forse perché nella vita, se non ci si complica le cose, non si trova pace.
Delle volte tendiamo a farci del male da soli, ci distruggiamo senza un motivo valido. Penso che molti di noi siano masochisti in fondo al cuore. Io di sicuro lo ero stato.
Con il carattere che avevo, nessuno avrebbe mai immaginato che potessi fare una cosa del genere. Oltretutto la mia famiglia stava bene economicamente, non avrei avuto alcun motivo di rubare. Forse volevo dimostrare di essere uno forte. Forse volevo uscire dall'idea di ragazzo "standard" che la gente aveva di me.
Non potevo neanche giustificarmi dando la colpa alle cattive compagnie. Frequentavo ragazzi come Theo, amici con la testa sulle spalle.
Quando la notizia si era sparsa a scuola, erano rimasti tutti scioccati. Superato il momento iniziale, Theo mi aveva aggredito verbalmente dandomi dell'idiota. Avevamo litigato furiosamente e nei primi giorni di arresti domiciliari non si era fatto né vedere né sentire. Poi un giorno si era presentato a casa mia e avevamo fatto pace.
All'inizio avevamo discusso di nuovo, poi di colpo mi aveva abbracciato, le labbra tremanti, gli occhi lucidi.
- Perché l'hai fatto? - mi aveva chiesto.
- Non lo so. - avevo risposto.
- Se avevo bisogno di soldi avresti potuto chiedermeli. -
- Non è una questione di soldi. - avevo urlato frustrato.
- E allora perché? Perché hai deciso di rovinare la tua vita? La nostra vita? -
Ero rimasto interdetto. Cosa c'entrava la sua di vita? Era la mia che avevo rovinato, non la sua. Lui avrebbe potuto continuare ad andare a scuola, proseguire con la ginnastica artistica, frequentare la sua ragazza o magari conoscerne altre. Andare alle feste, ubriacarsi, giocare a calcio con gli amici. Tutte cose che io avrei perso.
- Perché ho rovinato la tua vita? - domandai, aggrottando la fronte. - Tu potrai fare quello che vorrai. Sono io che ho mandato a puttane la mia esistenza. -
- Ma non capisci? Non sarà più la stessa cosa senza di te. Siamo cresciuti insieme, abbiamo fatto tutto quanto insieme. Senza di te, non sono più io, è come se mi mancasse qualcosa. - aveva detto con la disperazione nella voce, scuotendomi per le spalle.
Mi ero commosso. Solo in quel momento avevo capito che avevo rovinato tutto. Avevo distrutto la nostra amicizia.
- Scusami. - avevo detto sciogliendomi in un pianto. - Scusami tanto. -
Mi aveva abbracciato, ed ero rimasto tra le sue braccia a piangere come un bambino, mentre mi dondolava dolcemente e accarezzava la schiena.
Poi mi aveva alzato il viso, mi aveva guardato negli occhi, e mi aveva detto:
- Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Saremo amici per sempre. Abbiamo fatto un patto con il sangue ricordi? -
Avevo sorriso mentre mi asciugavo le lacrime con il dorso della mano.
- Si che mi ricordo. - risposi. - Come potrei dimenticarlo? -
Già come potevo dimenticarlo. Io e Theo saremmo rimasti amici per l'eternità. Avevamo tanti progetti da realizzare insieme, non poteva finire tutto per un periodo di lontananza. Certo all'inizio sarebbe stata dura, ma poi saremmo tornati a essere inseparabili.
I miei sogni sessuali cambiarono in prigione. Piano piano, giorno dopo giorno. Inconsciamente all'inizio, poi sempre con più consapevolezza. E più volevo evitare quei sogni, più venivano a trovarmi durante la notte.
Quando dormivo, sognavo spesso. Erano sempre immagini confuse, episodi particolari della mia vita modificati. Situazioni già accadute dove magari trovavo persone che non erano mai state lì, nella vita vera.
Vi è mai capitato di fare un qualcosa con una data persona e poi sognare quella cosa e nel sogno trovare anche altre persone, che magari non c'entrano niente con quell'episodio, con quella situazione? Era quello che iniziò a capitarmi dopo la scena che vidi nella doccia.
Sognavo Theo e i miei amici. Sognavo episodi vissuti con la mia famiglia. Feste, sport e vita scolastica. E ogni volta trovavo nel sogno due occhi di ghiaccio a studiarmi, a scrutare dentro la mia anima. Provavo ad avvicinarmi a lui, a cercare di scoprire perché si trovasse lì, che cosa volesse, ma appena mi mi avvicinavo a lui, mi risvegliavo sudato e confuso.
Non sapevo niente di quel ragazzo. Faceva parte dei "Guns" almeno credevo, probabilmente aveva ammazzato qualcuno o pestato a sangue un malcapitato, eppure c'era una forza che mi spingeva verso di lui. Quella stessa forza che da bambino aveva avvicinato me e Theo.
La mattina mi alzavo con il mal di testa e una confusione mentale che mi faceva impazzire. Ma non avevo il coraggio di parlarne con Patrick, non lo conoscevo ancora bene tanto da confidarmi con lui e non mi fidavo della sua lingua lunga. Era un venditore. Di roba e di segreti. E dovevo prima capire se era dalla mia parte.
Certo i primi giorni era sempre stato al mio fianco, mi aveva istruito sulle abitudini del carcere, mi aveva spiegato le varie differenze tra i vari gruppi, di chi fidarsi e chi evitare, quali agenti erano onesti e quali delle carogne da cui stare alla larga. Era una sorta di enciclopedia carceraria e per un nuovo entrato era una guida turistica eccezionale.
Era un chiacchierone e amava la compagnia, e questi erano sia i suoi pregi che i suoi difetti. Poi scoprii che era un ragazzo speciale, di quelli che si incontrano poche volte nella vita. Ma all'inizio la diffidenza è quello che ti fa sopravvivere in quell'ambiente.
Sognavo due occhi di ghiaccio a scrutarmi, sognavo il ragazzo nudo davanti a me, mentre si faceva succhiare il cazzo dal ragazzino sotto la doccia. Sognavo la sua bocca chiusa, la mascella serrata, gli occhi liquidi e lo sguardo duro. Sognavo il suo culo sodo e i suoi addominali bagnati dall'acqua che scorreva sul suo corpo scolpito.
Lo sognavo quasi tutte le sere. E tutte le mattine mi ritrovavo con un fortissimo dolore alle parti basse a causa dell'erezione che mi accompagnava tutta la notte. Mi svegliavo con le mutande bagnate e a nulla serviva il masturbarsi preventivamente prima di andare a dormire. Sembrava fossi diventato un container di sperma. Una banca del seme. E se non lo facevo uscire io, usciva da solo durante la notte, in quei sogni umidi e sconclusionati.
Non capivo cosa mi stesse accadendo e non mi sentivo bene con il mio corpo. Ero a disagio, provavo sensazioni che non avevo mai pensato di provare. Ero nella fase della vita in cui tutto si trasforma. Il tuo corpo, la tua mente. Quel periodo in cui i tuoi ormoni viaggiano alla velocità della luce. Dove l'eiaculazione è continua e sembra non fermarsi mai.
Davo la colpa al nuovo stile di vita, alle nuove situazioni vissute dentro un luogo esclusivamente maschile, al fatto di avere un compagno di cella che era sempre con il cazzo in mano.
Poi a venti giorni dal mio ingresso iniziai a realizzare cosa mi stava succedendo.
Successe quando Shaq decise di vendicare lo sgarbo subito il primo giorno che entrai in prigione. Quando subii la mia prima violenza carnale. Quando la mia vita cambiò per sempre.
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