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15

Il mio primo bacio l'ho dato all'età di quattordici anni. A Cherryl, la mia ragazza. O meglio, è stata lei a darmelo. Io ero talmente bloccato che prima di capire cosa stesse facendo, ci misi un po'. Fu un bacio piuttosto imbranato. Lei che premeva le sue labbra sulle mie, cercando di infilarmi la lingua in gola e io che restavo fermo con gli occhi chiusi e le gambe tremolanti.

Eravamo al parco. Insieme ai nostri compagni di classe. Una di quelle uscite che si fanno dopo la scuola, prima di tornare a casa.
I nostri amici si erano allontanati, impegnati a giocare davanti al laghetto artificiale che si trovava davanti ai giardini. Ci avevano lasciati da soli apposta.

Sapevo che Cherryl aveva una cotta per me, ma a quel tempo, ero ancora piccolo per comprendere quello che significasse. Sapevo solo che lei era carina e che avrebbe voluto fidanzarsi con me.

Era stato Theo a dirmelo. Le prime volte sono sempre gli amici a fare da ambasciatori. A quell'età, non si ha il coraggio di farsi avanti di persona. Si tende a mandare un'amica o un'amico, che sondi il terreno. Almeno se c'è un rifiuto, si evita l'imbarazzo.

Quando Theo mi disse che Cherryl era interessata a me, ricordo di aver iniziato a sudare. Sembrava stessi giocando una partita di basket.
Girò al largo, prima di arrivare al punto cruciale. Cioè che lei mi riteneva molto carino e che avrebbe voluto mettersi con me. Io non sapevo cosa dire. Mi piaceva? Non ci avevo mai pensato.

- Cosa intendi fare? - mi domandò Theo.
- Non lo so! - risposi, troppo terrorizzato dalla cosa.
- Perché non lo sai? Insomma non ti piace? -
- Si... No... Boh... - risposi balbettante.
- Cherryl è molto carina. - mi disse il mio amico. - E ha una cotta per te. Non capisco quale sia il problema. -

Già, qual'era il problema? Forse che ero gay (ma ancora non lo sapevo), forse che non mi sentivo pronto, forse che non ci avevo mai pensato di avere una ragazza. Esulava completamente dal mio stile di vita. Fatto di videogiochi, basket e Theo.

Forza! Non essere così pauroso. - mi aveva detto. - In fondo hai sempre detto di volere una ragazza, così potevamo uscire in quattro. -
- Si, ma tra il dire e il fare, c'è di mezzo che ho paura. - dissi.
- Guarda che non ti mangia mica. Ci esci e vedi se ti piace. -
- Io e lei? Da soli? -
Ero terrorizzato al solo pensiero.
- Beh, si! Cosa vuoi i cortigiani intorno? -


- Magari! - dissi sconsolato.

Così Theo aveva organizzato l'uscita dopo scuola. Per aiutarmi a superare la timidezza. E in quel prato avevo dato il mio primo bacio.

Eravamo rimasti in silenzio per molto, prima che lei iniziasse a parlare. L'aveva presa alla lontana, chiedendomi della scuola, di quale professore fosse il migliore, della mia squadra di basket. Poi vedendo che io ero rigido come un salame appeso in cantina, si era semplicemente avvicinata e aveva appiccicato le sue labbra alle mie.

Ero rimasto con gli occhi aperti, sconvolto. Diciamoci la verità, il mio primo bacio è stato un completo disastro.

Lei si era staccata e mi aveva guardato.
- Ti è piaciuto? - mi aveva domandato.
- Si. - avevo balbettato. Ma non ne ero tanto convinto.
- Se vuoi possiamo rifarlo. - aveva detto.
- S..si... Ok. -
E si era nuovamente avvicinata a me. E quello era stato il nostro secondo bacio. Stavolta con la lingua. Avevo chiuso gli occhi. E avevo cercato di assaporare il momento.

Ci eravamo staccati e lei mi aveva chiesto di metterci insieme.
- Va bene. - avevo risposto.
Avevo ufficialmente la mia prima ragazza. Ed è rimasta anche l'unica.

Quando sono uscito di galera, lei si era messa con un giocatore di football. Ma a me non importava. Ormai avevo scoperto quello che mi piaceva veramente. Figuriamoci se mi interessava riprendermi la mia ragazza. A quel punto avevo baciato un ragazzo, fatto sesso con lui, succhiato cazzi e fatto orge. Servizio completo, insomma.

Il primo bacio a un ragazzo, era stato quello con Theo, come vi ho già raccontato. Un bacio stampo di dieci secondi per una scommessa. Ma non so se può considerarsi un primo bacio vero.

Se non conta, allora il primo bacio fu quello che mi diede Maverick. Dentro lo spogliatoio delle docce. Che ormai era diventato il nostro luogo di incontro.

Passai giorni a cercare di dimenticarlo. Giorni a cercare di rimuovere il secondo stupro che avevo subito. Perché era quello che mi aveva fatto più male. Perché era quello che aveva visto anche lui. E non aveva fatto niente per impedirlo. Anzi, se n'era andato.

Così avevo ripreso la mia vita carceraria, cercando di cancellarlo dalla mia mente. Quando eravamo in lavanderia guardavo da un'altra parte, quando eravamo in cortile, evitavo appositamente di volgere il mio sguardo verso il campo di basket, dove sapevo stesse giocando con i suoi amici.

I primi giorni fu dura. Poi ci presi l'abitudine. Stavo lottando ancora con me stesso, realizzando che mi piacevano i ragazzi. Perché scritto su queste pagine, sembra che sia tutto facile. Ma non lo è. Ci si fanno un sacco di domande. La maggior parte senza risposte. È così per tutti i ragazzi che si scoprono omosessuali. L'ho capito solo ora, facendo il mio lavoro. A quel tempo pensavo di essere l'unico ad avere quei pensieri.

Il giorno che Maverick decise di rientrare prepotentemente nella mia vita, ero andato a farmi la doccia, mentre gli altri detenuti stavano in cortile. Avevo preso quell'abitudine proprio per evitare di incontrarlo. E per evitare di scontrarmi con Shaq e i suoi amici. Sapevo che se mi avessero trovato lì, avrei subito altre violenze.

Restai a lungo sotto l'acqua. Lavarsi senza qualcuno intorno era una piacevole sensazione in un mondo come quello carcerario, dove sei sempre con qualcuno presente. Sono piccoli attimi di libertà che impari a goderti.

Quando tornai nello spogliatoio, lui era lì, seduto a pochi metri dai miei vestiti. Scontrammo i nostri sguardi. Quegli occhi di ghiaccio mi trapanavano il cervello.
Rimasi a fissarlo per un tempo che sembrava interminabile. Il suo corpo statuario mi attraeva come una calamita. Era scolpito, con tatuaggi sulle braccia e sul petto. Ero incantato.

Si alzò. Era in mutande. Gialle. Sorrisi debolmente, pensando al gioco di colore che facevano sul suo corpo scuro.
Mise le mani sui fianchi prendendo i bordi dell'elastico per toglierle. Trattenni il respiro. La curiosità mi divorava. Volevo vedere il suo pene, più grosso dell'intero Stato di New York a detta di Patrick.

Invece alzò la testa e mi beccò a guardarlo.
- Cosa cazzo hai da guardare? - mi disse duro.
- Ni... Niente. - dissi.
Lasciò l'elastico e si avvicinò minaccioso a me.
Abbassai la testa cercando di farlo fermare.
Invece mi prese per il collo. E spinse la mia schiena contro gli armadietti.
- Cos'hai da guardare? - domandò nuovamente, mentre con la mano stringeva il mio collo. - Vuoi vedere il mio cazzo? Ti piace prenderlo? Farti trattare da troia? -
- N... No... - dissi cercando di respirare.
- Ah no? Eppure l'altra volta ho visto come godevi come una cagna in calore. -
- Non... non è vero. - balbettai.
- Vuoi il mio cazzo? Lo vuoi sentire? -
Mi spinse la testa contro l'armadietto, facendo risuonare un rumore metallico nel vuoto dello spogliatoio. Avvicinò il suo corpo al mio, facendomi vergognare. Sotto l'asciugamano il mio cazzo era diventato duro.

Sentivo il suo alito sulla mia faccia. I nostri corpi che salivano e scendevano al ritmo del nostro respiro, scontrandosi. Strinse ancor di più la mano sul mio collo. Non avevo più fiato.
Con l'altra mano, prese il mio cazzo, da sopra l'asciugamano che tenevo legato in vita e lo strinse forte.
Gemetti.
- Ti piace troia eh? -
Cercai di liberarmi, troppo imbarazzato dal fatto che mi stava sentendo duro. Mi bloccò con il suo corpo, spingendolo contro il mio.
Realizzai che era eccitato anche lui. Il suo cazzo premeva prepotentemente sul mio inguine. Provai ad abbassare la testa per vedere se quello che sentivo, era vero.

Me lo impedì, sbattendomi il capo, contro il freddo metallo dell'armadietto.
- Cosa cazzo vuoi fare? - disse.
Strinse ancor più forte, il mio pene nella sua mano.
Gemetti di nuovo.
Poi lasciò il mio collo e prese il mento. E mi baciò.
Un bacio possessivo. La mia bocca era dentro la sua. La sua lingua era dentro la mia gola.

Lasciai che mi baciasse. Ero senza forze. Se mi avesse mollato, probabilmente sarei caduto per terra. Tremavo e le gambe erano di gelatina. Iniziai a muovere la mia lingua sulla sua. Le nostre salive si mischiavano e sentivo il suo sapore dentro la mia bocca. Era una sensazione indescrivibile. Con Cherryl, non avevo mai provato una cosa del genere. Con lei non sentivo niente.
Non so quanto durò il tutto. Ma volevo non terminasse mai.

Ero talmente eccitato che avrei voluto inginocchiarmi e succhiarglielo tutto, fino in fondo. Avrei voluto ammirare e adorare la sua erezione. Avrei voluto farmi prendere dietro, senza remore. Sentire le sue palle che sbattevano sulle mie chiappe.
Assaggiare il sapore del suo sperma. Ero intrappolato dal desiderio di averlo dentro di me.

Appoggiai una mano sul suo petto, per accarezzarlo. Fu la mossa sbagliata. Perché fece interrompere il momento magico.
Si staccò da me e mi guardò con i suoi occhi di ghiaccio.
- Non vado con le troie. - disse.
E mi ferì. Mi ferì a morte. Non ero una troia, pensai. Non ero io che avevo voluto farmi scopare. Ero stato costretto. Mi avevano violentato. Era diverso. Si è vero, avevo goduto. Ma non era quello che desideravo. Era stato uno stupro. Avevano preso la parte più importante di me, la mia verginità, e me l'avevano strappata via. Gli occhi mi si riempirono di lacrime.

Si staccò da me. Mi sentii vuoto senza il suo corpo ad avvolgermi. Fece per allontanarsi. Con un gesto istintivo, gli presi il braccio.
Si girò e mi attaccò nuovamente all'armadietto.
- Stai lontano da me! - disse. - Io non prendo gli scarti degli altri! Le troie non fanno per me! Le lascio volentieri a Shaq! -

Si girò e si allontanò.
- Non sono una troia! - dissi di getto.
Tenevo i pugni stretti vicino ai fianchi, le lacrime che minacciavano diuscire.
- Sono stato stuprato! - urlai. - E tu eri lì! Hai visto tutto! E non hai fattoniente! - scoppiai a piangere. Presi i miei vestiti e uscii dalla stanza.Lasciandolo lì. A guardare la mia schiena.

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