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Capitolo XXXVII

Look at him
Look at me
That boy is bad
And honestly
He's a wolf in disguise
But I can't stop staring in those evil eyes

He ate my heart the he ate my brain
(I love that girl)
(Wanna talk to her, she's hot as hell)

That boy is a monster
Monster
(Could I love him?)*

[Lady Gaga – Monster ]


Ore 06.00 - Mosca

William si svegliò lentamente, la fioca luce che proveniva dalla finestra che gli arrivava dritta dritta in faccia. Riusciva a vedere la polvere vorticare silenziosamente nella lama di luce, nel silenzio rotto solo dal suo respiro e da quello della persona che giaceva al suo fianco. Non poteva dimenticare cosa era successo quella notte, e forse non l'avrebbe mai dimenticato.

Si voltò verso Irina, addormentata al suo fianco a pancia in giù, i capelli sparsi intorno sul lenzuolo bianco, le labbra rosate leggermente dischiuse, il suo respiro regolare e quasi impercettibile... Aveva le spalle scoperte, il tatuaggio della Fenice seminascosto dai capelli, la mano dalle unghie curate appoggiata sul cuscino.

William scostò la coperta, liberando il torso nudo, e lasciò vagare lo sguardo su quella visione da cui non era capace di staccare gli occhi... Forse stava davvero sognando.

Da quando aveva capito esattamente cosa volesse da lei, aveva desiderato quel momento con tutto sé stesso, soprattutto quando si era reso conto che alla fine non la voleva morta, che l'amava per davvero... E poi si era ritrovato dietro le sbarre, lei lontana e fautrice della sua condanna, a meditare vendetta... E alla fine scopriva che era lei a essersi pentita di quello che aveva fatto, a tornare da lui.

Prese una ciocca dei suoi capelli, avvolgendosela intorno al dito, e guardò la ragazza che dormiva tranquilla, la sua gamba che sfiorava la sua sotto le coperte.

"E' questo che avevi, Went? Provavi la stessa cosa che io sto provando adesso?"

Irina dormiva, eppure sul suo volto dai tratti morbidi c'era un'espressione serena, un'espressione che lui non gli aveva mai visto... Era abituato a lottare con lei, a prendersi il suo corpo con la forza, a sentirla lontana e furiosa, e stavolta era tutto diverso. Era sua perché lei aveva voluto esserlo.

Ed era assurdamente bello sentire quella sensazione di appagamento, di pace che aveva lui addosso... Alla fine, Irina aveva ceduto, era sua per davvero.

"Davvero era questo che sei riuscito ad avere, Went? Davvero te la sei lasciata sfuggire? Come hai fatto a rinunciare a tutto questo?".

Trovava straordinaria quella situazione, trovava Irina perfetta anche se sapeva che non lo era. Went l'aveva avuta prima di lui, era riuscito ad aprirle il cuore, e se l'era lasciata sfuggire... Ora che scopriva cosa si sentiva, gli avrebbe dato del pazzo.

Assomigliava tutto a un sogno, eppure era vero. Forse aver perso tutto, aver perso due anni dentro una cella buia, era servito a qualcosa... Quello che aveva ora era meglio di qualsiasi auto, meglio di qualsiasi pilota, meglio del denaro, meglio del potere. Perché niente, niente poteva comprare quella sensazione che ora provava lui.

William allungò la mano e sfiorò la spalla nuda di Irina, la pelle morbida che scorreva sotto le sue dita, e la vide rabbrividire impercettibilmente. Sorrise, quando dalle labbra le sfuggì un sospiro, ma lei continuò a dormire, rannicchiandosi sotto la coperta. Gli bastò sentire di nuovo il calore del suo corpo vicino al suo, a fargli riaffiorare le sensazioni che aveva provato in quella notte.

Per la prima volta aveva potuto vedere il suo corpo senza lottare, l'aveva sfiorata senza sentirla ritrarsi e senza sentire su di lui il suo sguardo carico d'odio... Aveva preso possesso di quelle labbra senza doverla costringere, senza che lo spingesse via...

E il meglio era stato quando aveva sentito le mani di Irina su di lui... Centinaia di volte aveva desiderato scoprire cosa si provasse, e quando aveva sentito le sue dita scorrere sui suoi muscoli era impazzito. Era diverso da ogni altra cosa, da ogni altra ragazza che era stata con lui... Non c'era istinto selvaggio e basta, quello che l'aveva guidato quando in quei gesti non c'era amore, ma solo voglia di evasione, era... Era assurdo. Le mani di Irina erano così leggere, così delicate da sembrare solo un sogno, meno trasgressive e violente di qualsiasi altre, eppure lo avevano fatto impazzire di piacere... Non aveva capito più niente, aveva iniziato a sentire una voglia folle di saperla solo sua.

Le sue mani addosso a lui, le sue gambe intrecciate alle sue, le sue dita che premevano sulle sue spalle... Non c'era niente come quello, niente che potesse sostituirlo... Sarebbe andato avanti tutta la notte, tutto il giorno, al solo scopo di continuare a sentirla sua, a prendere possesso del suo corpo per godere appieno di tutto quello che provava, per sentirla sua come aveva sempre desiderato...

Era stato con ragazze che si vantavano di saper prendere gli uomini come nessun'altra, così sexy da risvegliare con un solo sguardo gli istinti più profondi, così esperte da saper rendere una notte infuocata solo con il loro corpo, così spinte da non tirarsi indietro davanti a nessun tipo di gioco... Irina era totalmente il contrario, eppure era riuscito a farlo impazzire fino a desiderare che non finisse mai. Gli erano bastate le sue mani, delicate, a tratti incerte, a fargli notare la differenza.

Cercò la sua mano sotto le lenzuola, e intrecciò le dita con le sue, avvicinandosi al suo corpo spogliato, la voglia di stringerla ancora a lui rimasta intattaalla sera prima... Irina rabbrividì, la pelle d'oca sulle braccia, rannicchiandosi contro di lui nel sonno, alla ricerca di calore...

Era esausta, e non si sarebbe svegliata. L'aveva prosciugata di ogni energia, fino a farla crollare addormentata. Sorrise, perché quella consapevolezza lo rendeva felice.

<< Forse ti ho chiesto troppo, bambolina mia >> sussurrò sul suo collo, sperando aprisse gli occhi.

Naturalmente lei non lo fece, ma comprese che aveva davvero avuto troppo in quella notte. Irina meritava almeno un po' di riposo, visto quello che era stata capace di fargli fare... E poi, gli piaceva stare a guardarla mentre dormiva, così rilassata, così tranquilla... Così sua.

Ora capiva. Capiva cosa aveva spinto Went a rischiare la vita per lei, a mettere in gioco tutto quello che aveva... Capiva per quale motivo l'aveva sfidato per portargliela via. Prima non poteva saperlo, perché tutte le sue energie erano concentrate sul cercare di controllarla, dominarla, combattere con lei; adesso che invece non doveva pensare a come fare a non perderla, scopriva davvero quelle parti di Irina aveva sempre e solo sognato.

Il carcere gli aveva aiutato a capire molte cose della sua vita, molti aspetti che aveva sempre ignorato ma che nelle lunghe ore di silenzio passate da solo aveva avuto modo di analizzare.

Era sempre stato da solo, in tutta la sua esistenza. Anche se si era circondato di amici, di piloti, di gente di tutti i tipi, nessuno di loro gli era mai stato veramente fedele, nessuno di loro gli aveva fatto provare la vera amicizia. I soldi che aveva sempre avuto, il potere di suo padre, avevano sempre attirato coloro che avevano solo interessi nei suoi confronti. Nessuno lo aveva mai avvicinato solo perché voleva conoscerlo veramente.

E le ragazze...

Le ragazze stravedevano per lui, perché era bello, era ricco, aveva potere. Ne aveva avute a palate, tanto da non ricordare nemmeno i nomi di molte di loro, così facilmente da poterne cambiare una a notte, anche solo con uno schiocco di dita. Tutte belle, tutte sexy, di ogni paese e di ogni età, tutte pronte a cadergli ai piedi al primo sguardo... Pronte a farsi fare qualsiasi cosa da lui, che compiaciuto credeva di avere tutto ciò che desiderava...

Si sbagliava, e se n'era accorto quando intorno a lui si era fatto silenzio, quando le luci delle discoteche si erano spente, quando il letto della sua lussuosa camera era diventato quello di una cella, quando il suo mondo si era ristretto a un paio di pareti scure e umide. Quando i giochi erano finiti, ed era cominciata la vita vera.

Non c'era mai stato niente di stabile, nella sua esistenza. Niente, a partire dalla sua famiglia, quella che avrebbe dovuto formarlo, che avrebbe dovuto contribuire a fargli capire il senso di tante cose.

Suo padre non c'era mai, era sempre in giro a fare affari loschi, a fare soldi facili, ad amministrare i suoi traffici. E quando tornava dal suo unico figlio, ciò che era in grado di insegnargli era solo: "Se vuoi qualcosa, allunga la mano e prendila". Niente era impossibile per un Challagher, niente era precluso, tutto dovuto. Perché accontentarsi quando si poteva avere il meglio? Bastava pagare, bastava usare le maniere forti...

Sua madre era l'esempio più eclatante che confermava la teoria di George Challagher: viveva con loro solo perché avevano i soldi. Aveva sposato suo padre solo perché era pieno di denaro, perché si era garantita la bella vita... E si tradivano, sempre e ovunque. Tutti lo sapevano, persino loro stessi, ed erano contenti così. Si erano sempre usati, e avrebbero continuato a usarsi.

"Una donna non è altro che un oggetto" gli aveva detto suo padre un giorno, "Una donna ha il solo scopo di farti passare delle belle notti e basta. Più neihai e meglio è, perché ricordati che nessuna di loro ti sarà mai fedele. Tantovale avere una vasta scelta quando hai voglia di scopare, perché tutti lo sanno benissimo che i soldi fanno loro questo effetto".

E lui era cresciuto con quella convinzione, che le donne fossero inutili a parte per appagare i loro istinti. Lui stesso se ne era reso conto, quando vedeva che mai per due volte consecutive era stato con la stessa, quando quelle ragazze pretendevano da lui sempre il massimo, sempre il meglio, perché lui era lo Scorpione, era William Challagher...

Tutti lo avevano invidiato, ma dovevano invidiarlo davvero? Cosa ci aveva guadagnato in tutte quelle notti estreme che aveva passato, in quelle avventure si eccitanti, ma sempre troppo brevi? Niente, non aveva niente in mano. Nessuna di quelle ragazze era lì a sorreggerlo, a supportarlo, a stargli a fianco nel momento del bisogno, esattamente come tutti quelli che si erano definiti suoi amici.

Irina non era così, non lo era mai stata. I suoi soldi, il suo potere, non li aveva mai voluti: tutto ciò che gli aveva sempre chiesto era solo rispetto. Non aveva mai preteso niente, da lui. I suoi regali certe volte nemmeno li aveva guardati, e li aveva sempre messi da parte alla prima occasione...

E poi, quando parlava con lui era l'unica a trattarlo come si meritava. Non gli diceva mai sì solo per compiacerlo, per farselo amico, per ottenere in cambio qualcosa da lui. Anzi, tutte le volte che aveva potuto, tutte le volte che lui l'aveva minacciata, gli aveva sbattuto in faccia il suo no brusco e diretto, dimostrandogli che alla fine non era nessuno.

Ecco perché lei, perché era ossessionato da Irina come non lo era mai stato di nessun altro: gli aveva fatto scoprire chi era veramente. Nessuno, lui non sarebbe stato mai nessuno se non fosse stato per i soldi e per suo padre.

Abituato sempre ad avere il massimo, a pretendere il meglio, a vivere nel lusso e negli agi, non aveva mai sentito il bisogno di avere qualcuno al suo fianco, qualcuno di cui si fidava, che lo conosceva per quello che era... Ma quando si era ritrovato solo e senza più niente, aveva capito cosa significava poter contare sull'affetto di qualcuno. E l'affetto che voleva, esattamente come prima di finire dietro le sbarre, era quello di Irina.

"Non posso credere che tu me lo stia dando, proprio ora... Sono uscito con l'intento di ucciderti, e ora mi ritrovo di nuovo schiavo di te... Siamo stati traditi dalla vita tutti e due".

Accarezzò la guancia di Irina, rapito da quei tratti delicati e perfetti ai suoi occhi. No, non la poteva uccidere, anche se lo aveva fatto sbattere in cella... Non poteva ucciderla, quando era l'unica a essere tornata da lui, anche se non aveva più niente.

Guardò fuori dalla finestra. Nevicava e spirava un vento gelido, con i fiocchi bianchi che vorticavano nell'aria uggiosa di Mosca. Non aveva voglia di alzarsi, perché stava troppo bene sotto quelle coperte calde e con il profumo di Irina nelle narici, ma doveva parlare un'ultima volta con Vladimir e chiudere la questione della sera prima, da solo.

Si alzò e si rivestì, gettando ogni tanto un'occhiata a Irina, che continuava a dormire. Sorrise, rendendosi conto che tutto era così strano ma anche bellissimo, così incredibile ma reale... Per la prima volta, era lui a essere prigioniero della sua stanza, e non il contrario.

Guardò l'orologio, e decise di avere il tempo sufficiente per una sigaretta. Aprì leggermente la finestra, cercando di non far entrare troppa aria nella stanza ed evitare che l'odore del fumo impregnasse le pareti, cosa che lei detestava. Non si era mai dato pena di fumare fuori, ma quello non era un giorno come gli altri, e nemmeno lui era più lo stesso.

Una volta finito, tornò a guardarla. Chissà quando si sarebbe svegliata... Chissà la sua faccia quando non lo avrebbe visto... Magari avrebbe pensato si fosse trattato di un sogno... Oppure di un incubo.

Cercò le chiavi della sua stanza nella tasca dei pantaloni, poi si abbassò su di lei, sfiorandole le labbra con le sue, per sentirne ancora il sapore. Sorrise, e sussurrò: << Torno più tardi, bambolina. Ti prego, non te ne andare >>.

Si allontanò, e si diresse verso la porta. Le avrebbe fatto portare la colazione in camera, sperando che apprezzasse quel gesto. La conosceva abbastanza da sapere che cosa le piaceva.

Gettò un ultimo sguardo alla stanza, poi uscì, sperando di non aver sognato tutto e che quando fosse tornato l'avrebbe trovata di nuovo lì ad aspettarlo...



Ore 6.35 – Mosca, Hotel Laveredìc

Irina si svegliò di soprassalto, e la prima cosa che fece fu allungare la mano al suo fianco, sotto le lenzuola calde e soffici. Xander forse stava ancora dormendo...

Quando trovò il letto vuoto, ricordò tutto quello che era successo e si issò sulle braccia, il cuore che batteva all'impazzata. Cercò di controllare quell'istinto che le imponeva di gridare, il fiato corto, una sensazione fortissima di nausea, la testa che girava vorticosamente...

Deglutì, sentendo lo stomaco vuoto contrarsi in maniera sgradevole. Voleva vomitare, tirare fuori in qualche modo quella cosa orrenda che si muoveva nelle sue viscere, ma fissava il cuscino bianco, gli occhi spalancati, il terrore addosso.

Alla fine l'aveva fatto. Ci era riuscita. Aveva finto anche quel gesto che pensava di non essere in grado di recitare.

Ottimo lavoro, agente Dwight.

Pessima scelta, Irina.

Deglutì un'altra volta, sentendo che il cuore rallentava i battiti, mentre il suo cervello invece iniziava a lavorare in maniera sempre più veloce, sommergendola di sensazioni, pensieri, emozioni...

Non credeva di riuscirci. Non credeva di farcela. Non con tutto quello che William le aveva fatto.

Eppure lo aveva sempre saputo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, lo aveva saputo nell'esatto istante in cui aveva preso la decisione di fingersi pentita... E aveva trovato alla fine il coraggio di fare quella scelta.

Si sdraiò di nuovo nel letto, intuendo di essere sola. William non c'era, e forse era meglio così.

Respirò a fondo per controllare la nausea e quella brutta sensazione che si sentiva dentro. Poi capì da dove arrivava.

"Fai schifo, Irina. Schifo. Persino questo sei stata in grado di fare. Lo hai preso in giro, quando gli avevi detto che non lo avresti condannato mai a una pena del genere".

Sì, stava prendendo in giro tutti. William, Xander, Dimitri, sé stessa... Si faceva schifo da sola, per quello che aveva appena fatto. Aveva approfittato dei sentimenti di una persona, e lo aveva fatto nel peggiore dei modi... Non c'erano scuse per lei, nemmeno che la persona in questione fosse lo Scorpione.

Le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guancie, salatissime, mentre lei singhiozzava da sola, ripensando a quella notte... Scoprendo che in fondo non era il fatto di essere andata a letto con William a disgustarla, era il fatto di essere così meschina... Così cattiva.

Voleva Xander. Voleva che lui fosse lì con lei, a sgridarla per quello che aveva fatto, per poi cercare di consolarla come sapeva fare solo lui. Voleva che tutto si trasformasse in un sogno, che tutto non fosse altro che frutto della sua mente malata, che si svegliasse nel suo letto a Los Angeles, Xander di fianco a lei, addormentato...

Non seppe esattamente quanto tempo rimase lì a piangere nel silenzio della stanza, con il pericolo che William la scoprisse, e solo quando l'ultimo singhiozzo si spense cercò di tornare veramente se stessa.

Ormai aveva perso tutto, persino la sua dignità. E nessuno l'avrebbe giudicata, perché era sola. Per quanto si odiasse, doveva portare a termine la sua missione, perché era l'unico obiettivo che le rimaneva.

Si rivestì, con una improvvisa freddezza che quasi la spiazzò, e poi cercò il cellulare che le aveva dato Dimitri. Inevitabilmente il suo pensiero andò a lui, chiedendosi cosa avrebbe pensato nello scoprire quanto sapesse essere meschina, ma scosse il capo, scacciando ogni indugio. Scorse la rubrica, e tra tutti i numeri riconobbe quello del Mastino, sotto la dicitura "Università".

"Appuntamento Lince fissato. Prossimo messaggio: luogo e data. Pronti in qualsiasi momento. Prendi contatto con il capo. Fenice"

Premette un tasto e lo inviò, sperando che Dimitri lo ricevesse e che William non scoprisse niente. Per il momento, quello era il massimo che poteva fare. Appena avrebbe saputo con precisione dove avrebbe incontrato la Lince, avrebbe studiato la trappola nei minimi dettagli.

Si diresse verso il bagno, e solo allora si accorse che nell'ingresso c'era un carrello apparecchiato, con una caraffa di caffè ancora caldo e brioches alla marmellata avvolte in tovaglioli immacolati. Alla vista del cibo le venne il voltastomaco, e prese tutto gettandolo nel water. Poi iniziò a lavarsi la faccia e a cancellare i segni delle lacrime, per prepararsi a recitare meglio la sua parte da traditrice.



Ore 07.00 – Mosca, Appartamento di Dimitri

Nonostante Xander si fosse addormentato da nemmeno un paio d'ore, il suono del cellulare che squillava nell'altra stanza lo svegliò di colpo, facendolo sobbalzare. Spalancò gli occhi, la pistola gettata poco lontano sul letto, e improvvisamente si ricordò che il telefono che squillava non era il suo.

Scattò in piedi e corse in soggiorno, incrociando a metà strada Dimitri, sveglio come se non fosse mai andato a dormire, e si ritrovarono davanti il cellulare appoggiato sul tavolino del soggiorno, il display acceso che diceva: "Irina".

Xander guardò Dimitri, con la voglia di prendere il telefono e leggere il messaggio, ma non lo fece. Il russo ricambiò l'occhiata, in silenzio.

<< E' con te che vuole parlare >> sbottò Xander, facendogli cenno di prendere il cellulare.

Dimitri non se lo fece ripetere due volte; afferrò il telefono e lesse il messaggio.

<< Appuntamento Lince fissato. Prossimo messaggio: luogo e data. Pronti in qualsiasi momento. Prendi contatto con il capo. Fenice". >> lesse.

Si guardarono in faccia, e Xander vide gli occhi di Dimitri brillare.

<< Ci è riuscita, allora... >> mormorò a bassa voce, chiedendosi quanto le fosse costato.

<< Perché, pensavi che non ci riuscisse? >> domandò secco Dimitri, improvvisamente duro.

<< No, è che... >>. Xander fissò il russo, e si chiese di nuovo perché difendesse Irina in quel modo, perché continuasse a mettere in chiaro che lei era in grado di fare qualsiasi cosa... Era strano, da parte sua.

Mise il cellulare da parte, e disse, calmo: << Dobbiamo parlare, Dimitri. Di qualcosa che non riguarda questa missione, e nemmeno Challagher. Ci sono troppe cose non dette che potrebbero crearci dei problemi. Meglio mettere in chiaro tutto prima che le cose peggiorino: servirà a farci convivere meglio, o almeno credo >>.

Era ora di togliersi un po' di dubbi e capire bene cosa era successo in quei mesi in cui lui era stato impegnato su altri fronti. Continuare a rimuginare, teorizzare e ipotizzare non era il modo migliore per concentrarsi sulla sua priorità: salvare Irina.

<< D'accordo Went >> disse Dimitri, tranquillo, facendo una mezza smorfia, << Non ho problemi a parlare, se questo può servirti a evitarmi tutti i tuoi sospetti e le tue paranoie >>.

Xander lo guardò in cagnesco, anche se c'era un fondo di verità.

<< Perché difendi Irina in questo modo? >> domandò, secco.

Dimitri fece un'altra smorfia, come se fosse esasperato da quella domanda.

<< Went, chiedimi veramente quello che vuoi sapere >> ribatté, << Non girare intorno alla questione. Mi stai irritando >>.

Xander decise di rispondere allo stesso modo, visto che Dimitri non aveva problemi a dire le cose come stavano. Però doveva ammettere che porre quella domanda gli dava una certa inquietudine...

<< C'è qualcosa tra voi, che prima di tutto questo non c'era? >>.

<< Certo che c'è Went >> rispose Dimitri, << C'è per forza. Non puoi stare due mesi con una persona, nella stessa casa, con lo stesso obiettivo, e non imparare a conoscerla. Non puoi pretendere che dopo un certo periodo di tempo sia tutto come all'inizio. Nemmeno io l'avrei mai pensato, ma se quella persona è Irina, allora puoi stare tranquillo che niente può mai essere come immagini >>.

Per un istante Xander si sentì esasperato: ma non poteva rispondere semplicemente sì o no? Poi si soffermò sulle sue parole, cercando di capire cosa avesse detto in realtà: nulla. Non aveva detto chiaramente se c'era qualcosa o no.

<< Vorrei una risposta più chiara >> disse.

<< Sto dicendo, Went, che solo gli stupidi non cambiano mai idea >> ribatté Dimitri, << Sto dicendo che la tua ragazza non è sciocca, non è ingenua e non è inutile come pensavo. Sto dicendo che ho cambiato opinione su di lei. E che non c'entra niente con quello che ho deciso di fare due anni fa... Ti sto dicendo,Went, che sì, Irina mi ha preso in contropiede e mi sono ritrovato a pensare qualcosa che non avrei... voluto >>.

Xander capì che sostituendo la parola "pensare" con "provare" il discorso avrebbe preso molto più senso... Ma comprese anche che Dimitri non avrebbe parlato più chiaramente, forse per farlo soffrire maggiormente o perché c'era dell'altro, sotto. Ma era davvero possibile che il russo, in qualche modo, si fosse... innamorato di Irina?

Si prese qualche momento per digerire la cosa, e tutto ciò che implicava: aveva mandato lui Dimitri con Irina, ed era stato lui a dargli l'ordine di controllarla a vista... Non aveva pensato che potesse succedere una cosa del genere, e forse era anche colpa sua.

<< Quando... Quando è cominciata questa storia? >> domandò.

Dimitri fece un sorrisetto.

<< Storia? Quale storia? >> fece, << Non c'è nessuna storia come la intendi tu, Went. Credi che ti abbia lasciato per me? Ti sbagli. Credi che ti abbia già rimpiazzato con qualcun altro? Ti sbagli. Se la conoscessi davvero, sapresti che non è in grado di farlo. Se la conoscessi davvero, capiresti che ti ha lasciato perché eri tu a volerlo, non lei >>. Il tono di Dimitri si fece duro, durissimo, e i suoi occhi grigi iniziarono a brillare come se quel discorso lo facesse infuriare. << Se c'è qualcuno che ha delle colpe, Went, quello sei tu. Quello che voleva Irina era qualcosa che chiunque poteva darle, ma che tu non hai nemmeno considerato... Voleva che la lasciassi vivere come desiderava lei >>.

Si guardarono in faccia, e Xander capì che era davvero stato stupido, che quel russo in due mesi aveva capito molto più Irina di quanta l'aveva capita lui in due anni. E capì che era stato in grado di offrirle quello che lei voleva, che l'aveva lasciata libera di scegliere, di sbagliare, di provare... Cosa che lui non le aveva mai fatto fare, perché aveva troppa paura di vederla soffrire ancora.

Forse tra lei e Dimitri non era ancora successo nulla, ma poteva ancora succedere. Forse Irina aveva iniziato a guardarsi intorno, dopo averlo lasciato, ed era stata capace di vedere oltre i pregiudizi, come era sempre stata in grado di fare: forse il Mastino rappresentava quello che lei voleva in quel momento.

<< La verità è questa, Went >> aggiunse Dimitri, << Tu hai sbagliato, e lo sai. E se non vuoi sbagliare ancora, non devi metterti in mezzo. Smettila di trattarla come una bambina, e inizia a considerarla una donna >>.



Ore 08.00 – Mosca, Hotel Laverdìc

Irina aprì la porta della sua camera e cercò di essere il più naturale possibile quando si ritrovò William davanti, anche se il suo cuore batteva ancora troppo forte per farla stare completamente tranquilla. Lo trovò serio, quasi nervoso, come se fosse irritato per qualcosa. Fece due passi indietro per farloentrare, e non potè fare a meno di apparire intimorita.

Di fronte alla sua reazione, William cambiò espressione. All'improvviso sembrò ricordarsi di quello che era successo quella notte, e forse di quello che aveva provato.

<< Ciao bambolina. Gradita la colazione? >> domandò, e Irina riconobbe un'immensa dolcezza nella sua voce, una dolcezza che non gli aveva mai sentito.

<< Oh... Sì... >> sussurrò lei, mentre William si avvicinava e le schioccava un bacio sulle labbra, accarezzandole la guancia con una delicatezza inaudita.Lo Scorpione sorrise davanti alla sua confusione, generata da quella sua strana dolcezza di fronte a cui Irina non sapeva come comportarsi.

<< Bene >> disse lui, << Prepara le tue cose, perché ci trasferiamo >>.

<< Perché? >> domandò lei, sorpresa.

William si allontanò e sembrò tornare nervoso.

<< Vladimir se ne è andato, e si è portato dietro pure Daniel >> rispose, << Quel bastardo gli ha detto che lo avrei ucciso, se le cose fossero finite in questo modo... Sono scappati ieri sera. Non voglio rimanere qui, visto che sanno dove siamo... >>.

Le cose si mettevano male: avevano altri nemici da cui guardarsi.

<< Ok, preparo tutto... >> disse Irina, << Ma Daniel non stava con te? >>.

William arricciò il labbro.

<< Stava con me, infatti >> ringhiò, << Figlio di puttana... Un altro traditore. Vladimir deve avergli offerto del denaro... >>. Iniziò a sussurrare una serie infinita di imprecazioni, mentre Irina lo guardava a metà tra lo spaventato e l'incredulo. << Che bastardo... Avrei dovuto lasciarlo a marcire in carcere, per quel poco che mi è servito... >>. Alzò lo sguardo su di lei, poi aggiunse, cercando quasi di essere rassicurante: << Non è un problema, comunque. Ce ne andiamo di qui e ci troviamo un posto tranquillo per aspettare l'incontro con la Lince. Ti aspetto di sotto tra mezz'ora >>.

Irina annuì e lo guardò uscire dalla stanza, accorgendosi che chiaramente il comportamento di William nei suoi confronti era cambiato. Non sarebbe stato più lo stesso, dopo l'illusione che gli aveva dato...

Si morse il labbro con forza, perché si odiava per quello che stava facendo. Ogni ora che passava, si detestava sempre di più, eppure non poteva farci niente... Doveva andare avanti con la missione.

Raccolse le poche cose che aveva e le infilò nel borsone, felice di dover lasciare quella camera che rappresentava qualcosa di orribile per lei, e si chiuse rapidamente la porta alle spalle.

Una volta di sotto, aspettò nella hall sotto lo sguardo poco simpatico della ragazza al bancone della reception, e dopo dieci minuti William la raggiunse con la sua roba chiusa in una valigia scura. Andò dalla ragazza per saldare il conto, scoprendo che Vladimir se ne era andato senza pagare, e con aria irritata porse il denaro alla hostess.

<< Andiamocene >> disse alla fine, camminando verso l'uscita, << Il nostro appartamento è poco distante da qui... Almeno non avremo nessuno che controlla quando usciamo ed entriamo... >>.

La Bugatti e la Punto erano parcheggiate l'una di fianco all'altra, e William caricò la valigia sull'auto con fare imperioso. Irina gettò il borsone nel bagagliaio, tirando fuori le chiavi della Punto.

<< Seguimi >> ordinò lo Scorpione, << E' un palazzo alto e dalle facciate di vetro, quindi lo riconoscerai subito >>.

<< Ok... >>.

Irina salì sulla Punto, e per un momento si sentì di nuovo a casa. Mentre seguiva la Bugatti per le strade di Mosca, chiusa nell'abitacolo della sua auto, da sola, riuscì a ritrovare un po' di serenità. Almeno la Punto le era rimasta, e lontano dalla sua casa, dai suoi affetti, era l'unica cosa che poteva farla sentire un po' più sicura.

Vide subito il palazzo di cui aveva parlato William: era una costruzione alta, quasi un grattacielo, ricoperto da lunghi pannelli di vetro scuro, che più che appartamenti sembrava ospitare degli uffici. Seguì la Bugatti nel garage che si apriva dietro il palazzo, un sotterraneo illuminato a giorno da neon bianchi che riflettevano sulle saracinesche di metallo grigio. Due di esse si aprirono da sole, e Irina parcheggiò la Punto, raggiungendo subito dopo William.

<< E' il massimo che sono riuscito a trovare >> disse lo Scorpione una volta davanti alla porta del loro appartamento all'ultimo piano, << Non è molto grande, ma è sufficiente per quel poco tempo in cui rimarremo qui >>.

Entrarono, scoprendo che si trattava di uno di quei loft moderni e minimal che si vedevano nelle riviste di arredamento, le cui ampie vetrate davano sulla città di Mosca, con una stupenda vista dei tetti a punta e del cielo in quel momento più sgombro del solito. Non era molto grande, ma sembrava davvero esserci tutto: un divano di pelle marrone dalle forme squadrate, una libreria strapiena di volumi, un tavolo rettangolare per mangiare, il cucinino, la camera da letto. Tutto con linee pulite ed essenziali, ma a Irina piacque: in qualche modo le ricordava la vecchia casa di William, che per quanto odiata era sempre comunque stata una bella casa.

<< Che ne dici? >> domandò lo Scorpione, gettando la sua valigia sul tappeto del soggiorno e guardandosi intorno.

<< Mi piace >> rispose Irina, << E' tranquillo... E poi c'è una vista stupenda >>.

Si avvicinò al vetro per contemplare il cielo azzurro che si stagliava su Mosca, e per la prima volta si rese conto che era una bella città, e che sicuramente avrebbe voluto essere lì in vacanza, e non per lavoro... Ma non era ancora venuto quel momento. Forse più avanti, a missione finita, sarebbe tornata... Magari Dimitri le avrebbe fatto da guida.

"Magari che cosa, Irina? Non essere stupida... Niente illusioni. Sai che fanno solo male".

Sospirò, e sentì la mano di William stringersi attorno al suo braccio, poi lo vide stagliarsi al suo fianco, a fissare l'orizzonte come lei. La luce gli illuminava il volto, la cicatrice sul sopracciglio più bianca che mai, gli occhi verdi socchiusi... Era bello, era giovane, era umano. E improvvisamente le sembrò un ragazzo qualunque, un uomo normale schiacciato da qualcosa di più grosso di lui, alle prese con un destino che gli si era appiccicato addosso senza che potesse farci niente. Forse nemmeno lui aveva delle colpe, forse anche lui era una vittima.

<< Che c'è bambolina? >> domandò a bassa voce, quasi sussurrando.

<< Niente. Pensavo >> rispose lei, appoggiando una mano sul vetro, e sentendo la sua stratta sul braccio, non possessiva, solo vicina.

<< E a cosa pensavi? >>.

<< Che non voglio stare qui >> rispose lei, << Non in questa situazione. Che forse non troverò mai la pace, perché per quelli come noi non esiste... Penso che sono confusa, perché non so cosa voglio. Penso che sono stanca, perché non capisco cosa voglio. E mi chiedo se riavere davvero tutto mi renderà veramente felice >>.

Era una risposta con cui Irina era riuscita a tirare fuori quello che aveva dentro senza fargli capire cosa stesse dicendo veramente. Eppure William sembrò leggere qualcosa in quelle parole, qualcosa che lo spinse a farla voltare verso di lui e a guardarla dritta negli occhi, in un modo che non aveva mai fatto prima.

<< Per te sarà diverso, Irina >> disse, << Per te non sarà la stessa cosa. Sarà meglio. Sarà meglio perché potrai avere la vita che vorrai. Potrai smettere di correre, se lo desideri. Potrai continuare a essere una pilota clandestina, se lo vorrai. Una volta di nuovo a Los Angeles, sarai libera di fare quello che vuoi.Ma adesso non devi avere paura... Non sei più da sola, qui >>.

La prese per il mento e Irina lo guardò nelle iridi verdi, per vedere che non mentiva, che credeva veramente a quello che stava dicendo... Ed era paradossale che William, lo Scorpione, le stesse dicendo di non avere paura. Tutto si invertiva un'altra volta, tutto cambiava di nuovo, niente sembrava rimanere una certezza, nella vita di Irina. Perché ogni momento che passava, William diventava sempre più quello che lei aveva creduto di aver amato tanto tempo addietro, quando Fenice non era che un'ombra... O forse era lei che cambiava, era lei a diventare qualcosa di compatibile con lo Scorpione...

E si odiò ancora, si odiò a morte, si odiò fino a farsi venire le lacrime agli occhi, perché lo stava inducendo a essere qualcun altro... Lo stava trasformando in un'altra persona... Dietro l'ombra dei suoi occhi verdi si nascondeva quella azzurra di quelli di Xander...

<< E proprio questo, il problema >> sussurrò lei, << Io non ho più paura >>.

Sì, aveva smesso di avere paura; aveva smesso di temere per sé stessa... Era sola, e sola niente poteva fermarla.

William sembrò non capire, gli occhi verdi che la scrutavano, l'espressione che non mutava... Non immaginava neanche cosa le passasse per la testa, e forse non lo avrebbe mai scoperto. Aveva deciso di crederle, e lo avrebbe fatto fino alla fine.

<< Scusami... >> disse lei alla fine, scostandosi e raggiungendo la camera da letto con la sua misera borsa.

"Sto pagando, lo so... Sto pagando e farò pagare tutti. Ma improvvisamente non è più quello che voglio".

Si sedette sul letto, sola, il volto tra le mani e la gola chiusa, nel disperato tentativo di soffocare le lacrime. Adesso voleva Dimitri, voleva che il russo le dicesse chiaramente che stava sbagliando, voleva che le dicesse che anche se stava commettendo un errore, quella pur sempre una sua scelta. Ma anche se era a pochi isolati da loro, lo sentì distante, ricordo di un'altra delle sue tante vite...

Già, adesso non aveva più paura... Aveva superato tutte le prove che si era imposta, anche la più difficile. Portare a termine la missione non era più così impossibile, per lei. Bastava andare avanti, tenere la maschera ben attaccata al volto, e controllare la voce...

Afferrò nervosamente il cellulare, e cercò il numero che Dimitri le aveva salvato in rubrica. Boris Goryalef rispose dall'altra parte della linea, la voce leggermente stupita.

<< Ho bisogno di sapere quando ci sarà la prossima gara >> disse Irina, senza aggiungere altro, il tono neutro e distaccato.

<< Stasera, Piazza Centrale >> rispose Boris, poi aggiunse: << Già che ci siamo... Riguardo a Challagher... >>.

<< Bene, grazie. Ci sarò >> lo interruppe Irina, non perché non voleva parlare di William, ma perché non aveva proprio voglia di parlare, << A stasera, allora >>.

Chiuse la telefonata e gettò il cellulare sul letto, sospirando. Solo allora si accorse che William era appoggiato sullo stipite della porta, a guardarla serio e con le braccia incrociate. Scoprì che non le importava che la vedesse in quello stato, perché tanto non avrebbe mai capito. Ma lui si avvicinò, e prima che lei avesse il tempo di chiedersi se voleva o meno, si ritrovarono di nuovo insieme, a condividere le loro illusioni nella speranza che diventassero realtà.



Ore 22.00 – Mosca, Appartamento di Dimitri

Xander attese che Dimitri chiudesse a chiave la porta dell'appartamento, dondolandosi sul primo gradino delle scale, gli occhi che guizzavano attraverso il vetro della finestre, nel buio della notte di Mosca. Controllò di avere il cellulare in tasca, ma soprattutto la pistola, e guardò l'orologio.

<< Presentati a mio cugino Emilian come Mark Dowson >> stava dicendo il russo, << Non farà domande visto che sei con me, ma se evitiamo che intuisca che sei dell'F.B.I. è meglio... Ci crederanno poco, ma gli dirò che sei un mio... amico >>. La sua voce stridette impercettibilmente.

Xander annuì. Avevano programmato una visita alla sorella di Dimitri, più che altro perché il russo voleva assicurarsi che lei e sua nipote stessero bene. Non era necessario che lui andasse, ma l'ex Mastino aveva ritenuto che in caso di evenienza conoscere il resto della sua famiglia poteva essere utile: in caso di bisogno, Xander, in quanto agente dell'F.B.I., poteva garantire una certa protezione alla donna e alla bambina.

Sarebbe stata una visita breve, giusto il tempo per vedere se era tutto a posto, ma Xander si sentiva stranamente nervoso. Forse era il fatto che Irina e William avevano cambiato appartamento, e che la preoccupazione di ciò che poteva accadere tra quelle mura era sempre più forte, ma si sentiva inquieto. Non poteva dire che Dimitri non lo lasciasse in pace a pensare, visto che la maggior parte del tempo ognuno di loro stava per i fatti suoi, ma trovava difficile farsi una ragione a ciò che una convivenza stretta tra Irina e William, anche se volontaria, poteva comportare.

Stavano per scendere dalle scale, quando un rumore strano gli arrivò alle orecchie e lo costrinse a inchiodare sul gradino. Sembrò qualcosa come un grugnito, o forse una specie di voce soffocata... Vide Dimitri fermarsi e fissare il pavimento per un attimo, e rapidamente portare la mano alla pistola. Lui fece altrettanto, le orecchie tese a cogliere qualsiasi segnale... Non era il solo ad avere i nervi a fior di pelle, né a trarre conclusioni troppo affrettate: il russo aveva avuto la sua stessa reazione, quindi il suo istinto non si stava sbagliando...

<< Non voglio fare l'apprensivo, ma ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano... >> sussurrò Xander.

Dimitri annuì e sganciò la sicura della pistola. Ora il silenzio era completo, e quel fatto allarmò Xander ancora di più: chi aveva provocato il rumore non voleva farsi sentire di nuovo...

Impugnò l'arma, e lentamente iniziò a scendere le scale.

<< Copriamoci le spalle a vicenda >> sussurrò, mettendo in atto la prima ed elementare regola tra gli sbirri in servizio insieme...

Lo sapeva che ciò significava doversi fidare del russo, ma prima di tutto non aveva altra scelta, e in secondo luogo cominciava a pensare che in qualche modo dovevano pur sempre trovare un punto di incontro. In fondo, Dimitri gli aveva salvato in qualche modo la vita, all'aeroporto, e fino ad allora si era rivelato un ottimo agente... Doveva dargli una possibilità, anche se gli costava uno sforzo enorme.

<< Buinov è mio, Went >> disse Dimitri in risposta, una smorfia sul volto, << Se mai ha avuto il coraggio di presentarsi personalmente... >>.

Xander gli rivolse un'occhiata, e si chiese cosa mai fosse successo tra il Mastino e quel Buinov, e come il Mastino sapesse che si trattava di lui... Doveva essere qualcosa di piuttosto grosso, e anche preoccupante... Ma al momento non erano fatti suoi, come più volte il russo gli aveva gentilmente ricordato.

<< Come vuoi >> sussurrò, poi iniziarono a scendere le scale lentamente, le armi puntate davanti a loro, il silenzio rotto solo dai loro passi sui gradini...

Arrivarono all'ingresso, e lì si accorsero chiaramente che qualcosa non andava: il custode non c'era. Rimasero fermi sull'ultimo gradino della scalinata, fissando il pavimento sgombro che conduceva fino al portone, le colonne che sorreggevano il soffitto che gettavano lunghe ombre eul tappeto rosso, le orecchie tese. Era tutto troppo tranquillo per poter essere una situazione normale...

Parlare significava segnalare in qualche modo la loro presenza, così rimasero zitti. Chiunque fosse, si stava nascondendo da qualche parte...

Xander fece cenno a Dimitri di dirigersi a destra, mentre lui sarebbe andato a sinistra. Il russo annuì, ma appena mise piede sul pavimento dell'ingresso, un colpo riverberò nell'aria, la pallottola che fischiando si andò a conficcare nel muro...

Xander afferrò Dimitri per la spalla e lo tirò indietro, rispondendo al fuoco nemico che proveniva da dietro la finestrella del custode... Sparò un paio di colpi, e per un momento vide comparire una faccia che non conosceva, dai capelli scuri e la carnagione olivastra...

Un altro colpo arrivò dalla parte opposta, forse da dietro una colonna, e fu Dimitri a contrattaccare questa volta. Una pallottola rimbalzò sul mancorrente, scheggiandolo e finendo a pochi metri da loro...

<< Saliamo su! >> ringhiò Xander.

A rapidi passi tornarono su per le scale, senza che i due li seguissero. Rimasero fermi, in attesa, il fiato corto.

<< Credevo ti piacessero le donne, Dimitri >> sghignazzò qualcuno da sotto, con una strana voce metallica. << Da quando condividi il tuo appartamento con un altro uomo? >>.

Xander guardò Dimitri per vedere la sua reazione, e notò che i suoi occhi grigi erano in fiamme.

<< Non potevo che aspettarmi un attacco così subdolo da parte tua, Vladimir >> ringhiò il russo, << Non smentisci mai la tua mancanza di coraggio... >>.

<< Allora vieni di sotto e affrontami >> ribatté la voce, << Non sei meno codardo di me... >>.

Dimitri sembrò voler partire in quarta, ma Xander lo prese un braccio. Non sapevano quanti fossero, né che armi avessero, e non potevano gettarsi nella mischia senza pensare... Dovevano rimanere vivi, se volevano concludere qualcosa.

<< Aspetta un attimo >> disse, << Non so cosa dobbiate regolare, ma non è da solo, la sotto. Ti farai ammazzare decisamente troppo facilmente, non ti pare? >>.

Per un attimo credette che il Mastino gli tirasse un pugno e facesse di testa sua, ma non lo fece. Gli rivolse un'occhiataccia, come a intimarlo di lasciarlo andare, e disse: << Ok. Io mi occupo di Buinov, tu ti prendi l'altro >>.

<< D'accordo >>.

<< Sappi che io sparerò per uccidere >> chiarì Dimitri, secco, << E non me ne frega un cazzo se lo metterai sulla mia fedina penale, chiaro? >>.

<< Sei libero di fare quello che vuoi >> disse Xander, << Ma spero che prima o poi mi darai qualche spiegazione, a tutto questo >>.

Dimitri non ribatté niente, e iniziò a scendere, l'arma puntata davanti a lui. Poi, Cyril comparve ai piedi delle scale, la pistola puntata su di loro, in alto...

Il colpo partì all'improvviso, e Xander si gettò di lato, finendo contro il mancorrente; Dimitri dall'altra, contro il muro. Rispose al fuoco, mentre Cyril si dileguava nell'ingresso... Lo sentì gridare, mentre uno schizzo di sangue macchiava la parete...

Un altro proiettile fischiò, provenendo dalla finestrella del custode... Xander sparò senza nemmeno guardare, mentre Dimitri correva verso la colonna, proprio dove si nascondeva Vladimir...

Un tonfo gli disse che qualcuno doveva essere caduto, ma non si accertò di chi si trattasse: lo sparo seguente gli passò così veloce vicino all'orecchio che lo stordì. Alzò la pistola e la puntò contro Cyril, che si nascondeva dietro il muro vicino all'uscita...

Una serie infinita di proiettili venne sparata a pochi metri da loro, facendo andare in mille pezzi la vetrata. Si sentì un grido, poi...

<< Andiamocene Cyril! >>.

Il russo a pochi metri da lui si lanciò oltre il vetro spaccato, ma Xander si voltò a guardare cosa era successo. Facendosi scudo con una serie interminabile di colpi, Vladimir stava arretrando e approfittando della via d'uscita corse fuori...

Sparì nel vicolo di fianco, e solo in quel momento Xander si chiese dove fosse Dimitri...

Vide una macchina blu, una Aston Martin, partire a razzo da dietro la stradina chiusa, e subito dopo Dimitri sbucò da dietro una colonna, la mano sul braccio sinistro, l'espressione infuriata.

<< Inseguiamoli! >> ringhiò.

Senza aspettare alcuna risposta, corse verso la R8 parcheggiata fuori, di fianco alla Ferrari che Xander era riuscito a riavere solo quel pomeriggio... Fece per seguirlo, poi ricordò del tizio dietro la finestrella...

Corse a vedere come stava, e soprattutto chi fosse... L'uomo giaceva a terra, senza vita, un foro proprio all'altezza del cuore, il sangue che colava sulla maglia, ma in quel momento lo riconobbe: aveva visto la sua foto segnaletica. Era il tipo che era fuggito insieme a Challagher...

Decise di indagare più tardi su quella faccenda. Tornò indietro, per vedere Dimitri che aveva già fatto retromarcia e che gli gridava: << Muoviti Went! Quei due figli di puttana non mi scapperanno! >>.

Sgommando, la R8 partì nella notte. Xander salì sulla Ferrari e lo seguì, cercando di non perderlo di vista...

Non sapeva se stava facendo la cosa giusta, a inseguire quei tipi che in fondo c'entravano poco con la sua missione, né perché Dimitri non li volesse lasciare scappare... Ma lo seguì comunque, perché c'era sicuramente ancora qualcosa che non sapeva, di quella storia.

La R8 svoltò a destra, lungo una via poco trafficata, mentre la gente intorno suonava i clacson e qualcuno gridava spaventato... Poco lontano, i fari dell'Aston Martin scomparvero in un angolo...

Nel giro di dieci minuti, raggiunsero un quartiere piuttosto ricco e dall'aria chic di Mosca, e Xander non capì cosa ci facessero lì. Poi per un attimocredette che l'auto blu si fermasse e che Dimitri le andasse addosso...

Ma l'Aston Martin ripartì con una sgommata, e Dimitri le tenne dietro. Xander li inseguì, chiedendosi dove sarebbero andati a finire...

Attraversarono un incrocio con il semaforo rosso, scatenando l'ira degli automobilisti... Un lungo rettilineo, poi sentì dei clacson suonare, disperati...

Un rumore di motori arrivò alla loro sinistra, da un lungo e ampio viale centrale, illuminato a giorno dai lampioni... La R8 inchiodò di botto, mentre un suono assordante di pneumatici che stridevano sull'asfalto invadeva l'aria... Xander affondò il piede sul freno...

Due auto, più simili a proiettili che a macchine, arrivarono da sinistra a tutta velocità, e li scansarono per un pelo... Le gomme fumarono sull'asfalto, e un odore di bruciato si diffuse tutto intorno...

Xander si rese subito conto che erano piombati in mezzo a una gara clandestina... Guardò le due auto ferme, la R8 a pochi metri da loro, l'Aston Martin che si allontanava velocemente, e una la riconobbe subito.

Una Bugatti Veyron completamente nera.

L'auto di William.



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