9. La Strega Nera.
"Si può individuare in molti delinquenti,
specialmente quando si tratta di giovani,
un potente senso di colpa che preesisteva all'atto criminoso,
e che quindi di questo atto non è l'effetto bensì la causa:
come se il poter collegare il senso di colpa inconscio a qualche cosa di reale e attuale fosse avvertito da costoro come un sollievo..."
Sigmund Freud - L'Io e L'Es.
Prim diede un'occhiata veloce alla sveglia sul comodino: le undici e venti del mattino.
Erano passati appena tre giorni dall'incontro con il Consiglio e lei non aveva avuto più alcuna notizia da Kleatine.
Gli esponenti, le aveva comunicato Hernest poco prima che Fidelia la riportasse a casa, sarebbero tornati a Runadium soltanto il lunedì successivo e loro si trovavano già al giovedì.
Prim si era stesa sul letto quella mattina, pensando che forse, con un po' di fortuna e una buona dose di tranquillità, sarebbe riuscita a mettere in ordine i pensieri che le frullavano incessantemente per la testa in quel periodo.
Di certo, sapere che una killer seriale con poteri magici oscuri e illegali perfino per le streghe se ne andava in giro ad uccidere gli esponenti del Consiglio non la rincuorava molto, come nemmeno la rincuorava non avere la più pallida idea di che cosa avrebbe dovuto fare della sua vita da quel momento in poi.
Hugo le aveva detto che, essendo l'erede dei Palegrove, era candidata a diventare un membro del Consiglio anche lei, ma nessuno le aveva mai neppure chiesto che cosa pensasse al riguardo e nessuno si era preoccupato di sapere che cosa avrebbe voluto fare.
Nessuno.
Non voleva quella responsabilità, non voleva essere costretta a prendere decisioni per un popolo, quello delle streghe, a cui nemmeno sentiva di appartenere.
"Non abbiamo sempre una scelta."
Sospirò.
Fidelia aveva il giorno libero ed era uscita di casa solo per sbrigare qualche commissione e per comprare qualcosa da mangiare.
Sarebbe tornata presto.
Prim passò le mani sulla trapunta del letto, stendendo lentamente le braccia.
Lo faceva spesso, per rilassarsi.
Ad un tratto, le sue dita sottili incontrarono qualcosa di soffice e vellutato, un oggetto di forma allungata che se ne stava placidamente disposto accanto al suo fianco.
Prim lo tastò un paio di volte e poi lo prese in mano, tirandosi a sedere.
Era la piuma.
La osservò con attenzione: non ricordava di averla portata con lei sul letto, né di averla lasciata dove l'aveva trovata.
Era di nuovo calda, quasi incandescente e Prim non faceva che passarla da una mano all'altra cercando di non scottarsi.
Se la rigirò fra le dita ancora per un minuto e poi una vocina nella sua testa parlò.
Si trattava di uno stimolo, più che di una voce, uno stimolo talmente noto e familiare da disarmarla completamente.
Fece semplicemente ciò che le diceva la testa: si alzò lentamente e si avvicinò alla scrivania.
Sul ripiano ligneo si trovava un quaderno intonso, con la copertina blu.
Nell'angolo in alto a sinistra era stato lasciato uno spazio bianco per scrivere nome e cognome.
Afferrò la sedia, la tirò indietro e vi si sedette sopra.
Nel frattempo, Muffin era entrato nella sua stanza ed ora si aggirava circospetto intorno a lei, scrutandola attentamente.
Nemmeno se ne accorse.
Aprì il quaderno alla prima pagina, intatta.
Era un quaderno a righe.
Strinse la piuma, incandescente, con la mano destra e l'avvicinò lentamente al foglio, gli occhi fissi sulla carta.
Non può funzionare. Si disse.
Il cuore le rimbalzava nel petto, completamente impazzito.
Il suo udito si faceva via via più ovattato, la vista perdeva ogni altro focus che non fosse la pagina che aveva davanti agli occhi.
Non sentiva più niente, non sapeva più niente.
In quel momento esistevano solo lei, quel quaderno e quella piuma.
Quella piuma nera che trasudava il suo nero incrostato a fondo.
Posò la punta sul foglio, in corrispondenza della prima riga ed il nero sgorgò, mentre una scossa elettrica le scorreva sotto pelle, propagandosi per tutto il suo corpo.
Inchiostro.
Per un attimo smise di respirare.
La piuma si mosse da sola insieme alla sua mano, senza bisogno di ordini, di pensieri, di nulla.
Si mosse e lei l'accompagnò.
Le parole si allineavano sul foglio, una di seguito all'altra, precise, distinte.
Sembravano riaffiorare in superficie sulla carta come relitti sommersi, come tesori sepolti, come creature infide sotto la sabbia del deserto.
I suoi occhi le seguivano, le vedevano, le scoprivano e le capivano.
Non aveva la più pallida idea di quale lingua stesse scrivendo, sapeva solo che riusciva a leggerla.
L'inchiostro sembrava brillare per un istante, lucido, prima di depositarsi completamente sul foglio, nel foglio.
Sentiva un rumore ovattato, martellante, alle sue spalle ma non poteva dargli ascolto, non ci riusciva.
Qualcosa la teneva incollata a quel foglio, qualcosa la stava spingendo a scrivere velocemente, instancabilmente, fino quasi a spaccarsi il tendine.
Mise l'ultimo punto e poi chiuse gli occhi.
E respirò.
Prese un respiro talmente grande da rischiare di farsi esplodere i polmoni, assaggiando di nuovo il sapore dolce dell'aria.
Si alzò di scattò, abbandonando di colpo la penna e buttandosi indietro, inciampando nei suoi stessi piedi e nelle gambe della sedia.
Ci mancò poco che non cadesse per terra.
Indietreggiò nella stanza, fin quasi a toccare con le spalle il muro, con lo sguardo ancora fisso dritto di fronte a lei.
Muffin correva per la stanza, fuori di testa, abbaiando furiosamente un secondo prima a lei ed un secondo dopo alla scrivania.
A quello che c'era sopra alla scrivania.
Aveva scritto e lo aveva fatto con la piuma: decisamente pessimo.
Beh, per lo meno aveva scoperto a che cosa servisse quell'arnese.
Non è il momento di fare battute di spirito, Prim. Si redarguì mentalmente da sola, deglutendo.
Non aveva il coraggio di avvicinarsi e di guardare ciò che aveva prodotto perché sapeva che, potenzialmente, le righe che aveva scritto avrebbero potuto raccontare di eventi spiacevoli.
Eventi spiacevoli che avrebbero potuto avverarsi.
Eppure, di nuovo, qualcosa nella sua testa decise per lei.
Avanzò fino a raggiungere la scrivania mentre Muffin continuava ad abbaiare e a ringhiare senza sosta, come un campanello d'allarme.
Qualcosa lo spaventava, lo preoccupava e lo faceva infuriare al tempo stesso.
Prim afferrò il quaderno, lasciando che la piuma scivolasse via, sfiorandole appena il dorso della mano.
Era fredda.
I suoi occhi incontrarono la carta e lei lesse, con la testa che le pulsava prepotentemente per la tensione.
La piuma aveva parlato.
"Gemma era riversa in terra, immersa in una pozza di sangue.
La sua pelle era pallida e fredda, le sue labbra avevano perduto il loro colore roseo e florido, le vesti erano intrise dello stesso liquido denso che sgorgava dal suo corpo.
Al centro della Sala, sul piedistallo d'argento, la Spada era sparita, qualcun altro se ne era appropriato per mettere in atto le sue losche trame.
«Sulla Spada verserai il sangue delle stirpi, con la Chiave onorerai il nome del popolo, alla Biglia affiderai la lealtà dell'amico, nello Specchio scoprirai te stesso...»"
Prim fissò il quaderno inebetita, poi lo depose di nuovo sulla scrivania, rimanendo nel bel mezzo della stanza ad osservare il nulla.
Era successo di nuovo.
Aveva scritto, per di più con un oggetto magico e non aveva la più pallida idea di quali conseguenze avrebbe potuto comportare quel gesto.
Se le sue parole si fossero avverate quella volta non si sarebbe trattato di un semplice accenno, dell'inizio di qualcosa.
Il testo parlava chiaro: qualcuno sarebbe morto e qualcos'altro sarebbe stato rubato.
Morte e furto.
Come sarebbe mai potuto accadere qualcosa di così abominevole? Chi era il colpevole? Chi era la ragazza a terra? Che cos'era la Spada? A cosa serviva? Dove si trovava? Che significavano le parole finali del testo?
Mille pensieri rotolavano nella sua testa, mille domande a cui non era in grado di dare una risposta.
Muffin non la smetteva di abbaiare.
-Oh, stai un po' zitto tu!- sbottò voltandosi verso di lui, ma il cagnolino non l'ascoltò nemmeno.
«Sulla Spada verserai il sangue delle stirpi, con la Chiave onorerai il nome del popolo, alla Biglia affiderai la lealtà dell'amico, nello Specchio scoprirai te stesso...»
Quelle parole le sembravano le istruzioni di un ricettario di cucina e non poteva fare a meno di odiarsi per questo.
Non c'era altro, non ci vedeva altro.
Qualcuno stava per morire e lei doveva impedirlo.
Le sue previsioni erano indecifrabili, i fatti avrebbero potuto avverarsi il giorno stesso, quello seguente, tra una settimana o un mese.
Doveva fare di tutto per fermare quell'orrore, ma come?
Non aveva la più pallida idea neppure di dove dovesse cominciare, non poteva farcela da sola e non c'era nessuno di cui si fidasse veramente che potesse contattare o a cui potesse rivolgersi per cercare aiuto.
Era sola, completamente, inequivocabilmente sola.
-Prim?-
Si voltò di scatto.
Fidelia stava appoggiata sullo stipite della porta con una busta bianca stretta in mano.
La squadrò da capo a piedi un paio di volte mentre lei rimaneva impalata esattamente dov'era, con la bocca mezza spalancata, guardandola sconcertata.
-Sì?- disse ad un tratto intuendo di dover parlare.
La sua inquietudine era fin troppo palese.
-Sono... appena rientrata dalle commissioni, ho preso la pizza per pranzo.- rispose la donna, separandosi dallo stipite della porta.
-Oh- osservò Prim, cercando di darsi un tono. -Fantastico, adoro la pizza.-
Non riusciva neppure a riconoscere la sua stessa voce.
-Bene- rispose Fidelia, continuando a studiarla. -E' tutto ok?- le chiese improvvisamente.
Prim strinse istintivamente le dita intorno alla stoffa sottile della maglietta che indossava.
-Sì- rispose, riuscendo a mantenere ferma la voce. -Sì, perché?-
-Hai la faccia di una che ha appena visto un fantasma.-
Prim fece spallucce ed accennò un sorriso. Non aveva idea di come avesse fatto ma sapeva per certo quanto le fosse costato.
Fidelia ricambiò, annuì e poi si concentrò sulla busta bianca che stringeva ancora in mano, osservandola preoccupata.
-E' arrivata questa- dichiarò sollevando lo sguardo su di lei. -Per te.-
Prim assunse un'espressione interrogativa.
-Per me?-
Fidelia annuì.
-Chi è il mittente?- chiese, allungando una mano per sfilare la missiva dalle mani della sua tutrice che gliela stava porgendo.
La carta era ruvida e semitrasparente, sigillata da un bollo di ceralacca rosso, raffigurante una circonferenza affiancata da due mezzelune, nella quale era stata tracciata una stella a cinque punte.
Guardò Fidelia, attendendo una risposta, ma la donna si inumidì appena le labbra con la punta della lingua e poi trasportò lo sguardo a terra.
Prim capovolse la busta e lesse la scritta sottile impressa sul retro.
Era tracciata in una calligrafia sottile e tondeggiante, forse un po' impacciata, come quella di un bambino.
I suoi occhi scorsero in fretta le lettere, ma fu costretta a rileggerle più volte per capirne davvero il senso.
-Il Consiglio- decretò infine. -Perché il Consiglio dovrebbe mandarmi una lettera?- chiese, tornando ad osservare Fidelia, di fronte a lei.
La donna spalancò la bocca, come fosse sul punto di dire qualcosa, poi però la richiuse e sospirò.
-Non ne ho idea- disse solo, alla fine.
Prim afferrò con prepotenza il bollo di ceralacca e lo strappò, aprendo la busta.
Era stanca di tutte quelle domande senza risposta.
Estrasse freneticamente il foglio che vi era contenuto e lo dispiegò, riconoscendo senza difficoltà alcuna la lingua delle streghe che scorreva agile in righe ordinate.
Lesse.
"Illustre Signorina Palegrove,
il Consiglio degli Otto le augura buona fama e ottima salute.
Negli interessi dell'intera nostra comunità, le indirizziamo tale missiva per chiederle di formalizzare la sua decisione riguardo la sua partecipazione alle attività del Consiglio medesimo.
La ringraziamo già da ora per la serietà con cui intenderà svolgere il suo compito.
Ha tempo sino al lunedì prossimo venturo per confermare la sua adesione; la invitiamo, quindi, a contattare al più presto il Sig. Hernest Featherstride e a comunicargli quanto sopra riportato.
Distinti saluti,
il Consiglio."
Il sangue prese a ribollirle nelle vene così forte da poterlo sentire scorrere.
-Stanno scherzando, non è vero?- sussurrò, tenendo gli occhi fissi sul foglio.
Fidelia, di fronte a lei, la osservava preoccupata.
-Prim, credo che dovremmo andare a Kleatine.-
-A fare cosa?!- sbottò -Ad aderire a qualcosa di cui non avrei mai voluto conoscere nemmeno l'esistenza? Mi stanno incastrando, Fidelia, io non ho mai detto di voler prendere parte a tutto questo!-
Fidelia non staccava gli occhi da lei, neppure per un istante. Aveva incrociato le braccia davanti al petto ed aveva assunto un'espressione seria ed impassibile.
-Ti hanno chiesto di dare la conferma, non ti hanno imposto di farlo- replicò, alzando un angolo della bocca, disgustata. -Non è difficile prevedere le mosse di quelle serpi del Consiglio. Sarebbe stato tutto molto più facile per loro, se fossi morta, o se non fossi mai tornata tra di noi.-
Un brivido le corse su per la schiena.
Ricordò le parole taglienti di Hugo, il suo viso serio e contratto.
"Come pensi che sia stato per noi ritrovarti? Sei convinta che sia una passeggiata averti qui, non è vero? Non hai nemmeno idea di che cosa comporti tutto questo..."
Iniziava ad avercela, ora, un'idea.
-Che cosa vogliono da me?- chiese deglutendo.
-Che rifiuti,- rispose semplicemente Fidelia -e che te ne torni da dove sei venuta.-
Già, era quello che avrebbe voluto fare anche lei: andarsene come era arrivata, per magia. Eppure, se c'era una cosa che quella situazione le aveva insegnato, era che la volontà non contava niente in quel genere di giochi.
-E io che dovrei fare?- chiese rivolta a Fidelia, tastando con i polpastrelli la consistenza ruvida della carta.
La donna sospirò.
-Sarò sincera, Prim,- esordì, lanciandole uno sguardo serio ed apprensivo al tempo stesso -nessuno qui ti tratterrà dal rifiutare quell'incarico: accettare, oltre ad un'enorme responsabilità, porterebbe con sé grandi rischi. Ma non ti nego che abbiamo bisogno di te.-
Prim corrucciò la fronte.
-Che vuol dire?-
Fidelia fece un passo avanti, entrando definitivamente nella stanza.
-Le streghe e le altre creature magiche parlano di un complotto fra i membri del Consiglio per distruggere Runadium.-
A Prim sembrò per un attimo che stesse trattenendo il respiro.
-Sono solo voci di corridoio- rispose secca, mentre una vocina nel retrobottega della sua testa le urlava che si stava sbagliando.
-Già- rispose Fidelia scrollando le spalle. -Già, lo sono.-
-Cosa volete che faccia? Unirmi a loro? Spiarli?-
Non riusciva a capire il senso di quella conversazione, lei non sarebbe stata in grado di porre rimedio in nessun caso al problema che Fidelia le stava sottoponendo.
Era una ragazzina, aveva solo sedici anni e si sentiva già come se tutto il peso del mondo stesse gravando solo ed unicamente sulle sue spalle.
Fidelia puntò gli occhi nei suoi.
-Mai- dichiarò perentoria. -Non lascerei mai che tu ti esponga ad un pericolo di tale portata.-
Prim strinse il foglio fra le dita a tal punto da rischiare di strapparlo.
-E allora?-
Fidelia alzò un angolo della bocca, sconfortata.
-Noi streghe, Prim, non ci fidiamo più di nessuno da quando è morto tuo padre.-
Prim sentì lo stomaco arrotolarsi su se stesso.
Suo padre.
Continuava a chiedersi se fosse tutto vero, se i suoi familiari fossero stati così potenti ed importanti, e perché tutto questo fosse toccato proprio a lei.
Abbassò lo sguardo sul pavimento, senza avere la più pallida idea di cosa fare.
L'immagine di una ragazza riversa in terra, immersa in una pozza di sangue scarlatto, le ondeggiava ancora sinistramente nella mente.
Fidelia sospirò, poi alzò una mano e gliela portò sulla spalla.
Il suo peso dolce e tiepido era rassicurante.
-Sta tranquilla- le disse solo. -Ci sono qui io, qualsiasi cosa accada.-
Prim alzò gli occhi e si trovò il suo bel viso di fronte, sorridente.
-La pizza si fredda- dichiarò Fidelia, avviandosi verso la porta. -Andiamo.-
Uscì dalla stanza, leggiadra come al solito, come se tutto quel discorso le fosse scivolato addosso come acqua piovana, ma Prim sapeva che non era così.
Sapeva che, probabilmente, aveva ragione: c'era qualcosa che non quadrava in tutta quella storia.
E sapeva anche che il Consiglio non la voleva fra i piedi, lo aveva visto negli occhi di Euphenia Goldbone solo pochi giorni prima, quando quel tremendo guizzo di perfidia le aveva incrinato lo sguardo in modo rivoltante.
Sospirò, rivolgendo il capo alla scrivania.
Il quaderno e la piuma erano ancora lì, con tutto ciò che comportava.
Portò per l'ultima volta la lettera davanti agli occhi.
Non sapeva cosa avrebbe fatto, non sapeva cosa avrebbe dovuto fare né cosa avrebbe voluto fare.
Aveva bisogno di tempo, ovvero, esattamente tutto ciò di cui non disponeva.
Si trovava nella piccola biblioteca del primo piano, accanto allo studio del Signor Featherstride, in attesa che la ricevesse.
Era un ambiente piccolo ma ben arredato: alle pareti erano addossati alcuni scaffali pieni zeppi di libri, al centro stava un lungo tavolo di legno scuro, circondato da alcune sedie e in un angolino più appartato erano stati posti due divanetti di pelle sintetica nera.
Con lei c'erano Lucky, Pyper, Gripho e Hugo.
I due gemelli stavano facendo una partita a poker, Gripho continuava ad andare da una parte all'altra della stanza e Hugo se ne stava placidamente seduto su uno dei divanetti a leggere un libro.
Prim aveva preso posto intorno al tavolo centrale, e cercava di mantenere i nervi saldi per quanto le fosse possibile.
Erano trascorsi due giorni e la mattina seguente i membri del Consiglio sarebbero ripartiti per Runadium, portando via con loro anche la sua decisione, qualunque essa fosse.
Il tempo sembrava scorrere con una lentezza esasperante e la sua testa non faceva che ricordarle che cosa fosse accaduto.
Il quaderno, la piuma ed il pugnale erano infilati nella borsa a tracolla che teneva gelosamente sulle ginocchia.
Ciò che aveva scritto si sarebbe potuto avverare in qualsiasi momento: sarebbe bastato un attimo per porre fine ad una vita, fragile come un filo d'erba che viene strappato via dal terreno.
Improvvisamente, sentì che qualcuno si era appostato alle sue spalle e sobbalzò.
Si voltò di scatto, ritrovando l'espressione allegra di Gripho ad accoglierla.
-Mi sembri tesa- decretò, osservandola incuriosito.
-Tu dici?- replicò acidamente, stringendo più forte la presa sulla borsa.
Il ragazzo sorrise. Forse, andandosene tutto il giorno a zonzo con Hugo, era abituato alle rispostacce.
-Già. Dovresti rilassarti, invece. Dopotutto sono persone anche loro.-
Hugo alzò gli occhi dal libro che stava leggendo per depositarli su Prim, delicati e sinuosi come una carezza.
La ragazza sospirò.
-Magari fosse così semplice...-
Lucky si voltò improvvisamente verso di lei, sfoderando il suo solito sorrisetto canzonatorio.
-Cos'è che ti preoccupa tanto del Consiglio?- le chiese Pyper, abbandonando a sua volta le carte e sistemandosi meglio sulla sedia.
-La sua presidentessa- commentò ironicamente sollevando un angolo della bocca.
Lucky rise: -Nostra madre.-
Prim si voltò di scatto verso i due gemelli, guardandoli basita.
-Sapevo che fosse una vostra parente ma non pensavo che...-
Pyper fece un cenno con la mano che assomigliava molto ad un "chi se ne importa" mentre Lucky tornava ad occuparsi delle carte.
-Non credo ci sia davvero qualcuno qui dentro che si preoccuperà di farti cambiare idea su di lei- intervenne improvvisamente Hugo, alzandosi e venendo verso di loro.
Lucky fece una smorfia strana con la faccia.
-Vuoi lanciarti nell'impresa, prode paladino della giustizia?-
Pyper gli assestò una gomitata fra le costole.
-A dire il vero volevo solo sapere che cosa ci fosse di tanto importante in quella borsa da fartela tenere sulle ginocchia per tutto il tempo- proseguì Hugo, rivolto a Prim.
La ragazza strinse istintivamente a sé la tracolla, mentre il suo cuore accelerava i battiti.
Si impose di rimanere calma, temendo che già da tempo i gemelli Goldbone le stessero sbirciando nella mente come si sbircia dall'occhiello di una porta.
-Nulla di tanto importante da poter destare il tuo interesse- rispose secca.
-Ah, sì?-
-Già.-
Improvvisamente, qualcuno bussò e da dietro alla porta della piccola biblioteca sbucò la figura serpentina di Esme, avvolta in un vestito viola scuro che faceva risaltare il pallore trasparente della sua pelle.
-Signorina Palegrove, il signor Featherstride la sta aspettando.-
Prim deglutì ed annuì. Non era ancora pronta.
-D'accordo, grazie mille.-
-Forse dovremmo andare anche noi- osservò Gripho incitando con un gesto del capo anche gli altri ad uscire.
Si avvicinò lentamente alla porta e, un momento prima di varcare la soglia, strizzò l'occhio a Prim, complice, mimando con le labbra "buona fortuna".
Prim sorrise. Tutto sommato, quei ragazzi non erano nemmeno troppo male.
Lucky e Pyper si alzarono e seguirono Gripho fuori dalla biblioteca ma Hugo rimase lì con lei, immobile accanto al tavolo.
Prim si alzò in piedi in fretta, intenzionata ad uscire.
-Mi sembrava di avertelo già detto una volta- la bloccò Hugo. -Non credo alle tue parole, non tentare di ingannarmi. Non sono stupido, Prim.-
Un brivido le strisciò su per la schiena nel momento stesso in cui il ragazzo pronunciò il suo nome.
-Di che parli?- chiese, senza voltarsi e senza riuscire a reprimere un tremito che le attraversò la voce.
-La borsa.-
Quelle due parole suonarono alle sue orecchie come una condanna a morte.
-E qualcos'altro- aggiunse subito dopo. -Che sta succedendo?-
Prim si morse un labbro e si voltò.
I suoi occhi dipinti di quell'azzurro chiarissimo, quasi trasparente, la facevano sempre sentire nuda e tremendamente indifesa.
-Non succede niente- dichiarò, abbassando lo sguardo.
-Sei veramente una pessima bugiarda- Hugo avanzò verso di lei col suo solito passo felpato. -Dimmi la verità, Prim.-
Il suo tono di voce la immobilizzò sul posto.
Quando se lo trovò davanti ancora non era riuscita a metabolizzare la situazione: era in trappola.
Cazzo.
-Hugo, io...- iniziò titubante. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto inventarsi ed il punto era che quel maledetto ragazzo riusciva a leggerle dentro senza poteri particolari.
Non poteva sopportarlo.
Strinse a sé la tracolla, decidendosi a puntare gli occhi castani in quelli cristallini di Hugo.
No, non aveva scelta, e non aveva nemmeno più voglia di mentire.
-Ho bisogno di sapere che posso fidarmi di te.-
Le sembrò che l'aria si rapprendesse intorno a loro, che l'inverno fosse riuscito ad entrare tutto in quelle quattro mura spesse che delimitavano la biblioteca, fra i libri e sotto la sua pelle.
Hugo continuava a scrutarla intensamente, al punto tale da indurla a credere che il resto del mondo fosse sparito, che fossero rimasti solo loro due sulla faccia della terra.
-Puoi fidarti di me- rispose.
Sentiva la gola secca come il deserto.
Annuì, ed un secondo dopo le sue mani erano già sprofondate nella tracolla.
-Ho mentito- esordì semplicemente, tirando fuori il quaderno blu.
-Lo so- rispose Hugo.
Prim prese un bel respiro.
-Credo di poter prevedere il futuro.-
Hugo sgranò gli occhi, e Prim capì di averlo preso seriamente in contropiede con quell'affermazione.
Neppure lui si sarebbe mai aspettato tanto.
-Che vuoi dire?- chiese, sorpreso.
-Dalla sera del mio compleanno quello che scrivo si avvera- stava annaspando, in cerca delle parole giuste da dire. -La prima volta che ci siamo incontrati, il tentato suicidio di Beth... io avevo scritto tutto.-
-Vuoi dire che...-
-Voglio dire quello che ho detto- replicò sbrigativa Prim, spazientendosi.
-Qualche giorno fa' ho scritto questo- proseguì poi, mollandogli il quaderno blu fra le mani.
Hugo aprì la prima pagina ed iniziò a leggere, affascinato e turbato al tempo stesso.
-E l'ho fatto con questa- concluse, tirando fuori la piuma dalla borsa e notando immediatamente che fosse tornata incandescente.
-Ma non è possibile- dichiarò il ragazzo spostando gli occhi dalla piuma al quaderno. -Le piume nere sono potenziatori magici. Sono in grado solo di rafforzare i poteri di chi le possiede. Come sei riuscita a...-
-Non lo so- lo bloccò immediatamente Prim. -Per questo lo sto chiedendo a te.-
Hugo tornò a concentrarsi sulla pagina del quaderno.
-«Sulla Spada verserai il sangue delle stirpi, con la Chiave onorerai il nome del popolo, alla Biglia affiderai la lealtà dell'amico, nello Specchio scoprirai te stesso...». Questa è la Legge di Kleatine. Come fai a conoscerla?- chiese ad un tratto, fissando lo sguardo su un punto ben preciso del foglio.
-Infatti non la conosco.- rispose la ragazza -Cos'è?-
-Prendilo come un libretto di istruzioni per entrare a Runadium passando da Kleatine.-
-Non capisco- replicò Prim, sempre più confusa.
-Beh, se può rincuorarti, neppure io.-
-Non mi rincuora affatto.-
Il calore della piuma, fra le sue dita, continuava ad intensificarsi fin quasi a diventare insostenibile e Prim fu costretta a passarla nell'altra mano per evitare di scottarsi.
-Quest'affare brucia.-
Hugo alzò la testa di scatto.
-Che vuol dire che brucia?-
-Non lo so- rispose la ragazza. -Ogni tanto lo fa.-
Hugo osservò prima il quaderno, poi tornò alla piuma.
Allungò una mano, sfiorandone con le dita l'ossatura incandescente e ritraendosi subito dopo.
-Quando è stata l'ultima volta che ha bruciato così intensamente?-
Prim tornò indietro nel tempo con la memoria, ricercando i contorni di un ricordo vago, disperso nell'ultimo periodo fin troppo denso di eventi perché potesse ricordarseli tutti.
Improvvisamente, qualcosa si impose prepotentemente nella sua testa, un' immagine, una situazione ben precisa.
-Avevo... avevo previsto qualcosa anche quella volta- balbettò, cercando di mettere insieme gli ultimi tasselli del puzzle.
-Non dirmi che...- sussurrò Hugo, fra sé e sé.
Improvvisamente, fra le sue mani, le lettere iniziarono a sparire ad una ad una, come risucchiate dalla carta del quaderno. La prima pagina si accartocciò su se stessa, iniziando lentamente ad incenerirsi, come gli fosse stato dato fuoco.
Prim sussultò.
-Che accidenti sta succedendo?!- esclamò, guardando un secondo prima ciò che restava del foglio e poi Hugo, ancora più sorpreso e preoccupato di lei.
-Non è possibile- sussurrò il ragazzo, lasciando cadere a terra il quaderno.
Alzò la testa ed un secondo dopo era già balzato alla parete, afferrando una delle due spade incrociate che la decoravano.
-Sta accadendo!- urlò e già era fuori dalla biblioteca.
Prim si voltò di scatto, completamente spaesata.
-Esme!- urlò Hugo, con quanto fiato aveva in gola.
La donna apparve immediatamente in fondo al corridoio. Sul suo viso traspariva tutto lo sgomento che doveva caratterizzare la sua stessa espressione.
-Chiama a raccolta tutti quanti, nessuno escluso. Digli di prendere le armi e precipitarsi nella Sala dei Troni, immediatamente. Sono stato chiaro?- tuonò.
Esme annuì, incerta.
-Cosa sta succedendo?- provò a chiedere ma Hugo la incenerì con lo sguardo.
-Obbedisci- le intimò ed in un baleno la donna sparì per i corridoi della rocca.
Hugo si gettò esattamente nella direzione opposta, trascinando con sé la pesante spada d'argento come si fosse trattato di un peso insignificante e Prim lo seguì a ruota, cercando di rimanere al passo nonostante fosse molto più veloce ed allenato di lei.
Non aveva idea di cosa stesse succedendo ma di qualsiasi cosa si trattasse, non le piaceva affatto.
Isobel fece un giro completo intorno al tavolo, pregustando il momento in cui avrebbe finalmente sentito scorrerle nelle vene il potere della Spada.
Dietro di lei, Jemma Riverbrow, con il capo chino sulle ginocchia, singhiozzava silenziosamente.
Riusciva quasi a percepire nell'aria il profumo della sua paura.
Si avvicinò e la afferrò per un braccio, invitandola a tirarsi in piedi.
Era bellissima, con i suoi lunghi capelli dipinti di lapislazzuli e gli occhi grigi, proprio come quelli della nonna.
-Quanto sarebbe fiera quella serpe della vecchia Opalina se ti vedesse ora- sibilò, sguainando il pugnale dalla fodera.
Un guizzo attraversò il corpo della giovane e questa prese a dimenarsi a più non posso.
L'Incantesimo che aveva sigillato su di lei avrebbe dovuto paralizzarla totalmente, ma Jemma era giovane, prestante, nel fiore degli anni ed aveva ancora tutta la vita davanti.
La perfetta vittima sacrificale.
La ragazza riuscì a sferrarle un calcio sullo stinco ed Isobel fu costretta ad abbandonare la sua spalla, lasciando che ricadesse pesantemente a terra, mentre lei barcollava all'indietro.
La gamba destra era stata ormai interamente divorata dal nero e tutto, anche la più minima collisione, le procurava un dolore indescrivibile.
Pulsava, scricchiolava, a volte la pelle si separava lasciando che si intravedessero le piaghe del Prezzo.
Ma andava bene così, molti altri avrebbero pagato prima di lei.
Si accostò di nuovo alla giovane, imprecando in una lingua dura, che fischiava fra i denti in modo lugubre.
-Volevo farla finita subito con te, concederti almeno di morire in fretta, ma devo farti i miei complimenti- Isobel si chinò di nuovo sulla ragazza artigliandole la spalla e tirandola ancora una volta in piedi, quasi ferocemente. -Sei riuscita a farmi cambiare idea. E' molto raro che qualcuno ci riesca.-
Fece volteggiare il pugnale in aria, poi calò velocemente in basso, sprofondandolo nella gamba della ragazza.
Non urlò, solo un sospiro sottile soffiò attraverso le sue labbra mentre crollava nuovamente giù, con il volto rivolto al pavimento, ed una piccola pozza di sangue iniziava a formarsi sotto di lei, impregnandole i vestiti di quel liquido denso e livido.
Isobel la rivoltò con un calcio.
I suoi occhi erano spalancati, pieni di lacrime, imploranti. Non sapeva che, così facendo, le faceva solo venire più voglia di ucciderla.
Sentì qualcosa scricchiolare alle sue spalle, un rumore di cocci infranti e si voltò.
Nella teca si era aperta una breccia.
La Spada, al suo interno, sembrava attendere solo lei.
Pregustò l'odore tiepido del sangue, la paura che avrebbe visto nei suoi occhi, il momento esatto in cui il barlume della speranza li avrebbe abbandonati definitivamente, giovani, vivi.
Un brivido di piacere le percorse la schiena, mentre le lacrime si riversavano a fiumi sul bel volto di quella che un tempo era stata Jemma Riverbrow, la nipote di Opalina Riverbrow, nonché prossima esponente del Consiglio.
Lo era stata, non lo sarebbe stata più.
Sorrise, raggiante.
-Addio, Jemma.-
ANGOLINO TUTTO NOSTRO:
Ciao ragazzi!
Ed ecco che, dopo secoli di attesa, torna dalla Cina con furore (WTF??) Runadium!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che ne pensate, in qualsiasi modo voi vogliate, anche mandandomi una lettera con un piccione viaggiatore! ò-ò
Vi mando un bacione e vi faccio tanti auguroni per tutto!
A presto!
Sayami98.
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