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7. Il Consiglio.

"Quando un uom soave di parole, e tristo

di cuor, la folla persuade, è grave

il mal della città."

Euripide - Oreste.


Era sorda.

Tutto ciò che riusciva a sentire era un ronzio fastidioso che le riempiva le cavità delle orecchie, come un'interferenza radio.

Riusciva però a distinguere con chiarezza la sensazione del suo respiro affannato nel petto, l'odore pungente del fumo ed i colori cangianti e violenti dell'incendio che si innalzava di fronte a lei con una forza impetuosa ed inarrestabile.

La casa dei Palegrove, una grande tenuta immersa nel paesaggio fitto e pittoresco del bosco che la circondava, era stata ingoiata anch'essa dalle fiamme.

I granelli di polvere e cenere le venivano in faccia, infastidendola.

Guardava lo spettacolo immobile, rinchiusa nella muta ammirazione di chi osserva qualcosa di terrificante.

Ad un tratto vide qualcosa muoversi sullo sfondo, una figura gobba e veloce che correva via, infiltrandosi nel bosco.

La seguì.

Mentre camminava le sembrava di vedere i tronchi allungarsi e contorcersi su loro stessi, osservarla biechi, deriderla, compatirla e poi, finalmente, ignorarla.

La strada era infinita.

Sentiva il fiatone nel petto ed i battiti sordi del suo cuore, ma ancora quella strana interferenza che le ronzava in testa non le permetteva di ascoltare alcuna voce esterna.

Ad un tratto scorse la figura che stava inseguendo.

Era coperta di nero, ogni traccia di pelle era celata sotto una spessa coltre scura e densa che scivolava via come catrame.

L'unica cosa che la distingueva era una divisa da cameriera bruciacchiata che le si attorcinava tutt'intorno in modo innaturale.

La sagoma si accucciò a terra, deponendovi un fagotto, anch'esso nero, dal quale uscivano due paffute braccine recalcitranti che si dimenavano a più non posso.

"Prim."

Il ronzio si interruppe e tutto intorno a lei iniziò a sfocare.

"Prim."

Le si mozzò il fiato in gola.

Quella strana voce le stava lentamente perforando il cervello.

"Prim, ti prego..."

Vide davanti a lei Hugo, con in mano un pugnale dall'elsa rossa come il corallo, percorsa da sottili striature argentate.

Mimava qualcosa con le labbra: "Affonda."

"... unisciti a me."



Si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi nel buio della sua stanza.

La prima sensazione che percepì fu quella dei vestiti tiepidi, madidi di sudore, che le aderivano fastidiosamente addosso come un'altra pelle.

La seconda fu quella di inquietudine che le pervadeva le membra.

Si sentiva osservata.

Di nuovo.

Era ormai una settimana che si era trasferita da Fidelia, in un appartamento spazioso e luminoso, in uno dei rumorosi complessi residenziali che davano direttamente su Central Park.

Fidelia era stata molto gentile con lei.

Le aveva dato una camera tutta sua da decorare come più le piaceva, libero accesso a tutte le altre stanze della casa, alla televisione e al frigorifero e le aveva inoltre permesso di uscire dall'appartamento da sola in qualsiasi momento avesse desiderato, purché si fosse trattato delle ore di luce.

Le aveva anche detto di non farsi alcun problema a chiederle dei soldi, qualora ne avesse avuto bisogno, perché glieli avrebbe dati volentieri e, nonostante questo, le lasciava tutte le mattine sul tavolo della cucina dieci dollari ed un post-it verde e rosa con il quale le augurava buona giornata.

Prim pensava che fosse anche troppo permissiva.

Lavorava tutti i giorni dalle dieci del mattino fino alle cinque del pomeriggio nell'ufficio amministrativo di una compagnia assicurativa ed era, contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare, una delle persone più normali ed anonime che avesse mai conosciuto.

Però, nonostante il suo caloroso benvenuto e la gentilezza con cui era stata trattata, Prim non era riuscita a sentirsi a suo agio nemmeno per un singolo istante in quella casa.

In realtà, già da tempo, le sembrava che non avrebbe più potuto chiamare "casa" alcun posto per il resto della sua vita.

Da quando era arrivata, non era mai riuscita a riposare sul serio ed il suo fisico ne stava risentendo: si sentiva debole ed affaticata.

Rimaneva per ore nel letto a guardare il soffitto bianco della sua camera, cercando di prendere sonno e, quando finalmente ci riusciva, i suoi sogni venivano popolati da strane visioni.

Come quella di stanotte.

Sospirò, sgusciando fuori dalle coperte e raccogliendo i capelli castani in una coda disordinata. La sveglia sul comodino segnava le tre e quarantasette minuti.

Indossava un paio di pantaloncini ed una maglietta un po' troppo grande per lei.

Fidelia aveva pensato anche a rinnovarle il guardaroba.

Aveva scelto tutti indumenti giovanili e alla moda che ogni altra ragazza della sua età avrebbe adorato ma per cui lei non provava altro che un'istintiva repulsione.

Non le erano mai piaciute quel genere di cose.

Levò uno sguardo distratto verso il comodino, sul quale stava poggiato un pugnale, lo stesso pugnale dall'elsa scarlatta che aveva visto in sogno.

Hugo glielo aveva dato poco prima che lasciasse Kleatine.

-Anche se confido fermamente nell'efficacia del solletico come arma difensiva, sarebbe meglio che tu prendessi questo con te- le aveva detto, porgendole quel bellissimo pugnale d'argento, dall'elsa levigata rivestita di corallo rosso.

-Non ne ho bisogno- aveva risposto, ma non c'era stato nulla da fare, aveva dovuto prendere quell'arma.

Non avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe dovuto portare con sé qualcosa del genere.

Lì a fianco stava la piuma d'oca nera.

Prim la prese fra le dita e la osservò per un po'.

Era morbida e setosa, flessibile al tatto e dall'aspetto intrigante e mistico, esattamente come la prima volta che l'aveva vista nel sotterraneo di Bob.

Avrebbe dovuto scoprire da sola come funzionava quell'arnese.

Andò scalza fino al salone, dove un fuoco scoppiettante ardeva nel piccolo camino.

La casa era molto bella, moderna e confortevole e Prim trovava che il caminetto vecchio stile donasse un qualcosa di piacevolmente signorile al tutto, oltre a scaldare l'appartamento.

L'inverno stava entrando nel vivo e fra poco tempo avrebbe iniziato a nevicare.

Prim osservò le fiamme vacillare fra i ciocchi di legno accatastati ascoltando in silenzio il loro rumore sbuffante.

Riusciva ancora a vedere l'incendio che divampava fra le mura annerite di quella tenuta.

Palegrove.

Un brivido le percorse la schiena.

Raggiunse il divano di similpelle color panna e ci si accovacciò sopra, godendosi per un attimo il calduccio rassicurante.

-E' presto per dirle la verità, è appena arrivata!-

Le orecchie di Prim si fecero vigili e sensibili come quelle di un cane poliziotto.

Aveva già sentito quelle parole.

Il pezzo di carta.

Il cuore le accelerò nel petto e socchiuse gli occhi tentando di calmarsi un po'.

Si accostò meglio allo schienale del divano, stando bene attenta a non farsi vedere, stringendo la piuma fra le dita, in attesa che la conversazione continuasse.

-Ha il diritto di sapere- rispose risoluta un'altra voce, molto più familiare e giovane.

Era Fidelia.

La piuma le sembrava improvvisamente rovente, come un pezzo di metallo temprato e dovette mordersi la lingua per impedirsi di urlare.

-Sai benissimo che se accetterà sarà in pericolo.-

Di nuovo si parlava di un qualche "pericolo".

Di che si trattava, di cosa stavano parlando?

La piuma, fra le sue dita, continuava a scaldarsi.

Si chiese chi fosse l'interlocutore della sua tutrice.

La voce era chiaramente femminile, probabilmente di una donna avanti con l'età.

Per l'ennesima volta, stavano giocando a dadi con la sua vita tenendola all'oscuro di tutto.

Contrasse la mascella, in attesa che qualcuno continuasse a parlare, ma un guaito sommesso al suo fianco non glielo permise.

Muffin, il carlino di Fidelia, era salito sul bracciolo del divano e la guardava serio e corrucciato più di quanto già non fosse di solito, accusandola tacitamente con lo sguardo di stare origliando.

Fidelia doveva averlo messo a fare la guardia.

Prim gli fece segno di tacere portandosi l'indice di fronte alle labbra, ma fu tutto inutile: il cagnolino addestrato a dovere prese ad abbaiare e, in un baleno, Fidelia chiuse la porta dell'abitazione e corse di fretta in salone, guardandosi intorno spaesata.

Non appena vide la testolina lentigginosa di Prim sbucare dietro allo schienale del divano, impallidì, assumendo la classica espressione da "mi-hai-beccato".

-Prim...- la chiamò, avvicinandosi cautamente al divano -co-cosa ci fai qui?-

Prim strinse le labbra e distolse lo sguardo.

-Io... non riuscivo a dormire.-

-Da quanto tempo sei lì?- chiese, sedendosi a sua volta sul divano, accanto a lei.

Prim la squadrò da capo a piedi, chiedendosi fino a che punto valesse la pena di mentire in una situazione del genere.

Sentiva svanire tra le mani il tepore della piuma.

-Un po'.-

-Oh- replicò semplicemente Fidelia, annuendo sommessamente.

Prim sorrise, amaramente.

-Suppongo sia inutile chiederti che cosa stia succedendo, non è vero?-

Fidelia continuò a fissare il fuoco, raccogliendo le ginocchia al petto e rannicchiandosi sul divano.

Prim si chiese fino a che punto quella che aveva davanti fosse davvero una donna.

Le due rimasero in silenzio l'una accanto all'altra per alcuni minuti, senza neppure guardarsi.

-So che può sembrarti assurdo ma io so bene come ci si sente.-

Prim si voltò lentamente verso Fidelia.

Le sembrò improvvisamente invecchiata, con i suoi lucenti capelli castano chiaro raccolti in cima alla testa e quei due solchi profondi che le circondavano gli occhi.

-Ho perso i miei genitori quando ero ancora molto piccola- disse con la nostalgia che le addolciva la voce.

Prim la osservò ancora qualche istante prima di tornare a guardare il camino.

L'espressione del viso era seria e rilassata, non sembrava dispiaciuta o arrabbiata.

Forse, dopo tanti anni, ormai si trattava soltanto di un dato di fatto.

Un giorno mi rassegnerò anch'io. Pensò, osservando i giochi di luce prodotti dalle fiamme.

-Come è successo?-

-Un'incidente- rispose genericamente.

-Sono cresciuta in un orfanotrofio e quando sono diventata abbastanza grande da poter decidere che cosa fare della mia vita, ho deciso che avrei evitato a tutti i costi che altre esistenze fossero tristi e solitarie come la mia.-

Muffin si infiltrò fra le gambe tornite della ragazza e Fidelia lo prese in braccio, accarezzandolo piano.

-Per questo sei diventata una tutrice?- le chiese Prim voltandosi verso di lei ed osservandola mentre giocava con le zampette grassocce dell'animaletto.

Fidelia fece spallucce.

-E' quanto di più vicino ci sia ad una famiglia.-

Prim rimase in silenzio a guardare i due lottare.

Alla fine Fidelia ebbe la meglio ed il cagnolino dovette arrendersi a rimanere spalmato sulle sue ginocchia.

-Prim, so che probabilmente ancora non ti fidi di me e che tutto questo potrebbe sembrarti ridicolo, ma ti prometto che finché sarò la tua tutrice non permetterò a nessuno di farti del male.-

La donna si voltò e le sorrise gentilmente, con una strana luce negli occhi scuri che le rischiarava lo sguardo.

Prim sentì un nodo stringersi all'altezza dello stomaco.

Annuì.

Fidelia posò il cagnolino a terra e si alzò in piedi, stiracchiandosi in tutta la sua perfezione.

-Bene, penso che sia ora di andare a dormire, dovresti tornare a letto anche tu- le suggerì e Prim arrossì leggermente, sentendosi, in qualche modo, rimproverata.

-Buonanotte.-

Fidelia si fermò sull'entrata del corridoio.

-Prim...- la chiamò ancora e, per la prima volta, i loro sguardi si incrociarono in modo complice e quasi fraterno -Non sono la cuoca migliore del mondo e nemmeno una grande esperta di lavori di casa, ma se hai voglia di parlare... beh, sai dove trovarmi.-

Prim rimase per qualche istante a fissarla, poi le sorrise.

-Grazie.-

-Non c'è di che.-

Muffin si avvicinò a lei, iniziando ad annusare sospettoso la piuma.

Prim gli fece una carezza.

-Notte- sussurrò accompagnando il tutto con un impercettibile cenno del capo.

-Buonanotte.-

Fidelia si dileguò nell'altra stanza e lei rimase da sola con Muffin.

Non aveva più una famiglia e non c'era posto al modo che avrebbe mai più potuto chiamare "casa".

Questo era vero.

Ma, in quel momento, pensò, osservando un'ultima volta il fuoco prima di alzarsi in piedi ed avviarsi verso la sua camera, Fidelia rappresentava per lei quanto di più vicino ci fosse ad una famiglia e ad una casa.

Entrò nella sua stanza, stringendo la piuma fra le punte delle dita.

Le sentiva scottate e rovinate.

"Se accetterà sarà in pericolo."

"Prim, unisciti a me."



La chiamata del signor Featherstride era stata tempestiva.

Da un momento all'altro, Prim si era ritrovata nuovamente sballottata a bordo del vecchio rottame di Hugo, diretta verso Kleatine.

"Il Consiglio ti aspetta" era tutto quello che le era stato dato sapere.

-Che cosa mi faranno?- chiese improvvisamente a Hugo, guardando fisso un punto del tettuccio sporco di polvere e di qualcosa di marroncino, non meglio definito.

-Il terzo grado- replicò asciutto quello, prendendo l'ennesima curva.

Prim si voltò di scatto verso di lui.

-Sono seria.-

-Anche io- replicò. -Sei la figlia di Zayus, l'erede dei Palegrove che torna miracolosamente fra le streghe dopo sedici anni di assenza durante i quali tutti l'avevano creduta morta. Cosa ti aspetti? Che ci andranno piano solo perché hai un visino innocente?-

Prim tornò a guardare la strada.

-Chi ha il potere non ci va tanto per il sottile, fidati- concluse il ragazzo, mettendo la freccia.

-Questo "Consiglio",- iniziò di seguito Prim, mimando le virgolette in aria -sai dirmi con esattezza di cosa si tratti?-

Hugo alzò appena le sopracciglia.

Prim notò che lo faceva spesso quando pensava.

-E' composto da otto esponenti delle otto famiglie che contribuirono a fondare la società delle streghe (sette, da quando i Palegrove sono stati sterminati). Si passano la presidenza con cadenza biennale seguendo sempre lo stesso schema- Hugo si fermò e lanciò un'occhiata a Prim, che lo stava ascoltando attentamente.

-Featherstride, Softlance, Moonflare, Goldbone, Palegrove, Dustwift, Sageblaze e Riverbrow.-

Prim guardò il ragazzo perplessa.

-Tu, Lucky e Pyper fate parte del Consiglio?-

Hugo fece di no con la testa.

-Altri esponenti della nostra famiglia ne fanno parte. Un giorno, però, potrebbe toccare anche a noi.-

Prim annuì, riflettendo in silenzio.

-Chiaro.-

Hugo riprese: -Gli esponenti devono necessariamente essere sempre quattro di sesso maschile e quattro di sesso femminile. Si riuniscono una volta ogni due settimane e possono convocare riunioni straordinarie in casi particolari, come ad esempio il tuo.-

-E su cosa deliberano?- chiese la ragazza voltandosi verso Hugo mentre questo prendeva la salita che portava a Kleatine.

-Su tutto- rispose mentre la macchina saltellava come sulle montagne russe. -Prendono decisioni su qualsiasi aspetto riguardi la nostra società.-

Finalmente la macchina arrivò in cima e Prim poté tirare un respiro di sollievo.

Posteggiarono nel solito boschetto e scesero, avviandosi verso l'entrata della rocca.

-C'è solo una persona in grado di contrastare il loro potere.-

Prim alzò un sopracciglio.

-Sarebbe a dire?-

-Prim!- una voce virile e familiare le giunse all'orecchio.

Gripho.

Si stava avvicinando a loro a passo svelto, agitando entrambe le braccia.

-Che succede?- gli chiese Hugo, non appena fu abbastanza vicino.

-Sono arrivati.-

-Di già?- chiese Prim, iniziando a farsi prendere dall'agitazione.

Non aveva la più pallida idea di come ci si dovesse comportare con i capi di stato delle streghe o quel diavolo che erano.

-Andiamo- decretò Hugo, avviandosi nella direzione opposta all'entrata principale.

Prim lo guardò confusa.

-Entriamo da dietro- le spiegò sbrigativo Gripho, iniziando a camminare al suo fianco.

-C'è un'altra entrata?-

Gripho annuì.

-E' nascosta e ne sono a conoscenza solo poche persone. Arriveremo nella metà del tempo entrando da lì.-

Prim annuì.

Dopo pochi passi Gripho la squadrò da capo a piedi, attentamente.

-Sai, stai bene vestita così, sei carina- affermò sorridendole gentile.

Prim guardò prima il ragazzo sorpresa e poi gli indumenti che aveva indossato quel giorno.

Un paio di jeans scuri attillati (l'unico tipo di pantalone che Fidelia avesse deciso di inserire nel suo guardaroba), una maglietta verde acqua a righe bianche ed il solito paio di scarpe da ginnastica consunte che portava da secoli.

Non era poi così diversa dal solito.

-Hai il ragazzo?- proseguì imperterrito Gripho, mentre Hugo li aveva già distanziati di un bel po' ed in fondo allo sterrato si vedevano le mura della rocca nascoste dalla muffa e dall'edera.

-No- rispose secca Prim, iniziando a mettersi sulla difensiva.

-Molto bene.-

Ci stava provando con lei?

Sinceramente, a prima vista Gripho non sarebbe mai sembrato il tipo di ragazzo che ci provava non appena ne aveva l'occasione.

Gli lanciò uno sguardo di sottecchi, cercando di studiarlo nascostamente.

Era decisamente un bel ragazzo.

I due grandi occhi scuri si armonizzavano perfettamente alla forma delle labbra ed all'ovale tondo del viso, incorniciato dai capelli biondo scuro che gli ricadevano a ciocche irregolari sulla fronte.

Inoltre aveva un fisico tonico, proporzionato sebbene non fosse particolarmente alto, con due spalle ampie e possenti, braccia e collo levigati e torniti dal più esperto dei fabbri, una camminata lenta ma confusionaria che gli conferiva quella particolare aria sbarazzina.

Lo sguardo ingenuo e vivace che lo caratterizzava completava il tutto in modo inequivocabilmente impeccabile.

Il ragazzo si voltò verso di lei, cogliendola in flagrante, e le rivolse un sorriso radioso.

-Senti,- iniziò lanciandogli uno sguardo dispiaciuto e severo al tempo stesso -sei molto carino ma... non sei il mio tipo- concluse, ricordandosi solo in quel momento di non avere neppure veramente un "tipo".

Gripho la fissò perplesso per qualche secondo, dopodiché scoppiò in una fragorosa risata che fece voltare Hugo verso di loro.

Il ragazzo inchiodò, li fulminò con lo sguardo, fece una smorfia infastidita e raggiunse con altri due passi le mura, iniziando a tastare la muffa incrostata sugli enormi mattoni.

-Che hai da ridere?- chiese impettita, prendendo quella risata come una mancanza di rispetto.

Il ragazzo le sorrise amichevolmente, cercando di darsi un contegno.

-Sono gay- dichiarò come si fosse trattato della cosa più naturale del mondo.

-Oh.-

Si sentì una grandissima imbecille.

-Io non... cioè, insomma...-

-Tranquilla- la fermò Gripho, infilandosi le mani in tasca. -Non è la prima volta che mi capita.-

-E non è imbarazzante per te?- chiese Prim, senza curarsi di essere indiscreta, rintontita dalla gigantesca figuraccia.

Gripho fece spallucce e piegò le labbra in un sorrisino divertito.

-E' più divertente che imbarazzante. Ad esempio, dovresti vedere che faccia hai tu in questo momento- le strizzò l'occhio.

Prim sperò di non essere arrossita.

Aveva fatto una gaffe bella e buona.

Se non riusciva a comportarsi in modo decente con un ragazzo della sua stessa età, figurarsi con un'assemblea di stregoni tirati che la rintontivano con domande di ogni sorta.

Vide Hugo in lontananza che aveva smesso di tastare la parete ed ora si stava concentrando su di un singolo mattone, tenendoci le mani premute sopra mentre sembrava dire parole a casaccio.

Fantastico, ora parliamo anche con i muri.

Lentamente, i mattoni si sciolsero come fossero stati fatti di cera e nella parete si aprì un buco stretto e basso.

Hugo si voltò verso di loro mentre Prim rimaneva a bocca aperta a guardare la scena.

-Vi date una mossa oppure vado a prendervi il tè con i pasticcini?- gli urlò, infilandosi poi nella fessura.

I due ragazzi sveltirono il passo e lo raggiunsero, entrando a loro volta nella rocca dall'entrata nascosta.

Nessuno, a prima vista, avrebbe mai pensato che si potesse entrare anche da lì.

O meglio, che la parete si sarebbe potuta sciogliere.

I tre camminarono giù per una lunga scalinata buia e scoscesa e Prim scivolò un paio di volte aggrappandosi rovinosamente a Gripho per non cadere mentre Hugo brontolava qualcosa sul fatto che dovesse fare attenzione.

Li condusse poi attraverso un lungo corridoio, umido e freddo.

Camminarono per circa due minuti sempre dritto, brancolando nel buio, poi, improvvisamente, il ragazzo inchiodò ed i tre andarono a sbattere l'uno contro l'altro.

-Quando freni la prossima volta facci un fischio, eh?- gli disse Gripho assestandogli una buona pacca sulla spalla.

Sembravano molto affiatati.

Il ragazzo emise un verso che assomigliava ad un grugnito e poi spinse qualcosa davanti a lui facendo cigolare un paio di cardini ed azionare un meccanismo, probabilmente composto da ingranaggi a giudicare dal rumore.

La luce penetrò lentamente nel corridoio attraverso la feritoia che si stava aprendo e Prim fu costretta a socchiudere gli occhi prima di poter guardare di fronte a sé.

Seguendo Hugo e Gripho, entrò nella stanza nella quale erano sbucati.

Si trattava dello studio del signor Featherstride.

-Quindi è da qui che passate quando siete in ritardo- osservò guardandosi intorno.

Hugo alzò un sopracciglio.

-Più o meno.-

I tre uscirono dalla grande porta intarsiata e si fiondarono verso il luogo dell'incontro, seguendo sempre Hugo attraverso il groviglio intricato di corridoi e scalinate che componevano la rocca.

-Dove si trovano?- chiese la ragazza, seguendo Hugo su per l'ennesima rampa, cercando di non pensare troppo al fiatone.

-Nella Sala dei Troni- rispose sbrigativo il ragazzo, fermandosi di fronte ad una porta smaltata di rosso.

Prim l'osservò attentamente.

Era diversa da tutte le altre porte che aveva visto fino a quel momento nella rocca.

Non era particolarmente grande né particolarmente decorata, di forma rettangolare, fatta di un legno non troppo pregiato e con il pomello lucido e tondo.

Sembrava che lo smalto rosso ci scivolasse sopra in un moto quasi trascorrente, mentre, dall'altra parte, un ticchettio sommesso le solleticava il cervello.

Hugo bussò tre volte poi spalancò la porta.

Al di là di questa, una lunga rampa di scale scendeva verso il basso, fino a perdersi nell'oscurità.

Prim guardò il ragazzo spaesata.

-Noi non possiamo scendere- disse risoluto lui.

-Perché?-

-Perché non ci è permesso assistere alle riunioni del Consiglio qualora il permesso non ci sia stato dato espressamente da uno dei membri.-

-Il permesso non è stato dato neppure a me- replicò la ragazza, guardandolo interrogativa.

Non aveva la più pallida idea di come funzionasse quella roba.

-Sì invece.-

Questa volta anche Gripho, alle loro spalle, assunse un'espressione confusa.

-Tu sei un membro del Consiglio, o almeno sei candidata a diventarlo.-

Prim lo guardò basita.

-Oh, no, no! Io non sono candidata ad un bel niente.-

-Sei l'ultima erede dei Palegrove- replicò il ragazzo, guardandola serio. -E' ovvio che tu lo sia.-

Prim strinse i pugni, iniziando a respirare nervosamente.

Possibile che nessuno le dicesse nulla? Possibile che gli affari che riguardavano la sua vita fossero di dominio pubblico per tutti tranne che per lei?

Non voleva quella responsabilità, non voleva essere l'erede dei Palegrove e tanto meno un membro del Consiglio.

Aveva solo sedici anni, dannazione!

-Io non...- iniziò rabbiosa, ma Hugo la fermò, posandole una mano sulla spalla.

Si voltò, incrociando i suoi occhi chiari e trasparenti, scorgendoci per la prima volta qualche striatura di malinconia e frustrazione.

Occhi come quelli di Hugo avevano storie da raccontare che non si sarebbero potute scrivere fra le pagine di miliardi di libri.

-Lo so- le disse semplicemente. -Hai ragione.-

Abbandonò lentamente la sua spalla, sfiorando involontariamente la pelle del suo braccio con la punta delle dita e lei rabbrividì.

-Vai- le disse poi.

Lei abbassò la testa e si buttò giù per la scalinata, andando incontro all'ignoto.

-Prim!- si sentì chiamare alle spalle.

Si fermò, voltandosi.

-Ti prometto che risolveremo questa storia- le disse Hugo.

Non seppe dire se stesse mentendo o meno e se si trattasse solo di una misera consolazione. I suoi occhi, però, non mentivano.

Gripho, alle sue spalle, le fece l'occhiolino.

Fece ai due ragazzi un mezzo sorriso e poi annuì, tornando a gettarsi giù per le scale.

Quando scese l'ultimo gradino, era ormai piombata nel buio più completo.

Ad un tratto vide una luce rossa illuminarsi in fondo al tunnel.

Un alito di vento le soffiò sul viso, facendola rabbrividire.

-Primrose Palegrove, rampollo dorato dei Palegrove, la stirpe del Dominio dei cuori e delle volontà, sei tu che chiedi di entrare nella Sala dei Troni?-

Prim rabbrividì, e il cuore iniziò a batterle all'impazzata.

La voce che aveva parlato era profonda, cavernosa, si ripeteva per miliardi e miliardi di volte tutt'intorno a lei, permeandole le orecchie e gelandole le ossa.

-Rispondi- le intimò la stessa voce.

Era immobile per il terrore.

Vide la luce rossa in fondo al tunnel tremolare e aprì la bocca, cercando di parlare.

-Sì- disse con la voce arrochita dalla paura. -Sì, sono io.-

Sentì una serratura scattare e vide la lucina rossa avvicinarsi sempre di più, finché non le fu proprio davanti agli occhi.

Era un bagliore piccolo e denso che fluttuava nell'aria.

La lucina si mosse lentamente, proseguendo attraverso il corridoio e lei intuì che forse dovesse seguirla.

Si sentiva un burattino nelle mani sbagliate.



I battenti bussarono tre colpi sordi e tutta la Sala tremò sotto la voracità di quel suono.

I sette esponenti del Consiglio, seduti intorno al tavolo dove era posta la Reliquia, si guardarono l'un l'altro.

Solo Nebeus Dustwift lasciò che i suoi occhi neri come la pece si rivolgessero altrove.

-E' arrivata- dichiarò Hernest Featherstride, abbandonando la sua postazione alla finestra e facendo cenno ai sette membri di rimanere seduti.

-Avanti- disse avvicinandosi alla porta.

Questa si aprì lentamente, enorme, decoratissima e austera al tempo stesso, facendo cigolare sinistramente i cardini.

Dall'altra parte, in completo contrasto con tutto ciò che era contenuto in quella stanza, persone comprese, apparve la figura spaurita di Primrose Palegrove.

Alzò gli occhi castani su ciò che si trovava davanti, senza proferire parole, ammutolita dallo stupore, dall'ansia e dalla paura.

La Sala si distendeva per metri e metri di fronte a lei.

Il tetto era affrescato magistralmente.

Le pareti erano state ricoperte di arazzi, stendardi, pendagli dorati, strani decori che ne fuoriuscivano come steli di rose rampicanti, ma completamente ricoperti d'oro.

Da questi pendevano fiori di gelso e di more, rose screziate, melograni rossi come il sangue che sembravano stillare il loro succo come non avessero potuto farne a meno.

Prim non aveva mai visto nulla di simile.

Il lampadario che pendeva dal soffitto era avvolto da sottili fili d'edera, anch'essa d'oro, che fioriva di tanto in tanto.

Tutto era ricco, prezioso, brillante e stranamente vivo.

Guardò poi dritta di fronte a sé.

In fondo alla sala erano stati disposti tre giganteschi troni di stessa grandezza, decorati ancor più riccamente delle pareti e del soffitto, intarsiati, scolpiti, ricamati e ricoperti di smalto.

Tutto quello sfarzo, però, stranamente non appariva affatto eccessivo.

Gli occhi se ne beavano, richiedendone altro ancora, come fosse stato qualcosa di inesauribile, di continuamente rinnovabile.

Il rosso dominava incontrastato, ovunque, sul lungo tappeto che si stendeva sotto ai suoi piedi, fin sui cuscini vellutati dei Troni, così come sul soffitto e sugli arazzi dei muri.

Al centro della sala si trovava un lungo tavolo di quercia, intorno al quale stavano sedute sette persone, sopra al tavolo, una teca trasparente conteneva un' oggetto che Prim non riuscì a distinguere, ma che sembrava fluttuare nel nulla. Una sedia era stata lasciata vuota, esattamente di fronte a lei, girata di spalle, mentre dall'altra parte, a capo tavola, era seduta una donna dai lunghi capelli sottili come fili di seta, talmente chiari da poter sembrare albini e dagli occhi cristallini come il mare.

Aveva qualcosa di familiare.

Le sorrise.

-Primrose Palegrove,- disse alzandosi in piedi, subito imitata da tutti gli altri membri -è un piacere ed un onore per tutti noi fare la tua conoscenza.-

Prim trattenne il respiro.

Non aveva la più pallida idea di cosa dovesse fare, così, semplicemente, fece ciò che l'istinto le suggeriva.

Entrò nella sala, mentre sentiva qualcosa di strano ribollirle nelle vene e la piuma, che aveva infilata nella tasca dei jeans, scaldarle la coscia in modo del tutto innaturale.

Camminò a testa alta, sperando di mascherare il tremore che la stava scuotendo, attraverso la sala, fino a raggiungere il tavolo.

Non si sedette.

-E' un piacere ed un onore per me, onorabili membri del Consiglio- rispose.

Non aveva neppure idea da dove le fossero uscite quelle parole.

La donna le sorrise.

-Molto bene.-

La porta alle sue spalle sbatté, mentre la sala intorno a lei tremava e le foglie delle decorazioni frusciavano.

In trappola.

-Io, Euphenia Goldbone, rampollo dorato della stirpe dei Goldbone, presiedo alla riunione di questa assemblea e proclamo questa seduta straordinaria del Consiglio aperta.-



ANGOLINO TUTTO NOSTRO:

Ciao Ragazzi!

Ecco qui il settimo capitolo di Runadium, che ve ne pare?

Vi prego di farmelo sapere, qualsiasi sia il vostro parere (mi va bene anche un "fai schifo, datti all'ippica" TT_TT), e , qualora vi sia piaciuto, lasciate un voto ad una povera mendicante di lettori!

Grazie mille per il numero esorbitante di voti che già sono riuscita a racimolare, per la gentilezza che continuate a dimostrarmi nei commenti, grazie alle persone che entrano leggono e approvano, grazie alle persone che anche solo danno una sbirciata perché non avete idea di quanto mi facciate felice con quel semplice "click".

Grazie mille a tutti ragazzi, non avrei mai immaginato di arrivare ad un traguardo simile, in parte perché mi sento una scrittrice mediocre ed in parte perché, davvero, nemmeno aspiravo a tanto.

Dopo i ringraziamenti, già che ci siamo, vi do un suggerimento che, vi assicuro, sarà uno dei migliori che riceverete su Wattpad... >u> Appena avete un attimo di tempo fate una capatina sui profili di elvahesse e di Ladydark99 ed Ala_Scarlatta e provate a leggere qualcosa. Vi giuro che non ve ne pentirete *-*!

Vi mando un bacio grandissimo ed un abbraccio forte forte! <3

Sayami98.

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