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4. Prudenza e menzogna.

"Dopo aver eliminato l'impossibile,

ciò che resta,

per improbabile che sia,

deve essere la verità."

Arthur Conan Doyle - Sherlock Holmes.


Sulla parete alla sua sinistra era collocato un orologio a pendolo abbastanza antico.

Prim si era resa conto del suo perpetuo contare i secondi sin da quando era entrata nello studio, ma ora che era calato il silenzio più totale all'interno dell'ambiente e nulla accennava a muoversi, quell'eterno monitorare lo scorrere del tempo iniziava a diventare snervante.

Si rese conto di aver trattenuto il respiro per un intervallo indeterminato solo quando Hernest riprese a parlare.

-Tuo padre, Primrose, faceva parte del Consiglio degli Otto, con tutti gli oneri e gli onori che gliene derivavano. Tua madre ne andava molto fiera.-

Prim lanciò all'uomo uno sguardo interrogativo e lui si lasciò scappare una risatina.

-Un ristretto gruppo di persone si occupa di governare la nostra comunità.-

Hernest s'interruppe, si alzò in piedi e si avvicinò cautamente alla finestra alle sue spalle.

-Otto famiglie di streghe e stregoni purosangue vedono i loro esponenti riuniti in quello che noi chiamiamo "il Consiglio". Si incontrano e discutono sul da farsi in momenti di difficoltà, di disordine o di semplice indecisione.-

Prim sbuffò divertita.

-Oh, certo, dimentico sempre che qui si parla di magia...-

-Tra queste,- continuò imperterrito Hernest, ignorando apertamente il commento della ragazza -c'è la stirpe dei Palegrove. La stirpe di tuo padre, Zayus.-

L'uomo si voltò verso di lei, squadrandola con i suoi occhi inquisitori.

-La tua stirpe, Primrose.-

Prim trasalì, come appena risvegliata da un sogno.

Hugo, appoggiato di fianco alla scrivania, guardava a terra, indifferente.

-Quando sei così potente non sai mai cosa aspettarti...-

Non era difficile capire, invece, cosa ci si sarebbe dovuto aspettare.

-Cosa gli è successo?- chiese, rendendosi improvvisamente conto di essere molto più partecipe di quanto non pensasse.

-Sono morti- replicò Hernest. -Tutti.-

Prim sentì il respiro assottigliarsi.

-Un gruppo di rivoltosi anarchici ha assalito di notte la residenza dei Palegrove ed ha appiccato il fuoco. Purtroppo, per i tuoi genitori e per tua sorella non c'è stato nulla da fare...-

-Mia... sorella?- lo interruppe la ragazza.

-Già- rispose Hernest. -Era una bambina molto graziosa, si chiamava Vivian.-

Vivian.

Un nome bellissimo.

Non conosceva le persone di cui stava ascoltando, per quanto ne sapeva avrebbe potuto trattarsi di una balla enorme, eppure, nonostante fosse cosciente di tutto, qualcosa dentro di lei era stato smosso, un tasto dolente che adesso ricominciava a fare male.

Prim cercò istintivamente lo sguardo dell'uomo che aveva di fronte, lo stesso che aveva parlato fino a quel momento, lo stesso che le stava raccontando la verità su di lei e su chi era veramente.

Ma quello sguardo era assente, perso chissà dove, lontano da tutto, in particolar modo dai suoi occhi.

Non voleva guardarla in faccia, era palese.

-Come ho fatto allora io a salvarmi?- chiese, abbassando lo sguardo sulle mani che non aveva smesso di torturarsi dall'inizio della conversazione.

-Una domestica ti ha messo in salvo- rispose sbrigativo Hernest. -Eri ancora in fasce quando tutto accadde. Questione di pochi minuti. Riuscì a sigillare un Incantesimo e a mandarti qui poco prima di essere catturata e uccisa. Ti saresti salvata dai cospiratori ma saresti rimasta nascosta per sedici anni, questo era il Patto. Noi ne siamo venuti a conoscenza solo dopo.-

Hernest fece una breve pausa, forse un po' teatrale, poi riprese: -Trascorso il tempo prestabilito, siamo venuti a riportarti al posto al quale appartieni, come è giusto che sia.-

Prim tacque.

Non c'era molto altro da aggiungere, a parere suo.

Le cose stavano così e ora stava a lei accettarle.

E anche se non avrebbe voluto farlo, qualcosa nel profondo del suo animo aveva già riconosciuto come vera, suo malgrado, quella versione dei fatti.

-Dimmi, Primrose...- disse Hernest, voltandosi lentamente e guardandola per la prima volta negli occhi. -Hai riscontrato... oppure credi... di avere qualche potere particolare?-

Un brivido le strisciò su per la schiena.

Immediatamente la mente di Prim corse al quaderno, a quello che c'era scritto e a tutto quello che era successo.

-Io non... non so neppure chi sono...- rispose, cercando di apparire il più disinvolta possibile mentre Hugo iniziava a fissarla insistentemente da un momento all'altro.

-È proprio per questo che ti sto facendo questa domanda, per cercare di aiutare te e noi a capire chi tu sia- disse Hernest.

Il suo tono si era improvvisamente fatto più dolce e comprensivo, quasi paterno, e la cosa non poteva che puzzarle di bruciato.

Hugo fece spallucce e poi gettò lo sguardo di nuovo a terra.

-Ti ho visto, sul parapetto della scuola- disse improvvisamente, intromettendosi nella conversazione.

-Che?-

-Sai di cosa parlo- rispose secco lui. -Sei riuscita a far desistere quella ragazza dai suoi propositi in un batter d'occhio. Ad una persona normale sarebbero occorse ore di trattativa...-

-Persuasione- constatò sorpreso Hernest.

-A quanto pare- rispose Il ragazzo, continuando a tenere lo sguardo fisso su di lei. -Da quanto tempo sai farlo?-

Prim deglutì istintivamente.

-Non ho la più pallida idea di che cosa tu stia parlando.-

Era la verità, Prim non ne aveva idea.

Le sudavano le mani e sentiva la gola secca.

-Se così fosse, avrebbe ereditato...- commentò ancora Hernest.

-I poteri di suo padre- concluse Hugo.

Non aveva idea di dove quei due volessero andare a parare e non voleva francamente saperlo.

-Sentite, io voglio solo tornarmene a casa e riavere la mia vita di prima- tentò, ormai esausta di quella conversazione.

-Non ricordi neppure il volto dei tuoi genitori- gracchiò Hugo. -Come puoi pensare di poter tornare quella che eri prima dopo tutto questo?-

-Cosa ne sai tu?- domandò brusca.

L'aria di sufficienza che quel tipo stava adottando nei suoi confronti iniziava seriamente a darle sui nervi.

-Lo so- la freddò istantaneamente lui. -Non negarlo.-

Prim pensò per qualche secondo a cosa rispondere.

La scelta migliore in quel momento era la prudenza, su tutti i fronti.

-Non lo nego, ma non vedo come questo possa significare che collaborerò con voi.-

Hugo sfoderò un sorrisetto scocciato. -Fai come credi, ma tieni a mente che l'unica possibilità che hai per scoprire chi sei veramente è proprio collaborare con noi.-

Prim squadrò il ragazzo da capo a piedi, ricambiando il suo pigro sguardo di sfida con una notevole dose di astio.

-Basta, Hugory- intervenne improvvisamente Hernest, interrompendo la discussione.

Hugo gettò lo sguardo verso il muro. Sembrava furibondo e frustrato.

-Primrose, ascolta, ho bisogno di farti solo un'ultima domanda, poi rimanderemo la nostra discussione a domani- disse Hernest con fare alquanto diplomatico.

Prim annuì.

Si sentiva sfinita, piena di domande senza risposta e risposte che non avrebbe mai voluto sentire.

-D'accordo, la ascolto- disse.

-Ti è capitato qualcos'altro di insolito? Qualcosa che non sei riuscita a spiegarti in alcun modo? Qualcosa di rilevante, intendo.-

Prim trattenne nuovamente il respiro.

Sì, mi è capitato. Tutto quello che ho scritto si è avverato, ma gli altri non sono riusciti a leggerlo, hanno visto solo simboli messi a casaccio.

Guardò prima Hernest dritto negli occhi, inquisitorio come non mai, poi Hugo, al lato della scrivania, ancora intento a fissare il muro.

Che fare?

Prudenza, Prim.

-No- rispose, spostando lo sguardo sulle ginocchia. -Niente.-

Hernest sospirò, Hugo non si mosse neppure di un millimetro.

-Va bene, per oggi è tutto, ora va' e riposa. Domani continueremo la nostra chiacchierata.-

Prim si voltò repentinamente verso l'uomo.

-Che cosa?! Non mi lasciate andare a casa?-

-La tua casa è molto distante da qui, Primrose, e, come dovresti aver intuito, c'è ancora molto di cui discutere- rispose l'altro in tono grave.

-Preferiremmo che trascorressi la notte qui a Kleatine, sarebbe la cosa migliore per tutti.-

Prim non rispose.

Era ovvio che non si trattasse di un semplice suggerimento.

Ci fu qualche istante di esitazione.

-Hugo,- disse ad un tratto Hernest -accompagnala fuori, per favore.-

Il ragazzo annuì, poi, lentamente, si avvicinò alla grande porta di legno alle sue spalle.

Prim si alzò e lo seguì, per poi sorpassarlo e sgusciare fuori, nel corridoio.

-Buonanotte- udì un secondo prima che la porta si richiudesse.

Quando furono entrambi fuori dallo studio e si ritrovarono soli, una sorta di imbarazzo misto a reciproca antipatia calò su di loro.

-Credi di dover mangiare?- chiese Hugo, più per educazione che per reale interesse nei suoi confronti.

-No, non ho fame- rispose laconica Prim.

Era la verità: aveva lo stomaco chiuso, e mangiare in quel momento occupava l'ultimo posto nella lista dei suoi problemi da risolvere.

-Bene- sentenziò il ragazzo. -Prosegui fino in fondo al corridoio, lì troverai una saletta d'attesa, dentro dovrebbe esserci Esme. Chiedile di darti indicazioni, saprà cosa fare.-

Prim annuì poco convinta.

In qualche modo, sperava ancora di star sognando.

-Senti, sii sincero- disse di getto, un secondo prima che Hugo le voltasse le spalle e se ne andasse.

Lui spostò lo sguardo su di lei e improvvisamente Prim si sentì trafitta da mille spuntoni cerulei.

Quegli occhi erano decisamente micidiali.

-Pensi che potrò mai tornarmene a casa mia?-

Hugo si portò una mano al nodo della cravatta e lo allentò con due movimenti decisi.

Sembrava un uomo d'affari appena rincasato dal lavoro.

-Non lo so- rispose serio. -Per ora, quello che ti consiglio di fare è fidarti di noi. È la cosa migliore per tutti.-

No, è la cosa migliore per voi.

Prim si sentì ardere di frustrazione.

Era un uccellino in gabbia, ecco che cos'era, lì dentro.

-Ok- disse, cercando di trattenere la rabbia. -Ciao.-

Prese un respiro, si voltò e si diresse verso la fine del corridoio.

Sentiva lo sguardo di Hugo ancora pesante sulle spalle, come lo aveva sentito la sera del suo compleanno, come lo aveva sentito sul parapetto della scuola.

La studiava.

Osservami adesso che ancora puoi, non sarò il vostro canarino ancora per molto.



Quando bussarono alla porta era già pronta ad uscire.

Nonostante i numerosi comfort che la camera offriva, quella notte non era riuscita a chiudere occhio: i suoi sogni erano stati popolati dalla voce perentoria dei Featherstride, dai loro occhi pungenti e dalla loro presenza magnetica ed inquietante al tempo stesso.

"Non lo so."

Le parole di Hugo le erano rimaste impresse nella mente come inchiostro su carta pesta.

Così si era alzata più presto del solito, si era fatta una doccia fredda e aveva indossato gli stessi vestiti del giorno precedente, attendendo che accadesse qualcosa, qualsiasi cosa.

Più o meno verso le otto del mattino qualcuno bussò alla sua porta e lei si precipitò ad aprire.

-Buongiorno!- squillò Pyper non appena la ragazza fece capolino dall'uscio della camera.

-Esme mi ha mandata a portarti una comunicazione importante. Da quanto sei sveglia? Non hai una gran bella cera...- le fece notare ad un tratto perplessa.

-A dire il vero... non ho dormito molto, stanotte- rispose la ragazza, un filo sorpresa nel ritrovare la gemella di fronte a lei.

-Oh, mi dispiace- commentò l'altra.

Effettivamente, sembrava davvero dispiaciuta.

-Ehm, ti va di entrare?- chiese educatamente Prim, ma inaspettatamente Pyper rifiutò l'invito.

-Oh, no, no, grazie mille, dovevo solo informarti che il Signor Featherstride vorrebbe vederti.-

Prim si lasciò scappare una risatina sprezzante.

-Quale dei due, il junior o il senior?- commentò la ragazza senza neppure rifletterci sopra.

Pyper rise.

Prim notò che era una persona dai modi garbati e semplici.

In qualche modo le ricordava Emily.

-In effetti...- replicò Pyper grattandosi la nuca. -Quello grande, suppongo.-

-Per lo meno è più ragionevole. Suo figlio è veramente insopportabile- sbuffò Prim.

-Io ti consiglio di stare attenta, prima o poi tutte si innamorano del principino- disse Pyper strizzandole l'occhio.

Per una frazione di secondo, Prim la invidiò dal profondo del cuore: lei non aveva mai saputo fare l'occhiolino.

-Pft- ridacchiò, gettando gli occhi al cielo. -Certo, cos'è, il fascino del pallone gonfiato?-

Non fece in tempo a terminare la frase, che una voce in fondo al corridoio le riscosse entrambe.

-Pyper! Che ci fai qui?-

Parli del diavolo...

In un batter d'occhio Hugo si materializzò davanti alla porta della sua stanza, impeccabilmente vestito e pettinato.

-Oh, ciao, Hugo. Esme mi ha mandata a svegliare Prim...- rispose Pyper un po' vaga.

-Vedo che aveva già fatto da sola, ottimo.-

-Che vuoi?- rilanciò la diretta interessata, mettendosi immediatamente sulla difensiva.

-Mio padre vuole vederti. Devi seguirmi fino al suo studio- replicò impassibile il ragazzo. -Muoviti- aggiunse un secondo dopo, lasciandosela alle spalle e riprendendo per il corridoio dal quale era venuto.

Prim gli lanciò uno sguardo ricolmo d'odio, dopodiché biascicò un "ciao" scocciato rivolto a Pyper e si fiondò all'inseguimento dopo aver richiuso la porta, cercando di rimanere al passo con le ampie falcate di Hugo.

Ha anche la camminata da pallone gonfiato.

-Dormito bene?- le chiese ad un tratto il ragazzo, più annoiato che altro.

-Tu?- gli chiese di rimando lei eludendo la domanda.

Non avrebbe di certo potuto rispondere che non aveva dormito a furia di pensare a quello che le aveva detto la sera precedente.

Il ragazzo si lasciò andare ad una risatina apparentemente abbastanza sincera.

Prim pensò che avesse una voce melodica.

-Certo che sei strana...-

-Ah, io sarei quella strana, eh? Non voi che credete nella magia e ve ne andate in giro a rapire la gente e a rinchiuderla nelle vostre "roccaforti nei pressi di New York"- replicò piccata la ragazza. -Aspetta, com'era? Ah, sì, "Kleatine".-

-Per tua informazione,- iniziò Hugo -Kleatine non è solo una roccaforte, ma anche una postazione di controllo.-

Hugo svoltò a destra e, appena sbucati su di una balconata, iniziò a scendere una rampa di scale di pietra, non troppo lunga.

Le indicò con una mano la vista. In lontananza, le luci della città non erano ancora del tutto spente.

-Da qui possiamo vedere che cosa accade nel mondo degli umani. Volendo, con qualche piccolo accorgimento, potremmo sbirciare anche dentro le abitazioni...-

Prim lo guardò inorridita.

-Voi siete criminali!- esclamò. -Spiate le persone a loro insaputa! Come avete fatto con me!-

-Preferiamo definirci ambasceria- liquidò il ragazzo con un gesto veloce della mano, proseguendo verso lo studio del padre. -E comunque, Kleatine è principalmente una rocca di addestramento. I giovani promettenti vengono qui ad affinare le loro capacità.-

-Tipo?- chiese ingenuamente Prim. -Tiro con l'arco?-

-Tipo questo- replicò Hugo schioccando le dita.

In un istante, un enorme portone di legno vecchio e logoro in fondo alla scalinata si aprì.

Prim si immobilizzò sul posto. Dietro alla porta non c'era nessuno.

Doveva esserci un trucco, non c'era altra spiegazione.

-Sei... sei solo un prestigiatore da quattro soldi- dichiarò sprezzante, ma non poté fare a meno di notare l'incertezza nella sua stessa voce.

-Può darsi, ma presto o tardi dovrai diventare anche tu una "prestigiatrice da quattro soldi", Palegrove- replicò Hugo, accostandosi a lei con fare altezzoso.

La fissò per qualche secondo negli occhi, con un'espressione tra il divertito e il soddisfatto spalmata sul viso, poi si allontanò in fretta, lasciandosela alle spalle.

Prim rimase imbambolata per due secondi, poi si riscosse, più nervosa che mai.

-Phillips- puntualizzò. -Mi chiamo Primrose Phillips.-



Hernest Featherstride stava sorseggiando una tazza fumante di un liquido denso e torbido quando bussò alla porta.

Apparentemente, oltre a tutti i loro curiosi giochi di prestigio, conoscevano anche la magia del caffè di prima mattina.

-Buongiorno- disse, sgusciando silenziosamente nello studio. -Mi hanno informato che voleva vedermi .-

Odiava doverlo ammettere, ma essere di nuovo sola con il rettore di Kleatine la intimoriva ancora di più del giorno precedente.

-Sì- rispose l'uomo, posando la tazza sulla scrivania davanti a lui. -Avanti, accomodati pure.-

Prim attraversò lo studiolo e tornò a prendere posto sulla poltroncina di stoffa grezza.

Ritrovarsi seduta lì non le parve affatto rassicurante.

-Riguardo alla tua situazione... ho preso una decisione, Primrose- iniziò in tono grave Hernest.

-Sarebbe a dire?-

-Vorrei chiamare qui gli otto esponenti del Consiglio e discutere con loro sul da farsi.-

In altre parole, ha deciso che non è in grado di decidere, pensò Prim.

-Questo che cosa significa?- chiese.

-Che dovresti fermarti qui per qualche altro giorno, se sei d'accordo- rispose l'uomo.

Prim si lasciò scappare una risatina esasperata. -Non dipende da me, non è vero?-

Hernest fece spallucce, come se la cosa non lo avesse riguardato affatto.

E pensare che ce l'aveva infilata lui dentro a quella storia e adesso liquidava il problema con una scrollata di spalle.

Prim tacque e si prese qualche momento per riflettere.

Era ovvio che ci fosse qualcosa di strano in quella situazione.

Che avesse voluto vederci chiaro o che avesse voluto tornare a vivere come aveva fatto fino a pochi giorni prima, avrebbe dovuto in ogni caso rivolgersi ai suoi carcerieri.

Sospirò.

-Anche se tornassi a casa, non troverei nessuno lì, sbaglio?- chiese, un po' scoraggiata.

-Come ti ho già detto ieri,- iniziò Hernest -l'Incantesimo è svanito e insieme a quello le sue costruzioni.-

L'uomo bevve un sorso di caffè, poi posò nuovamente la tazza.

-Se è ai tuoi genitori che ti stai riferendo, no, non li troverai ad aspettarti nella tua vecchia casa. Ormai se ne sono andati per sempre.-

Prim non si scompose più di tanto a quell'affermazione.

La sua mente li aveva già rimossi da tempo e, sebbene la cosa le procurasse una tremenda malinconia, aveva dovuto accettarlo: per quanto si sforzasse non sarebbe più riuscita a ricordare le persone che l'avevano allevata, nutrita e curata per gli ultimi sedici anni della sua vita, non avrebbe più ricordato i loro volti né le loro voci.

-Capisco- osservò.

Capiva davvero, iniziava a capire.

-Se tu vuoi, Primrose, avrei una proposta da farti- azzardò improvvisamente Hernest, sporgendosi sulla scrivania verso di lei.

La ragazza alzò lo sguardo, interrogativa.

-Sarebbe?-

-Una tutrice- rispose l'uomo. -Qualcuno che sia responsabile per te e ti offra un posto dove stare finché rimarrai con noi.-

Prim deglutì.

-Anche questo non dipende da me?- chiese seria.

Hernest la stava guardando dritta negli occhi.

-Non ti obbligherò se non vorrai, è una tua scelta. Ma credo che sia la cosa migliore.-

-Che cosa comporterebbe?- chiese, ricambiando lo sguardo penetrante del rettore.

Stava cercando di mostrarsi sicura, ma probabilmente con scarsi risultati.

-Un tetto sopra la testa, un pasto caldo assicurato, qualcuno con cui parlare e...- Hernest si interruppe prendendo a giocherellare con una penna -una nuova vita, tra di noi.-

Prim trattenne il respiro.

Non era sicura nemmeno che si trattasse di una scelta, figurarsi del fatto che fosse una scelta giusta.

Era rimasta sola, non le erano restavano che ricordi, per di più incompleti, di una vita che non era stata la sua e qualche amicizia di facciata.

Emily.

Emily ce l'avrebbe fatta benissimo anche da sola.

Non si era mai chiesta perché non avesse alcun parente all'infuori dei suoi genitori? Nonni, zii, cugini: per lei non era mai esistito nulla di tutto questo.

Come aveva potuto essere così cieca?

-Affare fatto?- affondò improvvisamente Hernest, distogliendola dai suoi pensieri.

Prim spostò lo sguardo e tornò a guardarlo negli occhi.

L'uomo gli aveva teso la mano, quasi avesse voluto stipulare un patto vero.

Prim strinse i pugni, poggiati sulle sue cosce.

Affare fatto?

Sarebbe stato un affare?

Non ne aveva idea.

Afferrò la mano del rettore, scambiandosi con lui una vigorosa stretta di mano.

-Ok- disse. -Accetto.-



Quando Prim uscì dallo studio, fu sorpresa nel ritrovare Hugo poggiato alla parete del corridoio frontale alla porta.

Non disse nulla e fece per andarsene, ma lui la fermò, sbarrandole la strada.

-Lasciami passare- gli intimò indispettita.

-Non sai neanche da che parte andare- rispose Hugo, scrollando le spalle e sfoderando uno dei suoi soliti sorrisetti superbi.

-Appunto, è un buon modo per imparare. Lasciami passare adesso.-

Hugo alzò un sopracciglio e si fece da parte, lasciandole campo libero.

-Avrei un paio di cose da chiederti- disse serio, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. -Se non sei troppo impegnata con il tuo giro turistico, potremmo andare a fare colazione.-

Prim si voltò.

Era dal giorno precedente che non metteva nulla sotto i denti, ma non aveva nessuna voglia di essere messa per l'ennesima volta sotto torchio, specialmente se si trattava di quel bell'imbusto con il colletto della camicia inamidato per benino.

-Hai detto che ci sono altri ragazzi in questo posto, no? Non hai nessuno con cui passare il tempo invece di importunarmi?-

-Importunarti?- ripeté il ragazzo divertito.

-Sei sordo forse?-

Hugo la squadrò come fosse stata fatta di plastica trasparente.

-Spesso tra stregoni non si va molto d'accordo e, comunque, non credo che ti riguardi con chi passo o meno il mio tempo, Palegrove.-

-Phillips- ringhiò tra i denti Prim.

Adesso finalmente capiva da cosa le derivasse il suo essere un orso bruno.

-Come ti pare- replicò Hugo, alzando un angolo della bocca infastidito. -Ora, vogliamo andare oppure a tuo parere sarebbe meglio far passare qualche altra ora a guardarci negli occhi qui nel corridoio?-

Prim gli lanciò uno sguardo fulminante, sperando di incenerirlo.

-Non farmi perdere altro tempo- sibilò velenosa.

Hugo si voltò senza dire nient'altro e prese per il corridoio opposto.

-Muoviti- disse perentorio.

Avrebbe voluto tirargli un calcio solo Dio sa dove, ma si limitò a seguirlo in silenzio, puntualmente di umore nero.

Di male in peggio.

Pregò che non le offrisse qualcosa come "occhi di alligatore in zuppetta melma" o "coda di biscia con contorno di zampe di tarantola".

Perché altrimenti giuro che lo ammazzo.


ANGOLINO TUTTO NOSTRO:

Hey ragazzi! Ecco a voi il quarto capitolo della storia, spero vi piaccia!

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo!

Un bacione e a presto!

Sayami98.

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