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19. Verità di stelle.

"Il pericolo non viene da quello che non conosciamo,

ma da quello che crediamo sia vero e invece non lo è."

Mark Twain.


I brividi le corsero sulla pelle come saette mentre una paura tossica le immobilizzava ogni parte del corpo impedendole di muoversi anche di un solo millimetro.

Si trovava faccia a faccia con la morte.

Spirò un alito di vento freddo ed i capelli candidi di Sybilla fluttuarono ad un palmo da lei entrando nell'aureola di luce prima di tornare ad essere invisibili. Isobel era più vicina di quanto pensasse.

Iniziò a battere i denti, ma non per il clima rigido. Il terrore, quello vero, si radicava molto più a fondo, accartocciandole le budella e strozzandole il respiro in gola. Correva veloce, iniettato nelle vene, bruciava gli occhi ed i pensieri.

-Primrose- spirò e la ragazza sentì mille spine di metallo conficcarsi in ogni centimetro della sua pelle fino a perforarle i muscoli e le ossa. -Ti aspettavo.-

Prim non riusciva a ragionare, la paura le aveva annebbiato i sensi.

Fece un passo indietro ma una mano emerse dal buio e l'afferrò per il collo, trascinandola nell'oscurità.

Era talmente fredda che sembrava fatta di ghiaccio, le unghie le graffiavano il collo fino a farla sanguinare.

La tirò talmente vicina che riusciva a sentire il suo respiro sul viso, ma l'unica cosa che vedeva erano i suoi occhi che brillavano nell'oscurità, cattivi, inanimati.

Non aveva più scampo, ne era sicura.

L'avrebbe uccisa.

Cercò di dimenarsi, ma senza alcun risultato. Aveva una forza disumana.

"Le Streghe Nere sono gli essere magici più potenti."

Rantolò, non riusciva più a respirare.

-Lasciami, lascia andare Sybilla!- gridò. Non aveva idea da dove avesse tirato fuori tutto quel coraggio.

Isobel rise.

La scagliò lontano, contro la ringhiera del parapetto, facendole sbattere le costole contro il ferro duro.

Le gambe le cedettero e cadde per terra percorsa da spasmi di tosse. Riprendendo fiato, si tirò in piedi a tastoni, cercando di non cadere di nuovo.

-Lasciala andare, ho detto!- urlò.

Isobel non rispose, ma neppure si avvicinò a darle il colpo di grazia.

Non capiva, che stava aspettando?

Improvvisamente, un fruscio al suo fianco la riscosse. Voltò la testa di scatto, scorgendo la sagoma slanciata di Ailore che fendeva la luce, appiattito contro il muro. Stringeva fra le mani un pugnale dalla lama sottile e affilata che lanciava scaglie di luce per terra, fra i suoi piedi.

Ailore si portò l'indice di fronte alle labbra e le fece segno di tacere e Prim vide uno spiraglio di speranza aprirsi di fronte a lei.

Con uno scatto secco si alzò in piedi, afferrò uno dei vasi pieni di fiori e lo scagliò alla cieca nell'ombra con tutta la forza che aveva in corpo.

Sentì lo schianto acuto della ceramica che si frantumava e poi la risata stridula di Isobel prima che potesse distinguere le sue parole: -Come siete sciocchi.-

Uscì dalle tenebre e Prim vide la sua figura prendere lentamente forma. Sembrava un angelo della morte: era avvolta in un mantello nero come il petrolio ed un cappuccio pesante le copriva la testa lasciando intravedere solo i brillanti occhi azzurri. Stringeva fra le braccia il corpo esanime di Sybilla.

C'era qualcosa di familiare in lei, di semplicemente disarmante. I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, il tempo rallentò ed un sorriso perfido, incrinato dall'odio, si allargò sul suo viso, deformandolo, poi qualcos'altro, una sensazione che toccava corde sconosciute della sua coscienza.

Oltre il disprezzo, oltre la repulsione c'era... un legame?

Non ebbe tempo di stabilirlo. In un istante Isobel fu sopra di Ailore. Aveva sfoderato una spada d'argento. C'era inciso sopra il muso di un lupo che sembrava ridere di loro sotto la luce soffusa delle candele.

Prim sentì un grido morirle in gola.

Ailore le si avventò addosso, parando i colpi uno dopo l'altro mentre Isobel lo metteva sempre più alle strette, inchiodandolo con le spalle al muro.

La donna tirò un fendente verticale ed il ragazzo scartò agilmente di lato, colpendola alla gamba sinistra e facendola capitombolare a terra insieme a Sybilla.

Isobel rimase immobile per qualche secondo, poi rise di gusto ed un brivido freddo corse su per la schiena di Prim. Quella donna era pazza.

La ragazza non perse altro tempo.

Si tuffò di nuovo nella sala del ricevimento, mentre Ailore lottava alle sue spalle per cercare di strappare Sybilla dalle grinfie della Strega Nera.

Quando fu abbastanza vicina da farsi sentire da tutti urlò con quanto fiato aveva in gola: -Isobel è qui!-

La maggior parte dei presenti si voltò, ma trascorsero alcuni secondi prima che qualcuno reagisse alle sue parole. Secondi preziosi. Prim avvertì il sangue che le si ghiacciava nelle vene.

-Cosa stai dicendo, ragazzina?!- rispose Prodel Featherstride, emergendo fra la folla e lanciandole un'occhiata torva.

-Non c'è tempo, vuole rapire Sybilla!- gridò ancora, prima di ruotare di nuovo le spalle per andare a dare una mano ad Ailore.

Un brusio fastidioso serpeggiava per la sala, rumore di metallo che cozzava contro altro metallo e sortilegi che venivano pronunciati sottovoce. In qualche modo, era come se se lo aspettassero. Prim uscì di nuovo sul terrazzo e la vide: Isobel era in piedi sul cornicione, Sybilla ancora stretta fra le sue braccia.

La luce le illuminava in pieno il viso e di nuovo quella strana sensazione le attanagliò lo stomaco sconvolgendola da capo a piedi.

Ailore era a terra, vomitava sangue. Prim agì d'impulso, fece la prima cosa che le passò per la testa.

-Prendi me!- urlò, inginocchiandosi accanto a lui. Il cuore le martellava prepotentemente nelle orecchie e sentiva tutto il corpo tremare per il terrore. Non riusciva a respirare bene. -Uccidi me!- spalancò le braccia.

Ci fu un attimo di esitazione che spaccò l'aria, il suono di passi che si avvicinavano velocemente, correndo. Gli altri stavano arrivando.

Solo un altro istante. Si disse. Ancora un attimo.

Le veniva da piangere, sentiva ogni muscolo teso e dannatamente impotente.

Isobel sorrise.

Alzò la mano libera sprigionando una luce grigiastra e pastosa.

Tracciò con due dita un riga obliqua nell'aria e la realtà si spaccò a metà, proiettando un'immagine che lentamente iniziava ad allargarsi.

Le stanze di un castello. Le stanze che aveva visto in sogno.

-A presto, Prim- sussurrò Isobel, per poi saltare nell' apertura.

Ma Ailore era stato più veloce. Si era tirato lentamente in piedi e, un secondo prima che Isobel sparisse oltre il portale, si era lanciato su di lei.

Prim sentì solo un risucchio sordo, come il rumore di una cassetta che veniva riavvolta: una forte luce la accecò per un secondo e, subito dopo, sul terrazzo era rimasta la sola.

Ailore, Sybilla ed Isobel erano spariti.

Fissò il vuoto incredula per un tempo che le sembrò un'eternità, finché una voce preoccupata e conosciuta non la riscosse, alle sue spalle.

-Dov'è?!- urlò.

Lucky.

Prim trattenne il respiro.

-E' sparita- esalò. -Se ne sono andati tutti e tre.-

Crollò seduta sul pavimento, completamente distrutta. Era come avere un blocco di cemento sulle spalle.

Qualcuno imprecò. -Che si fa?- domandarono.

-Dobbiamo indire una seduta straordinaria del Consiglio- rispose qualcun altro.

Isobel era riuscita a portare a termine il suo piano ed Ailore era sparito con lei. Prim sentiva di non avere la forza di alzarsi e pensare razionalmente.

Un chiodo fisso le riempiva la testa, pulsava e gridava, una domanda: perché? Perché Isobel non l'aveva uccisa quando ne aveva avuto la possibilità?

L'aveva lasciata andare per ben due volte. E se la prima poteva essere stata un colpo di fortuna, la seconda volta era stata palesemente intenzionale.

Perché?

Levò gli occhi al cielo. Le stelle non si vedevano, offuscate dalle luci del Palazzo. Non era riuscita ad impedirlo. Di nuovo, non era riuscita a fermare Isobel.

Si sentiva stupida ed inutile, continuare a mantenere segreta tutta quella faccenda aveva portato soltanto guai.

Ad un tratto, un fischio sordo ruppe l'aria alle sue spalle.

Ascoltò le parole che seguirono con le orecchie tappate, come provenissero da un mondo, da un'epoca, da una realtà diversi: -Non sono riuscito a trovare Euphenia da nessuna parte. E' scomparsa.-



Prim fissava i raggi sottili di sole che entravano nella stanza rifrangendosi contro i cristalli delle imposte. Aveva la testa abbandonata sul materasso e stava seduta su uno sgabello di legno. Sentiva che Hugo respirava piano. La prima volta che aveva visto l'alba era stato con lui.

Prim non si era nemmeno accorta che Gripho, Pyper e Lucky fossero entrati nella stanza. -Dobbiamo parlare.-

Si voltò lentamente, scorrendo uno per uno i visi preoccupati che si ritrovava di fronte.

-Di cosa?- domandò, strofinandosi prepotentemente gli occhi. Lo faceva più per il nervoso che per altro. Li sentiva talmente umidi e gonfi che in quel momento era certa di assomigliare ad una rana. Una rana con una faccia da funerale.

-Di tutto- rispose Gripho facendo un passo verso di lei. -Delle cicatrici sul braccio di Hugo e del perché tu sapessi di Isobel. Che sta succedendo, Prim?-

La ragazza sospirò, scrollando le spalle. Tanto, arrivati a quel punto, che differenza faceva prima o dopo? In ogni caso, la mattina seguente avrebbe partecipato alla riunione straordinaria del Consiglio ed avrebbe vuotato il sacco. Tutto il sacco. Sapeva che fosse la cosa giusta da fare.

Era rimasta tutta la notte accanto a Hugo, in una delle stanze del Palazzo, aspettando che si svegliasse. Avevano detto che aveva solo bisogno di riposo. Fidelia e gli altri avevano cercato di convincerla a tornare a casa ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Voleva stare con lui, vederlo aprire gli occhi e scusarsi per tutto quello che gli aveva fatto. Per tutte le cavolate che aveva fatto e basta.

Osservò per qualche istante il suo viso scolorito. Era talmente pallido che sembrava un fantasma, i capelli castani opachi, le guance scavate. Eppure lo trovava ancora bello, lo avrebbe sempre trovato bello.

Scusa. Pensò.

A forza di stare seduta le faceva male la schiena.

Tornò a guardare i tre ragazzi, stringendo forte i pugni sulle cosce.

-Vi dirò ogni cosa,- dichiarò risoluta -ma non sarà molto piacevole.-

-Non sono venuto a farmi raccontare un paio di barzellette- replicò Gripho. Sembrava arrabbiato, aveva le rughe d'espressione tutte tirate. -Il mio migliore amico ci ha quasi rimesso le penne e Runadium potrebbe crollare da un momento all'altro insieme a tutti noi. Piacevole o spiacevole, parla e basta.-

Prim deglutì, mordendosi l'interno di una guancia. Si rese improvvisamente conto che si era stufata di mentire già da tempo.

Prese un grosso respiro e fissò gli occhi di fronte a sé, sui tre ragazzi. Strinse di più i pugni, sperò che le credessero, poi sganciò la bomba.

-Io prevedo il futuro.-



Stava affacciata sul balcone. La vista era sempre la stessa: la strada, la bottega del fornaio, il carro dei trasporti e poi, dietro, la casa di Hugo che si stagliava nella notte, nera come la pece.

Fidelia era andata a dormire già da un po'. Era la persona più difficile con cui parlare perché temeva la sua reazione. Fidelia era buona, ingenuamente buona, ed era fragile, molto più di quanto non sembrasse. Si erano trovate e si erano sostenute a vicenda sin dal primo momento e lei non voleva perderla. Era tutta la sua famiglia, la famiglia che credeva non avrebbe mai più avuto. Non poteva mettere in pericolo anche lei, aveva già tirato in ballo troppe persone.

Dopo aver parlato con Pyper, Gripho e Lucky si sentiva vuota, come se le avessero risucchiato tutte le energie.

La conversazione si era conclusa con Pyper che piangeva e le chiedeva scusa, Lucky che inveiva contro sua madre con gli occhi lucidi e Gripho che, dopo qualche istante, si era inginocchiato davanti a lei e le aveva giurato senza mezzi termini che l'avrebbero aiutata, qualsiasi cosa fosse accaduta.

Non doveva essere facile nemmeno per loro eppure avevano deciso di stare dalla sua parte.

Le sue dita sfiorarono i fili sottili della collana che le aveva dato Sybilla. Sembrava quasi molle, sciolta. Si chiedeva dove fosse finita, che cosa le avesse fatto Isobel. Pregava che non fosse troppo tardi.

"Il castello di Atlante."

Un movimento in fondo alla via richiamò la sua attenzione. Una sagoma si avvicinava a passo spedito. Era familiare.

Aguzzò la vista, sporgendosi un po'.

Una brezza leggera le scompigliò i capelli, attraversando il cotone del pigiama.

Un raggio di luna filtrava attraverso due palazzi illuminando una striscia di aria. Quando la sagoma ci passò attraverso, il suo cuore perse un battito.

Hugo.

Si irrigidì di colpo fino a sentire male nei muscoli e dovette lottare di nuovo contro se stessa per impedirsi di piangere.

Hugo. Hugo. Hugo.

Rientrò in casa, si fiondò in camera sua, si sfilò il pigiama ed indossò un paio di jeans, una felpa e le scarpe, poi scese in strada. Si era svegliato.

Corse fin dove la luna bagnava il lastricato con la sua tenue luce bianca, ma di lui non c'era traccia.

Se l'era immaginato? Aveva anche le allucinazioni adesso?

-Hugo?- chiamò con il fiatone. -Hugo, sei qui?-

Sentì qualcosa sfiorarle la schiena e si voltò di scatto. I suoi occhi cristallini erano attraversati da miliardi di scintillii argentei, le ciglia erano lunghe e trasparenti. Le si mozzò il respiro.

Hugo sorrise e Prim ebbe l'impulso di buttargli le braccia al collo, ma non lo fece.

Rimasero a fissarsi per un tempo che sembrò un'eternità. Era bello, troppo bello per essere solo un ragazzo. Indossava anche lui una felpa ed un paio di jeans.

-Ciao- le disse infine.

-Ti sei svegliato...- rispose lei in un sibilo, abbandonandosi sulle gambe. Si sentiva leggera, come se stesse sognando. -Dovresti riposare, tu dovresti...- si interruppe per un istante, passandosi una mano fra i capelli e massaggiandosi nervosamente la testa. -Scusa. Scusa, mi dispiace, è stata tutta colpa mia.-

Hugo non rispose subito, continuando a fissarla. Ora capiva perché si sentiva strana quando il suo sguardo si posava su di lei. Hugo la guardava come un poeta guarda le stelle: volendo afferrarle ma sapendo che non avrebbe mai potuto farlo.

-Mi hanno raccontato quello che è successo- iniziò, schiarendosi la voce. -Non è tutta colpa tua, Prim. Ognuno ha la sua parte di responsabilità ed anche io ho la mia. Non sono riuscito a fare in modo che non succedesse nulla e questo significa che non sono abbastanza forte.-

-No, questo non è vero.-

-Sì che è vero- rispose lui. Aveva buttato lo sguardo per terra. Le sue ciglia sembravano ancora più lunghe e trasparenti così. -Io non posso proteggervi. Non riesco a proteggere nemmeno me stesso, figuriamoci gli altri...- si fermò improvvisamente.

Prim non avrebbe saputo dire esattamente quando le loro dita si fossero intrecciate o quando fossero finiti così vicini l'uno all'altra, ma riusciva a contare i fili di perla nei suoi occhi e poteva scorgere le cicatrici fare capolino sotto al collo della felpa, incriminandola. Voleva sfiorarle.

Hugo ce l'avrebbe avuto per sempre stampato sulla pelle.

-Hugo, io...- iniziò con la voce tremante, ma lui la interruppe.

-Avevo voglia di vederti. Volevo passare del tempo con te.-

Prim non rispose. Il cuore le batteva forte nel petto, sentiva le guance in fiamme.

-Verresti in un posto con me?- le chiese, e la sua voce assunse il tono dei capricci dei bambini.

Prim annuì e basta, senza dire nemmeno una parola.

Hugo strinse la sua mano e di nuovo un battito non giunse a destinazione.

-Andiamo- sussurrò, tirandola nel buio. Per le strade deserte si sentiva solo il rumore del vento e dei loro passi perdersi nella notte.



Prim si guardò intorno, incuriosita.

-Cos'è questo posto?- chiese, aggirando una quercia ricoperta di muschio bianco. Gli alberi erano fitti e robusti ma non alti abbastanza da oscurare il cielo che campeggiava sulle loro teste. Lì, senza luci artificiali, le stelle di Runadium ardevano come il fuoco. Prim non ne aveva mai viste di più belle.

L'erba era umida ed il silenzio era riposante per il suo cervello stanco.

In quel complicato intreccio di foglie e rami, col profumo inebriante dell'edera che la sommergeva, ogni suo problema sembrava sparito, lontano anni luce.

-Si sta bene qui- osservò, appoggiandosi contro un albero e socchiudendo gli occhi.

Hugo strappò una foglia secca e la sbriciolò fra le dita.

-Siamo quasi nel cuore della foresta. Quando ero piccolo venivo sempre qui quando litigavo con mio padre o con mio zio.-

-Tuo zio?- domandò Prim, dandosi una spintarella per tornare in piedi, accanto a lui.

Il ragazzo annuì nel buio. -Prodel Featherstride. Mi ha cresciuto lui, insieme a mio padre.-

Prim pensò a quanto dovesse essere triste vivere come facevano i Featherstride, sognare di morire in battaglia ogni notte. Poi pensò che anche Prodel faceva parte del Consiglio e preferì tenere per sé i suoi dubbi. Aveva partecipato anche lui all'assassinio dei suoi genitori?

-Capisco- disse solo e Hugo non rispose.

Si inoltrarono più a fondo fra gli alberi l'uno accanto all'altra, in silenzio religioso. Di tanto in tanto le loro spalle cozzavano, le loro mani si sfioravano e Prim sentiva l'elettricità attraversarla da capo a piedi.

-E tu?- le chiese ad un tratto Hugo.

Prim inchiodò. -Io cosa?-

-Hai ricordi da bambina?-

Lei conficcò gli occhi in quelli del ragazzo, chiedendosi perché quella domanda le suonasse tanto strana.

-Qualcuno...- rispose, cercando di riportare alla mente pezzi della sua vita sepolti sotto tonnellate di polvere. -Mi ricordo il parco giochi sotto casa e le strade di sera, d'estate. Il viso degli altri bambini all'asilo, la risata di Emily, quella volta che picchiai Evans fuori in cortile, ma... non c'è molto altro. La maggior parte dei miei ricordi sono spariti quando è svanito l'Incantesimo che mi aveva tenuta nascosta.-

-Mh- osservò Hugo, come sovrappensiero. -E quindi eri una bambina violenta?-

Prim corrugò la fronte e poi gli lanciò un'occhiataccia.

-Ero una bambina con il senso della giustizia.-

-Oh, ma davvero?- chiese il ragazzo divertito. -Il che prevede anche malmenare poveri innocenti?-

-Ehi, quel moccioso se ne andava a frugare sotto alle gonne delle bambine!-

-Ed è per questo che gli hai fatto un occhio nero?-

-Gli ho rotto il naso, per la precisione- replicò Prim tutta impettita. -E da allora non ci ha più riprovato.-

Hugo ridacchiò al suo fianco e lei si sciolse in un sorriso. Si sentiva ridicola e felice al tempo stesso.

-E' tanto divertente?- chiese, appoggiando di nuovo le spalle alla corteccia di un albero.

Gli occhi di Hugo intercettarono i suoi nella penombra. -Uno spasso.-

Prim avvampò e puntò lo sguardo in basso. Si sentiva improvvisamente scoperta, nuda. Come aveva potuto abbassare così la guardia?

Il silenzio piombò di nuovo fra di loro, pesante come un macigno.

Era un'idiota. Quanto doveva sembrargli stupida in quel momento?

Miss "da-bimba-picchiavo-duro" è davvero un ottimo biglietto da visita, complimenti Prim.

"Volevo passare del tempo con te."

Idiota. Si disse. Idiota.

Stava per proporgli di tornare indietro quando scorse una lucina violacea lampeggiare ai confini dello spiazzo, in mezzo ad un arbusto.

Fece qualche passo avanti e notò che le luci erano moltissime, forse centinaia, addirittura migliaia, puntini quasi invisibili che incendiavano il buio di lilla.

-Cosa sono?- domandò, indicando l'arbusto.

Hugo si voltò di scatto, poi incurvo le labbra in un sorrisetto ammirato.

-Quelle sono lucciole magiche: la loro luce non si spegne mai. Vivono a lungo, molto di più di quelle umane. È raro trovarle in questo periodo, in genere si vedono a primavera.-

Prim si accucciò accanto al cespuglio, rapita dal bagliore intermittente. Non sembravano spaventate da lei, forse non si erano accorte della sua presenza.

Senza pensare, allungò una mano per afferrarne una. Stava per prenderla quando Hugo, alle sue spalle, esclamò: -No!- prima di afferrarla per un braccio e tirarla in piedi.

Prim si voltò e se lo ritrovò vicino, troppo vicino.

-Sono velenose...- sussurrò lui, immobile.

Rimase qualche istante a fissarlo inebetita, con il cuore che le gridava nel petto e lo stomaco in subbuglio.

Farfalle, no, anzi, lucciole. Aveva tutte quelle lucciole viola nello stomaco e la stavano lentamente avvelenando, fino ad ucciderla.

Hugo si sporse ancora di più verso di lei ed a quel punto Prim smise definitivamente di respirare. Le punte dei loro nasi si sfioravano, le sue dita affondavano nella felpa grigia di Hugo, sulle spalle.

I suoi occhi erano di un blu irrealmente vivido e brillante. Non se li ricordava così.

Prim, non fare stupidaggini.

Scosse la testa e fece due passi indietro ma inciampò nei suoi stessi piedi e perse l'equilibrio.

Hugo cercò di afferrarla al volo ma fallì miseramente ed un secondo dopo si ritrovarono entrambi a terra l'uno sopra all'altra, con occhi incatenati e mani tremanti.

Prim aveva il fiato corto.

Sentiva le mani di Hugo accanto alla testa, le sue ginocchia incastrate intorno ai fianchi.

Le sue labbra erano ad una distanza tanto breve da essere illegale.

Avrebbe potuto colmarla in un istante ma qualcosa, dentro di lei, le imponeva di non farlo, di fermarsi finché era in tempo perché era in caduta libera e si sarebbe sfracellata al suolo se non avesse aperto il paracadute.

E doveva aprirlo ora perché l'impatto era ad un battito di ciglia.

Poi, quando Hugo sorrise, si avvicinò a lei e la baciò, capì che si sarebbero schiantati insieme e che non le sarebbe importato niente di tutto il resto.

Il mondo si annullò, il tempo si dissolse in una matassa indefinita di emozioni contrastanti e rimase solo lui. Lui, le sue labbra ed i suoi occhi azzurro spento, più accesi che mai. Era un bacio impacciato e smanioso al tempo stesso, le loro labbra cercavano i ritmi giusti in qualcosa di tanto inaspettato quanto inevitabile.

Hugo si appiattì lentamente contro di lei, su ogni centimetro, per ogni respiro e Prim capì perché tutte prima o poi si innamoravano di lui. E lui, si innamorava di tutte?

Hugo infilò le mani fredde fra i suoi capelli umidi di rugiada, sparsi per terra ed un brivido le corse su per la spina dorsale.

La sua pelle era rovente, la sua bocca fuoco puro.

Arrampicò le dita intorno alla sua schiena, stringendolo talmente forte che avrebbero potuto sbriciolarsi, dissolversi e diventare una cosa sola, una persona sola.

Lentamente, Hugo si allontanò da lei, lasciandole un ultimo bacio impalpabile. Prim sentiva il cuore in gola, nemmeno le sembrava vero.

-Non sai da quanto tempo volevo...-

-...farlo- terminò per lui sulle sue labbra -Già.-

Runadium, ora, brillava.

Gli occhi di Hugo erano pieni di riflessi argentei, brillanti. Sorrise.

Chissà a cosa pensava, chissà come avevano fatto a ritrovarsi così.

Gli passò istintivamente una mano fra i capelli castani, senza più freni o inibizioni. Non ricordava nemmeno quando fosse iniziato tutto.

Sorrise anche lei.

-Perché ridi?- le chiese.

-Tu?-

-Se te lo dicessi, penseresti che sono un idiota.-

-Allora sta' zitto- ridacchiò, avvicinandosi impercettibilmente a lui.

I loro respiri si amalgamavano, i loro cuori battevano all'unisono. E sopra di loro il cielo era pieno di stelle. Avrebbero brillato di più per ogni bacio? Per ogni carezza?

I fili d'erba le solleticavano piacevolmente il collo.

-Credo di non avere scelta...- bisbigliò Hugo ad un centimetro da lei.

Prim rise.

-E' qui che sbagli, Featherstride, hai sempre sbagliato e sempre sbaglierai- sussurrò contemplando ancora qualche secondo i suoi occhi incantevoli come il cielo di Runadium. -Abbiamo sempre una scelta.-

La distanza tra le loro labbra si annullò di nuovo ed il mondo scomparve per un'ultima volta prima di sprofondare nell'Inferno che li aspettava alle porte del giorno.



Ora che erano rientrati in città, le stelle non brillavano più.

La sua mano era stretta in quella grande e calda di Hugo, i loro passi echeggiavano nel buio in un modo strano, imbarazzante. Intorno a loro c'erano un mucchio di parole non dette.

Prim non riusciva a pensare, si sentiva come trasportata su una nuvola rosa, in un posto meraviglioso pieno di romanticherie e stupidaggini. Si sentiva disgustata da se stessa per come Hugo riusciva a farla sentire, era debole e patetica. Ma non poteva farne a meno.

Avrebbe potuto ferirla, lo sapeva bene.

Quando si trovarono nei pressi della tenuta dei Featherstride, Hugo strinse la presa sulla sua mano ed inchiodò.

C'era una ragazza che aspettava, appoggiata con le spalle contro la porta della casa.

Aveva i capelli lunghi sopra alle spalle, neri come la pece, che ricadevano in onde naturalmente ordinate e la pelle d'ambra bruna e di caramello.

Prim la scorse sotto la luce della candela che ardeva sopra al portico.

I suoi occhi chiari si alzarono su di loro, osservandoli svogliatamente. Un brutto presentimento le suggerì che stava per succedere qualcosa di brutto, che il suo breve idillio era finito.

Si voltò a guardare Hugo e vide che era sbiancato, gli occhi infossati nelle orbite e gli zigomi spigolosi sopra alle guance scarne.

-Hugory- chiamò lasconosciuta. Aveva una voce dolce, sensuale e ferma, incrinata da una nota di stizza. A pelle, non le stava molto simpatica. E c'era qualcosa in lei che la rendeva diversa dalle streghe, qualcosa di strano.

Si avvicinò a loro con passo sicuro, altezzoso.

-Dove sei stato tutta la sera? Avevamo un appuntamento, non ricordi?- disse, alzando una mano in alto e lasciando scivolare la manica della blusa giù per l'avanbraccio, fino al gomito.

Al polso le luccicava un braccialetto tintinnante pieno di campanelli incisi con la lettera "H".

Appuntamento?

Prim si voltò di scatto, lanciando un'occhiata inquisitoria al ragazzo. -Hugo, chi è lei?-

La mora non fece una piega. Allungò una mano con le unghie mangiucchiate dipinte di blu e sfoderò un sorriso disarmante.

Prim la squadrò da capo a piedi mentre scrollava i boccoli con una mossa elegante.

-Il mio nome è Caira Wildrose e sono la promessa sposa di Hugo. Il piacere è tutto mio.-

Prim rimase immobile a fissare la mano tesa verso di lei per una manciata di secondi.

Non riuscì ad afferrare immediatamente il senso di quelle parole, sembrava che il suo cervello non riuscisse ad elaborarle, che non volesse elaborarle.

Poi capì ed una forza sconosciuta le montò dentro fino ad annegarla. Vide tutto, completamente nero.

-Prim...- sussurrò Hugo al suo fianco ed il suo corpo ebbe uno spasmo di disgusto.

Stronzo.

Con uno strattone secco si liberò dalla stretta del ragazzo, fece retrofront e si diresse a passo spedito verso casa sua.

Cosa credeva? Pensava veramente di piacergli? Una come lei ad uno come lui?

Quella ragazza era splendida, esotica, sensuale e lei era, beh... lei.

Sentì improvvisamente qualcosa in mezzo al petto creparsi e poi rompersi definitivamente in mille pezzi.

Non piangere. Si disse, conficcandosi le unghie nella carne dei palmi. Non piangere, Prim, non ne vale la pena.

-Prim!- sentì la sua voce alle sue spalle che si avvicinava velocemente e di nuovo una fitta in mezzo al petto le impedì di respirare per qualche istante.

Non si fermò, continuò a camminare senza voltarsi.

-Prim...- la sua voce l'aveva raggiunta. Aveva il fiatone, doveva aver corso. Non avrebbe dovuto affaticarsi, si era appena svegliato.

Perché diamine continui a preoccuparti per lui?!

Si odiò e poi odiò lui il doppio per il modo orribile in cui l'aveva trattata.

-Non è come sembra- disse, tenendole dietro con estrema facilità. Avrebbe voluto essere alta tre metri per lasciarselo alle spalle in un baleno, ma tutto quello che poteva fare era allungare il passo ed ignorarlo. -E' stata una decisione di mio padre, io non ho potuto far altro che acconsentire. Ti prego,- sentì le sue dita che le si arrotolavano intorno al polso ed i brividi che le correvano a fior di pelle. E poi l'odio, il disgusto, la rabbia e il disprezzo. Un dolore atroce in mezzo al petto. Si sentiva tradita. -dammi ascolto.-

Si fermò in mezzo alla strada, poi, senza dire una parola, si liberò dalla stretta del ragazzo, si voltò di scatto e gli tirò un ceffone con quanta forza aveva in corpo.

No, non si sentiva meglio. Era solo più arrabbiata e con la mano indolenzita.

Hugo rimase a fissarla con gli occhi sgranati, portandosi due dita sulla guancia. Doveva avergli fatto male.

Ne fu felice.

-Perché l'hai fatto?- chiese, con la voce carica di veleno.

Ogni parola che usciva dalle sue labbra non faceva che farla infuriare ancora di più. Non aveva nemmeno la decenza di tacere.

-Perché sei un bugiardo, un falso e mi fai schifo.- ringhiò, incenerendolo con lo sguardo.

Hugo fece un sorrisetto seccato. -Credi forse che non te l'avrei detto, prima o poi?-

Prim era sul punto di mollargli un altro schiaffo, ma si trattenne.

-Quando?!- gridò con una vocetta acuta e tremolante, trattenendo a stento le lacrime -Dopo il matrimonio? Mi hai preso per stupida?! Dio, quella era la tua FIDANZATA!-

Hugo scosse appena la testa. Sembrava cercare argomentazioni convincenti quando non ce n'erano.

Ma era troppo orgoglioso per chiederle scusa. E lei era troppo stanca per starlo ancora ad ascoltare.

Aveva altro a cui pensare, si era distratta. E questa era stata la giusta punizione.

-Tu...- sussurrò Hugo, ma lei alzò una mano per farlo stare zitto. -Per quanto mi riguarda, io e te non abbiamo più niente da dirci. Lasciami in pace.-

Si voltò di nuovo e riprese a camminare. Hugo, però, questa volta non la seguì.

Si era scoperta troppo, aveva lasciato che i sentimenti avessero la meglio sulla ragione. Non aveva aperto quello stramaledetto paracadute in tempo e si era sfracellata. Se l'era cercata.

Doveva concentrarsi su Sybilla, non aveva tempo per simili stupidaggini. E mentre cercava di ricostruire pezzo per pezzo il suo travestimento da orso bruno, qualcosa, dentro di lei, si incrinava sempre di più, sanguinando copiosamente.

Tu non gli piaci e non gli piacerai mai.

Ricorda: era solo una cotta, Prim.

Solo una cotta.


ANGOLINO TUTTO NOSTRO:

Ciao ragazzi, come state?

Spero bene! ;)

Piaciuto il capitolo? Se è un "Sì" fatemi sapere cosa ne pensate e lasciate una stellina, se vi va, se invece è un "No", fatemi sapere perché, così magari miglioro (giuro che non mordo ahah <3).

Grazie per tutto il supporto e sostegno come al solito, spero come sempre di non deludervi. Vi annuncio inoltre con piacere che siamo quasi alla fine della storia *parte la musichetta di vittoria*, una manciata di capitolo e ci siamo!

Come sempre vi mando un bacione gigantesco ed un forte abbraccio.

A presto!

Sayami98.

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