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Sì, per noi due

Pov Isabella/2015
Percorriamo le strade di quella cittadina, mentre i ricordi mi assalgono. Ricordo tutto quello, che avevo sempre sperato di dimenticare. Le lacrime mi rigano viso da almeno 5 minuti, mentre osservavo con occhi sia nuovi, che antichi la città che avevo percorso, per strade diverse, immaginando il mondo, ma trovando sempre il modo nuovo, per tornare a casa; con l'epilogo che a diciotto anni, non avevo visto posto più lontano del cartello, che un tempo era di legno, che era il confine della città, oltre il quale, l'ignoto.
E l'ignoto faceva veramente paura.
Edward mi stringeva la mano, mentre piangevo silenziosamente di pensieri e ricordi, che non sarebbe mai stato in grado di immaginare.
Arrivammo davanti all' "hotel" della città e smonto dall'auto, per quanto le gambe non rispondano agli ordini e sia bloccata nel terrore di chi potrebbe trovarsi in quelle vecchie, ma ristrutturate villette dai colori chiari.
Non siamo in centro, quello lo abbiamo sorpassato da un pò e se i ricordi non mi appannano il giudizio, dovremmo essere anche abbastanza distanti da tutto.
Estraggo il trolley fuxia dal baule subito dopo che lui ha preso il resto e andiamo verso lo stabile.
Lui ricorda la "prenotazione" all'impiegato che sta all'entrata, mentre ammiro quanto ricordi e realtà si somigliano.
Ha un arredamento rustico, qualunque cosa io guardi è di legno chiaro e lucido, il restante è un caminetto di pietre e sulla destra, a vista c'è un salottino e la porta subito accanto sulla sala dei commensali.
Alla nostra destra invece, delle scale che conducono di sopra, che sono sempre di legno.
-un secolo fa era una locanda, ci venivo con mio padre solo quando arrivavano i suoi amici, tipo investitori, parenti lontani o compagni di studio, generalmente venivano da Detroit e facevano viaggi immensi che non riuscivo nemmeno ad immaginare a quei tempi e lui, mio padre, usava me come intrattenimento, diceva che ero un bel vedere ... o qualcosa del genere- dico mentre saliamo la scala. -lui, probabilmente, mi usava anche solo per farmi vedere, ma per me era importante, si prendeva molta cura di me, anche se molti che conosco, e conoscevo anche allora potrebbero dire il contrario esatto-
Andiamo davanti alla camera 251 e mi sorride poi mette il broncio; -della tua famiglia non parli mai, credo che questa sia la prima volta .... come nemmeno della tua trasformazione, perché?-
Apro la stanza e alzo le spalle.
La camera è ampia, molto più delle classiche camere da hotel o motel. Le lenzuola devono essere abbastanza vecchie, lo sento dall'odore di naftalina e legno, e sono coperte da trapunte da colori chiari, tra cui molte tonalità del viola, rosa e lilla. Probabilmente c'è un balcone e le tende sono di misto seta. Gli occhi mi cadono su di lui di nuovo, che è ancora in attesa di una risposta vera e propria. Alzo le spalle;
-troppe memorie che fanno male, probabilmente, sono stata male per molto tempo ... e con te, puffo, sto bene, non ho voglia di essere triste, perché finalmente sono felice- dico buttandomi supina sul letto morbido.
Con più calma di me e in modo decisamente più sexy fa lo stesso, ma si posa su un fianco, così da potermi guardare negli occhi e mi accarezza una guancia.
-non mi dirai nulla, vero?- chiede.
-no, scusa- dico con un mezzo sorriso. -ma puoi farmi una domanda, una qualsiasi e su qualsiasi altra cosa che non comprenda questo-
Vedo che ci pensa e mi piazza un bacio su una guancia, che dopo poco diventa più serio e si ferma di colpo. Sorride e; -sposami-
Quella non me la aspettavo e mi sollevo appena.
-sul serio?- chiedo.
Ride. -sì, per noi due, sposami, io di te sono sicuro-
Ci penso .... voglio sposami?
O meglio, siamo già arrivati a questo punto?
Al punto, in cui ci amavamo e prendevamo decisioni come persone mature, quali assolutamente non eravamo?
Come avevamo fatto in due anni soltanto?

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